Quando il 5 settembre 2013 Rochus Misch è morto a 96 anni nella sua casa di Berlino, per gli storici si è spenta l’ultima speranza di scoprire la verità sulla fine di Adolf Hitler.
Misch, infatti, era l’ultimo testimone vivente di ciò che avvenne nel bunker sotterraneo della Cancelleria e, grazie al suo lavoro di guardia del corpo, aveva condiviso ogni attimo della giornata del dittatore dal 1940 agli ultimi disperati istanti finali.
Le sue memorie gettano luce su una vicenda sulla quale ancora oggi abbondano teorie complottistiche e dietrologie; per alcuni, infatti, Hitler non si sarebbe suicidato nel rifugio in cui visse per quattro mesi, ma sarebbe fuggito, probabilmente in Sudamerica.
La storia, però, secondo Misch e molti studiosi è andata in modo diverso. Scopriamo come.
1. Le ultime volontà
La sera del 29 aprile 1945 Adolf Hitler è un uomo finito.
Le truppe russe, impegnate in una battaglia nelle vie di Berlino, sono sempre più vicine all’esteso bunker nei sotterranei della Cancelleria e i vertici militari sovietici smaniano per catturare il capo del Reich in coincidenza con la simbolica data della Festa dei lavoratori, che cade il giorno successivo.
Meno di ventiquattro ore prima, il dittatore tedesco ha compiuto gli ultimi atti ufficiali della sua esistenza: nelle prime ore della notte del 29 aprile il cinquantaseienne Hitler sposa la trentatreenne compagna Eva Braun, che frequenta da quando lei aveva diciannove anni.
Il matrimonio, secondo il racconto della guardia del corpo, è esclusivamente un atto di gentilezza del dittatore verso i genitori di Eva Braun ma il Führer offre comunque un modesto banchetto nuziale alla quindicina di persone presenti.
Nel bunker, infatti, non mancano mai cibo, champagne e prelibatezze introvabili in tutto il resto d’Europa: si pensa che fino all’ultimo Hitler non abbia rinunciato a una quindicina al giorno di tazze di tè, merce rara nei mesi finali della guerra.
Verso le 4 del mattino firma invece due documenti contenenti rispettivamente le sue volontà personali e il suo testamento politico; negli atti esplicita il suo desiderio di preferire la morte alla resa, ordina che il proprio corpo venga successivamente cremato, fornisce disposizioni per la successione a capo del partito: Hermann Göring era stato per anni il delfino designato in caso di morte, ma, solo pochi giorni prima, la richiesta di poter prendere controllo della situazione trovandosi nella più favorevole residenza fortificata di Berchtesgaden sulle Alpi Bavaresi, aveva causato la sua esclusione dal partito nonché la sua condanna a morte in contumacia.
Pertanto Hitler nomina l’ammiraglio Karl Donitz come suo successore, presidente del Reich e capo supremo delle Forze Armate. Infine ritorna, quasi farneticando, su posizioni espresse negli anni della guerra: per esempio la sua non responsabilità nello scoppio del conflitto e le colpe degli ebrei.
2. Preparativi di suicidio
In mattinata giunge la notizia dell’uccisione di Benito Mussolini, avvenuta il giorno precedente, che conferma ulteriormente le volontà suicide del Führer.
Nel bunker i preparativi per la morte del capo, come Misch ha sempre continuato a chiamare Hitler anche dopo la guerra, si fanno impazienti e concitati.
Il medico personale del dittatore, il dottor Stumpfegger, fornisce capsule di cianuro ai presenti e Hitler, ansioso di provarne la potenza, chiede a un altro dei suoi medici di testarne l’efficacia sul suo amato pastore tedesco Blondi, che muore all’istante.
Più tardi Hitler incontra per l’ultima volta il generale Helmut Weidling, comandante preposto alla difesa di Berlino, il quale, prima di tornare sfiduciato e allibito nella sede del Comando operativo tedesco ormai circondata dai sovietici, reitera la sua richiesta di far muovere i reparti impegnati nella vana difesa della capitale verso ovest in modo da potersi ricongiungere con la XII Armata nella zona dell’Elba (alla XII Armata era stato dato l’ordine, disatteso, di fare dietrofront e contribuire alla salvezza di Berlino).
Hitler ancora una volta rifiuta e chiede una difesa a oltranza. Alcuni ufficiali e le due segretarie personali del Führer, intanto, bruciano documenti, carteggi, diari e mappe in un’atmosfera inquieta e concitata. La fine è vicina.
3. Voleva morire il 5 maggio
La mattina del 30 aprile 1945 Hitler e Eva Braun prendono commiato a uno a uno con il personale del rifugio e i militari presenti.
Gli occhi del dittatore sono lucidi, ma non pronuncia alcuna parola.
Alle 12 l’ultimo bollettino lo informa che i sovietici sono ormai a meno di 500 metri dalla Cancelleria e la necessità di togliersi la vita diventa prioritaria, tanto più che l’odiato 1° maggio si avvicina sempre più (si dice che Hitler, invece, sperasse di potersi suicidare il 5 maggio in modo da far coincidere la data della sua morte con quella di Napoleone).
Il Führer acconsente alla richiesta di Weidling, negatagli il giorno prima, ma vista la situazione totalmente compromessa, l’ordine di ricongiungersi con la XII Armata si trasforma in un fuggi fuggi generale delle truppe, che cercano di evitare di esser fatte prigioniere dei russi e di consegnarsi invece agli americani, situati al di là dell’Elba.
Alle 14 Hitler consuma il suo ultimo pasto e ordina di procacciare 200 litri di benzina da portare nel cortile della Cancelleria, dove si trova una delle uscite di emergenza del bunker. Poco dopo il Führer ed Eva Braun si ritirano nei loro appartamenti privati: Misch è l’ultimo a vederli vivi.
Sono circa le 15.30, infatti, quando un colpo di pistola viene udito dagli occupanti del bunker. Dopo qualche istante, entrano nello studio Martin Bormann, Herman Goebbels, Misch e pochi altri: un forte odore di mandorle bruciate, tipico del cianuro, pervade la stanza; su un divanetto sono seduti, senza vita, i due coniugi.
Eva Braun, con i segni dell’avvelenamento già presenti sul volto, è alla sinistra del Führer. Adolf Hitler, dalla cui tempia destra fuoriesce copiosamente il sangue che impregna il sofà ed il tappeto, è reclinato con la pistola Walther PPK da 7.65 millimetri ai suoi piedi.
Secondo Misch, sul viso del dittatore non ci sono macchie di sangue; è possibile che Hitler abbia anche ingerito del cianuro, ma non essendo stata effettuata un’autopsia accurata, questa tesi è impossibile da verificare.
I corpi di Hitler e di sua moglie sono, quindi, portati nel giardino della Cancelleria dove vengono bruciati. Bormann e Goebbels rivolgono il saluto nazista alle spoglie del dittatore, mentre intorno aiutanti e militari cercano di rintuzzare il fuoco con altri documenti, carte e petrolio.
Alle 18.30 i resti grossolanamente cremati di Hitler ed Eva Braun, nonché dei suoi due cani Blondi e Wolf, vengono interrati in un cratere causato dai bombardamenti dei giorni prima, nei cortili della Cancelleria.
È qui che nella tarda serata del 2 maggio del 1945 li rinviene un’unità dell’Armata Rossa; i corpi sono poi interrati in tutta fretta in un sito segreto vicino a Magdeburgo fino al 1970, quando il direttore dei Servizi segreti russi ne ordina la distruzione e fa disperdere le ceneri in un fiume, annullando così ogni possibilità futura di analisi scientifiche.
Con la morte di Rochus Misch, quindi, il mistero sugli ultimi giorni nel bunker si infittisce per sempre.
Nella foto sotto, il bunker di Hitler. I primi a entrare nel bunker dove Hitler si è già suicidato sono i sovietici dell’Armata Rossa; è il 2 maggio 1945. Il corpo del dittatore e della moglie sono stati bruciati. I resti vengono interrati in un luogo segreto dove restano fino al 1970.
4. Rochus Misch: 5 anni con il Führer
Rochus Misch nasce il 29 luglio 1917 in un paesino allora appartenente all’Impero Tedesco e oggi alla Polonia.
Il padre muore pochi mesi dopo, a causa delle ferite riportate nella I Guerra Mondiale e nel giro di tre anni scompare anche la madre, per una polmonite.
Il piccolo Rochus è affidato ai nonni e a vent’anni si arruola nelle SS (Schutzstaffel), il corpo militare del partito nazista.
Due anni dopo, grazie al fisico possente e ai tratti ariani, viene scelto per far parte delle Waffen-SS (SS Combattenti), le squadre impegnate nel combattimento diretto durante la guerra; partecipa all’invasione della Polonia e viene gravemente ferito nella battaglia di Modlin.
Per il suo coraggio, gli viene tributata la Croce di Ferro e una volta guarito, in quanto orfano, non torna sul campo ma viene destinato alla guardia personale di Hitler.
Dal 1940 al 1945, quindi, è al suo fianco tutti i giorni; dopo il suo suicidio, è l’ultimo a lasciare il bunker nelle prime ore del 2 maggio 1945. Viene subito fatto prigioniero dai russi e, riconosciuto, è torturato affinché riveli la vera fine del suo capo.
Passa 8 anni nei campi di internamento in Siberia e torna a Berlino soltanto nel 1953, dove ha vissuto fino alla recente scomparsa.
Per tutta la vita Misch è stato orgoglioso degli anni passati con Hitler, che chiamava affettuosamente ‘capo’. In un’intervista rilasciata ad AP nel 2005, Misch definì il Fuehrer come “un uomo decisamente normale” e fece un accorato resoconto degli ultimi giorni di Hitler e della moglie Eva Braun nel bunker di Berlino in cui entrambi morirono.
“Non era un bruto. Non era un mostro. Non era un superuomo”, disse Misch.
5. Hitler e la sua scrittura
Hitler nasce a Braunau, cittadina dell’Austria settentrionale, il 20 aprile 1889. Il padre è un uomo violento, sempre attaccato alla bottiglia; la madre, di 23 anni più giovane, è una sua nipote, triste e sottomessa.
Tra il 1900 e il 1903 muoiono il padre e il fratello minore di Hitler che abbandona gli studi.
Nel 1907, alla morte della madre, si trasferisce a Vienna per diventare pittore; l’Accademia respinge due volte la sua domanda di ammissione, ma lui tenta lo stesso una carriera artistica come paesaggista.
Allo scoppio della I Guerra Mondiale si arruola volontario nell’esercito tedesco e viene ferito varie volte. In seguito si avvicina ai gruppi nazionalisti e nel 1920 crea il partito nazista; nel 1924, in carcere, scrive il Mein Kampf.
Sfruttando la crisi politica e economica della Repubblica di Weimar, nel 1933 sale al potere come Cancelliere e alla morte del presidente Hindenburg, nel 1934, diventa Führer. Nel 1938 annette l’Austria e nel 1939 invade la Polonia, facendo scoppiare la II Guerra Mondiale.
Nel conflitto Hitler ordina lo sterminio di ebrei, zingari, omosessuali, prostitute, oppositori politici... facendo uccidere milioni di persone. Segnato dalla sconfitta militare, si suicida il 30 aprile 1945.
La scrittura di Adolf Hitler: un segno della sua pazzia? Recentemente due studiosi italiani, Evi Crotti e Alberto Magni, hanno tentato di risolvere il mistero della complessa e disturbata personalità di Adolf Hitler analizzando la sua calligrafia e i cambiamenti che ha avuto nel corso dei decenni.
Lo studio del Führer attraverso la grafologia, la tecnica, cioè, che permette di ricostruire le caratteristiche psicologiche di uno persona mediante uno studio specifico della sua grafia, ha confermato alcune note tesi sul dittatore tedesco ma anche aperto nuovi interessanti scenari: Hitler appare affetto da una personalità di tipo borderline, caratterizzata da ossessive fantasie narcisistiche e dominatrici e al tempo stesso insicura e fragile.
La mancanza di affetto durante l’infanzia e i comportamenti violenti e autoritari del padre, inoltre, hanno influenzato la sua indole già ribelle, rendendolo crudele e ambizioso.