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I colori: studiarli aiuta a capire la nostra natura

Lo studio dei colori può aiutarci a capire chi siamo anche al di là della dimensione dell’io e delle caratteristiche della personalità, introducendoci così nella più complessa area esistenziale e spirituale.

Ogni colore, infatti, oltre ad avere specifiche qualità energetiche, assume per noi particolari significati simbolici.

E poiché sommando due colori otteniamo un nuovo colore, di conseguenza sommando i loro significati otteniamo un nuovo significato, che integra e sviluppa logicamente i contenuti di entrambi.

Questo procedimento ci permette di abbozzare una “filosofia cromatica” o interpretazione cromatica dell’essere umano, con cui delineare le sue componenti essenziali ed esperienziali.

I colori si suddividono principalmente in:

  • colori “primari” (rosso, giallo, blu), così detti perché non sono prodotti dalla mescolanza di altri colori, ma anzi è dalla loro unione che si genera la varietà cromatica. Dato il loro ruolo fondamentale, possiamo identificarli come i tre elementi costituivi dell’essere umano: corpo (rosso), mente (giallo), spirito (blu). Questi, infatti, sono i significati essenziali dei tre colori e nello schema triangolare compare perciò alla base la componente psicosomatica e in cima quella spirituale.
  • colori “secondari”, perché costituiti dalla mescolanza in parti uguali di due primari: essi possono rappresentare le tre esperienze più importanti che caratterizzano il processo evolutivo della coscienza: sessualità (arancione), amore (verde) e trascendenza (viola). Anche qui non occorrono forzature interpretative, perché tali sono di fatto i valori simbolici impliciti in questi colori.

 

I colori possono davvero aiutarci a comprendere la nostra natura. Cerchiamo allora di analizzare i colori più importanti: il rosso, il giallo, il blu, l’arancione, il verde e il viola.

E per chi è interessato all’argomento, consigliamo la lettura del libro “Meditazione sui colori” di Cesare Peri. Buona lettura!

 

1. IL ROSSO

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Il rosso è il primo dei tre colori primari e come tale va considerato perché, associato al sangue, simbolicamente rappresenta il corpo, la materialità, quindi l’inizio dell’esistenza terrena e la vita stessa.

È il primo colore dello spettro solare e, poiché si trova al confine tra le realtà invisibili e il mondo visibile, assume il significato di incarnazione, manifestazione che ha in sé tutte le energie e potenzialità destinate a svilupparsi e configurarsi.

Per la sua natura esotermica e centrifuga esprime un’intensa carica di dinamismo, di attività pratica, di azione e di passione.

È erroneamente considerato il colore dell’amore (in realtà corrispondente, come vedremo, al verde), proprio perché questo sentimento implica una componente passionale, ma esso simboleggia piuttosto l’istinto, il desiderio, le pulsioni sessuali.

È la prima spinta che ogni essere riceve a cercare l’altro, incamminandosi inconsapevolmente in quella direzione, destinata a diventare sempre più consapevole, che è l’unione, il sentirsi parte di un tutto, in cui l’amore acquisterà valore di dimensione più che di sentimento, e tanto meno di passione.

L’istinto sessuale racchiude insomma in sé un suggerimento e una meta che l’essere nella sua esperienza terrena persegue inizialmente a sua insaputa. 

Questa è la valenza positiva del rosso, che rappresenta dunque la dimensione esteriore, la materia, come manifestazione di una forza superiore che la pervade ed anima, in quanto espressione dello spirito.

Non a caso la fusione dei due colori primari estremi nel ventaglio dello spettro solare, che simbolicamente sarebbe più significativo immaginare come una circonferenza, cioè del rosso (materialità) e del blu (spiritualità), genera il viola, che indica la trascendenza, il più profondo e insondabile livello dello Spirito, la dimensione inscindibile dell’Essenza, dell’Uno.

Quale termine di questa apparente dualità l’immagine emblematica è quella del sole rosso tagliato a metà dalla linea dell’orizzonte, che in certe belle fotografie fa sorgere il dubbio se si tratti di un’alba o di un tramonto (tanto l’inizio e la fine si assomigliano!).

Sul piano dell’esperienza terrena dunque il rosso esprime attività dinamica, capacità di agire, desiderio di conquista e combattività, ma, se la spinta è eccessiva e soprattutto non arginata, incanalata e governata dalla facoltà razionale, la sua energia diventa distruttiva e si tramuta in aggressività, violenza e brama smodata di piacere e di potere.

Da qui l’ambivalenza di questo colore, usato per rappresentare tanto l’aspetto regale (si pensi al mantello dell’imperatore e al laticlavio dei patrizi romani) e divino (la lampada rossa posta davanti al tabernacolo nella chiesa cattolica segnala la presenza di Cristo incarnato nell’eucaristia), quanto l’aspetto crudele e infernale (il diavolo per tradizione è rosso come le fiamme dell’inferno).

In effetti vivere la dimensione esteriore e la materialità non come componente di una dualità, bensì come un assoluto, implica una visione riduttiva della realtà, che favorisce egoismo, istinto di potenza fino alla brutalità.

Di conseguenza il rosso diventa il colore della collera («Vedo rosso!») e della volontà di assoggettare il mondo seguendo la logica del profitto, dell’impudenza che oltrepassa i divieti (simboleggiati nella segnalazione stradale con lo stesso colore proprio per indicare pericolo).

Ma il rosso può anche essere il segno di una valida capacità operativa (per esempio la carica aggressiva convertita in abilità da un buon chirurgo) e persino di virtù, come sentenziò Aristotele a proposito del pudore.

Si racconta infatti che il grande filosofo, mentre stava tenendo una lezione ai suoi allievi, ne interrogò uno per verificare se avesse capito la spiegazione e, poiché il ragazzo, non sapendo rispondere, arrossì, tutti si misero a ridere.

Il maestro allora non rimproverò lui, ma i suoi compagni, dicendo: «Osservate bene questo colore, perché è il colore della virtù!».

2. II GIALLO

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Il giallo è il secondo colore primario, solare per eccellenza e quindi simbolo della chiarezza mentale, della facoltà intellettiva.

È il colore più vivo, il più simile alla luce del sole, perciò associato alla “luce della conoscenza”, di conseguenza alla memoria e allo studio, funzioni della parte sinistra del cervello.

Ci troviamo qui nel campo della razionalità, che, se incanala in modo costruttivo le energie vitali del rosso, può sviluppare fiducia nelle capacità personali e una visione positiva e ottimistica dell’esistenza, fino ad approdare al giallo-oro della saggezza.

Il regno della mente è la dimora dell’io, della complessità e ricchezza psicologica e della dimensione relazionale. L’identità, che è andata via via strutturandosi attraverso il rapporto con gli altri, durante quella fase necessariamente egoistica e narcisistica rappresentata dall’arancione, raggiunge qui la sua pienezza, la sua maturità.

Accade come nel mito mesopotamico di Gilgamesh, quando l’eroe, in cammino nel misterioso regno sotterraneo dell’Occidente alla ricerca del segreto della vita eterna (che in termini cromatici potremmo identificare con il viola), esce finalmente dal lungo tunnel, percorso ogni notte dal sole per affacciarsi di nuovo ad Oriente, e sbuca nel giardino delle pietre preziose, che brillano sugli alberi come frutti.

Egli si trova allora nella pienezza della luce ed è proprio il Sole che lo ammonisce a non andare oltre, dicendogli che quello è il punto di arrivo e la massima ricchezza dell’uomo.

È il luogo della conquista dell’io, del compimento della volontà, dell’autorealizzazione, ed è singolare la coincidenza con il nome sanscrito del terzo chakra, associato al giallo e situato in corrispondenza del plesso “solare”: Manipura, cioè «città dei gioielli».

Questi gioielli sono le facoltà dell’io, che permettono di brillare nel mondo sociale e di influenzare gli altri, agendo su di loro con il potere dell’intelligenza, il fascino della personalità, la forza della persuasione e persino della manipolazione.

Lo splendore del giallo indica dunque un punto di arrivo, una capacità intellettiva e conoscitiva che fuga le tenebre dell’ignoranza: è la sede del pensiero, la culla della scienza.

Eppure, come ogni fase del processo evolutivo della coscienza, è anche un nuovo punto di partenza. Infatti la sua precipua qualità, la gemma fra tutte più splendente, consiste nell’intrinseco dinamismo che spinge incessantemente alla ricerca del nuovo e del cambiamento.

Il giallo è una soglia che al suo massimo grado abbaglia, proprio come il sole, perché introduce in quella dimensione qualitativamente diversa che è la capacità di donarsi agli altri, cioè il vero amore, simboleggiato dal verde, inteso non più come affermazione dell’io, ma superamento dei propri limiti egoistici e narcisistici.

In questo passaggio, presagito nel desiderio di cambiamento, avviene effettivamente un salto qualitativo, una vera e propria rivoluzione copernicana: è l’evangelico chicco di frumento che muore perché possa crescere il grano.

È un momento fondamentale di esperienza e di crescita: avviene qualcosa che abbaglia e nello stesso tempo oscura, ma alla fine dona una nuova vista, la capacità di percepire il mondo sotto una luce diversa.

Non a caso nel simbolismo cromatico, che segue l’ordine dei colori dello spettro solare, il verde, in quanto dimensione dell’amore incondizionato, permette l’accesso al blu, cioè al piano della spiritualità.

Ma la solarità del giallo può anche accecare, potenziando a dismisura le qualità dell’io: in tal caso il desiderio di cambiamento e di conquista si indirizza sul piano esclusivamente quantitativo e la stessa larvata e incompresa insoddisfazione, che accompagna come un’ombra le più alte realizzazioni dell’io, sembra alimentare la fiamma dell’autoaffermazione.

L’immagine del fuoco è in effetti connessa al valore del giallo, non solo per la luce, ma soprattutto per la capacità di trasformazione: tutto ciò che entra nella fiamma è integralmente trasformato. E la conoscenza, quando non si limita a semplice cumulo di nozioni, agisce sul sentire, apre nuove prospettive ed esperienze, quindi trasforma.

Essa non è un prodotto, bensì un processo. Il fondersi poi del tutto nella fiamma suggerisce una visione unitaria della realtà, una conoscenza che, attraverso passaggi intuitivi, unifica, mentre sappiamo che il procedimento analitico della mente per necessità divide.

Il simbolo solare come centro che irradia e nello stesso tempo unifica è evidenziato anche dal terzo chakra, a cui si riconosce la funzione di diffondere energia pranica attraverso l’intera struttura umana, regolando l’attività dei vari organi, sistemi e processi vitali. Il giallo dell’io dunque, proprio come il chicco di grano, racchiude un tesoro: il sommo ideale del Sé.

E quando questo si sviluppa, il giallo diventa oro, il colore del metallo prezioso che per la sua luminosità e incorruttibilità è sempre stato associato al Divino e ai profondi valori della saggezza. Allora la mente tace e lascia spazio all’ascolto, perché «il silenzio è d’oro».

3. IL BLU

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Il terzo colore primario è il blu: se nei due colori precedenti l’immagine che campeggia è quella calda del sole, qui invece ci troviamo immersi nel fresco del cielo, che infonde calma e serenità, e del mare, simbolo di profondità e di accoglienza.

Con il blu lasciamo il piano esteriore della materia e dell’io ed entriamo in quello interiore dello spirito e delle facoltà mentali superiori. Il cielo evoca vastità e trascendenza, tanto che l’uomo ne ha sempre fatto dimora della Divinità.

La purezza dell’azzurro, specie nelle prime ore del mattino, suscita un sentimento di elevazione, sembra smaterializzare e assorbire in sé chi la contempla, liberandolo dai limiti dello spazio e del tempo, mentre la trasparenza diviene immagine della verità e di apertura verso una dimensione misteriosa che tuttavia pare prossima a svelarsi.

L’ampiezza dello spazio che si apre ai nostri occhi reca in sé suggestioni di infinito, di immortalità, di eternità e del significato che sta “sopra” a tutto quanto accade e si svolge “quaggiù”. Il blu favorisce il contatto con il Divino.

Nella simbologia dei chakra è il colore del mistico loto dell’amore e della conoscenza intuitiva, che sboccia nel cuore e reca illuminazione alla mente, rappresentato dallo zaffiro, splendida pietra blu-azzurra. Analogamente nel buddismo tibetano il blu è simbolo della saggezza suprema, che libera dal velo delle illusioni e permette di sperimentare il “grande vuoto”.

L’energia endotermica e centripeta di questo colore richiama qualità femminili di accoglienza, di fiducia e di protezione, nella iconografia cristiana rappresentate dal manto della Madonna, tanto che l’azzurro è associato alla sua stessa figura.

Altezza e profondità, dunque, accoglienza ed abbandono alla volontà del Divino, trascendenza e liberazione, ma per salire bisogna scendere, immergersi nella propria interiorità: ed ecco l’immagine del mare, che riflette il colore del cielo, a significare la necessità di esplorare l’abisso che è in noi per giungere alla consapevolezza.

Non a caso l’elemento che bisogna attraversare, l’acqua, per la sua fluidità e non forma è un archetipo, istintivamente percepito come simbolo dell’inconscio, ma anche dell’essere femminile.

È quindi il colore della meditazione, intesa non come riflessione, che ci riporterebbe al giallo e al piano della mente, bensì come un’esperienza di purificazione dai pensieri e di comunicazione non razionale con una dimensione di puro sentire, che non ha confine, simboleggiata appunto dalla volta celeste e dalla distesa marina.

Anche qui è significativo il riscontro con il chakra della gola, associato al blu e alla creatività, alla comunicazione verbale e all’ascolto, il cui nome sanscrito, Vishuddhi, vuol dire «purificazione».

E in effetti l’atteggiamento interiore che suggerisce questo colore è in definitiva l’ascolto: «sulla spiaggia dei mondi infiniti», per usare una suggestiva immagine di una poesia di Tagore, viene spontaneo allentare il frenetico turbinio dei pensieri e lasciare spazio al silenzio, a suggestioni intuitive e musicali, a quegli «accordi blu» da cui Chopin sentiva sorgere l’inizio di una melodia.

4. L'ARANCIONE

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Il primo dei tre colori secondari è l’arancione, prodotto dalla mescolanza in parti uguali del rosso e del giallo.

Si può definire un colore intermedio, in quanto, collocandosi tra i due che lo compongono, ne assomma le caratteristiche, mentre, in chiave simbolica, sviluppa le proprietà del primo e anticipa quelle del secondo.

Se, infatti, il rosso corrisponde all’inizio della vita terrena, all’incarnazione, e comporta il problema dell’ambientazione, del radicamento, della stabilità con cui affrontare l’esperienza esistenziale, con l’utilizzo delle energie primarie, erompenti e spesso travolgenti, l’arancione segna invece l’inizio della strutturazione della personalità, tramite un rapporto di sinergia tra corpo (rosso) e mente (giallo).

Si avvia qui la formazione dell’io attraverso il contatto con l’altro. Di conseguenza entriamo nella fase dell’Eros, intesa come attrazione sessuale e idealizzazione sentimentale: il termine “innamoramento” esprime con chiarezza questo particolare momento di “ingresso nell’amore”, fonte di slanci dolcissimi e di amarissime lacrime, di ispirazioni poetiche e di trattati psicoanalitici.

Di fatto è un momento formativo di fondamentale importanza, perché proprio grazie alle relazioni interpersonali incomincia a delinearsi l’identità individuale: le pulsioni narcisistiche ed egoistiche si proiettano inevitabilmente sull’altro, che diventa così strumento dei primi livelli di autoconoscenza.

L’arancione è perciò il colore della “scoperta del mondo”, dell’euforia, della gioia di vivere e in particolare della sessualità. La forza della passione fornisce carburante alle dinamiche psicologiche dell’io; istinto e intelletto si contemperano e spesso confondono in romantiche idealizzazioni, in precari equilibri psicologici, in cui tuttavia si fa strada un’energia costruttiva, sia fisica che mentale, che avvia il processo evolutivo della coscienza, il quale non può prescindere dall’amore.

Nella cultura giapponese e cinese l’arancione è associato all’amore e alla felicità. È il colore della crescita, indossato da Dioniso, genio della linfa, del rinnovamento primaverile e della fecondità.

Se il rosso richiama l’immagine del sole fermo sulla linea dell’orizzonte, che separa e insieme unisce due realtà opposte, l’invisibile e quella manifesta; se il giallo rappresenta il sole che splende alto in tutto il suo fulgore, l’arancione simboleggia invece il sole nascente, che reca in sé l’energia del nuovo giorno, il rinnovarsi del prodigio stesso della vita, il cui incanto resta inciso sulla tomba del faraone Eye, successore di Tutankhamon :

Apparisti in bellezza sull’orizzonte del cielo,
o Atòn vivente, che fosti il principio di vita!
Quando ti levasti sull’orizzonte a oriente,
riempisti ogni terra della tua bellezza.
Tu sei bello, grande, lucente, alto sopra ogni terra.
Coi tuoi raggi abbracci la terra, sino ai confini di ciò che hai creato.

La potenza creatrice che nasce dalla feconda interazione tra mente e materia, come duplice manifestazione dello Spirito, sprigiona un’energia vivificatrice e liberatoria che tende all’integrazione dei due elementi e genera fiducia nella vita, superamento dei condizionamenti del passato e delle paure. È l’essenza stessa della sessualità.

Possiamo perciò attribuire all’arancione la funzione di primo dei tre gradini esperienziali che permettono l’evoluzione della coscienza, dal momento che la sessualità non si limita allo scopo riproduttivo del piano fisico, ma su quello spirituale rappresenta la spinta iniziale della natura verso l’unità e la partecipazione consapevole di quell’amore che «con i suoi raggi abbraccia la terra sino ai confini di ciò che ha creato».

Poiché dunque la sessualità, come è stato evidenziato dall’analisi freudiana, sottende la formazione della personalità, nel nostro schema dei colori l’arancione è stato posto alla base dell’essere umano, come un “tappetino” su cui siede la figura ideale del meditante.



5. IL VERDE

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Il verde si pone idealmente tra il primo e il terzo colore secondario (viola) come un passaggio indispensabile, un ponte che collega la sponda dell’io, inteso come senso di separatività, con quella dell’unione, del sentimento di appartenenza al Tutto.

Esso infatti rappresenta l’amore, cioè la capacità di accogliere l’altro senza egoismo e possessività, sentendosi parte viva e partecipe dell’umanità.

Quando il desiderio di nuovo e di cambiamento, prodotto dalla maturità dell’io (giallo) s’incontra con il desiderio di comunicazione, di relazioni profonde con le altre persone, generato dalla dimensione spirituale (blu), si crea una forte spinta evolutiva, una grande trasformazione interiore, prodotta dalla trasmutazione delle energie sessuali dell’io narcisistico in altruismo.

Con il verde ci troviamo davvero immersi in una nuova vita, in un nuovo modo di concepire se stessi e il mondo che ci circonda. Infatti è il colore della natura, della fertilità, della primavera, della rigenerazione e della rinascita.

Tra i cristiani dei primi secoli era diffuso il nome Renato, proprio per indicare chi era “rinato” nella luce della verità e dell’amore ed era destinato ad una nuova vita. Per gli antichi Egizi il verde era il simbolo della resurrezione: infatti questo colore caratterizzava Osiride resuscitato, i geni funerari e la stessa anima del defunto che stava per rinascere alla vita. Presso i Greci il verde era il colore di Afrodite, la dea dell’amore.

Questa associazione tra amore e nuova vita è molto significativa e vera: l’amore ci trasforma e nello stesso tempo porta alla luce la nostra essenza, liberata dalle passioni egoistiche e dagli istinti, come un diamante, per usare similitudini care agli orientali, ripulito dalla polvere o un fiore di loto, che esce dal fango della materia (rosso), attraversa la torbida acqua della psiche (arancione), giunge alla luminosa superficie dell’io (giallo) e infine sboccia nella luce dell’amore (verde), dello spirito (blu) verso la dimensione più alta e trascendente del Divino (viola).

Naturalmente a livello del verde ci si riferisce ad un concetto di Amore con la A maiuscola, non all’amore sessuale, romantico o possessivo, che tuttavia costituiscono indispensabili gradini per raggiungere una matura capacità di amare, dove amore non è più solo un sentimento ma una dimensione esistenziale.

Tutte le esperienze nella parabola naturale della vita umana sembrano suggerire questo cammino attraverso cerchi concentrici sempre più ampi, dalla coppia alla famiglia, all’allargamento e approfondimento del senso della parentela e dell’appartenenza al genere umano.

È la “pedagogia dell’amore” applicata dalle leggi della natura, che avvia l’individuo verso una meta che potrà raggiungere grazie allo sviluppo di una progressiva consapevolezza. Il verde, infatti, è anche il colore dell’insegnamento, che a qualsiasi livello non può dare frutto se non è trasmesso con amore. 

Amore e insegnamento sono così intimamente collegati che di fatto nessuno dei due può realizzarsi senza la presenza dell’altro.

La fusione, dunque, del giallo (dimensione psicologica) con il blu (dimensione spirituale) genera il verde, che rappresenta un cambiamento qualitativo dell’essere, fondato su una raggiunta capacità di amare, e quindi una condizione di equilibrio.

Quest’ultima qualità è evidenziata dal fatto che il verde, trovandosi al centro dello spettro solare tra i colori freddi e quelli caldi, ne rappresenta la sintesi e di conseguenza svolge la funzione di equilibrio.

L’equilibrio indispensabile a un ponte che introduce in una dimensione superiore, dove il giallo scompare e il blu diviene così puro e intenso da trascolorare nel viola dell’amore divino.






Note

BONUS

II VIOLA

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Il viola è il terzo colore secondario e l’ultimo dello spettro solare, all’estremo limite dei colori visibili e prossimo alle radiazioni ultraviolette.

Nasce dall’unione della materialità del rosso con la spiritualità del blu, assommando in sé idealmente i valori e le esperienze simboleggiati da tutti gli altri colori, compresi tra i due che lo costituiscono.

Il rosso, infatti, rappresenta l’energia vitale, il calore del sole, la nascita, l’inizio, mentre il blu è sentito come il suo contrario, cioè la fine del giorno, la notte, il freddo e la morte.

Il ciclo della vita, dunque, dall’alfa all’omega, parrebbe concluso, eppure dall’unione di due elementi contrari, uno maschile, esotermico e centrifugo, l’altro femminile, endotermico e centripeto, scaturisce una nuova dimensione, un colore che a prima vista sembra anomalo, perché nell’ordine naturale dell’Iride non è situato, come gli altri, tra i due primari, che, sovrapponendosi nella loro linea di contatto, generano il secondario: l’arancione, infatti, si trova tra il rosso e il giallo; il verde tra il giallo e il blu; il viola invece tra il blu-indaco e…: qui i colori dell’arcobaleno finiscono, almeno così sembra.

Ma perché il blu possa attingere al rosso bisogna che i due estremi si tocchino, suggerendo una visione circolare e ciclica della vita. Allora ecco che il viola si pone tra la fine e l’inizio, tra la morte e la vita: rappresenta così la dimensione in cui si entra lasciando il corpo fisico e da cui si esce per una nuova incarnazione.

Il viola infatti simboleggia l’Aldilà e per questo è il colore dei paramenti funebri: non come segno di lutto e di assenza, a cui presta la sua dolorosa passività il nero, ma come segno di passaggio a un diverso piano di esistenza, Il viola, dunque, come ultimo gradino della scala evolutiva dei colori-valori, indica l’innalzarsi della coscienza oltre l’umano e il suo ingresso nel divino.

È il colore della trasformazione, della trascendenza, del mistero, dell’essenza e dell’altissima spiritualità. Il suo raggio, che ha le maggiori proprietà energetiche (e terapeutiche) dello spettro visibile, è simbolo della dimensione dello Spirito, del passaggio dalla conoscenza percettiva a quella oggettiva, in cui avviene la piena identificazione con l’esistenza.

Qui il sentire non è più, come a livello del verde, limitato a un senso di profonda comunione con il genere umano, ma, abbracciando ogni forma vivente, diviene “divino slancio d’amore”.

Per il suo carattere esotermico possiamo rappresentare il rosso, secondo la simbologia dei chakra, come un triangolo “maschile”, cioè con la punta rivolta verso l’alto (“triangolo igneo”), e il blu invece, per il suo carattere endotermico, come un triangolo “femminile”, cioè con la punta rivolta verso il basso (“triangolo acqueo”): sovrapponendo i due triangoli per generare il viola, otteniamo l’esagramma, o “stella di David”, che è simbolo dell’interazione profonda tra materia e spirito, quindi dell’equilibrio cosmico e in particolare della costituzione del mondo; sul piano dell’evoluzione umana è icona della raggiunta coscienza di sé, che nasce dall’unione dei contrari.

È importante osservare che questo antico simbolo esoterico, ricco di significati, può essere usato per rappresentare anche il verde, cioè, l’amore, in quanto unione dell’espansione “maschile” del giallo e dell’introiezione “femminile” del blu, e che perciò campeggia nel centro del chakra del cuore, associato al colore verde.

Ma la “stella” del viola brilla con frequenza più alta e lunghezza d’onda più corta ed indica all’uomo la via della purificazione, come i paramenti liturgici usati nei periodi di Avvento e di Quaresima, e nello stesso tempo il compimento della sua regalità, come l’ametista, di cui amavano ornarsi i sovrani.

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