Che sia perché si mangiano la nonna di Cappuccetto Rosso o perché soffiano via le case dei Tre Porcellini, da sempre i lupi sono dipinti come i cattivi della storia, astuti, malvagi e aggressivi.
Ma oggi, grazie alla ricerca, questi stereotipi si stano finalmente sgretolando e il lupo comincia a godere di una nuova immagine.
Emergono sempre più prove che questi animali vivono in strutture sociali complesse, costruite intorno al nucleo della famiglia e sorrette da un sofisticato sistema di comunicazione dei sentimenti che si basa in parte sulle espressioni facciali. Si può in pratica dire che i lupi “parlano” tra loro “facendosi le facce”.
La ricerca, infatti, sta decifrando i molti modi con cui questi animali comunicano all’interno dei loro branchi e sembra che a contare davvero non siano i suoni o gli odori, ma le espressioni facciali.
È opinione dei ricercatori che queste capacità comunicative abbiano aiutato l’animale a stabilire quei contatti con i cacciatori-raccoglitori preistorici che, dopo un lungo viaggio evolutivo, hanno portato al cane domestico che conosciamo e amiamo oggi.
1. Dirlo in faccia
Uno studio pionieristico dell’Università di Durham ha cominciato a decifrare le espressioni facciali dei lupi, facendo scoperte importanti che possono aiutare anche noi a comunicare meglio con il nostro cane, ma che nel contempo gettano una luce sinistra sulle nostre scelte nella selezione delle razze.
“Molta gente pensa che i lupi siano bestie feroci e ringhiose, sempre pronte a balzare alla gola di qualcuno”, dice Elana Hobkirk, del gruppo di ricerca sui comportamenti animali dell’Università di Durham, “ma questo è assolutamente falso. Nella realtà dei fatti sono animali intelligenti e consapevoli, capaci di provare gioia e amicizia tanto quanto provano rabbia”.
La dottoressa Hobkirk ha studiato le espressioni che i lupi usano per comunicare all’interno dei loro branchi, allo scopo di identificarle e collegarle ai vari stati emotivi, e le ha confrontate con le espressioni facciali dei cani per appurare se il cugino domestico del lupo invia lo stesso genere di segnali.
Uno studio di questo tipo richiede di stabilire un rapporto stretto e personale con i lupi, impresa non sempre agevole: un lupo selvatico fugge non appena sente l’odore di un essere umano, e ciò significa che già riuscire ad avvicinarne uno a tre chilometri di distanza è un colpo di fortuna.
La dottoressa Hobkirk ha dovuto dunque scegliere come suoi soggetti di studio i quattro branchi di lupi che vivono in cattività nello UK Wolf Conservation Trust, nei pressi di Reading.
“Sebbene le espressioni facciali di cani e lupi siano state osservate da tempo”, spiega la dottoressa Hobkirk, “questa è la prima volta che si tenta di identificarle e collegarle a stati interiori specifici quali emozioni, umori, desideri, preferenze, intenzioni, propensioni e avversioni. Finora erano mancati i mezzi tecnici per farlo”.
Mezzi che ora ci sono e consistono nel catturare in video le espressioni dei lupi mentre interagiscono gli uni con gli altri. I filmati vengono poi visionati al rallentatore e le varie espressioni analizzate da un programma apposito.
Ogni singolo movimento facciale viene etichettato con un codice nel DogFACS (Dog Facial Action Coding System, “Sistema di codifica dei movimenti facciali canini”), un programma dell’Università di Portsmouth già utilizzato con i cani, che riconosce i movimenti dall’azione dei muscoli sottostanti e dalle varie parti del volto canino o lupino coinvolte nell’espressione (occhi, orecchie, sopracciglia, muso, naso e bocca).
I risultati vengono poi correlati con i contesti sociali in cui hanno avuto luogo le relative interazioni per identificare gli stati emotivi espressi dagli animali, e si usano gli esiti dell’interazione come linee guida per l’interpretazione finale.
“Se per esempio un lupo compie il gesto di azzannarne un altro e il secondo arretra precipitosamente, appiattisce le orecchie, abbassa la testa e mostra la parte bianca degli occhi, etichettiamo quella reazione come ‘paura’”.
Finora la ricerca ha mostrato che i lupi possono esprimere con il volto almeno nove emozioni: rabbia, ansia, curiosità, paura, amichevolezza, allegria, interesse, gioia e sorpresa.
I lupi dunque usano le espressioni facciali, assieme ad altre forme comunicative come le vocalizzazioni e le posture del corpo, per allacciare rapporti tra individui del branco e mantenere la gerarchia.
La dottoressa Hobkirk ha rilevato che, con poche piccole differenze – un naso più arricciato di un altro, per esempio – le espressioni sono le stesse in tutti e quattro i branchi presi in esame. In più, si direbbe che alcuni lupi sono più “chiacchieroni” di altri.
“Più è subordinata la posizione occupata da un membro del branco”, racconta la dottoressa Hobkirk, “e più varie sono le sue espressioni. I membri in posizione dominante non fanno altrettanti sforzi per comunicare i loro messaggi: a loro basta restare fermi e far vedere chi comanda”.
2. La capacità comunicativa dei lupi
Una scoperta particolarmente interessante è la somiglianza tra alcune interazioni dei lupi e quelle dei primati in contesti sociali simili: per esempio il gesto dell’aprire la bocca tirando indietro gli angoli delle labbra per dare l’impressione di sorridere ma senza mostrare i denti.
Sia i lupi sia i primati la usano per segnalare che vogliono giocare, e nei lupi differisce dal “ghigno di sottomissione” a bocca chiusa che si osserva nel complesso di espressioni etichettato come “amichevolezza”.
Questa somiglianza con i primati ha portato il team dell’Università di Durham a ipotizzare che le capacità comunicative dei lupi abbiano giocato un ruolo fondamentale nel processo del loro addomesticamento. Forse gli uomini dell’età della pietra e i lupi riuscivano a “parlarsi” con le espressioni del volto.
Se così fosse, significherebbe che migliaia di anni fa uomini e lupi potrebbero essere riusciti a formare “alleanze” basate in parte sulla possibilità di interagire con una vasta gamma di segnali, un fenomeno che possiamo sperimentare anche noi oggi con i nostri cani, per quanto in misura minore.
È una conclusione ovvia se pensiamo a quanto noi stessi ci basiamo sulle espressioni del volto del nostro interlocutore per capire quel che vuole trasmetterci.
“Guardare in faccia chi ci sta parlando è assolutamente naturale per noi esseri umani, tanto che è dimostrato che le vittime di attacco cardiaco che hanno perso parzialmente l’uso dei muscoli del volto fanno più fatica del normale a mantenere rapporti con gli altri. Se anche i lupi usano le espressioni facciali per comunicare, è possibile che loro e i nostri antenati riuscissero in qualche modo a intendersi migliaia di anni fa”.
Si ritiene che l’addomesticamento del lupo abbia avuto inizio almeno quindicimila anni fa. Forse avvenne perché qualche bambino umano decise di rubare dei cuccioli di lupo da una tana, anche se alcuni lo ritengono uno scenario poco plausibile dato il tempo richiesto dall’allevamento “a mano” di un cucciolo di lupo.
Un’ipotesi alternativa è che il processo sia partito dai lupi, che potrebbero aver deciso che rimanere nei paraggi degli umani fosse un buon modo per raccogliere avanzi di cibo. Di riflesso gli umani ne avrebbero guadagnato protezione, poiché i lupi li avrebbero allertati all’avvicinarsi di intrusi pericolosi.
Quale che ne siano state le cause, l’alleanza tra umani e lupi portò verosimilmente benefici a entrambi. Questa almeno è l’opinione del dottor Sean Twiss, che guida il gruppo di ricerca sui comportamenti animali dell’Università di Durham.
“L’idea corrente è che si instaurò un rapporto di reciprocità tra umani e lupi”, spiega. “Ma per uno sviluppo del genere è necessario poter comunicare. Dunque era nell’interesse dei lupi stessi avere una gamma di segnali capaci di trasmettere il loro stato emotivo agli umani: solo in questo modo anche loro avrebbero potuto trarre beneficio dall’associazione”.
Da ciò potrebbe essere scaturita una pressione selettiva che ha influito sull’evoluzione di entrambe le specie. Nella foto sotto, i musi dei lupi sono generalmente più lunghi di quelli dei cani domestici, il che rende più facile distinguere le loro espressioni facciali.
3. Belli ma muti
Dunque, dopo millenni di convivenza, verrebbe da pensare che dovremmo essere in grado di conversare allegramente e senza alcun problema con i nostri compagni canini.
Sappiamo che i cani sanno leggere molto bene le espressioni e i sentimenti dei loro padroni, ma quando si tratta di comunicare quel che sentono loro, almeno in termini di espressioni facciali, le cose non sono altrettanto semplici.
Nella sua ricerca la dottoressa Hobkirk è riuscita a individuare solo tre espressioni canine che rientrano nel suo modello di lavoro: rabbia, amichevolezza e gioia.
Il problema fondamentale è che i cani non hanno una struttura facciale adatta alla comunicazione quanto quella dei lupi. Pensate anche solo a un carlino: il suo muso è un vero e proprio handicap quando si tratta di veicolare qualcosa con un’espressione.
“I cani sono maggiormente brachicefali rispetto ai lupi”, spiega la dottoressa Hobkirk, “ossia hanno musi più corti e più piatti, orecchie più lunghe e più flosce, labbra più pendule e una peluria che nasconde in parte gli occhi e le orecchie. Tutte caratteristiche che ostacolano una buona comunicazione. Allevandoli solo per la loro estetica, abbiamo finito per privarli di una morfologia naturale di cui avrebbero bisogno”.
Il problema peraltro potrebbe risalire persino alla fase più antica del processo di addomesticamento: precedenti ricerche dell’Università di Portsmouth suggeriscono che i nostri antenati potrebbero aver preferito i lupi con un aspetto “più da cucciolo”, e che questa propensione ci abbia accompagnato fino al presente.
A quanto pare, però, ci siamo spinti troppo avanti in tale direzione, con implicazioni non solo sul rapporto uomo-cane ma anche sulle interazioni tra cani stessi, che probabilmente oggi si trovano a dover lottare con “barriere linguistiche”. Questo potrebbe anche spiegare come mai alcune razze risultino più aggressive di altre.
Il team dell’Università di Durham ha scoperto anche che i cani domestici usano la vocalizzazione con frequenza doppia rispetto ai lupi, con una gamma di segnali che va dai latrati ai ringhi, ai guaiti.
Queste vocalizzazioni aggiuntive potrebbero essersi evolute per compensare la ridotta espressività facciale, un po’ come lo stereotipo dell’inglese all’estero che continua a parlare nella sua lingua ma a volume più alto nel tentativo di farsi capire.
Le notevoli capacità comunicative dei lupi sono state osservate anche presso il Centro Scientifico per i Lupi di Vienna, dove il team della dottoressa Friederike Range, dell’Istituto di Etologia Konrad Lorenz, si sta occupando di studiare le abilità cognitive dei lupi e dei cani rinselvatichiti che vivono in branchi.
“I lupi sono molto sociali, i cani no”, spiega la dottoressa Range. “I primi condividono il cibo e cooperano volentieri. I secondi non amano condividere e non si riconciliano dopo un conflitto. Le differenze comunicative tra le due specie sono impressionanti”.
4. Le straordinarie capacità percettive dei lupi
I lupi sembrerebbero anche più percettivi rispetto ai cani.
Uno studio recente del team di Vienna ha appurato che sia i cani sia i lupi sono capaci di localizzare un boccone di cibo se un ricercatore indica loro dove è nascosto con la mano, ma se il ricercatore si limita a guardare verso il nascondiglio solo i lupi sanno seguire la linea del suo sguardo e trovare il cibo.
I cani sanno seguire i comandi, incluso il gesto di indicare con la mano, ma i lupi prestano più attenzione alle espressioni facciali e ai movimenti.
Sono di certo queste abilità che hanno dato al lupo la sua fama di creatura astuta, ma è il suo impulso a vivere in branco e a cooperare per la protezione e la sopravvivenza di tutti i membri che incoraggia il paragone con la società umana.
I lupi hanno una struttura sociale molto simile a quella dei nostri antenati cacciatori-raccoglitori, formata da gruppi familiari che collaborano per cacciare e provvedere alle necessità dei più piccoli. Insomma un branco di lupi è sostanzialmente una famiglia: può essere composto anche solo da una coppia, ma di solito comprende anche i genitori dei due, i cuccioli nati quell’anno e quelli dei precedenti uno o due anni.
Il branco tipico conta una decina di membri anche se nel Parco Nazionale di Yellowstone, negli Stati Uniti, dove i lupi sono stati reintrodotti nel 1993, ne esiste uno che conta ben 37 individui, tutti membri di una vasta famiglia estesa. Vivere in branco comporta una gerarchia, e ogni lupo sa qual è il suo posto nel gruppo.
A volte si litiga, ma questo non costituisce che una piccola porzione del tempo che i lupi passano insieme: molto di più è quello speso per giocare, spiega Rick McIntyre che nella sua carriera durata quarant’anni nello US National Park Service ha passato un decennio come tecnico biologico del Progetto per il Lupo di Yellowstone.
“I lupi sono molto affettuosi gli uni con gli altri”, ci racconta. “Si leccano a vicenda il muso, si saltano addosso, giocano alla lotta e appoggiano una zampa sulla spalla di un compagno”. Il maschio dominante, ci spiega inoltre, a volte finge persino di perdere alla lotta.
“Ho visto il maschio più grosso e più forte del parco baruffare con un altro adulto più piccolo di lui o con un cucciolo e scappar via fingendo di avere paura, proprio come tra gli esseri umani un padre giocherebbe alla lotta con il figlio e lo lascerebbe vincere. È un buon sistema per formare rapporti solidi nel branco”.
Nel frattempo all’Università di Durham si guarda già alla prossima fase della ricerca: l’interazione tra uomo e cane. L’obiettivo è creare una “guida” che ci spieghi come comunicare con i nostri cani usando linguaggi specifici per ogni razza e ci consigli anche come scegliere quest’ultima.
Un carlino, infatti, può tentare di esprimere rabbia o paura con segnali diversi da quelli di un labrador o di un pastore tedesco. Qualunque sia la sua razza, pare proprio che il modo migliore per comprendere quel che il nostro cane cerca di dirci è imparare a riconoscere le sue espressioni facciali.
5. Le nove facce del lupo
Nei filmati si possono cogliere tutte le differenze nelle varie espressioni facciali dei lupi, ma anche solo dalle fotografie si può ottenere una buona “guida alle facce del lupo”.
Ecco le sue nove facce.
1) RABBIA
Il lupo spalanca gli occhi, punta le orecchie verso l’alto e arriccia il naso. Nel contempo ringhia, scopre i denti e può anche sbattere le mascelle.
2) ANSIA
Il lupo inspira attraverso le labbra creando incavi nelle guance. Può anche cominciare ad annusare o a uggiolare.
3) CURIOSITÀ
Il lupo drizza le orecchie, piega la testa di lato e annusa tutt’intorno.
4) PAURA
Il lupo spalanca gli occhi, alza le sopracciglia interne, appiattisce indietro le orecchie e a volte abbassa la testa.
5) AMICHEVOLEZZA
Il lupo alza le sopracciglia interne, appiattisce indietro le orecchie e mostra il “ghigno di sottomissione”. Talvolta batte le palpebre rapidamente o mostra la lingua.
6) ALLEGRIA
Il lupo alza la testa e batte le palpebre rapidamente. Talvolta lascia intravedere la lingua sul bordo della chiostra dentaria inferiore, ma non la sporge.
7) INTERESSE
Il lupo punta le orecchie in alto e in avanti e annusa. Può anche muovere la testa su e giù.
8) GIOIA
Il lupo solleva indietro gli angoli delle labbra, abbassa la mascella, punta le orecchie in avanti e talvolta mordicchia un altro lupo senza usare i denti.
9) SORPRESA
Il lupo spalanca gli occhi, alza le sopracciglia interne e punta le orecchie verso l’alto e in avanti.