Il romanzo di fantascienza di Neal Stephenson “L’era del diamante” descrive una società che ha acquisito il pieno controllo sulla realtà grazie a una tecnologia avanzatissima.
Si parla di “compilatori di materia” che sono in grado di produrre qualunque oggetto, dal cibo a un edificio, manipolando le materie prime a livello atomico.
Nel romanzo la nanotecnologia basata sul carbonio pervade ogni aspetto della vita quotidiana. A quanto pare, però, Stephenson aveva scelto il tipo sbagliato di carbonio.
Potrebbe, infatti, non essere il diamante la base delle tecnologie ultramicroscopiche del futuro, bensì il suo cugino umile, la grafite, un tempo confinata a ruoli quotidiani come mina per le matite e come lubrificante.
A essere precisi, la grafite nella sua forma più spoglia: il grafene, strati di carbonio dello spessore di un atomo.
Nel 2010, solo sei anni dopo che Andre Geim e Konstantin Novoselov, fisici presso l’Università di Manchester, avevano prodotto per la prima volta il grafene, i due accademici hanno vinto il premio Nobel.
Oggi non passa quasi un giorno senza che venga pubblicato un articolo di ricerca sulle incredibili caratteristiche di questo materiale.
Secondo alcune previsioni, il carbonio sostituirà il silicio nella microelettronica e nei computer della prossima generazione: più veloce, più robusto e più compatto.
Sebbene questa prospettiva sia basata più sull’entusiasmo che su solidi fondamenti scientifici, il grafene sembra già avviato a comparire nelle tecnologie innovative di giganti dell’elettronica come la Nokia e l’IBM.
Le insolite proprietà elettroniche del grafene sono promettenti anche per ragioni più fondamentali: forniscono un terreno di prova per teorie esotiche di fisica quantistica, di quelle che di solito vengono associate agli acceleratori di particelle, tanto che il grafene è stato definito un “CERN da tavolo”.
Raramente un materiale “nuovo” ha promesso tanto in molti diversi campi della scienza. Ma manterrà le promesse? Scopriamolo insieme.
1. La rivoluzione del carbonio
Ma che cos’è il grafene?
Il grafene è uno strato di atomi di carbonio dello spessore di un singolo atomo, con una densa disposizione reticolare cristallina.
La struttura ad alveare è composta dagli atomi di carbonio e dai loro legami. La grafite è composta da vari strati di grafene.
Costituisce la mina delle matite e, a differenza del diamante, funziona come un “semi-metallo” che conduce elettricità. Gli scienziati sperano di aggiungere una “banda proibita” per farla comportare come un semiconduttore.
Rispetto al diamante, la grafite è da sempre considerata priva di lustro, in tutti i sensi. Sporca, soffice e debole, è composta da strati sovrapposti di atomi di carbonio legati in anelli esagonali, come in una rete metallica.
Se strofiniamo un pezzo di grafite, gli strati di grafene scorrono l’uno sull’altro, rendendo questo materiale morbido e scivoloso.
Ma queste proprietà ci distolgono dal fatto che ogni singolo strato di grafene è 200 volte più resistente dell’acciaio. E, come la grafite, il grafene conduce l’elettricità.
Da alcuni punti di vista ha prestazioni persino migliori del silicio. In teoria sarebbe possibile scolpire o incidere collegamenti e componenti in fogli di carbonio, così come i microcircuiti vengono attualmente stampati su sottili pellicole di silicio e di altri semiconduttori.
La prospettiva di circuiti resistenti e allo stesso tempo leggeri e ultrasottili ci porta a pensare a microprocessori e a computer di grafene. Ma non sarà così facile, perché il grafene conduce l’elettricità in un modo tutto suo.
Mentre le correnti elettriche scorrono spontaneamente in un metallo come il rame, i semiconduttori come il silicio possono condurre solo se ai loro elettroni - le particelle subatomiche cariche responsabili della corrente elettrica - viene data una piccola spinta.
Alcuni acquisiscono questa energia extra dal calore circostante ma è anche possibile controllare quanto conduce un semiconduttore “drogandolo” con atomi estranei o applicandogli un campo elettrico.
Per questo il silicio è così utile in microelettronica: la sua conduttività può essere regolata, attivandola e disattivandola, in dispositivi come i transistor.
La cosa strana del grafene è che si comporta un po’ come un metallo e un po’ come un semiconduttore e questo rende più complesso usarlo nei transistor. Il grafene non è la prima forma di carbonio annunciata come “nuovo silicio”.
I fogli di grafene possono essere arrotolati a formare tubi del diametro di appena pochi nanometri (milionesimi di millimetro), detti nanotubi di carbonio.
Anch’essi conducono l’elettricità, alcuni come i metalli, alcuni come i semiconduttori, a seconda dell’esatta disposizione degli atomi nelle loro pareti.
Dopo la loro scoperta nel 1991, i ricercatori hanno presto compreso che i nanotubi possono essere usati come cavi e dispositivi già pronti per tecnologie elettroniche ultraminiaturizzate.
Ma nessuno sapeva come produrre grandi circuiti a partire da un ammasso caotico di nanotubi metallici e semiconduttori.
I nanotubi di carbonio si sono rivelati così difficili da manipolare e da collegare che l’elettronica basata sui nanotubi ha fatto cilecca. È, invece, possibile modellare il grafene e così i problemi di connessione e disposizione sono risolti”.
2. Il metodo del nastro adesivo
Ma come si fabbrica il grafene? Non si direbbe una cosa difficile: basta separare gli strati della grafite.
Ma avete mai cercato di separare uno strato di pellicola per alimenti dall’altro? È un po’ la stessa cosa ma in scala atomica.
Nel 1999 un gruppo di ricercatori guidato da Rodney Ruoff, scienziato dei materiali attualmente all’Università del Texas a Austin, cercò di staccare singoli strati dalla grafite usando la punta di un ago finissimo.
Ma non riuscì ad arrivare ai singoli strati. Altri hanno cercato di “disegnare” con una sorta di matita nanotecnologica, ottenendo minuscoli punti di grafite che erano sottilissimi ma ancora non erano grafene in fogli singoli.
La soluzione era molto più semplice: il nastro adesivo. Nel 2004 Geim e Novoselov hanno fatto aderire del nastro a punti di grafite. Quando lo staccavano, portava via con sé strati di grafite.
Ripetuto più volte, questo procedimento riduceva i punti originari a pellicole sottilissime, alcune formate da un singolo strato trasparente di grafene che i ricercatori potevano trasferire con cura su un wafer di silicio.
Oltre ad aver inventato questo modo di creare il grafene, Geim e Novoselov sono anche stati tra i primi scienziati a scoprire le sue insolite proprietà elettroniche.
Gli elettroni che si muovono all’interno dei materiali conduttori non sono come palline che rotolano su una superficie piana.
Gli atomi del materiale sono disposti in una struttura reticolare cristallina e quando un elettrone, carico negativamente, si allontana dal suo atomo, lascia l’atomo carico positivamente.
Quindi il moto di un elettrone è deviato da vari campi elettrici: quelli degli altri elettroni e quelli degli atomi carichi nel reticolo cristallino.
Queste attrazioni e repulsioni fanno sì che gli elettroni in movimento si comportino come se avessero una massa diversa da quella che hanno se sono soli e immobili.
La scoperta è che nel grafene questa massa effettiva alterata è nulla. Si comportano come se fossero privi di massa.
Di conseguenza possono viaggiare a vari centesimi della velocità della luce, così veloci che il loro comportamento può essere descritto solo dalla teoria einsteiniana della relatività ristretta.
È questo che fa del grafene un acceleratore di particelle venuto fuori da una matita. Questa velocità significa anche che gli elettroni in movimento si accorgono a malapena del reticolo cristallino sottostante.
Nei normali metalli gli elettroni vengono deflessi continuamente dalle impurità e imperfezioni del reticolo atomico (fenomeno noto come diffusione o scattering).
Ma nel grafene gli elettroni possono percorrere distanze molto lunghe senza essere diffusi. È la differenza che c’è tra una pallina da golf che vola nell’aria e una lanciata in un bosco, dove non andrà lontana prima di rimbalzare contro un albero.
Questo moto privo di diffusione fa sì che gli elettroni del grafene possano adeguare più in fretta il proprio moto a campi elettromagnetici ad alta frequenza. I dispositivi a grafene possono così essere commutati con grande rapidità.
3. Grafene in crescita
Il metodo del nastro adesivo per fare il grafene è economico ma anche aleatorio e macchinoso.
Se si vuole usare il grafene su scala industriale, servirà una tecnica più affidabile.
Un’alternativa è quella di far crescere gli strati facendo in modo che gli atomi di carbonio si assemblino su una superficie solida a formare la struttura esagonale, un processo detto “crescita epitassiale”, analogo al modo in cui vengono prodotte le sottili pellicole di semiconduttori usate in elettronica.
Rodney Ruoff, scienziato dei materiali attualmente all’Università del Texas a Austin, ha recentemente “coltivato” per crescita epitassiale cristalli di grafene larghi circa 0,5 millimetri, riscaldando metano per decomporlo e facendo depositare gli atomi di carbonio su una lamina di rame.
“Il nostro sogno è ottenere rotoli di grafene larghi un metro e di lunghezza infinita”, afferma.
Trasformare un foglio di grafene in un circuito microelettronico significa intagliarvi i componenti su scale ultramicroscopiche, in cui i collegamenti hanno una larghezza anche di pochi nanometri, cioè qualche decina di atomi o giù di lì.
Ma i bordi di questi nastri di grafene, essendo fogli “spezzati” che possono essere anche sfilacciati, alterano le proprietà elettroniche dell’intero nastro, in meglio o in peggio.
I circuiti potrebbero essere più precisi e controllabili se li si assemblasse a partire da singoli atomi.
L’idea è di cominciare con molecole che contengono vari anelli esagonali di carbonio collegati (fatti come frammenti di grafene) e di usare metodi chimici per giustapporle a formare reti ben definite.
Lo scorso anno un gruppo di ricercatori europei ha usato questo approccio per ottenere nastri di grafene larghi 10 nanometri, nonché nastri annodati e giunzioni in cui si incontrano tre nastri.
4. Problemi di banda
Nonostante i progressi, c’è un problema nell’usare il grafene per la microelettronica.
Ciò che distingue davvero un metallo da un semiconduttore è una caratteristica detta “banda proibita”.
In un metallo alcuni elettroni si trovano in un intervallo di energie in parte occupato (banda di conduzione) in cui passano liberamente da un atomo all’altro.
In un semiconduttore la banda di conduzione è vuota ma c’è un altro intervallo di energie occupato da elettroni con un’energia appena inferiore.
Un po’ come l’acqua in un serbatoio, gli elettroni in una banda di conduzione occupata parzialmente possono sciabordare, cosa impossibile in una banda completamente occupata o del tutto vuota.
Gli elettroni nella banda occupata di un semiconduttore possono diventare mobili se acquisiscono un’energia sufficiente per saltare al di là della banda proibita e penetrare nella banda vuota sovrastante.
Ma ecco l’intoppo: un singolo strato di grafene non ha una banda proibita. I suoi elettroni possono intrufolarsi nella banda di conduzione senza alcun costo energetico.
Ciò significa che non è possibile interrompere del tutto la corrente nei dispositivi commutabili come i transistor: un po’ di corrente filtra sempre. Ma gli effetti di disturbo provocati dai bordi nei nastri stretti di grafene possono creare una banda proibita.
Alcuni scienziati della Stanford University in California hanno annunciato di aver fatto funzionare dei transistor formati da nanonastri che, per caso, erano stati strappati via da fogli di grafene.
E l’anno scorso i ricercatori dell’IBM Research hanno descritto dei transistor di grafene che possono essere commutati 100 miliardi di volte al secondo, circa 10 volte più veloci dei più rapidi dispositivi di silicio.
Ma questi prototipi non hanno ancora una banda proibita abbastanza ampia perché li si possa spegnere completamente, il che è essenziale per i circuiti digitali, altrimenti lo stato “spento” continua a far filtrare corrente e a sprecare energia.
I transistor a grafene rapidi dell’IBM possono avere varie applicazioni, per esempio nei telefoni cellulari e nella tecnologia radar ma non nei computer.
Cosa più importante, i nanonastri non mostrano il movimento “balistico”, privo di ostacoli, degli elettroni previsto per i fogli di grafene ideali. A causa dell’effetto dei bordi, invece, gli elettroni si muovono per brevi salti.
Si ottiene così un materiale di scarsa qualità che un progettista elettronico non vorrebbe vedere nemmeno in cartolina. La speranza è di riuscire a produrre nanostrutture in grafene o grafite che siano balistiche e abbiano una banda proibita.
Se non ci si arriva, l’elettronica grafitica non partirà. Ci sono altri modi per dare al grafene una banda proibita.
Come sperimentato nel Lawrence Berkeley National Laboratory in California, quando si applicano dei campi elettrici a strati doppi di grafene, appare una banda proibita che si può allargare variando l’intensità del campo.
Un’alternativa viene da Robert Haddon dell’Università della California a Riverside: ha mostrato che le proprietà elettroniche del grafene possono essere calibrate per via chimica inserendo composti chimici nelle pellicole di carbonio con la struttura ad alveare.
Anziché scolpire fisicamente il grafene, i circuiti vi possono essere “dipinti” applicando molecole diverse in punti diversi, creando zone conduttrici, semiconduttrici, isolanti e così via.
“In linea di principio sembra che si possa usare la chimica per creare su una base di grafene l’intero repertorio dei dispositivi elettronici; sarebbe quindi possibile costruire un circuito integrato completo su un singolo foglio di grafene”, afferma Haddon.
5. L’era del carbonio
Alcuni scienziati prevedono che il grafene possa diventare addirittura il materiale elettronico universale del futuro, inaugurando una transizione dall’attuale era del silicio all’era del carbonio.
Altri invece sospettano che il grafene non potrà mai competere con il silicio su larga scala.
“Ci sono stati molti materiali presentati come ‘il nuovo silicio’”, ricorda Mark Reed, specialista in tecnologie elettroniche avanzate alla Yale University nel Connecticut.
“Ma molti non comprendono i motivi fondamentali per cui la tecnologia del silicio funziona tanto bene”. Ciò nonostante, sembra verosimile che il grafene abbia un posto nella microelettronica di domani.
Per esempio, si ipotizza che sarà usato per i circuiti elettronici e gli schermi flessibili e trasparenti del comunicatore mobile deformabile Morph della Nokia, in corso di sviluppo.
Phaedon Avouris dell’IBM Research ritiene che il grafene può rivelarsi particolarmente utile per i dispositivi radio usati nelle comunicazioni wireless e per le etichette “intelligenti” che possono essere lette da sensori a distanza.
“La semplicità, la flessibilità, la leggerezza e il basso prezzo saranno i vantaggi principali del grafene”, spiega Avouris.
Aggiungendo che le prime applicazioni commerciali saranno nei sensori di luce - di importanza centrale nelle telecomunicazioni a fibre ottiche - poiché l’assorbimento di luce può indurre nel grafene una corrente elettrica.
Dato che altre molecole che aderiscono a una pellicola di grafene possono alterare la sua conduttività elettrica, lo si potrebbe usare anche per rivelatori molto sensibili di sostanze come gas pericolosi o contaminanti tossici.
Altre applicazioni sfrutteranno la resistenza del grafene e la sua combinazione di rigidità e flessibilità, anziché le sue proprietà elettroniche. Se il grafene è rigido, la concorrenza non lo sarà di meno.
Ogni volta che compare un “materiale miracoloso”, se ne concepiscono applicazioni di tutti i tipi, che vengono via via sfoltite. Per ora alcuni ricercatori restano scettici sulla possibilità che rivoluzioni la tecnologia.
“Non vedo dove il grafene abbia una ‘killer app’ (ovvero un’applicazione di particolare successo) o anche solo una nicchia in cui sia tecnologicamente rilevante”, afferma Mark Reed.
"Ma da un punto di vista puramente scientifico", aggiunge, “è un materiale di un fascino straordinario".