Da più di 70 anni la nostra è un'epoca di pace, almeno per le nazioni europee, ma c'è stato un tempo in cui gli uomini facevano dell'eroismo e del coraggio in combattimento il loro modo di essere e un'umanità agguerrita decideva così il destino di ogni cosa.
Da Maratona ad Austerlitz, da Stalingrado a Mosca, alcune battaglie hanno cambiato la storia. Hanno rappresentato un bivio e poi una direzione.
Hanno promosso certi valori e certe culture e sono state ago della bilancia per molti popoli tra la dittatura e la democazia (cosa sarebbe successo se Hitler avesse vinto?).
Conoscere le grandi battaglie non solo ci consente di capire perché il mondo oggi è così, ma anche di impedire che si perda la memoria.
Perché l'orrore della guerra lo evita chi lo ha vissuto in prima persona, ma forse anche chi, pur non avendolo provato sulla propria pelle, ne ha comunque coscienza.
Oggi parleremo di una battaglia importantissima per l'umanità, e cioè della battaglia di Mosca, dove le armate naziste sono state sconfitte a pochi chilometri da Mosca dall'inverno russo e dalla resistenza sovietica: un avvenimento che contribuì a cambiare radicalmente le sorti della Seconda guerra mondiale.
1. L'incubo di Hitler
Il primo settembre 1939 il fulmineo attacco nazista alla Polonia, caduta in poco più di 30 giorni, faceva deflagare il Secondo conflitto mondiale.
Tra la fine del '39 e il giugno del '40 l'esercito tedesco dilagò in Danimarca, Norvegia, Paesi Bassi, Belgio e Francia, dimostrando una disarmante superiorità militare.
Nonostante la battuta d'arresto nella Battaglia d'Inghilterra (luglio '40 - maggio '41), Hitler si riteneva, a quel punto, abbasttanza forte da poter ottenere l'egemonia sul Continente euroasiatico, lanciando un poderoso attacco all'Unione Sovietica.
Il 22 giugno del 1941 iniziava l'Operazione Barbarossa (denominazione tedesca in codice per l'invasione dell'Unione Sovietica) che, secondo i piani nazisti, avrebbe dovuto essere una "guerra lampo".
L'esercito tedesco, diviso in 3 Gruppi d'Armate - Nord, Centro e Sud -, aveva come obiettivi la conquista delle aree strategiche del Paese, nell'intento di porre fine alla guerra il più rapidamente possibile.
Durante l'estate si assistette a una rapida avanzata delle truppe corazzate con il supporto dell'aviazione, seguita dalla fantena meccanizzata e, a metà ottobre, gli obiettivi prefissati erano a portata di mano.
Ebbe inizio l'Operazione Tifone, l'attacco a Mosca, la cui conquista avrebbe potuto porre fine alla resistenza sovietica.
Il comando dell'operazione era stato affidato al maresciallo Fedor von Bock, che, al momento dell'attacco, disponeva di una forza di circa 1 milione di uomini, ripartiti in 3 armate di fanteria e 3 gruppi corazzati.
Sul fronte sovietico le forze in campo erano altrettanto poderose: circa 1 milione e 250mila soldati e migliaia di carri armati e pessi d'artiglieria. Entrambi gli schieramenti potevano contare su una forte componente aerea.
Il giorno 30 settembre prese via l'attacco, ricalcando le modalità giù utilizzate durante l'offensiva estiva: le artiglierie iniziarono un intenso fuoco di sbarramento e la Luftwaffe (l'aviazione tedesca) effetuò un gran numero di sortite con lo scopo di disperdere le truppe sovietiche, cogliendole ancora una volta di sorpresa.
Le truppe corazzate tedesche fecero la differenza, riuscendo a isolare parte dell'esercito nemico in 2 grandi sacche: Vjaz'ma e Briansk.
Nelle 2 battaglie, che si conclusero a metà ottobre, furono fatti prigionieri circa 670mila soldati e molti carri armati vennero catturati o distrutti. Le principali forze a difesa di Mosca erano spazzate via. La capitale era a un passo, ma il tempo stava rapidamente peggiorando.
2. L'inferno a 40° sotto zero
Le piogge autunnali erano alle porte ed era in agguato il rigido inverno russo.
Il generale Fedor von Bock (al comando del Gruppo armante centro durante l'Operazione Barbarossa) era consapevole che le condizioni climatiche giocavano a suo sfavore, ma non aveva altenrative.
Tra il 13 e il 29 ottobre fu lanciato un poderoso attacco con le truppe corazzate che s'infranse a pochi chilometri da Mosca, dopo aver spezzato la prima linea di difesa della capitale. Il clima giocava a favore dei Sovietici.
Su tutte le direttive d'attacco si presentarono le stesse problematiche: il fango, le basse temperature, la scarsità di rifornimenti o indumenti adeguati e l'accresciuta resistenza nemica.
Le truppe corazzate furono impossibilitate a muoversi e la fanteria, senza il loro appoggio, fu respinta a più riprese dalle forza russe. Il 29 ottobre l'attacco fu sospeso. Le vie di comunicazioni erano impraticabili per il fango, progredire risultava impossibile.
Il 17 novembre, dopo una pausa, il gelo era subentrato al fango ma ora le forze corazzate potevano muoversi. Fu lanciato un secondo attacco da più direttrici. Il 26 novembre alcuni reparti corazzati erano a meno di 15 chilometri dal centro di Mosca.
Il giorno seguente, però, la temperatura scese a 40 gradi sotto lo zero, si moltiplicarono i casi di congelamento e anche le armi ebbero difficoltà a funzionare.
La temperatura era così bassa che i motori dei carri, sprovvisti di liquidi antigelo, si bloccavano. I sovietici, meglio equipaggiati per l'inverno, incominciarono a contrattaccare e respingere le truppe tedesche.
Il 30 novembre anche la seconda armata corazzata, a meno di 7 chilometri dalla periferia moscovita, si trovò nelle stesse condizioni. Il 4 dicembre l'offensiva, a un passo dall'obiettivo, fu interrotta.
Il giorno successivo i sovietici contrattaccarono su tutto il fronte e le truppe tedesche dovettero arretrare.
Le perdite subite e le proibitive condizioni metereologiche avevano inesorabilmente consumato la Wehrmacht, mentre Stalin, grazie alle informazioni ricevute dai servizi segreti sui piani giapponesi di attacco agli Stati Uniti - e la conseguente diminuita pressione contro l'Unione Sovietica -, aveva potuto far affluire forze fresche provenienti dalla Siberia.
Delle 16 armate, infatti, disponibili per l'attacco alle forze tedesche di Bock, 3 erano composte da divisioni siberiane o asiatiche. Forze addestrate e motivate, abituate ai rigori invernali, che risulteranno decisive per la riuscita dell'operazione.
La ritirata tedesca non si trasformò in disfatta generale solo per l'abilità del generale tedesco nell'evitare l'aggiramento, ma l'idea di prendere la capitale russa era definitivamente tramontata.
La mancata conquista di Mosca precluse la realizzazione del piano strategico dell'Alto comando tedesco che, nel quadro della stesura dell'operazione Barbarossa, prevedeva la conquista della capitale prima del sopraggiungere dell'inverno e la fine della guerra nel più breve tempo possibile.
Dopo questa drammatica sconfitta, l'esercito tedesco si trovò in forte difficoltà sia dal punto di vista strategico sia da quello tattico. Le grandi risorse umane e di mezzi messe in campo da Stalin avrebbero lentamente cambiato il corso del conflitto.
3. La Blitzkrieg o Guerra lampo
Come reazione alle sanguinose battaglie, caratterizzate da una logorante guerra di trincea, che avevano contraddistinto la Prima guerra mondiale, le forze armate tedesche elaborarono una strategia rivoluzionaria che, a partire dagli anni Trenta, divenne il punto di forza della Germania e trovò la sua massima espressione durante il Secondo conflitto.
Il concetto di "Blitzkrieg", Guerra lampo, era basato sull'utilizzo combinato di truppe meccanizzate, forze corazzate, aviazione e artiglieria per forzare, con manovre rapide, le linee nemiche nei salienti più deboli e procedere poi all'accerchiamento delle unità rimaste isolate.
Sebbene tutti i reparti avessero un ruolo chiave, il compito di sfondamento spettava alle divisioni corazzate e alla fanteria d'assalto motorizzata; velocità e mobilità dovevano garantire quell'effetto sorpresa in grado di demoralizzare la resistenza nemica.
Dall'invasione della Polonia nel 1939 a quella del fronte Occidentale (Belgio, Paesi Bassi e Francia) nel 1940 si dimostrò questa strategia insuperabile e letale per gli eserciti europei ancora legati a una concezione della guerra risalente al Primo conflitto mondiale.
L'abilità dei generali tedeschi permise di ottenere brillanti successi in tempi relativamente brevi e con perdite assai inferiori, se paragonabili alle sanguinose guerre di posizione. La Blitzkrieg, però, si rivelò un'arma a doppio taglio durante l'Operazione Barbarossa.
Nei primi mesi, le armate tedesche tagliarono come il burro le impreparate difese sovietiche, avanzando per centinaia di chilometri sul suolo russo, e accerchiando su più fronti centinaia di migliaia di soldati nemici.
Questo almeno fino all'inverno del 1941 - 42, quando le forze corazzate tedesche furono fermate dal gelo e dalla crescente resistenza russa che impiegava armi sempre più sofisticate.
Stalin ora conosceva la strategia nazista e aveva ben compreso che, se non avessero raggiunto gli obiettivi prefissati, come puntualmente avvenne a Mosca - prima - a Stalingrado e Leningrado - poi -, le forze tedesche sarebbero rimaste isolate in un fronte troppo vasto.
La Guerra lampo aveva un grande limite, non poteva durare all'infinito.
4. Uno stratega della difesa
Hitler in più di un'occasione non lesinò nei suoi confronti parole di apprezzamento, definendolo "il mio miglior feldmartsciallo".
Walter Model (1891-1945) (nella foto), considerato uno dei più energici generali della Seconda guerra mondiale, particolarmente abile nella tattica difensiva, si distinse mettendo in mostra notevoli capacità operative.
Dopo aver combattuto in Francia ed essere promosso Tenente generale, nel novembre del 1940 assunse il comando della 3 Panzer-Division, alla testa della quale prese parte all'Operazione Barbarossa.
In questa fase, Model collaudò un programmma di addestramento speciale che prevedeva la formazione di gruppi combattenti combinati provenienti da diversi reparti, anticipando di molti mesi quella che sarebbe diventata una prassi dell'esercito tedesco.
Nell'ottobre del 1941, promosso Generale dei corpi corazzati, fu trasferito presso il Panzer Korps 41, dove mise in evidenza la sua abilità tattica nelle manovre difensive.
Fu merito suo, infatti, se la controffensiva sovietica dell'inverno 1941 non si trasformò in una disfatta. In cardine della sua strategia si basava sul principio che l'esercito russo era solito attaccare in massa e con scarsa coordinazione tra i reparti.
Model aveva constatato che l'organizzazione logistica nemica, piuttosto primitiva, non era ancora in grado di sostenere una battaglia di movimento e di penetrazione in profondità; ciò significava che, anche qualora l'apparato difensivo fosse stato sfondato in un punto, tale breccia non si sarebbe per forza tradotta in un fattore di crisi generale.
Organizzò la sua difesa distribuendo gli uomini su tutto il fronte, in modo da poter sfruttare il vantaggio garantito dalla copertura dell'artiglieria, lasciando a piccoli gruppi meccanizzati, operanti nelle retrovie, il compito di chiudere eventuali falle. Questa schema si rilevò vincente in più di un'occasione.
Quali furono le conseguenze storiche della battaglia di Mosca?
La mancata presa della capitale russa influenzò pesantemente l'esito dell'Operazione Barbarossa ed ebbe ripercussioni di portata storica sull'andamento della Seconda guerra mondiale. A prescindere dalle cause dell'insuccesso, è probabile che la capitolazzione di Mosca avrebbe provocato il crollo del fronte.
La guerra lampo mostrò, così, i suoi limiti: dopo la sorpresa iniziale non sfruttata, fu l'inizio di una serie di controffensive sovietiche che misero in luce l'impossibilità di controllare un frotne così vasto.
5. I protagonisti
FEDOR VON BOCK (1880 - 1945)
Nel giugno del 1941 era al comando del Gruppo armate centro durante l'Operazione Barbarossa e guidò personalmente le sue divisioni corazzate alla conquista della capitale sovietica, venendo ricacciato indietro quando era a pochi chilometri dal centro. Con il fallimento dell'operazione e l'assunzione di Hitler del comando della Wehrmacht, chiese di essere congedato.
GUNTER VON KLUGE (1881 - 1944)
Fu uno dei generali favorevoli all'invasione dell'Unione Sovietica. Quando l'Operazione Barbarossa ebbe inizio, la sua 4 Armata, inquadrata nel Gruppo armate centro, partecipò ad alcune delle più importanti operazioni in Bielorussia, Smolensk e Vjaz'ma. Nella battaglia di Mosca alcune delle sue divisioni corazzate arrivarono a pochi chilometri dalla capitale sovietica.
GEORGIJ KOSTANTINOVIC ZHUKOV (1896 - 1974) (nella foto)
Per le brillanti vittorie contro i Giapponesi in Mongolia ricevette il titolo di Eroe dell'Unione Sovietica. Dopo essere stato punito da Stalin per il rifiuto di abbandonare Kiev ai Tedeschi, nel settembre del 1941 ottenne di nuovo il comando, distinguendosi nella brillante difesa di Mosca.
ALEKSANDR VASILEVSKIJ (1895 - 1977)
Insieme a Zukov, fu uno degli ufficiali più capaci e preparati a disposizione di Stalin durante tutto il conflitto. Famoso per aver ideato l'Operazione Urano, che porterà alla vittoria di Stalingrado, durante l'attacco tedesco di Mosca, si distinse nelle operazioni di difesa della capitale e nella controffensiva che ricaccerà indietro il nemico.
Schieramenti:
RUSSI: 1.250.000 di uomini, oltre 3.000 carri armati, 8.000 pezzi d'artiglieria e 545 aerei.
TEDESCHI: 1.000.000 di uomini, 1.700 carri armati, 14.000 pezzi d'artiglieria e 549 aerei.