Il Siberian Husky non è un cane come gli altri, poiché appartiene a una di quelle razze canine più simili al lupo, non solo per il fisico, ma anche per la personalità.
Il caratteristico temperamento del Siberian Husky è amichevole e gentile, ma anche sveglio ed estroverso.
Non ha l’atteggiamento possessivo del cane da guardia, né è troppo sospettoso verso gli estranei o aggressivo con gli altri cani.
Ci si può aspettare un po’ di riserva e dignità nei cani adulti. La sua intelligenza, trattabilità, e appassionata disposizione, fanno di lui un gradevole compagno e volonteroso lavoratore.
Nel contesto più favorevole della vita moderna, tanto come cane da compagnia quanto come cane da caccia, il comportamento del Siberian Husky è la quintessenza dell’amicizia nei confronti del padrone, delle persone che conosce e perfino degli sconosciuti.
Questa cordialità verso il genere umano impedisce di fatto il suo impiego come cane da guardia. E questa pretesa belva è un grande amico dei bambini.
La sua grande gentilezza, che spesso assume la forma di una gioiosa cordialità con le persone e di un affetto molto evidente per i membri della sua famiglia, non impedisce all’Husky di avere un fortissimo spirito di indipendenza e, d’altra parte, è proprio tale aspetto che affascina i veri intenditori di questo cane.
Oggi scopriremo tutto su questa straordinaria razza canina: il Husky (Siberian Husky), un cane cordiale, estroverso, sportivo ed indipendente.
1. Origine e storia (A)
La famosa ‘corsa all’oro’ del Klondike ha rivelato parecchie individualità ben temprate e dotate di talento.
Così, la fama di Jack London è indissolubilmente legata a questo periodo, come pure il destino del Siberian Husky: se non fosse stato trovato l’oro in Alaska, molto probabilmente non avremmo mai sentito parlare di questo cane.
Il termine husky, che significa ‘rauco’, è servito a indicare tutti i cani da slitta utilizzati dagli Indiani e da gli Eschimesi. La razza Husky di Siberia, per parte sua, è originaria dell’estremo nord-est del continente asiatico e più precisamente della Penisola dei Ciukci, limitata a sud-ovest dal fiume Kolyma, dove viveva, lontano da ogni contatto con la civiltà occidentale, il popolo eschimese dei Ciukci.
In realtà non conosciamo molto sui Ciukci e sul modo con il quale allevavano i loro cani. Sappiamo, tutta via, che li ammettevano nella loro intimità e che procedevano a una vera selezione. Infatti, sopprimevano la maggior parte delle femmine poco dopo la nascita, risparmiando solo quelle più robuste, e castravano i maschi, conservando intatti solo quelli scelti per la riproduzione, i più ardimentosi, naturalmente.
Queste pratiche, con il concorso di condizioni naturali estremamente rudi e dell’isolamento degli Eschimesi, hanno permesso la formazione di una popolazione canina molto tipicizzata e pura. Non potremo dare informazioni molto più precise su questo cane, poiché nel 1973 i Sovietici, per tutta risposta alle richieste di informazioni sulla presenza di cani Husky in Siberia, affermarono che questa razza non era mai esistita.
Nel luglio 1896 si scoprirono, alla confluenza del Klondike nello Yukon, enormi pepite d’oro; il rinvenimento provocò un selvaggio afflusso di gente da tutta l’America verso il Canada e l’Alaska. Gli improvvisati cercatori si accorsero però ben presto che due cose erano indispensabili per sopravvivere nel freddo, nell’oscurità e nel silenzio del Grande Nord: lo zucchero e i cani da slitta.
Inizialmente, questi avventurieri non ebbero alcun contatto con gli Indiani e con gli Eschimesi e pertanto non ne conoscevano i cani. Perciò provarono a utilizzare tutti i cani che sembravano abbastanza robusti per trainare pesanti carichi — in particolare gli attrezzi per la prospezione, le riserve di cibo, la padella di lamiera, che costituiscono un carico abbastanza pesante e ingombrante — e in grado di resistere al clima.
Così, si attaccarono alla slitta cani molto diversi, come i Collie e altri cani da pastore, i Setter, ecc. I più avveduti scelsero tuttavia cani del tipo del San Bernardo o del Terranova (il quale, nella sua isola, aveva il compito di alare i carichi di legname). Solo gradatamente i cani autoctoni riuscirono a dimostrare la loro superiorità; non era, però, per niente facile riuscire a procurarseli presso le popolazioni locali, perché i buoni cani non erano affatto superflui.
È probabile che grazie all’intermediazione dei cacciatori di pellicce, installati nella regione ben prima della corsa all’oro, i cani da slitta locali riuscirono a imporsi. Peraltro, la parola musher deriva dall’ordine dato in francese dai cacciatori di pellicce canadesi ai loro attacchi: «Marche!» è infatti diventato per l’orecchio anglosassone mush!
In seguito, con la progressiva strutturazione dell’economia dell’Alaska, apparve una nuova professione, il musher, ed è presso i mushers che si diffusero i robusti cani degli Indiani Malemute, che diventarono rapidamente i cani da slitta più apprezzati, poiché erano capaci di tirare i carichi più pesanti su lunghe distanze.
Le attitudini di questi cani, i Malamute, diedero ai coloni l’idea di incrociarli con dei San Bernardo: da questi incroci nacque un esemplare rimasto famoso, Blossom. Più tardi, quando si cercò la potenza più della velocità, si incrociarono i Malamute con cani occidentali più leggeri, come i Setter o i cani da pastore.
I mushers, tenendo conto delle tradizioni indiane ed eschimesi, sentirono il desiderio, naturalmente, di mettere a confronto le qualità dei loro attacchi e, per riuscirvi, organizzarono delle corse tra villaggi. Queste competizioni, che servirono da supporti per scommesse, ebbero in breve una rapida diffusione, un fenomeno che è facilmente spiegabile.
Infatti, con esse il Grande Nord scopriva il ‘suo’ sport. Un detto alascano dice che le quattro stagioni di questo rude paese sono: giugno, luglio, agosto e inverno. Ne consegue, per ciò, che tutte le attività si concentrano nei tre mesi estivi, mentre, durante il resto dell’anno, ognuno si rinchiude nel suo ‘bozzolo’, annoiandosi senza dubbio parecchio.
Le competizioni tra slitte furono fonte di divertimento ed è questa la ragione del loro successo. Non ci si deve molto stupire, perciò, per la fondazione del Nome Kennel Club, nel 1907, da parte del musher Allan Scott e dell’avvocato Albert Fink, che vollero dare una base seria alle corse e garantire la loro regolarità. Nome è una piccola borgata situata sulla costa della Penisola Steward, all’estremità nordoccidentale dell’Alaska.
Si tratta quindi di un posto particolarmente sperduto, che deve la sua esistenza unicamente alla scoperta di pepite sulle sue spiagge: le si raccoglieva come le conchiglie! Non ci si preoccupò all’inizio di battezzare questo gruppo isolato di baracche situato in cima al mondo ed è appunto per questa mancanza di nome — no name — che è stato poi chiamato ‘Nome’.
Nome divenne la capitale delle corse con le slitte: nel 1908, il Nome Kennel Club organizzò la grande prova All Alaska Sweepstakes, lunga 650 chilometri. La ricerca dei cani migliori, la selezione degli attacchi più efficienti presero allora una nuova dimensione.
Lo sviluppo delle corse comportò la scoperta dei famosi Husky che vivevano in Siberia, ossia in altre parole solo a qualche gomena dall’Alaska: lo Stretto di Bering che le separa è largo un centinaio di chilometri.
L'Alaska aveva peraltro legami con il continente asiatico, non fosse altro che per l’esistenza di una numerosa colonia russa, installatasi prima del 1867, anno nel quale lo zar Alessandro II vendette l’Alaska agli Stati Uniti al prezzo di sette milioni di dollari per chilometro quadrato, un prezzo niente affatto elevato, soprattutto tenendo conto delle ricchezze del sottosuolo.
Fu un mercante di pellicce di origine russa, William Goosak, che per primo ebbe l’idea di andare a cercare alcuni esemplari di Husky della Siberia per farli partecipare alla prova All Alaska Sweepstakes. E se, all’inizio, ci fu un po’di scetticismo nei confronti di questi ‘piccoli’ cani da slitta, non si tardò a prenderli sul serio, perché il loro attacco si classificò in terza posizione.
Fu così che un fortunato scozzese, Fox Maule Ramsay, ne portò con sé non meno di una sessantina di esemplari, forniti dai Ciukci dell’Anadyr e affidò un attacco a John Johnson, che si impose nel 1910, polverizzando il record della prova. Iron Man, "l'uomo di ferro", come veniva chiamato, ripetè l’impresa nel 1914, poi il norvegese Leonhard Seppala, senza alcun dubbio il più grande musher di tutti i tempi, vinse la prova per tre anni consecutivi.
Infatti, con Seppala iniziò il periodo più glorioso della storia del Siberian Husky. Il ceppo della razza si formò grazie a importazioni dalla Siberia di grande valore, le cui ultime in ordine di tempo furono effettuate da Olaf Swenson nel 1930.
2. Origine e storia (B)
La notorietà del Siberian Husky finì per diffondersi in tutta l’America nel 1925.
Nel gennaio di quell’anno Nome fu colpita da un’epidemia di difterite e l’unico medico della località (che allora contava non più di 1450 abitanti), il dottor Curtiss Welch, trovò nella sua scorta di medicinali solo alcune dosi di anatossina difterica, per di più vecchie già di cinque anni!
Da Anchorage fu inviato il siero necessario, facendo lo viaggiare lungo la linea ferroviaria appena costruita tra Anchorage e Fairbanks fino a Nenana. Ma Nenana si trovava ancora a più di 1000 chilometri da Nome e condizioni atmosferiche spaventose — ma abituali in quel periodo dell’anno — impedirono il decollo agli antiquati velivoli locali. Non rimanevano, come mezzo di trasporto, che le slitte.
Diciannove attacchi di Husky, vale a dire 163 cani, si diedero il cambio, quindi, per far giungere il prezioso farmaco. Il congiungimento avvenne con Leonhard Seppala, che era partito da Nome, nell’infuriare di una tempesta di neve; con un freddo intenso e un’oscurità quasi totale, Balto, il cane di testa dell’ultimo musher, Gunnar Kasson, riuscì a raggiungere Nome, al termine di una corsa contro la morte durata centoventisette ore, vale a dire circa cinque giorni e mezzo.
Ben presto l’impresa venne conosciuta in tutta l’America e addirittura venne eretta una statua in onore di Balto, nel Central Park di New York. Gli Americani vollero allora poter ammirare questi straordinari Siberian Husky, e a questo scopo Seppala intraprese una tournée negli Stati Uniti, durante la quale cedette parecchi dei suoi cani. Da questi esemplari è nata una parte della popolazione americana della razza.
Nel 1924 la Nuova Inghilterra era già convertita allo sport della slitta, con la creazione del New England Sled Dog, e nel 1930 l’American Kennel Club riconobbe il Siberian Husky come razza. Nel 1932 lo sport del traino della slitta fu ammesso a titolo dimostrativo nei Giochi Olimpici di Lake Placid.
Nel 1938 la popolarità di questo cane era tale che venne fondato il Siberian Husky Club of America, che redasse il primo standard ufficiale (un primo testo, tuttavia, era già apparso nel 1932); nel 1939 anche il Canadian Kennel Club ammise la razza. Tutto, quindi, andava per il meglio... tranne che in Alaska, dove lo sport del traino della slitta e, di conseguenza, dei cani stava per conoscere un lungo periodo di oblio.
Infatti, a partire dagli anni Venti, la vita in Alaska cambiò aspetto: «Tutto si meccanizza, si automatizza, la carne e il pesce, la foca e il salmone, il carbone e l’oro». L’era dei piccoli cercatori giunse al termine e le subentrò quella dell’industria.
Oltre alla ferrovia già costruita, per gli spostamenti si ricorse in modo crescente all’aereo (oggi, un Alascano su trenta è titolare di un brevetto di pilotaggio e uno su cinquanta dispone di un aereo privato). Peraltro, una prima depressione economica, nel 1923, fece fuggire gli ultimi avventurieri, fornendo un assaggio della grande depressione generale, particolarmente avvertita in Alaska.
Il trasporto con le slitte conobbe, perciò, un netto declino e le grandi competizioni vennero trascurate. Tuttavia, il traino con la slitta rimase in uso nel Grande Nord, poiché la famosa Compagnia della Baia di Hudson se ne servì fino al 1963 per inoltrare la posta, mentre la polizia canadese utilizzò i cani fino al 1969. Nell’Alaska vera e propria, Indiani ed Eschimesi continuano a servirsi delle slitte e a organizzare delle corse tra villaggi.
La rinascita dello sport del traino con la slitta avvenne nel 1946, con la fondazione del Fur Rendezvous di Anchorage. Cominciarono, però, a manifestarsi dei cambiamenti, poiché non si trattava più delle grandi corse dei tempi eroici, ma piuttosto di prove di velocità previste su distanze di qualche decina di chilometri al giorno.
Anche i cani subirono un’evoluzione: George Attla, il grande musher indiano, ricorreva sempre agli Husky, ma si rese presto conto che incrociando i cani siberiani con cani da caccia, se non addirittura con Levrieri, era possibile ottenere cani molto più veloci; questi incroci si intensificarono a tal punto che molti ‘Alaskan Husky’ non poterono più essere qualificati come cani nordici.
Negli anni Settanta, ci si accorse che questi incroci facevano perdere in robustezza e resistenza quello che facevano guadagnare in velocità e fu così che, nel 1973, con l’istituzione dell’Iditarod, lunga 1800 chilometri da percorrere in undici giorni (compreso un giorno di riposo), gli Alaskan Husky ridivennero indiscutibilmente nordici.
Nel frattempo, però, il Siberian Husky aveva perso l’egemonia. Era, invero, un Husky in mezzo ad altri Husky nati da cani indiani, eschimesi e di razze occidentali, e ciò dall’epoca eroica della ‘corsa all’oro’. Tuttavia, l’Husky della Siberia non è totalmente scomparso dall’Alaska; il suo sangue scorre nelle vene di numerosi Alaskan Husky e gli esemplari di razza pura sono sempre competitivi, come ha dimostrato l’allevatore e musher Earl Norris.
La profonda evoluzione dello sport della slitta e della selezione dei cani da corsa non si è manifestata che di recente in Europa, quando, dopo essersi recati a vedere come si svolgevano le corse in Alaska e in altre parti degli Stati Uniti e aver portato indietro degli Alaskan Husky capaci di fornire ottime prestazioni, gli appassionati hanno dovuto arrendersi all’evidenza.
Il Siberian Husky, da parte sua, ha fatto la sua apparizione in Francia al tempo della prima guerra mondiale. Infatti, si era dimostrato impossibile rifornire alcune posizioni strategiche dei Vosgi di munizioni e viveri servendosi di cavalli, muli o uomini, sotto l’intenso fuoco nemico.
Si ebbe così l’idea di utilizzare dei cani, che vennero fatti arrivare da Nome e dal Canada, per un totale di quattrocento esemplari, dei quali un centinaio di Husky della Siberia. Essi vennero addestrati dal grande musher Scotty Allan, e i soldati poterono così essere riforniti.
Nel resto d’Europa, i primi esemplari sono giunti negli anni Cinquanta, in particolare in Svizzera e in Norvegia, poi in Germania, negli altri paesi scandinavi, in Belgio e nei Paesi Bassi. La Federazione omologica internazionale, da parte sua, ha riconosciuto la razza nel 1966 e, da allora, questo cane ha ottenuto un immenso successo, per il suo fisico, certo, ma anche, va sottolineato, per le qualità sportive. In Francia l’effettivo arrivo dell’Husky Siberiano risale al 1972, mentre in Italia data dal 1975.
E certo che il portamento da cane lupo del Siberian Husky abbia attirato l’attenzione, perché richiama alla memoria vecchi ricordi di letture, in particolare quelle di Jack London. I suoi occhi azzurri contribuiscono si curamente al suo fascino: è la sola razza canina in grado di poter mostrare abbastanza di frequente uno sguardo del genere.
Articoli di stampa e stelle dello spettacolo hanno fatto sentire agli ammiratori dell’Husky, ogni anno più numerosi, il desiderio di possedere un cane così originale. Ci si è rapidamente accorti che l’aspetto poco comune dell’Husky corrisponde a un carattere che non è da meno!
E, poiché la sua specialità è quella di essere un cane da slitta, non c’è da meravigliarsi che sia venuta l’idea di organizzare delle gare, come ha fatto Monique Béné dal 1979 al Passo della Schlucht, sull’esempio di quelle che già esistevano in Germania e in Svizzera.
Capita di frequente di sentire persone che si crucciano per il destino del Siberian Husky diventato cane da compagnia, ma tale condizione non impedisce a molti padroni cittadini di rendersi conto del carattere così particolare di questo cane, tanto da non esitare, grazie a lui, a dedicarsi allo sport della slitta.
3. Comportamento
Il Siberian Husky non è un cane come gli altri, poiché appartiene a una di quelle razze canine più simili al lupo, non solo per il fisico, ma anche per la personalità.
Certo, il cane lupo suscita poca simpatia, ma è opportuno sapere che il Canis lupus non è la belva che a lungo è stata descritta.
È tutto il contrario di un animale feroce, sanguinario, codardo e privo di intelligenza; è timido e prudente e il suo comportamento si basa su un senso profondissimo della muta e anche della ‘famiglia’. I cani da slitta sono, quindi, generalmente più vicini ai loro antenati lupi della maggior parte degli altri cani, in particolare per il loro spirito della muta e il loro istinto per la caccia.
Può apparire paradossale sottolineare questo senso atavico per la caccia in cani selezionati per la loro attitudine a tirare la slitta, ma non bisogna dimenticare che il loro ruolo tradizionale, tanto presso gli Indiani quanto presso gli Eschimesi, consisteva anche nell’aiutare i loro padroni a seguire le piste della selvaggina, a raggiungere questa e ad accerchiarla. Parecchi decenni di selezione strettamente basata sui risultati ottenuti nelle corse non hanno distrutto questo istinto, in particolare nell’Husky.
L’Husky caccia per se stesso e prende la fuga per assecondare il suo gusto della caccia se una prima scappata l’ha risvegliato. Questa è la principale fonte di preoccupazione per il proprietario e non ci si deve perciò meravigliare che esso abbia una reputazione abbastanza negativa presso agricoltori e cacciatori.
In nessun caso, però, bisognerebbe considerare il Siberian Husky come un cane feroce e aggressivo. Se vecchi racconti possono dare l’impressione che i cani da slitta fossero difficili, poco accomodanti, è perché si trattava per essi di sopravvivere in condizioni estreme, che evidentemente offrivano ben poco spazio all’amicizia, tanto tra gli uomini quanto tra i cani.
Nel contesto più favorevole della vita moderna, tanto come cane da compagnia quanto come cane da caccia, il comportamento del Siberian Husky è la quintessenza dell’amicizia nei confronti del padrone, delle persone che conosce e perfino degli sconosciuti. Questa cordialità verso il genere umano impedisce di fatto il suo impiego come cane da guardia. E questa pretesa belva è un grande amico dei bambini.
Bisogna anche precisare che i mushers sono oggi di gran lunga meno duri che in passato. John Johnson (il primo ad aver condotto i Siberian Husky alla vittoria nella prova All Alaska Sweepstakes) non doveva essere dotato di molta sensibilità, a giudicare dal soprannome attribuitogli di ‘uomo di ferro’.
Ma oggi che le corse hanno raggiunto un altissimo livello (selezione dei cani, alimentazione, cure, addestramento), è senza dubbio la preparazione psicologica che ‘fa la differenza’ e l’intento è chiaramente quello di giungere alla più forte motivazione e al più alto grado di ‘complicità’ tra il musher e la sua muta.
Nei confronti degli altri cani l’Husky è in genere riservato, per nulla attaccabrighe, ma all’occorrenza non esiterà a rispondere a una minaccia o a un’aggressione. Il suo comportamento è diverso quando si trova sulla linea di partenza di una corsa. Infatti, l’attacco è in uno stato di tensione e di eccitazione massimo e il cane di uno spettatore che si avvicinasse troppo, potrebbe conservarne un ricordo cocente.
Come tutti i cani da slitta (con l’eccezione del Samoiedo), l’Husky abbaia molto di rado; tuttavia, non è muto: nella muta urla, ma, come per il lupo, il significato preciso di questi ululati rimane misterioso.
La sua grande gentilezza, che spesso assume la forma di una gioiosa cordialità con le persone e di un affetto molto evidente per i membri della sua famiglia, non impedisce all’Husky di avere un fortissimo spirito di indipendenza e, d’altra parte, è proprio tale aspetto che affascina i veri intenditori di questo cane.
Per quanto sia ben educato e qualunque sia il suo livello d’intimità con il padrone, conserva però una componente di imprevedibilità. Non sempre compie quello che ci si attende da lui e non risponde sistematicamente agli approcci, obbedendo con maggiore o minore sollecitudine agli ordini che gli vengono impartiti.
Questo cane sopporta male la solitudine e l’indifferenza e non rientra certo nel novero di quelli che possono essere lasciati per parecchie ore in un appartamento senza rischio di disastri. Con lui, la vita di gruppo non è un’espressione priva di significato e perciò è necessario che in continuazione prenda parte alla nostra esistenza quotidiana. In compagnia di altri Husky accetta di buon grado di vivere in un canile.
Certo, dato il suo carattere, il Siberian Husky non condivide il motto della nostra società: riposarsi sotto i raggi ardenti di un caldo sole. Ha un enorme bisogno di attività, trabocca di un’energia che solo lunghe passeggiate riescono a incanalare.
Per esempio, si è riflettuto sul fatto che i cani partecipanti all’Iditarod, la grande corsa alaskana, devono percorrere 1800 chilometri in undici giorni, con un solo giorno di riposo, ossia in media circa 180 chilometri al giorno nelle zampe?
Certo, non si possono paragonare questi sportivi di alto livello, perfettamente addestrati, con un Husky destinato a condurre, controvoglia, una vita molto oziosa in città, ma ciò non significa che basti qualche rapida uscita, con il guinzaglio e a passo lento, per soddisfare le sue necessità.
Questa sete di esercizio e di lavoro induce ineluttabilmente un numero crescente di padroni a orientarsi verso lo sport del traino della slitta, non solo per mettersi in mostra nelle competizioni più prestigiose, ma anche per la felicità del loro compagno.
L’Husky è, quindi, un buon lavoratore in condizioni di freddo e neve. Se gli si fanno provare i finimenti e la neve, esploderà di gioia. Tuttavia, si può tranquillamente fare a meno della neve per addestrare gli Husky. Esistono oggi dei telai di slitta su ruote, in sostituzione delle classiche slitte, e club di addestramento sono stati fondati tanto in Italia quanto in Francia e in altri paesi europei.
Grazie ai cani da slitta e a qualche altra razza, un vero mutamento si sta operando nella mente di un numero sempre più consistente di acquirenti di cani, poiché non si desidera più un cane soltanto per completare la famiglia, ma anche per poter esercitare uno sport di squadra, nel quale padrone e cane imparano a conoscersi e a superarsi.
Ciò vorrebbe dire che, con l’eccezione dello sport della slitta, non vi è scampo per il Siberian Husky? No di certo, dato che numerosi Husky non hanno mai visto né la neve né una slitta e tuttavia trascorrono giorni felici perché hanno trovato un padrone disponibile e aperto, sufficientemente paziente e osservatore, all’altezza di questo cane sportivo ed esigente, dal comportamento così singolare.
Si afferma, infine, che questo cane non è addestrabile. Ma, il più delle volte, tale opinione è espressa da ammiratori della razza. Molti proprietari, infatti, si accontentano del carattere indipendente, fantasioso, malizioso, disobbediente del loro cane ed è appunto questo carattere che amano in lui, anche se ciò implica delle costrizioni.
Tuttavia, senza voler cullare illusioni nei futuri acquirenti che desidererebbero al contempo un Husky e un cane obbediente, diciamo che questa richiesta è, certo, difficile, ma non impossibile da soddisfare, ricorrendo alla psicologia, alla perseveranza e alla fermezza (senza brutalità).
4. Il colore degli occhi e razze affini
- Che begli occhi che hai...
Il Siberian Husky è la sola razza per la quale si sia cercato di selezionare occhi azzurri, dato che in genere sono richiesti occhi del colore più scuro possibile.
Ricordiamo che i cinofili sono severissimi in merito alla pigmentazione delle mucose (il tartufo in particolare) e degli occhi, e una depigmentazione è di conseguenza considerata come il segno di una degenerazione.
Capita che questa esigenza sia incompatibile con alcuni colori del mantello, che si accordano con un occhio di colore chiaro: negli Alani blu, per esempio, gli occhi hanno una tinta "fumé", mentre nel Weimaraner gli occhi sono gialli.
Un altro mantello, definito ‘arlecchino’ (formato da un fondo grigio azzurrognolo disseminato di macchie nere con bordi spezzettati), è spesso accompagnato da occhi in parte o totalmente blu.
Nell'Husky il caso è del tutto diverso, poiché gli occhi azzurri non sono legati (geneticamente) a un colore particolare del mantello e sono pure indipendenti dalla pigmentazione delle mucose.
Non si può, quindi, parlare, a suo riguardo, né di albinismo (gli occhi azzurri dell'Husky non si incontrano solo nei soggetti con mantello bianco) né di un indizio di depigmentazione, poiché il tartufo può essere, nondimeno, ben pigmentato.
Si tratta di una particolarità rarissima nella specie canina, probabilmente un carattere recessivo nei confronti degli occhi bruni; in altre parole, affinché un cucciolo abbia occhi azzurri, è necessario che i suoi genitori abbiano un gene 'occhi azzurri'.
Per la maggior parte della gente, l'Husky è un cane che ha gli occhi azzurri. Tenuto conto della richiesta, il prezzo dei cuccioli con occhi azzurri risulta spesso maggiorato. Questa caratteristica, invece, è del tutto secondaria sia per gli intenditori sia per i mushers, così come per i giudici e gli esperti convalidatori. infatti, dei magnifici occhi azzurri non sarebbero sufficienti a modificare il giudizio su un soggetto non rispondente allo standard della razza o con un grave difetto, che potrebbe, in tal caso, trovarsi declassato. - Razze affini
Troppo spesso si dimentica, tra le razze nordiche, l'esistenza di numerosi cani (scandinavi) da caccia, da guardia, da pastore, mentre sono solo quattro le razze da slitta.
- Il Samoiedo è stato il primo a essere conosciuto in Occidente. Senza dubbio è stato per tramite del commercio di pellicce di provenienza siberiana che i Britannici lo hanno scoperto.
Infatti, la signora Kilburn Scott ne importò una prima coppia nel 1889. Il Samoiedo fu in seguito utilizzato da numerosi esploratori polari, come Nansen e Scott.
Quest'ultimo (imparentato con l’allevatrice sopraccitata) trasferì degli esemplari in Australia per preparare le sue spedizioni antartiche, il che spiega, peraltro, l'origine 'australiana' di alcuni fondatori della razza.
La costituzione di un club della razza in Gran Bretagna si ebbe solo nel 1920. L'allevamento del Samoiedo in Francia è cominciato appena nel 1950; in Italia ha avuto un buono sviluppo. Un maschio misura circa 57 cm al garrese e pesa 30 kg; in altri termini si tratta di un cane molto robusto, di proporzioni ben quadrate.
È caratterizzato da un mantello completamente bianco (è il più elegante dei cani da slitta). Bisogna notare che la bocca è leggermente voltata in su alle commessure delle labbra e da ciò dipende appunto il 'sorriso del Samoiedo'.
Possiede la gentilezza e l’indipendenza proprie dei cani da slitta, ma non il loro spirito di muta e ha la particolarità di abbaiare spesso,
- Il Groenlandese (Groenlandeshund), è il meno diffuso della 'famiglia', ma è stato, tuttavia, il più utilizzato nelle spedizioni polari di Peary, di Amundsen e di Paul-Émile Victor. Di questo animale si è potuto dire che era il cane da slitta allo stato bruto, «spietatamente selezionato per la robustezza, l’attitudine al lavoro e la resistenza».
È un animale dal carattere rude, fatto per vivere in muta e in condizioni difficili.
Rappresenta un buon compromesso tra velocità, capacità di tiro e resistenza, il che spiega perché sia stato scelto, per esempio, da Francois Varigas per la sua traversata del Grande Nord, dalla Groenlandia all'Alaska, nel 1982 (avventura che Varigas ha descritto nel libro Dix chiens pour un réve, Dieci cani per un sogno). Il Groenlandese è stato allevato in Francia in modo serio soltanto a partire dal 1950, mentre in Italia è praticamente sconosciuto.
- Meglio conosciuto è, invece, l’Alaskan Malamute. Questo cane è considerato come il più potente e il più resistente dei cani da slitta: un maschio misura circa 65 cm al garrese per un peso di 40 kg. Il nome deriva dalla tribù degli indiani Malemute, insediata a nord-est dell’Alaska.
Questo cane fu molto apprezzato al tempo della corsa all'oro per la capacità di tirare i carichi più pesanti, così come nelle prime corse in Alaska, in particolare l'All Alaska Sweepstakes, di cui vinse (lui o attacchi molto vicini al Malamute) le prime edizioni.
Se la razza è stata conosciuta dal 1955 negli Stati Uniti, il suo arrivo in Francia è più recente e non risale che al 1969, come del resto in Italia. Dopo il Siberian Husky, l'Alaskan Malamute è il più diffuso dei cani da slitta.
Questa rapida carrellata sulle razze da slitta è completa se si fa riferimento alla classificazione ufficiale, ma lo è meno se si tiene conto della situazione delle corse con slitta attuali, tanto in America quanto in Europa. Infatti, il cane più impiegato non appartiene alle razze succitate dato che si tratta dell'Alaskan Husky, che è un miscuglio delle razze nordiche presenti in Alaska, di origine indiana o eschimese.
Negli anni Cinquanta si incrociarono questi cani con cagne da caccia, o addirittura con Levrieri, allo scopo di aumentare la loro rapidità e renderli così più idonei alle corse di velocità allora molto in auge.
Poi si è ritornati a un tipo nettamente più nordico, più robusto e più resistente, adatto unicamente a partecipare alle lunghe corse, come per esempio l’Iditarod.
Gli Alaskan Husky infine sono i cani più impiegati dai grandi mushers (ognuno dei quali ha sviluppato proprie stirpi) come Susan Butcher, vincitrice delle ultime edizioni della famosa e lunghissima Iditarod.
Nella disciplina della pulka, di origine scandinava (nella quale l’uomo munito di sci da fondo e un unico cane si distribuiscono equamente il lavoro), non sono i cani nordici a trovarsi in prima posizione (in particolare presso i Norvegesi, i grandi specialisti della pulka), bensì i cani da caccia, e specialmente i Bracchi Tedeschi, che all’occorrenza calzano degli stivaletti e indossano un mantello. Sulle corte distanze previste da questo tipo di prova tali cani si sono dimostrati imbattibili.
5. Lo Standard
FCI Standard N° 270 / 24.91.2000
SIBERIAN HUSKY
ORIGINE : U.S.A.
DATA DI PUBBLICAZIONE DELLO STANDARD ORIGINALE VIGENTE 02.02.1995
UTILIZZAZIONE. Cane da slitta
CLASSIFICAZIONE F.C.I. : Gruppo 5 Cani di tipo Spitz e di tipo primitivo
Sezione 1 Cani nordici da slitta
Senza prova di lavoro
ASPETTO GENERALE
Cane da lavoro di media taglia, svelto e leggero, sciolto e aggraziato nei movimenti. Il suo corpo moderatamente compatto e ricco di pelo, gli orecchi eretti e la coda a spazzola rivelano la sua origine nordica. Il suo passo caratteristico è regolare e senza sforzo evidente.
Assolve al meglio la sua originaria funzione di cane da traino, portando carichi leggeri a moderata velocità su lunghe distanze. Le forme e le proporzioni del suo corpo riflettono questo basilare equilibrio di forza, velocità e resistenza.
I maschi della razza Siberian Husky sono mascolini ma mai grossolani; le femmine sono femminili ma senza debolezze di struttura. In buone condizioni, con muscoli fermi e ben sviluppati, il Siberian Husky non è mai eccessivamente pesante.
PROPORZIONI IMPORTANTI:
• Di profilo, la lunghezza del corpo, dalla punta della spalla alla punta posteriore della groppa, è leggermente maggiore dell’altezza del corpo, dal terreno alla punta del garrese.
• La distanza dalla punta del tartufo allo stop è uguale alla distanza fra lo stop e l’occipite.
COMPORTAMENTO – CARATTERE
Il caratteristico temperamento del Siberian Husky è amichevole e gentile, ma anche sveglio ed estroverso. Non ha l’atteggiamento possessivo del cane da guardia, né è troppo sospettoso verso gli estranei o aggressivo con gli altri cani.
Ci si può aspettare un po’ di riserva e dignità nei cani adulti. La sua intelligenza, trattabilità, e appassionata disposizione, fanno di lui un gradevole compagno e volonteroso lavoratore.
TESTA
REGIONE DEL CRANIO
Cranio: di medie dimensioni, e proporzionato al corpo; leggermente arrotondato sulla sommità e che va diminuendo dal punto più ampio fino agli occhi
Stop: ben definito
REGIONE DEL MUSO
Tartufo: nero, nei cani grigi fulvi o neri, fegato nei cani color rame; può essere color carne nei cani interamente bianchi. Accettato il tartufo striato di rosa “tartufo da neve”
Muso: di media lunghezza e larghezza, si assottiglia gradatamente verso il tartufo, con l’estremità né appuntita né quadrata. La canna nasale è diritta dallo stop alla punta del tartufo
Labbra: ben pigmentate e molto aderenti
Mascelle/Denti: chiusura a forbice
Occhi: a mandorla, moderatamente distanziati e posizionati un po’ obliqui. Gli occhi possono essere marroni o blu; ammessa l’eterocromia. Espressione: penetrante ma amichevole, interessata e mai cattiva.
Orecchi: di media dimensione, a forma triangolare, ravvicinati e posizionati alti sulla testa. Sono spessi, ben forniti di pelo, leggermente arcuati nella parte posteriore e ben eretti con le estremità leggermente arrotondate che puntano verso l’alto.
COLLO: media lunghezza, arcuato e portato fieramente eretto in stazione. In movimento, al trotto, il collo è esteso in modo che la testa sia portata leggermente in avanti
CORPO
Dorso: diritto e forte, con linea superiore orizzontale dal garrese alla groppa. Di media lunghezza, né “cobby” né rilassato perché eccessivamente lungo.
Rene: teso e asciutto, più stretto del torace, e leggermente retratto.
Groppa: inclinata rispetto alla spina dorsale, ma mai tanto avvallata da limitare la spinta dei posteriori
Torace: profondo e forte ma non troppo ampio, col punto più basso al livello del gomito. Le costole sono ben cerchiate vicino alla spina dorsale ma appiattite sui fianchi per permettere un movimento sciolto
CODA: ricca, a spazzola come la coda di volpe, è inserita proprio sotto il livello della linea dorsale e portata sul dorso in una aggraziata curva a falce quando il cane è in attenzione. Quando è portata alta non si arrotola sui fianchi né si appiattisce sul dorso. Per il cane a riposo è normale una coda bassa. Il pelo della coda è di media lunghezza, e circa della stessa lunghezza sopra, sui lati e sotto, con l’aspetto di una spazzola rotonda.
ARTI
- ANTERIORI: in stazione, e visti dal davanti, gli arti sono moderatamente distanziati, paralleli e diritti. L’ossatura è di sostanza ma mai pesante. La lunghezza degli arti dal gomito al suolo è leggermente superiore della distanza fra il gomito e la punta del garrese. Gli speroni dell’anteriore possono essere tolti.
Spalla e braccio: la scapola è ben obliqua. Braccio leggermente obliquo all’indietro dalla punta della spalla al gomito, e non è mai perpendicolare al suolo. I muscoli e legamenti tra la spalla e la cassa toracica sono fermi e ben sviluppati
Gomiti: aderenti al corpo e non deviati in fuori né in dentro
Carpo: forte, ma elastico
Metacarpi: visti di lato sono leggermente inclinati
- POSTERIORI: in stazione, se visti dal dietro, i posteriori sono moderatamente distanziati e paralleli. Gli speroni, se ve ne sono, vanno rimossi.
Coscia: molto muscolosa e potente
Ginocchio: ben angolato
Garretto: ben definito e disceso
PIEDI: ovali ma non lunghi. Sono di media misura, compatti e con molto pelo fra le dita e i cuscinetti che sono duri e spessi. In stazione i piedi non devono essere deviati in fuori né in dentro
ANDATURA: il caratteristico movimento del Siberian Husky è regolare e senza sforzo evidente. È veloce e leggero, e nel ring dovrebbe essere condotto col guinzaglio allentato ad un trotto moderatamente veloce, mostrando buon allungo degli anteriori e buona spinta dei posteriori.
Se visto dal davanti, al passo, il Siberian Husky non procede sul single-track, ma come la velocità aumenta, gli arti gradualmente s’inclinano fino a che le impronte cadono sulla linea dell’asse longitudinale del corpo.
Quando le impronte convergono, gli arti anteriori e posteriori si portano diritti in avanti, senza che gomiti o ginocchia vengano deviati in fuori né in dentro. Ognuno degli arti posteriori si muove sull’orma dell’arto anteriore dello stesso lato. Quando il cane si muove, la linea dorsale rimane ferma e orizzontale.
MANTELLO
PELO: il pelo del Siberian Husky è doppio e di media lunghezza, e dà un aspetto di un ricco mantello, ma non è mai tanto lungo da mascherare il netto profilo del cane. Il sottopelo è soffice e denso e di sufficiente lunghezza da sostenere il pelo di copertura.
Il pelo di guardia del mantello di copertura è diritto e piuttosto appoggiato sul corpo, mai ruvido o drizzato. Bisogna notare che l’assenza di sottopelo durante il periodo della muta è normale.
È permesso regolare i baffi e il pelo fra le dita e attorno ai piedi per permettere un aspetto più ordinato; toelettare il pelo su qualsiasi altra parte del corpo non è permesso e deve essere severamente penalizzato.
COLORE: tutti i colori dal nero al bianco totale sono permessi. Si riscontra una varietà di macchie sulla testa di tipo diverso, inclusi vari disegni che non si trovano in altre razze.
TAGLIA E PESO
Altezza al garrese: Maschi . da 53,5 a 60 cm
Femmine: da 50,5 a 56 cm.
Peso: M. 20,5 a 28 kg - F. 15,5 a 23 kg
Il peso è proporzionato all’altezza. Le misura indicate sopra rappresentano le altezze estreme e i pesi limite, senza alcuna preferenza per uno dei due estremi.
DIFETTI: qualsiasi deviazione da quanto detto sopra deve essere considerato difetto e la severità con cui verrà considerato è esattamente proporzionale alla sua gravità.
• Cranio : testa rozza o pesante, testa cesellata troppo finemente
• Stop: insufficiente.
• Muso: troppo appuntito o troppo rozzo, troppo corto o troppo lungo
• Denti: ogni altra chiusura che non sia la forbice
• Occhi:inseriti troppo obliquamente o troppo vicini
• Orecchi: troppo grandi in proporzione alla testa; troppo distanziati; non decisamente eretti
• Collo: troppo corto e spesso; troppo lungo
• Dorso : debole o cedevole; dorso di carpa; linea dorsale discendente
• Torace: troppo largo; “ a botte “; costole troppo piatte o deboli
• Coda: appoggiata sul dorso o arrotolata; molto frangiata; inserita troppo alta o troppo bassa
• Spalle: diritte; fluttuanti.
• Arti anteriori: metacarpi deboli; ossatura troppo pesante; anteriori troppo chiusi o troppo aperti;gomiti in fuori
• Arti posteriori: ginocchio diritto, garretti vaccini, cane col posteriore troppo chiuso o troppo aperto
• Piedi: cedevoli o con dita aperte; troppo grandi o di brutta forma; troppo piccoli o delicati; rivolti all’esterno o all’interno
• Movimento: corto, saltellante; arti che si muovono a scatti verso l’esterno, andatura pesante o che rolla; passo che incrocia o andatura a granchio
• Mantello: pelo lungo, ruvido o ispido; tessitura troppo dura o troppo serica; pelo regolato, ad eccezione di dove è permesso
DIFETTI ELIMINATORI
• Maschi alti più di 60 cm. e femmine alte più di 56 cm
N.B. I maschi devono avere due testicoli apparentemente normali, completamente discesi nello scroto.