Il mistero della morte di Lenin, ideologo e promotore della rivoluzione del 1917 in Russia, fondatore dell’Unione Sovietica e del primo stato socialista della storia, continua a ossessionare gli scienziati.
E ancora oggi molti documenti restano nascosti sotto la dicitura “Riservato”.
Secondo la versione ufficiale, il politico da tempo soffriva di una grave arteriosclerosi che lo avrebbe portato all’ictus cerebrale.
“Il grado di arteriosclerosi cerebrale, con la grave calcificazione delle arterie cerebrali, è un fenomeno molto strano – ha detto a Rbth Filipp Makoviak, professore del centro medico di Baltimora, Maryland –, soprattutto se si considera che Lenin non aveva alcuna predisposizione a malattie cerebrovascolari. Non aveva ipertensione, diabete e non fumava”.
Secondo la legge della Federazione Russa, le informazioni custodite negli archivi statali possono restare segrete per non più di 30 anni.
E, nonostante lo storico Sergej Kudryashov di recente abbia dichiarato alla radio Eco di Mosca che non è prevista alcuna pena per chi rivela tali informazioni, molte agenzie preferiscono tenere chiusi i propri cassetti.
Il Servizio federale di Sicurezza (FSB), nato dalle ceneri del KGB, ovviamente non fa eccezione. D’altronde sono molti i segreti di epoca sovietica che mantengono il proprio alone di mistero ancora oggi. Vediamo quali.
1. I MISTERI SULLA MORTE DI LENIN - Lo stress e quella morte sinistra
I gravi problemi di salute per Lenin sono cominciati, secondo gli storici, nel 1921.
A quel tempo la guerra civile, iniziata in Russia dopo la rivoluzione, si era conclusa con la vittoria dell'Armata Rossa.
Nel Paese dominava la carestia e la devastazione. Il leader ha iniziato ad avere continui mal di testa, insonnia e svenimenti.
Nel 1922 la sua salute è peggiorata e sono iniziati i problemi di disordine del linguaggio e della scrittura, mentre il lato destro del corpo è rimasto paralizzato.
Il leader sovietico è morto nel 1924 all'età di 53 anni. Si è riscontrato che prima della morte aveva avuto diverse emorragie cerebrali, le cui motivazioni non sono ancora state stabilite.
A turbare il gruppo di scienziati, formato dallo storico e giornalista Lev Lurie di San Pietroburgo, da Harry Winters, neuroscienziato della University of California e dal dottor Filipp Makoviak, era il fatto che i vasi cerebrali del leader fossero quasi pietrificati dopo la morte.
Secondo le informazioni dei testimoni oculari, durante l'autopsia, battendoli con una pinza, i vasi potevano tintinnare. Per molto tempo non si è scoperta la causa di questo fenomeno.
2. I MISTERI SULLA MORTE DI LENIN - La paralisi
Nel 2011, la dottoressa Cynthia St Hilaire ha suggerito con il suo lavoro che la causa dell’arteriosclerosi precoce di Lenin fosse la mutazione del gene NT5E.
Gli scienziati hanno avanzato la teoria che il politico avrebbe potuto subire qualche mutazione dell'organismo, in seguito alle quali sarebbe iniziata la paralisi, fino alla morte prematura.
"Crediamo di essere di fronte a un raro caso di mutazione ereditaria per linea paterna, infatti suo padre era morto in circostanze simili. Forse il suo ruolo di leader della rivoluzione mondiale ha inciso nello sviluppo dell’arteriosclerosi precoce dei vasi cerebrali”, sostiene Makovyak.
Lo storico Lurie non esclude che la causa della morte potrebbe assumere anche un carattere diverso. Nel suo libro, "22 morti, 63 versioni" egli valuta alcune delle ipotesi più probabili. Tra queste, l’avvelenamento del leader su ordine di Stalin.
Lurie ritiene che Stalin fosse un buon esecutore e manteneva relazioni amichevoli con Lenin, finché non ha iniziato ad aspirare al suo ruolo politico. Lo storico racconta che Lenin, nei periodi particolarmente difficili della sua malattia, si rivolgeva a Stalin chiedendo del veleno.
Lui prometteva di reperirlo e di portargli del cianuro. Questo risulta da molti documenti. Però i test tossicologici che avrebbero rivelato del veleno nel corpo di Lenin non sono stati effettuati. Secondo un'altra versione dello storico, Lenin potrebbe essere stato logorato dalla sifilide.
Anche dopo l'annuncio della causa ufficiale della morte, arteriosclerosi, alcuni medici hanno ripetutamente richiesto lo screening per individuare eventuali altre malattie. La malattia, che si trasmette sessualmente, potrebbe, secondo Lurie, aver innescato un ictus.
Tuttavia, come detto in precedenza da Winters, i sintomi del leader e i risultati dell'autopsia confutano questa teoria.
3. TRE IPOTESI ALTERNATIVE SULLA MORTE DI STALIN - Il destino di Raoul Wallenberg
Alla fine della Seconda guerra mondiale, nel 1944-1945, il diplomatico svedese Raoul Wallenberg lavorava in Ungheria.
Nel tentativo di salvare il maggior numero di vite umane consegnò il passaporto svedese a varie persone di origine ebraica, nascondendole poi all’interno di abitazioni prese in affitto dall’ambasciata del suo Paese.
Il suo operato salvò dalla morte migliaia di persone. Ma nel 1945, durante l’assedio di Budapest da parte dell’esercito rosso, Wallenberg ebbe un tragico incontro con i sovietici.
In quell’occasione incontrò il maresciallo Rodion Malinovskij, incaricato di condurre l’offensiva su Budapest, e venne arrestato con l’accusa di spionaggio da alcuni membri della Smersh, il dipartimento di controspionaggio dell’Armata Rossa istituito nel 1943.
Questa fu l’ultima volta in cui Wallenberg venne visto vivo.
Nel 1957 il ministro degli Esteri sovietico Andrej Gromyko consegnò all’ambasciatore svedese un documento in cui si attestava che Wallenberg, presumibilmente trattenuto nel carcere di Lubyanka, a Mosca, sarebbe morto nel 1947 a causa di un infarto.
Si trattava della prima volta in cui l’Urss riconosceva che il diplomatico era stato a Mosca, nonostante le cause della sua scomparsa risultino poco chiare ancora oggi. Secondo fonti ufficiali, gli archivi degli interrogatori sarebbero spariti.
Sono in molti a dubitare della veridicità del documento consegnato da Gromyko e alcuni testimoni sarebbero pronti ad affermare che Wallenberg sarebbe stato ancora vivo negli anni Cinquanta e che sarebbe stato avvistato in un campo di lavoro forzato, dal quale alla fine sarebbe riuscito a scappare.
Il governo svedese ha dichiarato ufficialmente la sua morte nel 2016. Il 26 luglio la famiglia di Wallenberg ha presentato una richiesta all’Fsb nella quale chiedeva l’apertura degli archivi legati alla sua morte.
4. TRE IPOTESI ALTERNATIVE SULLA MORTE DI STALIN - La morte di Beria
Lavrentyj Beria, capo della polizia segreta dell’Nkvd, fu direttore del programma nucleare sovietico tra il 1938 e il 1945.
Dopo la morte di Stalin, nel 1953, Beria, famoso per la sanguinosa repressione, perse la lotta per il potere contro i leader sovietici come Malenkov e Nikita Krushchev.
Ciò significò non solo la fine della sua carriera politica ma anche della sua vita. Accusato di essere stato assoldato come spia dal Regno Unito e di aver falsificato una gran quantità di casi criminali, venne condannato a morte il 23 dicembre 1953 e ucciso in quello stesso giorno.
Questa, perlomeno, è la versione ufficiale dei fatti. Tuttavia alcuni storici sono convinti che non ci sia stata alcuna sentenza e che i rivali di Beria avessero architettato questa versione per giustificare come legali le loro azioni.
ùInoltre non è mai stato rivelato il luogo in cui Beria sarebbe stato condannato a morte e sepolto.
La morte di uno degli uomini di fiducia di Stalin continua a restare un mistero e anche gli uomini dei servizi segreti, gli unici che conoscevano la verità, non l’hanno mai rivelata.
5. TRE IPOTESI ALTERNATIVE SULLA MORTE DI STALIN - Le inchieste sul paranormale
Al contrario dei servizi segreti di Hitler, che vantavano alcune unità speciali dedicate esclusivamente alle attività paranormali, l’intelligence sovietica era molto scettica nei confronti del misticismo.
Le teorie soprannaturali erano considerate prive di fondamento e antimarxiste. Tuttavia non mancavano le eccezioni.
Fra queste vi è la storia di Gleb Bokyj, un agente della Cheka, la polizia segreta sovietica, tra il 1921 e il 1934. Egli non solo fu l’ideatore dei campi di lavoro forzato ma si interessò anche alle attività paranormali.
Cercò anche di organizzare una spedizione in Tibet con l’oculista Aleksandr Barchenko alla ricerca del mitico territorio di Shambhala.
Il governo dichiarò però che una simile spedizione non sarebbe stata altro che una terribile perdita di tempo e cancellò il viaggio.
Sia Bokyj sia Barchenko vennero uccisi durante le grandi purghe alla fine degli anni Trenta. Da allora l’Nkvd, il Kgb e altri servizi segreti sovietici negano qualsiasi tipo di coinvolgimento con il mondo paranormale.
C’è invece chi sostiene il contrario, affermando che gli archivi siano pieni di informazioni relative agli alieni, ad antichi misteri e ad altre forme di vita soprannaturali.