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I grandi protagonisti del Medioevo

Buoni e cattivi, santi e streghe, cristiani ed eretici: il mondo medievale è fatto di estremi opposti.

Così come opposte e diversissime sono le opinioni degli storici sul periodo buio, violento e retrogrado delle crociate e della caccia alle streghe, che molti ormai riconoscono come un’epoca ricca di cambiamenti e innovazioni in campo culturale, scientifico e letterario.

Eventi storici di grande portata, provocati da personaggi più o meno noti ma comunque emblematici.

Re, papi, guerrieri, poeti e santi: ecco i protagonisti dell’Età di mezzo, che hanno costruito le basi dell’Europa di oggi.

1. Gregorio Magno, Maometto e Carlo Magno

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  • Gregorio Magno (540 ca.- 604)
    Chi era: proveniente da una famiglia di senatori romani, si fece monaco dedicandosi a lungo allo studio delle Sacre Scritture prima di essere chiamato al soglio pontificio (nel 590) e diventare il 64° pontefice della Storia.
    Che cosa ha fatto: molto attivo sia nelle questioni politiche, sia in quelle interne alla Chiesa, il suo primo obiettivo fu quello di evangelizzare il Nord Europa, dove instaurò buone relazioni con i maggiori sovrani, riscuotendo successi come la conversione della Britannia.
    Fronteggiò per anni le incursioni dei Longobardi, che attaccarono a più riprese la Città Eterna, ma riuscì a trarsi d’impaccio grazie al sostegno economico e politico offerto dall’Impero bizantino.
    Nelle terre ecclesiastiche (o “Patrimonio di San Pietro”) realizzò nuove infrastrutture, fece riedificare edifici devastati dai Longobardi e aiutò i più poveri, vittime di ripetute carestie.
    La sua eredità: pur non trascurando il piano spirituale (santificato, è considerato un Dottore della Chiesa per il suo contributo all’elaborazione della dottrina teologica) seppe ampliare il potere temporale di Roma svincolandola dall’influenza bizantina e meritandosi per questo l’appellativo di magnus (“grande”).
    Riorganizzò inoltre i cerimoniali ecclesiastici e codificò una nuova forma di canti liturgici ancora noti come“gregoriani”.
  • Maometto (570 ca.- 632)
    Chi era: Muhammad, il suo nome, in arabo significa “il lodato”. Proveniente da una famiglia di mercanti della Mecca, fu il fondatore della religione islamica.
    È considerato dai musulmani il “sigillo dei profeti”, colui che ha concluso il ciclo della rivelazione iniziata da Adamo.
    Che cosa ha fatto: nel 610 sostenne di aver avuto una visione dell’arcangelo Gabriele, il quale gli avrebbe comunicato di essere stato prescelto da Dio come suo messaggero.
    Iniziò quindi a predicare una religione monoteista (l’islam) basata sul culto di Allah, il nome di Dio per gli islamici. Pur tra la disapprovazione di molti, formò un piccolo gruppo di discepoli fidati (i “Dieci Benedetti”), che contribuirono a diffonderne il “verbo” nell’area arabica.
    Nel 622, il primo anno del calendario islamico, si rifugiò a Yathrib – che mutò poi nome in Madinat al-Nabi, ovvero “la Città del Profeta” (oggi Medina) – e da qui proseguì la sua predicazione religiosa.
    La sua eredità: per secoli fu considerato un cristiano eretico, ma oggi l’islam da lui fondato conta quasi due miliardi di fedeli e contende il primato al cristianesimo.
    Il suo testo sacro è il Corano, di cui – secondo la tradizione – Maometto apprese i contenuti direttamente dall’arcangelo Gabriele, dettandoli poi ai suoi discepoli.
    Dopo la sua morte, questi furono messi per iscritto.
  • Carlo Magno (742 ca.- 814)
    Chi era: figlio del re dei Franchi Pipino il Breve, fu il fondatore dell’Impero carolingio, primo nucleo del futuro Sacro romano impero.
    Che cosa ha fatto: assunto il governo del regno franco dopo la morte del padre (768) e del fratello Carlomanno (771), nel 773 scese in Italia, sottomise i Longobardi (774) e fu incoronato Rex Francorum et Langobardorum.
    Successivamente assoggettò il popolo dei Sassoni; annesse poi la Baviera e puntò la regione spagnola dell’al-Andalus (Andalusia) in mano agli arabi. Così, allorché la notte di Natale dell’800 papa Leone III lo incoronò imperatore, le sue terre si estendevano su quasi tutta l’Europa.
    Per gestire tale vasto impero riformò tra l’altro il sistema monetario, introducendo una moneta unica (il “denaro”).
    Stimolò anche le arti e la cultura, e mantenne rapporti di buon vicinato con l’Impero bizantino e in generale con il mondo musulmano, sempre strizzando l’occhio alla Chiesa di Roma.
    L’appellativo magnus gli venne assegnato dallo storico di corte Eginardo.
    La sua eredità: nel suo impero, che spaziava dalla Spagna Orientale all’Italia Centrale e dalla Francia Settentrionale a tutta l’odierna Germania, molti hanno visto i presupposti dell’attuale Europa Unita, di cui Carlo Magno si può considerare quasi un padre spirituale.

2. Gregorio VII, El Cid Campeador e Riccardo I

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  • Gregorio VII (1020 ca.- 1085)
    Chi era: al secolo Ildebrando Aldobrandeschi (o Ildebrando di Soana) fu abate dell’abbazia romana di San Paolo Fuori le Mura e nel 1073 venne acclamato 157° pontefice assumendo il nome di Gregorio VII.
    Che cosa ha fatto: si scontrò subito con Enrico IV – re del Sacro romano impero – sul tema delle investiture dei vescovi, a proposito del quale affermò nel 1075 la superiorità del potere spirituale.
    Dopodiché scomunicò il re, costringendolo a recarsi a Canossa, nel 1077, a chiedere perdono. Il pontefice accettò il pentimento di Enrico IV dopo averlo fatto attendere per 3 giorni, ma la riconciliazione durò poco e nel 1080 arrivò una seconda scomunica.
    Stavolta il re si rifiutò di accettarla, arrivando addirittura a nominare un “antipapa” nella persona del vescovo Guiberto di Ravenna, posto con la forza sul trono col nome di Clemente III.
    Nel 1084 Enrico entrò a Roma e costrinse il pontefice a rifugiarsi a Castel Sant’Angelo e poi a fuggire. Gregorio VII morì in esilio a Salerno, dove è sepolto.
    La sua eredità: promosse l’ideale di una Chiesa espressione della volontà di Dio e quindi superiore a ogni cosa. Oltre a ciò, aprì il campo al celibato sacerdotale e si batté per eliminare la simonia, ossia la compravendita di indulgenze e cariche religiose. Fu canonizzato (quindi santificato) nel 1600.
  • El Cid Campeador (1043-1099)
    Chi era: nobile cavaliere spagnolo, era nato come Rodrigo Díaz, conte di Vivar, e si era formato alla corte del re Ferdinando I di León e di Castiglia. Il soprannome di El Cid Campeador, per metà arabo e per metà spagnolo, significa “il signore vincitore”.
    Che cosa ha fatto: morto Ferdinando I (1065), il regno fu diviso tra i suoi figli Sancho II e Alfonso VI. Il primo cercò di riunificarlo sfruttando le capacità militari del Campeador, che si mise presto in luce quale abile condottiero e difensore del cattolicesimo, in una Spagna divisa tra domini musulmani e cristiani.
    Alla morte di Sancho II (1072), al potere rimase Alfonso, con cui El Cid non ebbe buoni rapporti e dal quale fu persino esiliato. Nel 1081 il cavaliere servì Al-Muqtadir, signore musulmano di Saragozza, e poi il figlio di questi, Al-Mutamid.
    Ultima sua impresa, alla guida di un esercito formato da cristiani e arabi, fu la conquista di Valencia (1094), difesa poi dagli attacchi degli Almoravidi, dinastia berbera giunta dal Marocco.
    La sua eredità: celebrato come eroe patriottico, ideò nuove strategie militari impostate sulla sorpresa e sul logorio psicologico del nemico: tutto ciò lo fece rispettare sia dai cristiani, sia dai musulmani.
    A lui è ispirato il poema Cantar de mio Cid (1140 ca.), la prima grande opera letteraria spagnola.
  • Riccardo I (1157-1199)
    Chi era: sovrano inglese, figlio del re Enrico II e di Eleonora d’Aquitania, Riccardo “Cuor di Leone” passò alla Storia per le sue notevoli doti politico-militari e per le sue imprese in Terra Santa.
    Che cosa ha fatto: appena salito al trono (1189) annunciò una crociata per liberare Gerusalemme, occupata nel 1187 dal sultano Saladino. Partito per la Terra Santa nel 1190, riportò molte vittorie, ma non fu in grado di prendere la città, pur convincendo il Saladino a una tregua con libero accesso ai luoghi sacri.
    Tornando in patria (1192) finì prigioniero del duca Leopoldo V di Babenberg e fu consegnato all’imperatore del Sacro romano impero Enrico VI, sotto la cui custodia rimase fino al 1194.
    Dopodiché, sventato un tentativo d’usurpazione da parte del fratello Giovanni Senzaterra, combatté in Francia per difendere le proprie terre dalle mire del re francese Filippo Augusto.
    La sua eredità: ricordato per gli scontri con le truppe del Saladino, entrati di diritto nell’iconografia delle crociate, fu tra le figure più temute dai musulmani, tanto che il suo nome era usato per spaventare i bambini.
    Simbolo per molti del perfetto cavaliere di epoca medioevale, le sue gesta furono rese leggendarie da molte opere letterarie, in particolare dal romanzo storico di Walter Scott Ivanhoe (1819).

3. Innocenzo III, Gengis Khan e San Domenico

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  • Innocenzo III (1160-1216)
    Chi era: Lotario dei Conti di Segni fu un profondo studioso di dottrine teologiche (autore di importanti opere come il De miseria humanae conditionis) eletto nel 1198 quale 176° pontefice.
    Che cosa ha fatto: si impegnò per affermare il proprio potere ai danni dell’aristocrazia romana, ripristinando il controllo sul Regno di Sicilia (dove a farla da padrone era il Sacro romano impero) e ottenendo la restituzione di territori in tutto il Centro Italia.
    Proclamò che la Chiesa di Roma, unica mediatrice tra Dio e gli uomini, era superiore a ogni potere secolare e che gli apparteneva il diritto di decidere se un sovrano fosse degno della corona imperiale (infatti, scomunicò l’imperatore Ottone IV e favorì l’ascesa di Federico II).
    Appena eletto, indisse la quarta crociata in Terra Santa e poco prima di morire la quinta. Lottò contro ogni forma di eresia fino agli estremi, come nella crudele crociata del 1209 contro i càtari francesi, che causò migliaia di morti. Infine provò anche, ma invano, a ricomporre l’unità della Chiesa dopo lo Scisma d’Oriente (la divisione tra la Chiesa orientale ortodossa e quella occidentale) del 1054.
    La sua eredità: è ricordato per aver aperto la strada al tribunale dell’Inquisizione e per aver favorito gli ordini mendicanti, purché non mettessero in discussione l’autorità ecclesiastica.
  • Gengis Khan (1162 ca.- 1227)
    Chi era: figlio di un capo-tribù mongolo, battezzato come Temujin, alla morte del padre visse da nomade con il resto della famiglia finché non emersero quelle qualità da guerriero che ne fecero il fondatore del più grande impero della Storia.
    Che cosa ha fatto: all’alba del XIII secolo assunse il controllo di numerose tribù ottenendo il titolo di “Capo supremo delle genti mongole” (1206) e l’epiteto di Gengis Khan (“Sovrano universale”).
    Introdusse una moneta unica, riorganizzò l’esercito introducendo criteri strettamente meritocratici ed emanò un nuovo corpo di leggi.
    Dopodiché condusse le sue orde alla conquista dell’Asia Centrale, puntando alla Cina e spingendosi fino al Mar Caspio e al Mar Arabico, travolgendo ogni resistenza e lasciando dietro di sé milioni di caduti.
    Una volta morto, lasciò un impero che si sviluppava lungo gran parte degli odierni territori di Cina, Russia, Iran e Medio Oriente, oltre a includere ampie aree dell’Europa Orientale.
    La sua eredità: a dispetto delle devastazioni apportate nei territori che conquistò, il governo di Gengis Khan riuscì a far convivere genti molto diverse tra loro per lingua e fede religiosa.
    Le sue conquiste, inoltre, influirono sul patrimonio genetico eurasiatico, buona parte del quale è oggi mongolo.
  • San Domenico (1170 ca.- 1221)
    Chi era: di origini castigliane, Domenico di Guzmán fu sacerdote e teologo, fervente predicatore antiereticale e fondatore dell’ordine dei Domenicani.
    Che cosa ha fatto: nel 1206 si recò in missione in Francia per estirpare l’eresia dei càtari, rinunciando però ai violenti metodi che caratterizzeranno poi l’Inquisizione e limitandosi a cercare riconciliazioni tramite lunghi dibattiti teologici.
    Oltre a ciò, mise in piedi un centro missionario (affiancato da una congregazione femminile) che fungeva da punto di riferimento nella battaglia contro l’eresia, maturando poi l’idea di farne un vero ordine religioso.
    Nel frattempo, convinto che si dovesse dare l’esempio, abbracciò una vita umile e povera, biasimando i sanguinosi massacri compiuti dai crociati cattolici ai danni dei càtari. Nel 1214 gli apparve in visione la Vergine Maria, che gli consegnò il rosario quale strumento per la conversione.
    La sua eredità: i suoi sforzi portarono nel 1216 alla nascita, approvata da papa Onorio III, dell’ordine monastico dei Frati predicatori, i cui seguaci, meglio noti come Domenicani, avrebbero vissuto di sola elemosina e avrebbero “predicato e camminato” portando in gran parte d’Europa il suo messaggio di carità.
    Nel 1234 venne santificato da papa Gregorio IX.

4. San Francesco, San Tommaso e Dante Alighieri

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  • San Francesco (1182 ca.- 1226)
    Chi era: nato in una famiglia di ricchi commercianti di Assisi (Pg), visse una giovinezza spensierata fino a che, dopo aver partecipato alla guerra fra la sua città e Perugia (1202), si indirizzò verso la contemplazione religiosa e l’aiuto dei deboli, divenendo il “poverello” più celebre della Storia.
    Per la sua fama e l’alone di santità fu canonizzato appena due anni dopo la morte.
    Che cosa ha fatto: nel 1205 ricevette tramite un “crocifisso parlante” la richiesta di “riparare” la casa del Signore, e da quel momento si spogliò di ogni bene iniziando a vivere d’elemosina. Intraprese quindi un lungo itinerario assieme a un gruppo di frati con i quali attraversò l’Italia Centrale predicando “povertà, umiltà e fraternità”.
    Le sue prediche contagiarono stuoli di uomini e donne, pronti a seguirlo e a portarne il messaggio nel resto d’Europa.
    Nel 1219 partecipò alla quinta crociata come ambasciatore di pace e, tornato in Italia, iniziò a scrivere il Cantico delle creature, testimonianza d’amore verso ogni forma di vita.
    La sua eredità: tra i suoi lasciti vi sono gli ordini religiosi dei Frati Minori, delle Clarisse (femminile) e l’Ordine francescano secolare (laico).
    Nel Natale del 1223 a Greccio (Rieti) mise in piedi il primo presepe vivente della Storia, inaugurando una tradizione del folclore religioso viva ancora oggi in tutta Italia.
  • San Tommaso 1225-1274
    Chi era: di nobili origini, Tommaso dei conti d’Aquino fu battezzato da papa Onorio III e ricevette una ferrea educazione religiosa.
    Divenuto frate domenicano, fu uno dei principali teologi e pensatori nell’ambito del dibattito della filosofia scolastica circa il rapporto tra fede e ragione.
    Che cosa ha fatto: soggiornò a Colonia (in Germania) – dove frequentò il filosofo tedesco Alberto Magno, che si adoperava per conciliare cristianesimo e filosofia classica – e poi a Parigi.
    Il suo principale campo di ricerca fu la possibilità di dimostrare razionalmente l’esistenza di Dio e offrì cinque celebri “prove” in proposito.
    Tornato in Italia, compose importanti opere come la Summa theologiae (rimasta incompiuta), fonte di ispirazione per tutti i teologi.
    Dal 1272 insegnò a Napoli, dove però l’anno seguente cadde in estasi confidando che “tutto quel che ho scritto è come paglia, a paragone di ciò che ora mi è stato rivelato”.
    La sua eredità: il suo pensiero ha trovato estimatori in ogni epoca, in particolare tra gli studiosi cattolici, pronti a riconoscergli il merito di aver messo la fede su un piano superiore a quello della ragione, elevando la teologia a regina delle scienze.
    Nel 1567 fu dichiarato Dottore della Chiesa, un riconoscimento finora assegnato soltanto a 33 personalità nel corso della Storia.
  • Dante Alighieri (1265-1321)
    Chi era: fu un uomo politico (ricoprì vari incarichi nell’amministrazione fiorentina), un soldato (combatté nel 1289 nella Battaglia di Campaldino) e, soprattutto, uno scrittore, celebre in tutto il mondo per la sua Divina commedia.
    Che cosa ha fatto: dotato di una profonda cultura dovuta all’assiduo studio della letteratura latina, della poesia volgare, della retorica e di decine di testi filosofici e religiosi, dopo essere entrato in contrasto con papa Bonifacio VIII, nel 1302 fu esiliato da Firenze e iniziò a girare per le corti dell’Italia Centro-Settentrionale, stabilendosi infine a Ravenna.
    Già autore di importanti opere come la Vita nova, durante l’esilio compose il suo lavoro più celebre: la Comedìa, che Giovanni Boccaccio (1313-1375) avrebbe poi definito “divina”.
    La sua eredità: considerato il padre della lingua italiana, ha avuto grande influenza sulla nostra cultura e non solo, ispirando schiere di scrittori e artisti.
    Fu uno dei capiscuola del movimento poetico del Dolce stil novo, che si incentrava sul tema dell’amore per la donna-angelo (che eleva l’uomo a Dio) e che negli anni a venire avrebbe influenzato anche l’aretino Francesco Petrarca (1304-1374).
    Grande peso ebbe in proposito l’amore mai consumato che Dante nutriva per Beatrice Portinari, personaggio chiave della Divina commedia.





5. Giotto di Bondone, Guglielmo di Ockham e Giovanna d’Arco

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  • Giotto di Bondone (1267 ca.-1337)
    Chi era: nato da una famiglia contadina, si affermò come pittore e architetto, portando una rivoluzione nelle arti figurative.
    Che cosa ha fatto: si racconta che fu notato dal suo maestro Cimabue (1240- 1302) mentre ritraeva alcune pecore sopra un sasso; poi, dopo aver aperto una propria bottega (1290), seguì il maestro ad Assisi, dove questi doveva decorare la Basilica Superiore.
    Qui Giotto mise probabilmente mano (ma il tema è dibattuto) alle Storie di san Francesco. Dopo un soggiorno a Roma, operò a Rimini e a Padova, dove realizzò il suo capolavoro: gli affreschi della Cappella degli Scrovegni.
    Rientrato a Firenze, lavorò per varie famiglie realizzando opere come la Cappella Bardi e la Cappella Peruzzi nella Basilica di Santa Croce. Fu poi chiamato a Napoli da Roberto d’Angiò, che ne fece il primo pittore di corte.
    Tornato definitivamente a Firenze, nel 1334 fu nominato capomastro dei lavori per il Duomo di Santa Maria del Fiore, dedicandosi alla progettazione del campanile in marmi policromi che oggi porta il suo nome.
    La sua eredità: attraverso la caratterizzazione realistica delle figure umane, inserite nello spazio con l’uso di giochi prospettici, superò la bidimensionalità tipica della pittura bizantina creando i presupposti per la nascita del Rinascimento.
  • Guglielmo di Ockham (1288-1349)
    Chi era: formatosi in teologia nel convento francescano di Oxford, espresse idee giudicate così “pericolose” che la corte papale di Avignone (dal 1309 al 1377 la città della Francia Meridionale fu sede papale, una situazione detta “cattività avignonese” che favorì lo Scisma d’Occidente del 1378) lo accusò di eresia e nel 1326 lo internò.
    Fuggito nel 1328, scappò a Pisa e poi a Monaco di Baviera, dove morì.
    Che cosa ha fatto: a fare scalpore furono alcuni ragionamenti circa il rapporto tra religione e razionalità, ambito tipico della filosofia scolastica (che voleva supportare le verità della fede tramite la ragione).
    Il teologo affermò che c’era una contraddizione insuperabile tra le due, e da ciò derivava l’indipendenza del potere laico da quello ecclesiastico: re e imperatori dovevano quindi avere piena autonomia e non essere condizionati dal potere spirituale.
    La sua eredità: il suo celebre lascito metodologico fu il “rasoio di Ockham” – concetto tuttora alla base del pensiero scientifico – secondo il quale, trovata una spiegazione di un certo fenomeno, va scartata ogni ipotesi aggiuntiva.
    In pratica, un ragionamento va affrontato in base al principio “è inutile fare con più ciò che si può fare con meno”, “rasoiando” ogni informazione superflua affinché un dato concetto non perda di efficacia.
  • Giovanna d’Arco (1412-1431)
    Chi era: di origini contadine e pressoché analfabeta, crebbe in una Francia ferita dalla dominazione inglese e preda di un conflitto civile nell’ambito della Guerra dei cent’anni (1337-1453). Neanche ventenne, fu proprio lei a risollevarne le sorti.
    Che cosa ha fatto: fin da piccola udì“voci celesti”, le quali le annunciarono che avrebbe prima liberato la città di Orléans, assediata dagli inglesi, e poi salvato la Francia.
    Per far ciò, nel 1429 incontrò Carlo VII, erede al trono francese, che le permise di seguire una spedizione militare.
    La sua presenza sul campo di battaglia, dove giunse portando un vessillo bianco, condusse alla vittoria i francesi, che nel maggio liberarono Orléans.
    Alla giovane eroina non mancavano le doti militari, ma la sua importanza fu soprattutto psicologica: provocava un tale entusiasmo nelle truppe che già in estate i francesi ottennero successi decisivi.
    Nella primavera del 1430, però, fu catturata e venduta agli inglesi. Accusata di stregoneria, morì sul rogo.
    La sua eredità: la “Pulzella d’Orléans”, come fu chiamata, ebbe il merito di infondere lo spirito patriottico a un popolo fino ad allora diviso, facendo sentire per la prima volta protagonisti anche i ceti più umili e introducendo una forma di “etica evangelica” (come il rispetto per i prigionieri e per le donne) nella conduzione della guerra.

 








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