I farmaci equivalenti sono ormai entrati (a buon diritto) a far parte della nostra vita quotidiana, almeno nel segmento che dedichiamo alla salute.
Il loro acquisto, assolutamente sicuro dal punto di vista della terapia e notevolmente più economico, ha consentito alla sanità pubblica di fare notevoli passi in avanti anche dal punto di vista dei risparmi.
Si calcola che dal 2000 ad oggi, l’acquisto sul mercato di farmaci equivalenti e biosimilari ha prodotto risparmi per una cifra superiore a 4 miliardi di euro.
I farmaci equivalenti, a differenza di quelli di riferimento, non hanno nomi di fantasia registrati, ma vengono commercializzati sotto il nome dei principio attivo che contengono e che bisognerà imparare a conoscere.
Il nome è stabilito secondo la Denominazione Comune Internazionale definita dall’OMS ed è una contrazione del nome chimico accettata internazionalmente, seguita dal nome della casa produttrice.
Come debbono orientarsi i pazienti? Si potrebbe dire, semplicemente, seguendo le indicazioni terapeutiche dei propri medici o specialisti e i consigli dei farmacisti.
I farmaci equivalenti sono entrati stabilmente a far parte delle nostre terapie, costano meno ed hanno lo stesso efficacia dei farmaci di marca che hanno il brevetto scaduto.
Ecco le domande più frequenti (e le relative risposte) che vengono poste a medici e farmacisti.
1. Cos’è un medicinale equivalente? Quali sono le sue caratteristiche ? Godono di una legislazione speciale? Il foglietto illustrativo dei medicinali generici in alcuni casi non è identico a quello del farmaco originatore: ciò determina che i due medicinali non siano equivalenti tra loro?
- Cos’è un medicinale equivalente?
La definizione più completa ed esaustiva è quella che possiamo leggere nel decreto legislativo del 24 Aprile 2006 n. 219: "... (un medicinale generico è) un medicinale che ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento nonché una bioequivalenza con il medicinale di riferimento dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità”.
In altre parole si tratta di un medicinale sviluppato per essere essenzialmente simile ad un medicinale commercializzato da anni ed il cui brevetto è scaduto. - Quali sono le sue caratteristiche?
Un medicinale equivalente:
• contiene nella sua forma farmaceutica lo stesso principio attivo del farmaco di riferimento;
• contiene la stessa quantità di principio attivo che è contenuta nel farmaco di riferimento;
• viene formulato con la stessa forma farmaceutica del farmaco di riferimento, ad esempio le varie forme farmaceutiche orali a rilascio immediato sono consi derate la stessa forma farmaceutica;
• viene somministrato come il farmaco di riferimento; • è bioequivalente rispetto al farmaco di riferimento. - I farmaci equivalenti godono di una legislazione speciale?
NO.
Le norme che regolano la preparazione, la fabbricazione, il controllo, l’ottenimento dell’immissione in commercio di un medicinale equivalente oppure di un medicinale di riferimento sono le stesse.
Un medicinale equivalente, come tutti i medicinali, deve ottenere un’autorizzazione all’immissione in commercio concessa dopo che un’Autorità Regolatoria (Europea o locale) ha esaminato e valutato scientificamente l’efficacia, la sicurezza e la qualità del medicinale.
Nel caso del farmaco equivalente è tuttavia opportuno ricordare che la domanda per l’immissione in commercio prevede la presentazione di una documentazione semplificata. In questo caso al richiedente non è richiesto di produrre documenti originali per quanto riguarda la farmacologia, la farmacocinetica e il metabolismo, la tossicologia e gli studi di ricerca terapeutica, poiché tutte queste informazioni sono note per quel principio attivo e sarebbero inutili rifacimenti di studi.
La domanda di richiesta di immissione al commercio per un farmaco equivalente deve invece essere corredata da dati originali di chimica e tecnologia farmaceutica e da uno o più studi clinici di bioequivalenza che supportino l’equivalenza terapeutica e la sicurezza d’impiego di quel principio attivo. - Il foglietto illustrativo dei medicinali generici in alcuni casi non è identico a quello del farmaco originatore: ciò determina che i due medicinali non siano equivalenti tra loro?
NO.
Talvolta il foglietto illustrativo di un medicinale equivalente non è perfettamente identico a quello del medicinale originatore a causa di un ancora incompleto processo di armonizzazione europea.
L’Agenzia Europea del Farmaco ha avviato in effetti un impegnativo programma di armonizzazione dei foglietti illustrativi per uniformare il più possibile i testi in tutti i paesi UE.
In alcuni casi particolari, come la titolarità da parte di un’Azienda di un brevetto d’uso per quel principio attivo determina una differenza nel foglietto illustrativo.
Questa differenza è determinata da ragioni di tutela della proprietà intellettuale e non da ragioni scientifiche che riguardano l’efficacia e la sicurezza dei medicinali che contengono quel principio.
Le eventuali differenze nelle avvertenze che riguardano gli eccipienti che possono essere diversi tra un medicinale equivalente e un medicinale di riferimento, sono importanti ma non hanno alcun rilievo per quanto concerne la bioequivalenza.
2. Gli eccipienti possono influire sull’efficacia terapeutica e la sicurezza del medicinale equivalente e in base a quali norme vengono autorizzati all'immissione in commercio i farmaci equivalenti?
- Gli eccipienti possono influire sull’efficacia terapeutica e la sicurezza del medicinale equivalente?
NO.
Gli eccipienti sono ingredienti essenziali per la formulazione di una forma farmaceutica perché permettono di rendere somministrabile uno o più principi attivi.
Gli eccipienti consentono di lavorare il principio attivo, solubilizzarlo, accelerare o rallentarne l’assorbimento, dare consistenza alla formulazione, in altre parole consentono di realizzare la forma farmaceutica desiderata.
Gli eccipienti sono sostanze inerti e sono prive di attività terapeutiche.
Per questa ragione la normativa prevede che un medicinale equivalente possa contenere eccipienti diversi da quelli contenuti nel farmaco di riferimento.
In effetti la bioequivalenza di un medicinale equivalente non è minimamente influenzata dalla natura e dalla quantità degli eccipienti utilizzati per la sua formulazione.
L’efficacia e la sicurezza del medicinale equivalente, cioè la bioequivalenza con il medicinale di riferimento, devono, infatti, essere dimostrate con uno studio clinico di bioequivalenza che confronta le forme farmaceutiche destinate alla commercializzazione, cioè a valle del processo di chimica farmaceutica che ha determinato la formulazione del medicinale equivalente.
È necessario comunque ricordare che medicinali equivalenti e originatori possono contenere eccipienti che hanno la necessità di una maggiore attenzione per particolari tipologie di pazienti.
La presenza di tali eccipienti, nel medicinale generico e originatore, è segnalata con specifiche avvertenze nel foglietto illustrativo. L’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) si incarica di redigere un elenco aggiornato di questi eccipienti. - In base a quali norme vengono autorizzati all'immissione in commercio i farmaci equivalenti?
La legislazione farmaceutica stabilisce quali siano gli studi necessari per dimostrare che il medicinale equivalente è paragonabile al farmaco di riferimento per efficacia, sicurezza e qualità del medicinale.
In particolare per ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale equivalente è necessario produrre dati di chimica farmaceutica e di qualità del medicinale.
Nella gran parte dei casi è necessario dimostrare la bioequivalenza tra medicinale generico e medicinale di riferimento.
Gli studi di bioequivalenza sono obbligatori per tutti i medicinali che vengono assorbiti dall’organismo per essere rilasciati nel sangue, come nel caso, per esempio, dei medicinali somministrati per via orale.
Al contrario, per i medicinali somministrati direttamente per via parenterale, non sono richiesti studi di bioequivalenza.
3. Come viene accertata l'equivalenza? In cosa consiste il confronto di biodisponibilità?
- Come viene accertata l'equivalenza?
Si parla di farmaci equivalenti ma come viene accertata questa equivalenza?
Il concetto di bioequivalenza è fondamentale per valutare l’efficacia di un medicinale equivalente: lo studio di bioequivalenza è in effetti lo studio per valutare l’efficacia terapeutica tra due formulazioni essenzialmente simili che contengono lo stesso principio attivo.
Lo studio di bioequivalenza ha lo scopo di confrontare la biodisponibilità tra due medicinali essenzialmente simili, verificando che le differenze osservate non superino intervalli di variabilità definiti nelle linee guida dell’Agenzia Europea del Farmaco (EMA).
La biodisponibilità di un medicinale è nello stesso tempo una misura di velocità e concentrazione: espressione della velocità con la quale il principio attivo si rende disponibile nel flusso ematico e della quantità di principio attivo che è effettivamente disponibile.
Due medicinali essenzialmente simili che contengono la stessa quantità di principio attivo si considerano bioequivalenti quando i profili farmacocinetici e le biodisponibilità delle due preparazioni sono così simili da rendere improbabile una differenza di comportamento in termini di efficacia e sicurezza. - In cosa consiste il confronto di biodisponibilità?
Un medicinale somministrato, per esempio per via orale, viene assorbito per via gastro-enterica, passa nel flusso ematico per poi raggiungere il sito o il recettore dove eserciterà i suoi effetti terapeutici.
Questo processo, che comprende anche attività metaboliche e l’eliminazione del principio attivo, avviene in un definito intervallo di tempo ed è influenzato dal principio attivo, dalla forma farmaceutica, dalle modalità di rilascio (dissoluzione, disgregazione della forma farmaceutica).
Con i dati relativi al medicinale di riferimento (assorbimento, distribuzione, eliminazione, concentrazione piasmatica) si può fare un confronto con un medicinale equivalente che contenga lo stesso principio attivo nella stessa quantità, con la stessa forma farmaceutica e la stessa via di somministrazione.
In altre parole, si confronta la biodisponibilità delle due preparazioni per dimostrare che non siano tra di loro significativamente diverse.
Due medicinali le cui biodisponibilità siano comparabili posseggono caratteristiche di efficacia e sicurezza sovrapponibili, sono cioè bioequivalenti.
4. Quali sono le caratteristiche di uno studio clinico di bioequivalenza? Perché si parla sempre di equivalente e non invece di uguale?
- Quali sono le caratteristiche di uno studio clinico di bioequivalenza?
Lo studio di bioequivalenza è descritto dettagliatamente nelle linee guida dell’Agenzia Europea del Farmaco (EMA).
Per ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale equivalente è necessario che lo studio sia realizzato rigorosamente in accordo con le linee guida europee.
Nella gran parte dei casi vengono arruolati per lo studio volontari sani ai quali i due medicinali (riferimento ed equivalente) verranno somministrati secondo uno schema in doppio cieco (chi somministra e chi riceve il medicinale non sono a conoscenza di quale medicinale si tratti), completamente casuale, cross over (lo stesso soggetto riceve in sequenza i due medicinali).
Il numero di volontari arruolati è oggetto di calcolo statistico che deve dimostrare l’adeguatezza della numerosità del campione.
Dopo la somministrazione del medicinale ciascun volontario viene sottoposto a prelievi di sangue ad intervalli di tempo prefissati. I campioni di sangue prelevati sono sottoposti ad analisi per misurare la concentrazione di principio attivo.
I dati raccolti consentono di ricavare parametri farmacocinetici oggetto di analisi biometrica. I risultati delle analisi biometriche, previste e descritte nelle linee guida europee, consentono di verificare la bioequivalenza tra le due preparazioni. - Perché si parla sempre di equivalente e non invece di uguale?
Come previsto nelle Linee Guida dell’Agenzia Europea del farmaco, la bioequivalenza di due medicinali essenzialmente simili che contengono lo stesso principio attivo nella stessa quantità, nella stessa forma farmaceutica e con la stessa via di somministrazione, deve essere accertata per mezzo di analisi biometriche di tre parametri farmacocinetici: la concentrazione massima del farmaco nel flusso ematico (Cmax), il tempo necessario al farmaco per raggiungere la Cmax (Tmax), e la curva di concentrazione rispetto al tempo (AUCt, AUCinf).
Per questa analisi le linee guida esigono che venga condotta l’analisi della varianza di Cmax e AUC, mentre per Tmax viene richiesto un test non parametrico per dati appaiati. Se a questo livello emergono differenze statistiche, i due preparati vengono dichiarati non bioequivalenti.
Se le analisi biometriche non rilevano differenze, Cmax e Tmax vengono sottoposti a un’ulteriore valutazione biometrica per garantire con un controllo supplementare l’effettiva bioequivalenza precedentemente dimostrata: il test T/R.
Questo test ha lo scopo di confermare i risultati dell’analisi della varianza, limitando ancor di più i limiti di variabilità dei dati sperimentali.
Il termine “uguale” è scientificamente scorretto quando applicato alla biologia e di conseguenza alla ricerca clinica.
Poiché per la valutazione della bioequivalenza tra due medicinali vengono utilizzate tecniche biometriche ai risultati di una ricerca clinica, l’uso di questo termine sarebbe scientificamente sbagliato.
5. I farmaci equivalenti possono essere utilizzati con sicurezza anche in patologie particolarmente delicate e complesse? Come viene controllato il rapporto rischio-beneficio di un farmaco equivalente e il suo profilo di sicurezza dopo la sua commercializzazione?
- I farmaci equivalenti possono essere utilizzati con sicurezza anche in patologie particolarmente delicate e complesse ?
Assolutamente SÌ.
Già oggi gli Ospedali li utilizzano ampiamente anche in terapie complesse come ad esempio quella antibatterica iniettabile, la terapia antiepilettica, la terapia oncologica e la terapia dell’HIV.
Proprio l’opportunità dell’utilizzo dei farmaci equivalenti in ambito HIV è stato il tema principale trattato durante il WEF HIV 2015 - il Workshop di Economia e Farmaci - i cui risultati sono stati pubblicati sul sito “quotidianosanità.it”.
Di seguito un estratto della pubblicazione: “L’ingresso dei cosiddetti generici per HIV nella pratica clinica è relativamente recente e riguarda oggi un numero esiguo di molecole, ma il loro numero è destinato di necessità a crescere in maniera significativa negli anni futuri.
Proprio perché molte molecole in uso oggi domani saranno generici, e perderanno il brevetto, è importante che, come è avvenuto per altre aree terapeutiche, si faccia su questi farmaci chiarezza e si dissipino eventuali dubbi.
Stante la complessità della malattia da HIV è importante che sia chiarito che esiste una farmacoequivalenza tra farmaci originali e generici evitando che si generino non giustificate preoccupazioni in chi quei farmaci li deve prescrivere o assumere.
Al riguardo, il ruolo di AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) come organo di controllo è essenziale.
Nel corso di WEF è stato presentato da Adriano Lazzarin un interessante studio relativamente all’impiego di generici in soggetti HIV che ha fornito più che incoraggianti risultati. Infatti uno studio atto a valutare l’efficacia e sicurezza dello switching (sostituzione da farmaco brand a farmaco equivalente) ha mostrato che non ci sono significative differenze di fallimento o treatment-discontinuation (interruzione e/o abbandono della terapia) nei pazienti che sono passati dal farmaco branded al generico dopo sei mesi di follow-up (trattamento) rispetto ai pazienti non-switchers, in termini di tossicità, efficacia, semplificazione ed interazioni farmacologiche”. - Come viene controllato il rapporto rischio-beneficio di un farmaco equivalente e il suo profilo di sicurezza dopo la sua commercializzazione?
Come tutti i medicinali, anche quello equivalente, dal momento in cui viene immesso in commercio viene sottoposto ad un controllo continuo per tutti gli aspetti che riguardano la sicurezza di impiego e la sua efficacia.
Questo sistema di controllo si chiama Farmacovigilanza e ogni Azienda che commercializza medicinali è obbligata a organizzare un sistema efficiente di controllo per i propri medicinali.
Tutte le informazioni raccolte sono oggetto di elaborazione e analisi da parte delle Aziende, delle Autorità Nazionali e dell’Agenzia Europea. Le stesse Autorità Sanitarie provvedono a controllare e ispezionare le Aziende per accertarsi che il sistema di Farmacovigilanza sia efficiente e adeguato a raccogliere tutte le informazioni relative alla sicurezza e all’efficacia dei medicinali in commercio.