Da caccia e da guardia, da punta e da penna.
Più che animali domestici, i cani sono i coltellini svizzeri dell’umanità, un caso unico di una specie che si abitua alla nostra presenza e, con precisione capillare, occupa tutte (o quasi) le nicchie disponibili nella nostra società.
Tra gli animali domestici sono forse i più amati, di sicuro i più idolatrati: la cronaca riporta casi di esseri umani che “sposano” il loro cane dopo anni di convivenza, o di ricche ereditiere che lasciano il loro intero patrimonio al barboncino.
Anche senza arrivare a questi estremi, è difficile, quasi impossibile, parlare con il padrone di un cane e non sentirlo pontificare sul suo carattere meraviglioso, su come sembri sempre capire quello di cui il proprietario ha bisogno.
Il bello è che tutti i padroni in questione hanno perfettamente ragione: ogni bravo cane sa sempre cosa si aspetta il padrone da lui, e ha imparato a farlo senza fiatare né protestare, fin da quando, 33.000 anni fa, i primi lupi abbandonarono la vita selvatica.
La storia evolutiva di Canis lupus familiaris spiega molto, quasi tutto, del suo comportamento, ed è una storia che, a causa della nostra tendenza ad antropomorfizzare qualsiasi suo atteggiamento, è stata distorta e fraintesa, fino ad arrivare alla sua forma attuale – quella che vuole il cane come animale fedele fino alla morte, legato al suo padrone da un vincolo forte quanto quello tra genitore e figlio.
Una mezza bugia (o quantomeno un’interpretazione fantasiosa) che è spesso causa di stress, incomprensioni e dolore per cani e padroni.
Il fatto che il cane si sia insinuato nelle nostre vite con furbizia, facendo di fatto gli occhi dolci a un’intera specie non significa che non ci sia davvero qualcosa di speciale nel rapporto cane-uomo.
Al contrario, tanti studi dimostrano come il cane possa comprendere le emozioni del suo padrone, e di associare la sua espressione facciale al suo umore.
Un manipolatore abile, capace di sfruttare la nostra esigenza di essere compresi e amati. Per questo è diventato il nostro amico più caro. Vediamo come.
1. Altro che tonti...
Le ricerche provano che i nostri primi contatti con il cane (che non era altro che una forma più docile, meno aggressiva e imprevedibile di lupo) furono di mutua assistenza, quando non di vero e proprio accattonaggio.
Prima gli animali cominciarono a seguire i cacciatori umani e le loro piste, poi abbandonarono l’istinto di caccia per dedicarsi a rovistare tra i rifiuti, nella generale indifferenza delle popolazioni primitive.
Era un’interazione favorita dal carattere sociale e gerarchico del lupo, che costituisce poi la base dei comportamenti del cane addomesticato.
Entrambi sono in grado di riconoscere l’esemplare più forte e sottomettersi (almeno in attesa che invecchi a sufficienza da poterlo soppiantare).
I cani hanno anche imparato ad adattare i loro comportamenti per soddisfare le aspettative dei padroni, ottenendo in cambio cibo, rifugio, affetto e un “esci gratis di prigione” a vita per qualsiasi disastro combinino.
Nonostante la narrativa diffusa sugli “animali un po’ tonti” (detto sempre con divertito affetto, naturalmente), i cani sono non solo straordinariamente intelligenti (una ricerca del 2009 li paragonava a esseri umani di due anni), ma anche dotati di un’altissima capacità di adattarsi, e di imparare ad associare contesti, stimoli e risposte in un complesso alfabeto che diventa (forse è questo il vero segreto) esclusivo del suo rapporto con il padrone.
2. Voglia di comunicare
Consideriamo l’atto di abbaiare.
I lupacchiotti abbaiano spesso, mentre i lupi adulti lo fanno raramente (e i coyote, stretti parenti di entrambi, praticamente mai).
Abbaiare è dunque un gesto “da cucciolo", uno di quei comportamenti un po’ confusi che non hanno alcuno scopo se non quello di mettere alla prova il proprio corpo.
Uno “woof” non è né un ringhio, che comunica minaccia, né un uggiolio, che significa invece sottomissione, ma un’innocua via di mezzo, un modo per l’animale di attirare l’attenzione senza, per così dire, prendere una posizione.
I lupi adulti non abbaiano quasi mai, perché non ne hanno bisogno e perché è un rumore dannoso alle loro attività di caccia.
I cani, invece, ormai abituati a una vita priva di pericoli, abbaiano in continuazione per comunicare con il padrone, attirare la sua attenzione, rispondere alle sue parole, comunicargli noia, voglia di giocare, fame.
La sfida più grande, quando si adotta un cane, è imparare a riconoscere il legame tra l’abbaio e il contesto in cui viene emesso, e reagire appropriatamente.
E' inutile, per esempio, lasciare un cane fuori dalla porta di casa ad abbaiare per insegnargli che “decido io quando puoi tornare dentro”: l’unico collegamento che l’animale farà sarà “più tempo passo ad abbaiare, più è probabile che mi facciano rientrare”.
3. Nessuno è il più forte
L’esempio della “prova di forza” è il più grosso equivoco relativo ai cani: quello, cioè, che la nostra relazione con loro, e tutto il loro addestramento, debbano essere basati su un rapporto di dominanza.
«Crediamo, sbagliando, che il cane sia motivato dal desiderio di controllare gli altri, e che addestrarlo significhi ridurre le sue pulsioni di dominio», spiega l’etologa Rachel Casey che, nel 2009, ha condotto uno studio nel quale si mostrava il legame tra tecniche coercitive, comportamenti aggressivi e stress nell’animale.
Nello stesso anno, l’Università della Pennsylvania ha dimostrato che un padrone violento crescerà un cane altrettanto pericoloso: «se un cane è aggressivo, probabilmente è colpa dei metodi usati per addestrarlo».
Il rapporto con il cane, secondo Casey, va invece costruito poco a poco, con l’esperienza. In altre parole, non bisogna insegnare al cane a non fare la pipì sul divano perché se no rischia le botte.
Meglio che capisca che farla ai giardinetti significa un po' d’aria fresca e un padrone rilassato.
4. Occhi dolci
Già, perché, per quanto sia sbagliato attribuire emozioni umane a un animale, non c'è dubbio che l’empatia giochi un ruolo fondamentale nel rapporto tra cane e padrone.
Sempre nel 2009, in un numero monografico di Elsevier, dedicato al comportamento canino, compariva una ricerca relativa al loro “sguardo colpevole”, l’atteggiamento di sottomissione che molti cani adottano quando hanno fatto qualcosa che sanno provocherà le ire del loro padrone.
Nell’esperimento, ad alcuni cani, separati dai padroni, veniva dato un biscotto "proibito”; i padroni venivano poi fatti rientrare nella stanza con l’animale, e veniva loro detto se questi avesse infranto le regole oppure no.
Nel primo caso, spettava al padrone sgridare il cane, facendo irrimediabilmente scattare uggiolii e sguardi di scuse.
Ebbene, nella maggior parte di questi casi gli scienziati avevano mentito al padrone, che stava sgridando il suo cane per qualcosa che non aveva fatto: più che capire il suo errore, l’animale stava dando al padrone quel che si aspettava (un’occhiata di scuse contrita), manipolandolo emotivamente per evitare punizioni.
Il fatto che il cane si sia insinuato nelle nostre vite con furbizia, facendo di fatto gli occhi dolci a un’intera specie (e trasformandosi nel primo caso di potenziale predatore naturale che diventa animale domestico), non significa che non ci sia davvero qualcosa di speciale nel rapporto cane-uomo.
Al contrario, tanti studi (l'ultimo del gennaio 2016) dimostrano come il cane possa comprendere le emozioni del suo padrone, e di associare la sua espressione facciale al suo umore.
Piuttosto che offenderci perché un branco di barboni che rovistavano nei nostri rifiuti si è insinuato nelle nostre case, dovremmo imparare la lezione che i cani ci hanno insegnato: il modo migliore per convivere con un’altra specie è riconoscere la sua unicità, impararne il linguaggio, rispettarne le esigenze
5. Alcune dritte da sapere per non rovinare il rapporto con il cane
- Non lasciarlo troppo da solo. Un cane ha bisogno di compagnia e interazione per non annoiarsi, e un cane annoiato è un cane infelice.
- Non picchiarlo. Probabilmente non ne capirà il perché, in compenso avrà paura e faticherà a fidarsi.
- Non urlare, se non in casi eccezionali. Meglio anche non parlare troppo: il linguaggio del corpo è, per un cane, più importante di quello che viene detto.
- Non abbracciarlo costantemente. Per il cane è un segnale di dominanza, e potrebbe sentirsi minacciato.
- Non lasciargli fare quello che vuole. La violenza non serve a nulla, ma questo non significa che un cane non abbia ugualmente bisogno di regole.
- Non usare un guinzaglio troppo corto e, se possibile, lasciare il cane libero di correre quando è fuori.
- Non esagerare con gli scherzi, occorre ricompensarlo ogni tanto per evitargli frustrazioni.
- Non svegliare il can che dorme! Potrebbe spaventarsi o sentirsi minacciato, e si rischia una risposta aggressiva.
- Non rompere mai la sua routine. I cani amano la routine, hanno bisogno di orari e regolarità.
- Non dargli ordini contraddittori: se può saltare sul divano può farlo sia quando è solo con il padrone, sia quando in casa ci sono ospiti.