La festa di Halloween è appena trascorsa, rivelandosi, ancora una volta, uno degli appuntamenti più attesi dell’anno dal Nord al Sud del nostro Paese.
Ma anche quest’anno non sono mancate le polemiche: qualcuno dice che è una festa “importata”, estranea alle tradizioni italiane, mentre altri ne criticano il carattere essenzialmente commerciale.
Molti antropologi, però, sostengono che nel folklore di tutte le regioni italiane sono presenti diversi elementi costitutivi di Halloween: i riti di accoglienza per i defunti, le questue dei bambini nelle case, i dolci dal nome macabro, le zucche intagliate, feste e pratiche divinatorie.
Qual è la verità? Scopriamolo insieme!
PER CHI VUOLE APPROFONDIRE: Giuseppe Bellosi, Eraldo Baldini, “Halloween. Nei giorni che i morti ritornano“.
1. Tutto inizia con i Druidi celti
Secondo l’interpretazione più accreditata, il termine Halloween sta per All Hallows Eve o All Hallows Even (o Evening), ossia “vigilia (o sera) di Ognissanti”.
Secondo lo studioso di cultura celtica Jean Markale, «Halloween riprende gli antichi rituali druidici di Samain, antica festa pagana nota anche come “Capodanno celtico”, di origine irlandese.
Si teneva quando – al plenilunio più vicino al primo novembre, corrispondente alla fine dell’estate, quando bisogna proteggere il bestiame, alla base della sopravvivenza della comunità – il mondo dei morti si ricongiungeva con quello dei vivi».
A tornare in circolazione per il capodanno celtico non erano solo i rassicuranti familiari defunti, ma anche presenze più pericolose e inquietanti: per esempio, i morti anzitempo, quelli che avevano avuto una fine lenta o quelli che portavano il peso di colpe mai perdonate.
Ecco perché nella notte magica del capodanno celtico, timori e ansie inducevano riti difensivi; ed ecco perché, se gli antenati di famiglia partecipavano alla festa silenziosi e tranquilli, gli altri erano irrequieti.
La loro visita era dunque temibile e andava resa il più breve possibile, esorcizzandola con doni e offerte.
2. La Chiesa cattolica interviene
Un passo decisivo per l’evoluzione della festa si verificò nell’VIII secolo, quando la Chiesa cattolica spostò la ricorrenza di Ognissanti, che era stata introdotta in calendario nel 610 dopo Cristo, dal 13 maggio al primo novembre.
Secondo il frate domenicano Iacopo da Varagine, il motivo era che «il papa riteneva fosse meglio celebrare la festa in un momento dell’anno in cui, essendo state fatte le vendemmie e le mietiture, i pellegrini potevano trovare più facilmente di che nutrirsi».
È probabile invece che il vero motivo dello spostamento fosse il bisogno di frapporre una ricorrenza cristiana a una precristiana al termine dei grandi lavori agricoli, che per qualche popolazione rappresentava un vero e proprio capodanno.
La Chiesa dunque portò Ognissanti al primo novembre, prima solo a Roma dal 731 e poi per tutta la Chiesa d’Occidente dal 1475, e dedicò il giorno successivo, 2 novembre, alla commemorazione dei defunti.
La cristianizzazione della festa comunque non portò alla rimozione dei contenuti e delle forme originali della ricorrenza celtica. Questa festa non è mai piaciuta alla Chiesa cattolica.
La Chiesa cattolica si è più volte espressa in senso negativo sulla festa di Halloween. Alla fine degli anni Novanta, il cardinale Camillo Ruini denunciò come “folkloristiche e banali” queste forme di celebrazione, mentre il cardinale Carlo Maria Martini definì Halloween “una festa estranea alla nostra tradizione”.
Per molti rappresentanti della Chiesa, Halloween promuoverebbe e introdurrebbe in forma festosa elementi di religiosità primitiva e pagana, mentre per altri streghe, folletti, scheletri e fantasmi tipici della festa addirittura inizierebbero bambini e ragazzi al satanismo.
3. Verso gli Stati Uniti
Quando, verso la metà del XIX secolo, moltissimi irlandesi dovettero emigrare negli Stati Uniti per sfuggire a una tremenda carestia in patria, portarono con sé le tradizioni legate al loro antico capodanno, che divennero poi in America la festa di Halloween.
A quell’epoca, i festeggiamenti consistevano nel mascherarsi e andare in gruppi di casa in casa ballando, cantando e chiedendo doni, e nel fare scherzi ai vicini, come ad esempio ostruire comignoli, sradicare ortaggi, scardinare porte e liberare cavalli dalle stalle.
Nelle case, invece, l’intrattenimento era costituito da giochi e da pratiche divinatorie che riguardavano principalmente il futuro matrimoniale delle ragazze.
Questa celebrazione fu mantenuta dagli immigrati irlandesi e scozzesi come simbolo di identità etnica per quanto non potesse più conservare i significati che aveva avuto nei villaggi d’origine.
Si trasformò, dunque, in una festa urbana tesa soprattutto al divertimento, ma alcuni elementi della forma originaria non furono abbandonati: alle lanterne ricavate da rape si sostituirono le zucche intagliate a forma di testa e i giovani continuarono a mascherarsi e a fare la questua di casa in casa, ottenendo dolci, mele e monete in cambio di una poesia o di un canto.
Si mantenne anche l’usanza degli scherzi, che talvolta sconfinavano in vandalismo. A cavallo tra Ottocento e Novecento i simboli di Halloween si fecero più standardizzati: pipistrelli e gatti neri, streghe e fantasmi apparvero in decorazioni e travestimenti; i colori preferiti erano l’arancione e il nero.
Agli inizi del XX secolo, gruppi religiosi, scuole superiori e club organizzavano per la ricorrenza feste e danze e declinarono le pratiche divinatorie. Attualmente Halloween è una delle feste più importanti in Nordamerica, seconda solo al Natale, e muove enormi interessi commerciali.
4. In Italia, pane, patate e zuppa
Secondo gli antropologi italiani Baldini e Bellosi, l’idea che Halloween sia una festa di origine celtica è parzialmente errata:
«La festa è quasi certamente preceltica e interessa da tempi immemorabili molte genti europee, con affinità di date, forme e contenuti».
Ciò che avveniva in area celtica e nordeuropea è altrimenti segnalato anche in Sicilia, Calabria, Sardegna, dove però le questue mascherate tradizionali sono sempre più sostituite dalle usanze di Halloween.
Alla luce di quanto ci dicono gli studi del folklore, la festa di Halloween sembra avere quindi ben poco di nuovo. Perciò Baldini e Bellosi concludono: «Chi grida allo scandalo asserendo che la celebrazione di Halloween non avrebbe nulla a che fare con il nostro Paese, anzi ne sarebbe completamente estranea, non pare nel giusto».
In effetti, tutti gli elementi della celebrazione non sono nuovi, bensì presenti, da tempo immemorabile, nel folklore italiano tipico dei giorni compresi tra il 31 ottobre, vigilia di Ognissanti, e l’11 novembre, San Martino.
In passato, in tutte le regioni italiane in quei giorni, bambini, poveri o particolari categorie di persone, “vicarie” dei morti stessi, questuavano.
In Piemonte, per esempio, in certe località era tradizione cuocere del pane per i poveri che passavano per le cascine a ritirarlo; in Valle di Susa, giovani del paese facevano il giro delle case per chiedere le patate da poco raccolte.
In Liguria era d’uso la “cantegora”, una questua accompagnata da un canto nel nome dei morti, e a Loano (Savona), i fanciulli andavano di porta in porta con un recipiente a chiedere una cucchiaiata di zemin (zuppa) a suffragio dei defunti.
Ancora: in Valle Aurina, nel Trentino, era tradizionale il Pitschelesingen. I bambini, travestiti da spiriti, andavano nelle case e chiedevano il Pitschele Brot, un pane che poi veniva distribuito ai poveri.
Nel Caporettano, il giorno dei morti si davano speciali elemosine ai ragazzi che giravano in cerca di pagnotte dette “presci”.
I piccoli abitanti di Caterina Villermosa, in Sicilia, invece, coperti con lenzuola bianche e a lume di lanterna, vagavano in paese questuando dopo mezzanotte dolciumi e alimenti presentandosi come “i morti”.
In Sardegna, si spingevano fino ai paesi vicini nelle case di parenti e amici chiedendo la paniscedda, un’offerta che le famiglie davano spontaneamente in suffragio dell’anima dei defunti. Nelle regioni italiane, nei primi giorni di novembre era costume offrire pietanze particolari preparate in onore dei defunti.
Tra le più famose c’è la “minestra dei morti” da offrire ai poveri la sera del primo novembre nel Bellunese, il pan di mort, pane scuro a forma di focaccia in Lombardia, dolcetti chiamati “ossa dei morti” nel Cremonese, le “fave dei morti” in Emilia e Umbria.
In Sicilia è ricordata la cùcchia, un pane dalla forma di due mezzelune unite per il dorso. Alcune di queste tradizioni sono ancora vive oggi.
5. Zucche, orrore e Paperino
- Zucche a volontà
Un corredo tipico di Halloween oggi è quello delle zucche intagliate in modo da rappresentare un teschio o un volto spaventoso.
Anche tale usanza, tra Ognissanti e San Martino, era diffusa in molte località nostrane, ben prima che gli emigrati irlandesi e scozzesi la introducessero negli Stati Uniti.
In Piemonte, ad esempio, fra il primo e il 2 novembre si accendevano candele in zucche svuotate con occhi e bocca intagliati a imitare sogghigni orripilanti.
Anche in Lombardia, nello stesso periodo, era abituale intagliare zucche a forma di teschio, illuminandole dall’interno.
La stessa cosa è testimoniata in Veneto, in Friuli e nella Venezia Giulia, in Romagna, in Toscana, in Calabria. - Una zucca di nome Jack
Con il nome Jack O’Lantern si intende una zucca intagliata in modo da somigliare a una faccia, con una candela interna.
La sua origine risale all’Irlanda dell’Ottocento quando, per Ognissanti, i questuanti reggevano lanterne ricavate da rape, in cui la luce della candela simboleggiava un’anima del purgatorio.
Il nome “Jack” sarebbe appartenuto a un morto che non aveva trovato posto né all’Inferno né in Paradiso ed era condannato a errare in eterno sulla Terra, facendosi luce con un tizzone inserito in una rapa. - Tutti pazzi per l’orrore
Nelle celebrazioni contemporanee, un altro corollario associato all’evento è il clima di paura.
Per l’occasione si raccontano infatti storie terrificanti, si guardano lm horror e si allestiscono addobbi che dovrebbero far rabbrividire di spavento.
Possiamo dire che alla diffusione di una certa immagine di Halloween legata all’horror e al macabro abbia contribuito anche il cinema, sia attraverso la proiezione nelle sale, nei giorni vicini alla festa, di pellicole di genere horror sia attraverso la produzione di questo tipo di lm ambientato proprio in questo periodo.
Il più significativo è Halloween di John Carpenter, uscito nel 1978 negli Usa. - Ne parlò Paperino 65 anni fa
In Italia la prima “apparizione” di Halloween nella versione attuale risale probabilmente al 10 dicembre 1952, sulla testata Topolino e in particolare in una storia intitolata Paperino e le forze occulte, disegnata da Carl Barks.
Nella notte di Halloween, Paperino spiega ai suoi nipotini Qui, Quo e Qua che gli spiriti non esistono; ma ecco allora arrivare nel cielo di Paperopoli, sulla sua scopa, la strega Nocciola, la quale cerca inutilmente di convincere Paperino che gli spiriti invece esistono davvero.
Il curatore dell’edizione italiana, Guido Martina, che tradusse e adattò la storia, pensò però che il riferimento alla notte di Halloween non fosse comprensibile nell’Italia di quegli anni e quindi fece svolgere la vicenda nel periodo di Carnevale.