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I misteri dell’Universo che occuperanno i fisici e gli astronomi nei prossimi dieci anni e anche più

Nell’ultimo decennio abbiamo fotografato buchi neri, sbirciato nel cuore degli atomi e guardato indietro fino alla nascita dell’Universo.

Eppure ci sono enormi lacune in ciò che sappiamo del cosmo e delle leggi che lo governano.

Ecco i misteri che occuperanno i fisici e gli astronomi nei prossimi dieci anni e anche più!

 

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1. Perché c'è un mostruoso buco nero al centro di ogni galassia? Ha a che fare con la nostra esistenza?

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Ci sono circa duemila miliardi di galassie nel nostro Universo e, per quel che ne sappiamo, quasi ognuna di esse ha al centro un buco nero supermassiccio.

Questi buchi neri hanno dimensioni variabili, che vanno dai “mostri” con una massa quasi 50 miliardi di volte quella del Sole, a quello di appena 4,3 milioni di masse solari, noto come Sagittarius A*, nel nucleo della nostra Via Lattea.

Ma come mai i buchi neri si trovino proprio lì è uno dei grandi misteri irrisolti della cosmologia.

Sappiamo che un buco nero stellare si forma dall'esplosione di una supernova, quando il nucleo di una stella implode, ma nessuno sa come si forma invece un buco nero supermassiccio. Per la maggior parte della storia cosmica, i centri delle galassie sono stati luoghi in cui molta materia era confinata in un piccolo volume.

Può darsi che i buchi neri supermassicci si formino all’interno di un denso ammasso stellare composto da buchi neri stellari che si fondono ripetutamente tra loro. Una prova parziale a favore di questa ipotesi viene da una fusione tra due buchi neri osservata grazie a una recente rilevazione di onde gravitazionali. Uno dei buchi era troppo grande per essere il residuo di una supernova e quindi potrebbe aver avuto origine in una precedente fusione.

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Un modo alternativo in cui può formarsi un buco nero supermassiccio è a seguito della contrazione di una densa nube di gas. È quindi possibile che essi derivino da una combinazione di collassi di nubi di gas e buchi neri che si fondono tra loro.

Ma c’è anche la possibilità che i buchi neri supermassicci si siano formati nel Big Bang. Ciò darebbe una nuova risposta alla versione cosmica della domanda sull’uovo e la gallina: chi è venuto prima, le galassie o i buchi neri supermassicci?

A differenza di quanto si pensava, non sarebbero le galassie a essersi formate per prime, partorendo poi questi oggetti immani, ma il contrario: i buchi neri supermassicci potrebbero aver fatto da “semi” alle galassie.

Nonostante la loro massa, anche i più grandi buchi neri supermassicci hanno a stento dimensioni maggiori del Sistema Solare. Eppure proiettano la loro energia a distanza di milioni di anni luce per mezzo di getti di materia superveloci emessi in direzioni opposte tra loro.

Dove questi getti sono più rapidi - nelle regioni interne di una galassia - allontanano il gas e impediscono la formazione stellare: dove hanno raggiunto una velocità inferiore - nelle regioni esterne - comprimono il gas e innescano la formazione stellare.

I potenti getti dai buchi neri più grandi sembrano determinare la massa delle stelle che si formano, con una tendenza verso stelle più piccole e più fredde come il nostro Sole. Quindi, chissà: potrebbe essere il caso di ringraziare Sagittarius A* per il nostro Sole, senza il quale probabilmente non leggereste queste pagine.

 

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2. Il tempo esiste?

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"Il tempo è ciò che impedisce che accada tutto simultaneamente”, ha detto una volta il fisico statunitense John Wheeler.

Ma è anche un concetto sfuggente. Probabilmente la maggior parte di ciò che pensiamo di sapere è sbagliata.

Per esempio, noi immaginiamo che il tempo scorra; tuttavia, perché qualcosa scorra, deve farlo rispetto a qualcos’altro, come un fiume che scorre rispetto alla riva.

Che cosa sarebbe questo qualcos’altro? Un secondo tipo di tempo? Sembra un’idea insensata. Verosimilmente, il flusso del tempo è un’illusione creata dal nostro cervello per organizzare le informazioni che ci arrivano ininterrottamente attraverso i sensi.

Abbiamo anche la forte percezione che ci siano un passato, un presente e un futuro condivisi. Tuttavia, l’idea di un presente comune non appare da nessuna parte nella nostra descrizione fondamentale della realtà: la relatività.

Il modo preciso in cui funziona il tempo di qualcun altro dipende dalla velocità a cui si muove rispetto a noi o da quanto è intensa la gravità che agisce su quella persona. Questi effetti sono evidenti solo a velocità relative vicine a quella della luce o in condizioni di gravità estrema, motivo per cui non si notano nella vita di tutti i giorni. Tuttavia, ci suggeriscono che l’intervallo di tempo o di spazio di una persona non sia uguale a quello di un’altra.

In realtà potrebbe anche essere peggio di così. Spazio e tempo sono indissolubilmente intrecciati. Nel nostro Universo tutti gli eventi - dal Big Bang alla morte dell’Universo stesso - sono disposti in una sorta di mappa spaziotemporale quadridimensionale preesistente.

Non c’è nulla che si “muove” davvero nel tempo. Come scrisse Einstein dopo la morte dell’amico Michele Besso: “Adesso mi ha preceduto di un poco nel congedarsi da questo strano mondo. Non importa: noi che crediamo nella fisica sappiamo che la distinzione tra passato, presente e futuro è solo una tenace illusione”.

Se immaginiamo di vedere a ritroso l’espansione dell’Universo, come un film proiettato all’inverso, nei primi istanti spazio e tempo sono come “lacerati”. I fisici sospettano quindi che nel Big Bang il tempo sia emerso da qualcosa di più fondamentale,ma ancora oggi nessuno ha la più pallida idea di che cosa possa essere.

 

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3. Che cos'è l'energia oscura?

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E' invisibile, riempie tutto lo spazio e la sua gravità repulsiva sta accelerando l'espansione dell'Universo.

La cosiddetta "energia oscura" è stata scoperta dagli astrofisici nel 1998, mentre studiavano le supernovae di tipo 1A, le esplosioni stellari che si ritiene sprigionino una quantità fissa di energia e risplendano con una luminosità standard, come lampadine cosmiche.

Il problema era che le supernovae più distanti erano più fioche del previsto. L'espansione cosmica aveva aumentato di velocità, spingendole più lontano.

A quel tempo, l'unica forza che si pensava operasse su larga scala nell'Universo era la gravità, che agisce come una rete invisibile tra le galassie, frenando l’espansione del Cosmo.

La scoperta che in realtà lo Spazio si espande a velocità crescente lasciò sbalorditi i cosmologi, costretti a postulare l'esistenza di una sostanza che rappresenta niente meno che due terzi della massa-energia dell’Universo.

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Quindi, circa cinque miliardi di anni fa, questa "energia oscura" avrebbe sopraffatto la gravità ottenendo il controllo dell'Universo.

Una possibilità è che l'energia oscura sia una costante cosmologica, una repulsione intrinseca dello spazio, che potrebbe derivare da fluttuazioni quantistiche di energia nel vuoto.

Tuttavia, applicando al vuoto la meccanica quantistica, la nostra miglior teoria del mondo submicroscopico, i fisici ricavano la previsione di una densità di energia che supera di un fattore pari a 10 seguito da 120 zeri quella dell'energia oscura: la più grande discrepanza tra una previsione e un'osservazione nella storia della scienza.

La speranza è che questa discrepanza possa scomparire quando finalmente riusciremo nell'impresa di unificare la meccanica quantistica con la teoria della gravità di Einstein.

Nel frattempo, un aiuto può venire dagli esperimenti spaziali: nel 2022 l'Agenzia spaziale europea lancerà Euclid, che misurerà come l'energia oscura varia con il tempo cosmico eforse ci fornirà indizi essenziali per risolvere il più grande enigma della scienza.

 

4. Perché non abbiamo ancora osservato alcun segno di vita?

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Nel 1950 Enrico Fermi, l'uomo che costruì il primo reattore nucleare, stava pranzando nella mensa del laboratorio di Los Alamos, nel Nuovo Messico, quando improvvisamente disse: “Dove sono tutti?”.

I suoi commensali sapevano esattamente a chi si riferiva.

Decenni dopo, il quesito di Fermi fu esaminato, separatamente, dai fisici statunitensi Michael Hart e Frank Tipler. Hart ipotizzò alieni che si diffondono attraverso la nostra Via Lattea, mentre Tipler prese in considerazione macchine autoreplicanti ognuna delle quali, giunta in un sistema planetario, ne sfrutta le risorse per costruire due copie di se stessa che continuano a viaggiare.

Entrambi hanno concluso che, anche immaginando modeste velocità di spostamento, ogni stella della galassia sarebbe stata visitata in un tempo equivalente a una frazione dell’età della Via Lattea. Come aveva capito Fermi, gli alieni dovrebbero essere qui sulla Terra, e invece non sembra che ci siano. È quello che oggi chiamiamo “paradosso di Fermi”.

Per spiegare il fatto che non si osservino segni di vita aliena sono state proposte centinaia di spiegazioni. È stata fatta l’ipotesi che quella umana sia la prima intelligenza ad apparire nella galassia e quindi siamo completamente soli, oppure che il nostro è un mondo ancora allo stadio primordiale, quindi interdetto a civiltà avanzate che potrebbero influenzarne negativamente lo sviluppo.

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Una possibilità più banale è che non vi sia alcun paradosso e che tracce di visite avvenute nel lontano passato siano state cancellate dai fenomeni meteorologici e dai processi geologici.

Di recente, però, un gruppo di ricerca diretto da Jonathan Carroll Nellenback dell’Università di Rochester, New York, ha ipotizzato che il nostro Sole potrebbe essere stato semplicemente bypassato da un’ondata di espansione extraterrestre.

Ma perché noi non riusciamo a rilevare alcun segno di intelligenze extraterrestri nella nostra galassia, nonostante più di mezzo secolo di osservazioni con i telescopi?

Un team della Pennsylvania State University, guidato da Jason Wright, afferma che in realtà non c’è alcun mistero in questo: abbiamo esaminato una minima frazione della Galassia, equivalente all’acqua di una vasca a idromassaggio rispetto a tutta quella che si trova negli oceani.

Come osservò acutamente Douglas Adams in Guida galattica per gli autostoppisti: “Lo spazio è vasto. Non riuscireste mai a credere quanto enormemente incredibilmente spaventosamente vasto esso sia”.

 

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5. Perché c'è qualcosa anziché nulla?

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In principio, secondo il modello standard della cosmologia, c'era il "vuoto inflazionistico".

Aveva una densità di energia altissima e una gravità repulsiva che lo facevano espandere.

Più ce n'era, maggiore era la repulsione e più velocemente si espandeva. Analogamente a tutti i fenomeni quantistici, questo vuoto era imprevedibile.

In punti casuali decadeva nel vuoto ordinario. Ma l'enorme energia del vuoto inflazionistico doveva andare da qualche parte, e così creò la materia e la portò a temperature altissime, dando luogo ai «big bang».

Il nostro Universo è semplicemente una di queste bolle di big bang nel vuoto inflazionistico in continua espansione. In modo sorprendente, è possibile che l'intero processo sia iniziato con una zona di vuoto inflazionistico con una massa equivalente a una bustina di zucchero.

È interessante che le leggi della fisica - e in particolare la meccanica quantistica - consentano in queste condizioni alla materia di nascere dal nulla. Naturalmente, la prossima domanda ovvia ora è: da dove vengono le leggi della fisica?

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Nel 1918 la matematica tedesca Emmy Noether fece luce su questo problema. Scoprì che le grandi leggi di conservazione sono semplici conseguenze delle profonde simmetrie dello spazio e del tempo: le proprietà che rimangono identiche anche se il nostro punto di vista cambia.

Una caratteristica sorprendente di queste simmetrie è che sono anche simmetrie del vuoto, cioè di un universo completamente sgombro.

Quindi forse il passaggio dal nulla a "qualcosa" non è stato tanto estremo. Magari fu semplicemente un cambiamento dal nulla al nulla "strutturato" del nostro Universo pieno di galassie.

Ma perché è avvenuto il cambiamento? Il fisico statunitense Victor Stenger fa notare che, quando la temperatura scende, l'acqua si trasforma in acqua strutturata, cioè ghiaccio, perché quest'ultimo è più stabile.

È possibile - ipotizza - che l'Universo sia passato dal nulla al "nulla strutturato" perché il nulla strutturato è più stabile?

 

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