Una calda notte d’agosto Bond, agente segreto, fugge sui tetti.
Agli uomini che lo tengono di mira giù in strada esibisce come trofei una donna e un bambino terrorizzati: li ucciderà, urla, se non potrà andarsene via incolume.
Dov’è finito il codice d’onore del leggendario 007? Semplice: non si tratta di “quel” Bond, ma di un altro.
Non James, ma John, spia del Cinquecento che nell’Inghilterra elisabettiana compì missioni rocambolesche e accompagnò il navigatore e corsaro Francis Drake in vittoriosi raid contro le colonie spagnole.
I suoi discendenti si stabilirono a Purbeck, nel Dorset, dove (guarda caso) Ian Fleming, il creatore di 007, avrebbe frequentato secoli dopo le elementari.
All’arcinemico Filippo II di Spagna John non rubò solo galeoni, ma anche quello che sarebbe diventato il suo motto di famiglia: Orbis Non Sufficit, “Il mondo non basta”.
Una frase che ai fan della spia più celebre del grande schermo dice qualcosa.
Nel nostro immaginario gli agenti segreti sono tutti come James Bond. Ecco come è cambiata la figura della spia negli ultimi cinque secoli.
1. Spirito d'avventura e il primo 007
- Spirito d'avventura
Ma torniamo a quella notte d’agosto, a Rouen, Francia.
Il “vero” Bond (John) era scampato alla strage di San Bartolomeo, che nel 1572 lasciò sul terreno migliaia di ugonotti protestanti.
Prese in ostaggio la moglie e il figlio di uno dei notabili della città: espediente poco cavalleresco, che ci ricorda quanto l’immagine cineletteraria dei professionisti dell’intelligence sia lontana dal suo corrispondente storico.
In parte, almeno.
Uno come Giacomo Casanova (nella foto) qualcosa in comune con James Bond infatti ce l’aveva: era anche lui un seduttore seriale e un avventuriero. E tra le sue mille maschere il cavaliere veneziano indossò anche quella di agente segreto della Serenissima.
Gran seduttore non fu invece il castrato Atto Melani, spia seicentesca al soldo del cardinale Richelieu, né il suo contemporaneo padre Ferdinand Verbiest, gesuita che divenne consigliere alla corte dell’imperatore cinese Kangxi.
Uomini e donne, giovani e vecchi, belli e brutti, aristocratici e plebei, ricchi e squattrinati: il mestiere di “occhi e orecchie del re” ha la forma inafferrabile dell’acqua.
Che scorre dai ninja giapponesi ai pochtecas, i mercanti-informatori dei sovrani aztechi. - Il primo 007
Fu però il XVI secolo, con il consolidamento delle monarchie e lo sviluppo della diplomazia, a sancire la nascita di servizi segreti in senso moderno, su base nazionale.
E non è un caso se James Bond è un agente di Sua Maestà: tra gli “inventori” del servizio segreto c’era infatti il suo capo, sir Francis Walsingham, spymaster di Elisabetta I. Forte di una rete ramificata in tutta Europa, Walsingham fece fallire nel 1584 un complotto contro la sovrana, ma in nome della ragion di Stato seppe anche mentirle.
Grazie al crittografo Francis Phelippes e all’artigiano Arthur Gregory, esperto nel ricreare falsi sigilli di ceralacca, manipolò messaggi e documenti cifrati in modo da convincere Elisabetta della necessità di eliminare la cugina Maria Stuarda, per scongiurare un golpe cattolico.
Grande talent scout di spie, sir Francis reclutò persino l’anziano studioso John Dee: matematico, alchimista e astronomo, era un esperto di decrittazione e firmava i messaggi riservati “ai soli occhi” della regina con la sigla 007.
2. Serenissimi e grande fratello
- Serenissimi
A competere con gli agenti cinquecenteschi di Sua Maestà non c’era il Kgb, ma la Repubblica di Venezia, per secoli un’autorità indiscussa in materia di spionaggio.
Per tutelare gli interessi della Serenissima, gli Inquisitori di Stato garantivano alle loro spie fondi pressoché illimitati e, soprattutto, “licenza di uccidere”.
Anche all’estero, dove inseguivano i traditori della patria: oppositori politici, ma anche maestri vetrai fuggiti con i segreti di Murano. Quanto
alle comunicazioni in codice, ebbero addirittura un ufficio pubblico diretto dal Segretario alle Cifre, carica ricoperta per la prima volta nel 1506 dal veneziano Giovanni Soro, padre della crittografia moderna.
E Venezia aveva pure un controspionaggio coi fiocchi. Non erano semplici ficcanaso, ma “spie onorate”, antesignane dei professionisti di oggi. Alla categoria apparteneva il misterioso viveur, doppiogiochista e imprenditore settecentesco
Michelangelo Bozzini: nel suo curriculum, diviso tra i servizi per la Laguna e quelli per Vienna, spiccano lo sventato complotto per sottrarre alla Serenissima l’appalto del sale a Milano e una rocambolesca fuga dalle carceri di Napoli.
Altra costante nel ritratto storico delle spie è la delazione: a Venezia le denunce anonime venivano depositate in speciali cassette chiamate boche de leon. - Grande fratello
Informazioni origliate e sbirciate dal buco della serratura erano anche i poco fascinosi ingredienti che la rete d’informatori messa in piedi dal cardinale Richelieu, potente primo ministro di Luigi XIII di Francia, elevò ad arte.
Era il Seicento francese degli intrighi e delle crinoline evocato dai Tre Moschettieri di Dumas.
Alfiere dell’assolutismo e di un controllo politico degno del Grande fratello di Orwell, in fatto di spie Richelieu privilegiava la quantità: accanto a pochi fuoriclasse c’era un esercito di “orecchie” comuni prezzolate dallo Stato e pronte a riferire su tutto, dai malumori della nobiltà contro il re a quelli di corte contro lo strapotere dello stesso cardinale.
Tra migliaia di anonimi agenti sotto copertura (per esempio gli insegnanti di ballo o di scherma francesi inviati nelle corti europee) splendeva una “star”, che però, come le spie migliori, faceva di tutto per non farsi notare: François du Tremblay alias padre Giuseppe (nella foto), frate cappuccino soprannominato “Eminenza grigia”, che con un piccolo esercito di confratelli rastrellava informazioni in tutta Europa.
Fuori dai canoni letterari erano anche gli impiegati dell’infallibile “Gabinetto nero” creato dall’Impero austroungarico per lo spionaggio postale.
Prevalentemente francesi e napoletani, erano abilissimi nell’aprire e richiudere la corrispondenza intercettata senza lasciare tracce di manomissione, ma anche nel redigere false lettere.
3. Poliziotto speciali, in divisa e il grande gioco
- Poliziotti speciali
Dell’Ancien Régime la Rivoluzione francese buttò quasi tutto, ma non il “sistema Richelieu”.
Lo perfezionò Joseph Fouché (nella foto), influente ministro di Polizia sotto il Direttorio prima e con Napoleone poi.
Finanziata da soldi pubblici, ma anche da fondi personali, l’immensa rete informativa inglobava tutto: dalle indiscrezioni dei domestici alle confidenze di Giuseppina Bonaparte. Il materiale compromettente finiva in fascicoli segreti, da esibire al momento opportuno come strumento di persuasione (o ricatto che dir si voglia).
Era nato il grigio pantano dello spionaggio “ministeriale”, il lato meno avventuroso dello spionaggio, ma forse anche il più vero. Il che non escludeva, nemmeno allora, figure da romanzo.
Come quella dell’aristocratico Louis d’Antraigues, una vita passata a trafugare e rivendere segreti tra Austria, Russia e Inghilterra: tra le sue fonti, anche un misterioso De Michel, l’unico nel seguito di Napoleone autorizzato a leggere il diario dell’imperatore.
O come l’ex falsario e galeotto Eugène François Vidocq, saltato dall’altra parte della barricata e nel 1812 fondatore della Sûreté francese e del Bureau des Reinsegnements, antenato delle agenzie di investigazione private.
Vidocq aggiunse nuovi trucchi al “mestiere delle ombre”: dai travestimenti alle tecniche di pressione psicologica usate per indurre al tradimento in cambio di immunità o compensi.
Tecniche che gli agenti provocatori dell’Ochrana russa, la polizia segreta creata dagli zar a fine Ottocento, avrebbero diligentemente assimilato. - In divisa
Altro aspetto che spesso si dimentica è che gli agenti segreti sono quasi sempre uomini d’arme. E che le guerre napoleoniche, tra le molte altre eredità, ci hanno lasciato i moderni servizi di intelligence militare.
Vettovagliamento, studio del terreno, il nome della donna con cui il generale nemico trascorreva le notti: informazioni vitali, in battaglia, almeno quanto il valore dei soldati. Bonaparte lo capì presto e fece del servizio segreto un’arma del suo esercito. Imitato dai prussiani.
Alla categoria delle spie in divisa non apparteneva però Karl Schulmeister, l’ex contrabbandiere di Strasburgo che lo stesso imperatore ribattezzò a denti stretti il “Napoleone delle spie”.
Gli riuscì un’impresa impossibile: guadagnarsi la fiducia dei nemici austriaci al punto di diventare capo del loro servizio segreto, pur continuando a lavorare per i francesi.
Le sue informazioni regalarono al Còrso la vittoria di Austerlitz, ma Napoleone fu sprezzante: ai mercenari oro e basta, e niente medaglie. Schulmeister finì i suoi giorni in una rivendita di tabacchi: una buonuscita da veterano qualsiasi. - Il grande gioco
Per personaggi come Schulmeister il canto del cigno arrivò con il “Grande gioco”, il conflitto strisciante che per tutto il XIX secolo contrappose l’impero britannico e quello russo per la supremazia nell’Asia Centrale.
Fu una grande guerra di spie, tra capitani in kaki, sicari musulmani e sikh, agenti travestiti da mercanti e geografi. Tra loro c’era lo scrittore Rudyard Kipling, autore del romanzo Kim e, come il suo personaggio, agente sotto copertura. Furono tra gli ultimi eroi romantici a ispirare gli scrittori, almeno fino alle “talpe” della Guerra fredda.
E oggi? Il posto dei fascinosi agenti alla Sean Connery è ormai stato preso dalla tecnologia, tra “cimici”, reti di ascolto globali, Wikileaks e Datagate.
Ma nessun computer potrà mai vivere avventure degne di un Bond, né di James, né di John.
4. Tre spie storiche dimenticate e le penne segrete
Tre spie storiche dimenticate e penne segrete
- GASPARO GRAZIANI
A lui la professione di spia fruttò un regno. Italiano della Dalmazia, Gasparo Graziani (1575-1620) riuscì a guadagnarsi la fiducia ottomana e fu nominato dragomanno (interprete diplomatico) presso gli Asburgo.
Dove iniziò a lavorare come spia austriaca. L’abile doppio gioco creò le condizioni per la scalata al trono vacante della Moldavia, Stato vassallo degli ottomani.
Graziani si alleò anche con il re polacco Sigismondo III. Dopo la vittoria ottomana contro i polacco-lituani nella battaglia di Cecora (1620), fu ucciso dal “fuoco amico” di due vassalli. - MARIA VITTORIA DI SAVOIA
Figlia naturale del duca Vittorio Amedeo II di Savoia e di un’amante aristocratica ma già sposata, Maria Vittoria (1690-1766) fu riconosciuta dal padre, che le organizzò il matrimonio con il principe Vittorio Amedeo, rampollo scapestrato del ramo cadetto Savoia-Carignano.
I debiti costrinsero la coppia a trasferirsi a Parigi, dove il marito entrò alla corte di Luigi XV.
Maria Vittoria si rivelò un’abile “pierre”, stringendo relazioni sociali con personaggi in vista, inclusa la regina. Una posizione che la principessa-confidente usò come arma al servizio del padre. - NATHAN HALE
Le sue parole in punto di morte - “mi rammarico di avere solo una vita da offrire al mio Paese” – ne hanno fatto un eroe a stelle e strisce.
Ma non si sa se le pronunciò davvero. Di sicuro c’è che Nathan Hale, insegnante arruolatosi nell’esercito ribelle, nel 1776, un anno dopo lo scoppio della Guerra d’Indipendenza, si offrì per una rischiosa missione: infiltrarsi dietro le linee nemiche e riferire sui movimenti britannici.
Per il 21enne fu la prima e ultima azione, che durò solo due settimane. Catturato, o forse tradito dal cugino lealista, fu impiccato a New York.
Penne segrete: Greene, Fleming e Tolkien
- I titoli dei suoi libri si potrebbero applicare alla spia ideale: Un americano tranquillo, Il nostro agente all’Avana. Del resto lo scrittore inglese Graham Greene (1904-1991) conosceva la materia per esperienza diretta. Oltre che giornalista e maestro nel genere del racconto, Greene fu anche agente segreto.
Il servizio segreto britannico lo contattò attraverso la sorella Elisabeth e lo reclutò in quanto, giornalista del Times, era continuamente in giro per il mondo.
Fu inviato sotto copertura in Liberia durante la Seconda guerra mondiale e trasse ispirazione dai personaggi della “zona grigia” in cui vivevano (e vivono) le spie che incontrava. Come il suo capo, il doppiogiochista più famoso della Guerra fredda, Kim Philby alias “la Talpa”.
Greene era un tormentato: soffriva di disturbo bipolare, passava dalla depressione alle intemperanze, si convertì al cattolicesimo tra le polemiche (era già famoso) e finì per ritirarsi a vivere in Costa Azzurra. - Di tutt’altra tempra era Ian Fleming (1904-1964), il creatore, ovviamente inglese, di James Bond. Nei 12 romanzi la licenza di uccidere per 007 non è un modo di dire.
Del resto, Fleming fu un uomo d’azione. Organizzò reti di informazione e fu alla testa di un commando della Marina (una sorta di forza speciale) in varie operazioni, incluso lo sbarco alleato in Normandia. - L’autore del Signore degli Anelli fu una spia del governo inglese? Avrebbe potuto, se avesse terminato gli studi. Non quelli convenzionali, che all’accademico e glottologo John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973) non mancavano, ma quelli da agente di Sua Maestà. Che Tolkien frequentò per soli tre giorni.
Alcuni anni fa, documenti inediti hanno rivelato che il professore fu selezionato per la Scuola di Codifica e Cifrazione (Gccs), il centro creato alla vigilia della Seconda guerra mondiale.
La struttura supersegreta, detta anche “Stazione X” e alloggiata in un’anonima tenuta di cam- pagna a Bletchey Park, stava reclutando universitari per intercettare i messaggi dei tedeschi. Tolkien fu incluso tra i primi 50 selezionati e accettò.
Come “spezzacodici” aveva tutte le carte in regola: oltre ai formidabili talenti di linguista, era anche un veterano della Grande guerra. Dal 27 al 29 marzo 1939, a pochi mesi dall’inizio delle ostilità, Tolkien frequentò il quartier generale londinese dell’istituto.
Ma nonostante un salario annuale pari a circa 50mila euro di oggi, “Tollers”, come lo chiamavano gli amici, non completò il corso. Forse le remote ascendenze germaniche lo fecero escludere, o forse preferì dedicarsi alla scrittura: nel 1937 era uscito il suo primo successo, Lo Hobbit.
5. Dietro alle sigle dei servizi segreti
Dalla Cia al Kgb, passando per il Mossad e i servizi di intelligence cinesi, francesi e italiani, le origini e le caratteristiche delle agenzie più efficienti:
- KGB - URSS
LE SPIE CHE VENGONO DAL FREDDO
Il Comitato per la sicurezza dello Stato (questo il significato della sigla russa Kgb) fu costituito nel 1954 ereditando le competenze della Nkvd (il Commissariato per la sicurezza interna).
Il Kgb, che aveva una struttura enorme, in Europa è stato accusato di aver sostenuto gruppi terroristici comunisti e di aver pianificato con l’intelligence bulgara l’attentato a papa Wojtyla del 1981.
Con la fine dell’Urss, il suo posto è stato preso nel 1991 dal Servizio di sicurezza federale (Fsb), dal Corpo delle Guardie di frontiera, dall’intelligence esterna (Svr), cui si aggiunge il Gru (militare).
- GUOJIA ANQUAN BU - CINA
IL “KGB” CINESE
Il Guoanbu è nato nel 1983 ereditando competenze di organi precedenti e gestisce spionaggio esterno e controspionaggio interno.
Modellato sul Kgb, è stato tra i protagonisti della repressione in Tibet e Sinkiang, dove sono presenti molte unità della polizia politica, e si è distinto nell’infiltrazione di spie a Taiwan e agenti sotto copertura (studenti e uomini d’affari in Giappone e Occidente) con l’obiettivo di sottrarre tecnologie nei Paesi occidentali.
Dei servizi militari fa parte l’Unità 61398: forse 2mila uomini e donne dediti alla guerra informatica.
- DGSE - FRANCIA
GLI EREDI DI FOUCHÉ
Nella terra dove Joseph Fouché (1759-1820) fondò la prima polizia politica segreta moderna oggi lavorano gli agenti della Direction générale de la sécurité extérieure.
È stata costituita nel 1982 ereditando le competenze del precedente servizio (Sdece) e si occupa di intelligence all’estero. La Dgse è molto attiva in Medio Oriente e Africa, ma anche nello spionaggio industriale ed economico.
La Dgsi, nata nel 2014 sostituendo la Dcri, è invece l’agenzia di controspionaggio e sicurezza interna, finita nell’occhio del ciclone per non aver saputo prevenire gli attentati di Parigi.
- MOSSAD - ISRAELE
A CACCIA DI NAZISTI (E NON SOLO)
Il Servizio segreto israeliano per le operazioni all’estero è stato costituito nel 1949, un anno dopo la proclamazione dello Stato d’Israele e la prima guerra arabo-israeliana.
È affiancato dai servizi segreti militari (Aman) e dal controspionaggio e sicurezza interna (Shin Beth).
Protagonista negli Anni ’50 e ’60 della caccia ai criminali nazisti, il Mossad ha compiuto molte azioni contro terroristi palestinesi, come l’operazione “Ira di Dio”, la caccia ai membri di Settembre Nero responsabili della strage di atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco nel 1972.
- MI5/MI6 - REGNO UNITO
AL SERVIZIO DI SUA MAESTÀ
I servizi segreti britannici di sicurezza interna e controspionaggio (MI5) e di sicurezza esterna e spionaggio (MI6 o Secret Intelligence Service) sono quelli “di James Bond”.
Ma sono soltanto due delle branche del Joint Intelligence Committee (Jic), organismo governativo che coordina anche intelligence militare e servizio di intercettazione delle comunicazioni.
Il servizio segreto britannico trae le sue origini dal Secret Service Bureau costituito nel 1909 ed è stato, anche più della Cia, protagonista della Guerra fredda, pur subendo l’infiltrazione di molte spie sovietiche.
- CIA - STATI UNITI
LA “LUNGA MANO” DI WASHINGTON
Fondata nel 1947 come erede dell’Oss (Office of Strategic Services) che gestì l’intelligence durante la Seconda guerra mondiale, la Central Intelligence Agency è la più grande delle 17 agenzie dell’“intelligence community” statunitense.
Una famiglia che include Fbi, Dia, Nsa e spionaggio satellitare. La Cia è responsabile per le operazioni all’estero e durante la Guerra fredda sostenne regimi anticomunisti in tutto il mondo.
Non può agire sul territorio nazionale, ma è finita al centro di numerosi scandali, dal Watergate (1972) all’Iran-Contras negli Anni ’80.
- BND - GERMANIA
LE SPIE DI BERLINO
Dopo la Seconda guerra mondiale i servizi segreti tedeschi furono rifondati da zero. Nel 1956 nacque il Servizio informazioni federale (in sigla Bnd), che cura lo spionaggio esterno e risponde al Cancelliere.
Il Bnd si compone di 8 divisioni che includono spie e informatori, l’intelligence elettronico e la lotta a terrorismo e criminalità organizzata. Il servizio ha sempre avuto una forte presenza in Europa Orientale, Medio Oriente e Asia Centrale.
Circa il 10% dei suoi 6mila effettivi è composto da militari e in alcune operazioni gli agenti del Bnd hanno affiancato le forze speciali.
- AISE/AISI - ITALIA
GLI 007 DELLA REPUBBLICA
Gli attuali servizi d’intelligence italiani (rifondati nel 2007) sono il risultato di periodiche ristrutturazioni in parte determinate dagli scandali sulle “deviazioni”.
In precedenza le agenzie italiane (Sismi, intelligence militare, e Sisde, intelligence civile) sono state tra le più efficaci organizzazioni di contrasto al terrorismo, dopo aver maturato negli Anni ’70 e ’80 una vasta esperienza nel settore.
Purtroppo proprio in quei decenni si svilupparono strutture parallele, che le commissioni d’inchiesta hanno definito “deviate” perché non al servizio dell’interesse nazionale.