Un antico proverbio delle valli bergamasche recita: la bòca l’è mìa stràca se la sà mìa de àca, la bocca non è stanca finché non sa di vacca.
Cioè: non si è davvero sazi se non dopo aver gustato anche un pezzo di formaggio.
Ma è proprio vero? Oggi, rispetto al passato, il nostro stile di vita è molto cambiato. Un tempo la vita era più faticosa e spesso il cibo portato in tavola era piuttosto povero di nutrienti.
Di conseguenza il formaggio rappresentava una perfetta integrazione alla dieta quotidiana. Ricco in proteine e grassi, forniva l’energia necessaria a chi doveva riprendere il lavoro, magari nei campi.
Ora, invece, la nostra vita è generalmente più sedentaria, mentre la nostra dieta è diventata sempre più ricca e calorica. A rigore, dunque, il formaggio è un alimento sempre meno necessario.
Sono alimenti di grande valore nutritivo e hanno un posto di rilievo nella dieta mediterranea. Senza contare che piacciono a tutti e sempre più spesso vengono proposti nelle cene gourmet.
L’importante è non esagerare: lo dicono i nutrizionisti che ci insegnano come evitare che grassi, colesterolo e sale producano effetti indesiderati.
Ma i formaggi, sono davvero i nemici della linea? Scopriamolo insieme.
1. Fa bene a piccoli e anziani
Detto questo, non se ne può negare l’importante valore nutrizionale dei formaggi.
Studi scientifici, infatti, hanno ben evidenziato gli effetti benefici del latte, e soprattutto dei suoi derivati, sulla salute dell’uomo.
Le proteine del formaggio sono infatti ricche di aminoacidi essenziali e di conseguenza hanno un alto valore biologico.
In più il formaggio è una fonte di minerali fondamentali, come calcio e fosforo, oltre che di vitamina D, potassio, zinco e vitamine A e B: tutti nutrienti importanti per il corretto sviluppo delle ossa, sia durante la crescita sia in età adulta.
In altre parole, latte e formaggio fanno bene soprattutto ai bambini e alle persone anziane, che devono fare i conti con la graduale perdita di massa ossea legata all’avanzare dell’età e con la frequente comparsa dell’osteoporosi, una patologia che colpisce soprattutto le donne.
Da un punto di vista nutrizionale, il vero limite dei formaggi è legato al fatto che spesso contengono quantità rilevanti di sale, aggiunto al latte in fase di produzione o durante la stagionatura, di grassi saturi e soprattutto di colesterolo.
Il contenuto in grassi, in particolare, dipende dal livello di scrematura del latte di partenza ma soprattutto dalla sua origine animale. I formaggi di capra, ad esempio, sono in proporzione meno grassi di quelli di pecora e di mucca.
Tuttavia, anche nei formaggi più leggeri la percentuale di grasso è comunque più alta rispetto a quella di pesci e carni magre.
Per quanto riguarda il colesterolo, invece, la sua presenza nei formaggi dipende, oltre che dall’origine animale del latte e dal suo livello di scrematura, anche dalla concentrazione di acqua.
Maggiore è il grado di stagionatura del formaggio, minore sarà l’acqua presente e, in proporzione, maggiore sarà la concentrazione del colesterolo. Nei formaggi meno stagionati, al contrario, maggiore sarà la percentuale di acqua e minore quella di colesterolo.
2. L’importante è non abusarne e occhio al lattosio
Meglio quindi evitare il formaggio? Assolutamente no. Il problema, caso mai, è sapersi limitare.
Anche i grassi del formaggio non devono essere considerati un problema insormontabile.
Nella dieta mediterranea (recentemente classificata come migliore dieta al mondo nella classifica 2020 elaborata da U.S. News&World’s Report’s) è importante che siano presenti tutti i nutrimenti, grassi compresi.
L’importante è che il bilancio complessivo sia equilibrato in relazione al nostro fabbisogno che cambia in virtù di diversi fattori, come per esempio l’età, l’attività fisica e soprattutto la presenza di malattie o intolleranze.
Tra le intolleranze più comuni tra gli adulti c’è quella al lattosio che è lo zucchero contenuto nel latte. Si tratta di uno zucchero complesso che, per essere assorbito, deve essere scomposto in due zuccheri semplici, il glucosio e il galattosio.
Questo delicato processo avviene grazie a un enzima, chiamato lattasi, la cui attività in alcuni casi può essere compromessa o notevolmente ridotta. Ed è proprio in questi casi che il lattosio, giunto nell’intestino, può dar vita a un processo fermentativo che causa disturbi.
L’incapacità di digerire il lattosio può essere genetica e quindi presente anche nei bambini, ma in generale aumenta con il passare degli anni. La buona notizia è che molti formaggi stagionati contengono pochissimo lattosio, addirittura solo piccole tracce.
Altri formaggi, come il Gorgonzola, il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano, possono essere definiti naturalmente privi di lattosio e quindi adatti anche a chi è intollerante a questo zucchero.
3. Come degustare il formaggio
Come distinguere una toma da alpeggio da una di pianura? Non è facile come sembra, ma si può imparare.
È quanto sono in grado di fare, gli assaggiatori professionisti che, analogamente ai sommelier, sono in possesso di una serie di competenze fuori portata per i “comuni mortali”.
Per analizzare un formaggio, i professionisti cominciano con un esame visivo. In particolare osservano la crosta (quando c’è), il suo colore e la consistenza.
Poi il colore della pasta, la presenza di eventuali bolle d’aria, o occhiature, e la consistenza dell’unghia, ossia della parte, generalmente più scura, che si trova a diretto contatto con la buccia, tutti piccoli particolari che dovranno trovare conferma nelle fasi finali dell’assaggio.
Dopo l’esame visivo c’è quello “tattile”, che prevede di toccare letteralmente con le mani il formaggio da analizzare.
Questo esame è fondamentale per un esperto perché gli permette di verificare, ad esempio, la consistenza e la cosiddetta texture della crosta e, soprattutto, se la superficie del formaggio è liscia o ruvida, untuosa o umida.
Così si percepisce anche se la consistenza del prodotto è dura o morbida ed elastica. La terza fase della degustazione è quella dell’analisi olfattiva. Prima di assaggiare il formaggio, infatti, l’esperto lo annusa per carpirne gli ultimi segreti.
Si comincia, ovviamente, rilevando la quantità di odore che emana. In genere i formaggi freschi, con le dovute eccezioni, hanno un odore definibile a bassa intensità, mentre quelli stagionati hanno in genere un odore più pungente.
Il vero salto di qualità, però, avviene subito dopo, quando cioè il degustatore provvede a spezzare in due il campione di formaggio, e avvicina le due parti alle narici. Per rilevare tutte le sfumature odorose di un formaggio, specie se stagionato, è richiesta molta esperienza.
Le schede di degustazione ufficiali usate dagli assaggiatori di formaggi prevedono diversi cluster (raggruppamenti) di profumi principali: lattico, vegetale, floreale, fruttato, tostato, animale, speziato e altri.
Ognuno di questi cluster viene ulteriormente suddiviso in circa 80 descrittori, che individuano le vere caratteristiche odorose del formaggio.
Questa fase è considerata fondamentale perché permette ai veri esperti di fare parecchie osservazioni sulla tecnica casearia utilizzata in fase di produzione e sulla presenza di eventuali difetti. La degustazione si conclude con l’assaggio che permette all’esperto di completare il quadro.
Una volta in bocca, infatti, con l’azione combinata della masticazione, della saliva, del calore del corpo e dell’ossigeno, il formaggio rivela altre sensazioni fisiche e gustative che indirizzano l’esperto nel definirne la qualità. Solo a quel punto il formaggio non ha più segreti per lui.
Anche se la tecnica degustativa si apprende abbastanza facilmente, è l’esperienza che fa la differenza tra un degustatore amatoriale e uno professionista. Per raggiungere un buon livello bisogna assaggiare centinaia di formaggi diversi.
4. Cinque consigli per una cena a base di formaggi
Servire formaggio per cena tra amici può essere una buona idea. A condizione di seguire alcune semplici regole di comportamento.
1. Per essere completo un tagliere di formaggi deve prevedere sia formaggi freschi e morbidi sia stagionati.
Meglio ancora se si scelgono prodotti di diverse regioni di provenienza e origine del latte. I diversi pezzi vanno disposti sul piatto di portata o sul tagliere con una logica, partendo da quelli più freschi e meno saporiti e procedendo, meglio se in senso orario, con quelli via via più intensi.
In questo modo ogni commensale potrà facilmente orientarsi e servirsi dei formaggi che preferisce. In ogni caso è buona norma che il padrone di casa presenti, brevemente, la selezione prima di iniziare.
2. Buona regola è quella di abbinare a ogni formaggio un diverso accompagnamento.
Si possono usare miele o marmellate, che apportano un po’ di dolcezza ai formaggi più saporiti, ma anche frutta, fresca o secca: uva, pere, mele e pesche si sposano bene con i formaggi freschi, mandorle, noci, pistacchi e castagne sono perfetti per accompagnare i formaggi stagionati.
Non solo: i formaggi, specie quelli più freschi e magari prodotti con latte di capra o di pecora, sono buoni anche conditi con un filo d’olio extravergine d’oliva e una grattata di pepe fresco.
3. Ogni formaggio va porzionato correttamente e, se la crosta non è edibile, è buona regola eliminarla prima di portare in tavola il tagliere.
Il formaggio non va mai messo in tavola troppo freddo: quindi l’ideale è preparare il piatto di portata mezz’ora prima di servire.
4. Il pane va scelto con attenzione.
Una bella idea è quella di preparare cestini con diverse tipologie di pane da abbinare ai formaggi, partendo da quelli meno saporiti per arrivare al classico pane casareccio con la crosta spessa.
5. È importante anche pensare al giusto abbinamento formaggio-vino.
In genere i formaggi più freschi e morbidi si abbinano bene ai vini bianchi giovani, dotati di una certa acidità capace di contrastare i grassi del formaggio.
Quando si sale con la stagionatura, però, è bene scegliere un rosso di buona struttura.
Con i formaggi erborinati, infine, l’abbinamento giusto è quello con i vini dolci, passiti o liquorosi. Come sempre, quando si ragiona in termini di abbinamento, una buona tecnica è quella di seguire la territorialità.
Se sul tagliere predominano i formaggi di una certa regione, non si fa una cosa sbagliata ad abbinare un vino dello stesso territorio.
5. Cinque norme per conservare bene il formaggio
Il formaggio è un prodotto delicato che tende a deteriorarsi rapidamente se non viene conservato in modo corretto.
I suoi principali nemici sono l’aria, il freddo e il caldo. Un formaggio esposto all’aria, per esempio, tenderà a perdere la naturale umidità e a rinsecchirsi.
Il freddo provoca un calo delle sue caratteristiche organolettiche. Il caldo, invece, rischia di causarne una repentina degenerazione, dovuta a una fermentazione indesiderata.
Per chi vuole gustare al meglio il formaggio e non dispone di una cantina fresca e umida, il consiglio migliore è di acquistarne piccole porzioni da consumare nel brevissimo periodo.
Ecco ora alcuni consigli per conservare bene il formaggio:
1. VA TENUTO IN FRIGORIFERO
Collochiamo i formaggi freschi nella zona più fredda del frigorifero, in genere quella più in alto, mentre conserviamo i formaggi stagionati, come il formaggio da grattugiare, nella zona meno fredda.
La temperatura ideale di conservazione va dai 6 agli 8 gradi. Evitiamo assolutamente di conservare il formaggio nel congelatore.
Unica eccezione: il formaggio grattugiato, che, opportunamente porzionato e congelato subito dopo essere grattugiato, si conserva bene per diverse settimane nel freezer.
2. VA CONSERVATO L’INCARTO
Il formaggio andrebbe conservato nel suo incarto originale, possibilmente intatto. Dopo averlo aperto, è importante proteggere la fetta dal contatto con l’ossigeno.
L’ideale è avvolgerla in un foglio di carta oleata, avendo cura che questo aderisca bene alla superficie tagliata.
Meglio evitare la pellicola trasparente che potrebbe rilasciare sostanze tossiche in contatto con il grasso del formaggio.
Per i formaggi a pasta semi dura, come per esempio la Fontina, una buona soluzione è rappresentata dalla carta argentata che aderisce bene alla fetta.
Grana e Parmigiano, infine, andrebbero avvolti in una pezzuola di cotone inumidita. In frigorifero rischiano infatti di asciugarsi troppo velocemente.
3. NO AI CONTATTI INDESIDERATI
Ogni formaggio va confezionato singolarmente per evitare le contaminazioni incrociate tra le diverse fette. Per lo stesso motivo bisogna evitare anche il contatto tra i formaggi e le verdure, specie se non lavate.
4. CONTENITORI CHIUSI
È buona regola conservare i formaggi in frigorifero in contenitori chiusi che impediscano lo spargimento del loro aroma nel frigorifero stesso, andando a intaccare gli altri cibi.
Ricordiamo però, di tanto in tanto, di aprire il contenitore per verificare che non si sia formata della condensa sulle sue pareti interne.
In frigorifero la mozzarella, in particolare, va conservata sempre nella sua acqua di governo. I puristi obietteranno che la mozzarella non dovrebbe neppure vedere il frigorifero.
In realtà sarà sufficiente riportarla a temperatura ambiente mezz’ora prima di servirla.
5. IL SOTTOVUOTO
È la soluzione ideale per i formaggi a pasta dura o stagionati. Eliminando tutta l’aria dal sacchetto e conservando il formaggio in frigorifero, si può prolungare la conservazione per oltre un mese. Il sottovuoto, però, non è adatto ai formaggi freschi e, più in generale, a quelli a pasta molle.