Forse un giorno la sordità potrà essere curata con i farmaci.
Lo fa sperare uno studio, pubblicato a ottobre sullo European Journal of Neuroscience da studiosi dell’Università di Rochester (Usa), secondo il quale alcuni principi attivi potrebbero essere in grado di stimolare la rigenerazione di cellule dell’orecchio interno, andate distrutte nelle persone sorde.
Spesso, infatti, nei soggetti che hanno subìto traumi acustici ripetuti, in quelli affetti da malattie che colpiscono le strutture nervose alla base dell’udito e più semplicemente in molti anziani, la sordità è causata proprio da un deterioramento delle cosiddette cellule ciliate, che hanno funzione di recettori sensoriali.
Nel nostro Paese, come nel resto del mondo, il calo dell’udito e la sordità sono in aumento: non soltanto tra anziani e adulti, ma addirittura tra giovani e bambini.
Gli esperti non hanno dubbi: la colpa è dell’eccessivo rumore a cui si è esposti, soprattutto se si vive in città.
Ma come difendersi dai nemici dell’udito? Scopriamolo insieme.
1. Attenzione alla musica
Sempre più spesso la riduzione dell’udito (o ipoacusia) è causata da un’esposizione prolungata a suoni eccessivi.
Non ci sono solo quelli prodotti in luoghi di lavoro come fabbriche e cantieri: purtroppo anche la cattiva abitudine di ascoltare musica ad alto volume ha un suo peso.
Stesso discorso per le discoteche, dove i decibel sono spesso troppo elevati, e i concerti: non a caso negli USA alcuni gruppi rock fanno persino firmare una liberatoria prima dei loro eventi scaricandosi così dalle responsabilità per eventuali danni all’udito. Le nostre orecchie, infatti, sono tendenzialmente inermi.
Mentre quando un lampo luminoso ci abbaglia le pupille si restringono per difendere gli occhi, il sistema di autoprotezione di cui sono dotate le orecchie non riesce a contrastare rumori particolarmente forti.
Si chiama riflesso stapediale. In presenza di uno stimolo di forte intensità un piccolo muscolo collegato alla staffa, il primo dei tre ossicini che trasmettono il suono, si contrae, provocando un irrigidimento del sistema di trasmissione e contrastando così il passaggio del suono dannoso verso l’orecchio interno.
Che il problema del calo di udito riguardi spesso giovani e giovanissimi è stato dimostrato anche da una ricerca dell’Università di San Paolo (Brasile), pubblicata da Scientific Reports: sempre più frequentemente ragazzi e bambini lamentano acufeni, campanelli d’allarme della perdita di udito.
Fortunatamente oggi i genitori sono consapevoli dell’importanza di controlli precoci: del resto, secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, delle 360 milioni di persone al mondo che soffrono di cali dell’udito, un 9 per cento è costituito da bambini e ragazzi di meno di 15 anni di età.
2. Gli acufeni e lo svantaggio di vivere in città
Che tormento gli acufeni!
«Sentivo fischi pure se il locale carico applaudiva», canta il rapper Caparezza in Larsen, canzone in cui parla della sua convivenza con l’acufene, patologia dell’orecchio che causa la percezione di suoni (generalmente fischi) costanti.
Anche un altro grande musicista, Eric Clapton, ha ammesso di soffrirne e di sperimentare un progressivo calo dell’udito.
Gli acufeni sono percezioni sonore anomale. In alcuni casi sono prodotti da stimoli interni all’organismo, come un’abnorme contrazione del muscolo tensore del timpano, negli altri casi sono invece definiti soggettivi.
Le modalità di intervento sono varie, ma purtroppo al momento non esiste una cura certa e definitiva.
Lo svantaggio di vivere in città
In Italia non va meglio: secondo dati della società di ricerche Anovum relativi al 2017, l’11,7 per cento dei nostri connazionali presenta problemi uditivi di varia entità.
In particolare chiunque viva in contesti urbani deve fare attenzione alla salute delle proprie orecchie, che ha peraltro un impatto su quella globale.
Secondo stime dell’Unione europea sono decine di migliaia le persone che ogni anno muoiono prematuramente per cause indirette connesse anche all’inquinamento acustico.
Responsabili sono la mancanza di sonno, l’ansia e i problemi cardiovascolari aggravati dalla continua esposizione a rumori eccessivi e stressanti.
Non a caso una ricerca condotta anni fa dall’Università di Milano dimostrava come nelle aree terrestri in cui i rumori di fondo sono più lievi, cioè quelle meno urbanizzate, anche le persone anziane mantengono un udito migliore.
Tutto ciò ha un impatto economico: l’ipoacusia non curata, secondo l’Oms, costa alla collettività 750 miliardi di dollari l’anno, circa 21 solo in Italia (dati 2017).
3. Come si diventa sordi
Partiamo col dire che esistono tre tipi di sordità.
1) La prima è quella trasmissiva, che riguarda l’orecchio esterno (cioè il canale uditivo) e quello medio (ovvero il timpano e la catena degli ossicini che trasmette il suono).
2) La seconda è neurosensoriale e riguarda solo l’orecchio interno, ovvero l’organo che trasforma le vibrazioni sonore in impulsi elettrici inviati al cervello, e le vie nervose a esso collegate.
3) La sordità mista è invece la somma delle prime due.
Le cause sono molto diverse. L’ipoacusia trasmissiva è spesso dovuta a una patologia infiammatoria, ma può anche avere origine da un trauma, da una malformazione congenita o da cause genetiche.
Oltre che dal rumore, l’ipoacusia neurosensoriale può derivare da alterazioni genetiche, dall’esposizione a sostanze tossiche e da infezioni virali che ledono il nervo acustico, da tumori in genere benigni, da traumi cranici e naturalmente dall’invecchiamento.
Un danno acustico tende poi a peggiorare con gli anni: negli anziani si notano anche gli effetti dell’interazione di farmaci dannosi per le funzioni uditive e di patologie croniche come ipertensione e insufficienza renale.
Anche il diabete 2, sempre più frequente nella terza età, ha un peso notevole: chi ne è affetto ha una probabilità di soffrire di calo uditivo più che doppia rispetto alla popolazione sana.
Le conseguenze sono importanti: secondo uno studio pubblicato nel mese di ottobre 2018 su Jama Otolaryngology Head & Neck Surgery, la perdita dell’udito negli anziani può peggiorare il declino cognitivo e l’isolamento sociale.
4. Come ripristinare (in parte) l’udito perso e la dieta “salva orecchie”
Come ripristinare (in parte) l’udito perso
La chirurgia dell’orecchio medio può dare buone risposte per l’ipoacusia trasmissiva.
Sull’orecchio interno, invece, si può intervenire solo con protesi acustiche impiantabili e con l’impianto cocleare.
Quest’ultimo, il cosiddetto “orecchio bionico”, viene prescritto in caso di sordità bilaterali gravi o profonde.
La differenza con i normali apparecchi acustici, usati nelle sordità neurosensoriali meno gravi, è che questi si limitano ad amplificare il suono per trasmetterlo alla coclea ancora funzionante.
L’impianto cocleare, invece, sostituisce del tutto una coclea troppo compromessa.
È costituito da una parte esterna e una interna: la prima, impiantata nel corso di un intervento chirurgico di un paio d’ore, comprende un microfono che rileva gli stimoli sonori dell’ambiente, un processore che li elabora e un’antenna che trasmette il segnale alla parte in- terna, la quale trasforma il segnale acustico in segnale elettrico, stimolando direttamente le fibre del nervo.
L’impianto viene attivato solo dopo un periodo che va dalle due settimane al mese dall’intervento.
C’è una dieta “salva orecchie”
Spinaci, broccoli, fegato e arance: sono alcuni dei cibi più benefici per l’udito. Il motivo? Contengono tutti buone dosi di folati, ovvero vitamine del gruppo B.
Solo con la dieta non si può fare molto per recuperare l’udito perso, ma certamente – come ha dimostrato tempo fa una ricerca presentata a un congresso dell’American Academy of Otolaryngology partendo da dati raccolti su circa 3.600 uomini con ipoacusia – gli over 60 che consumano molti cibi ricchi di queste sostanze o assumono integratori a base di acido folico registrano una riduzione del 20 per cento del rischio di sordità.
Non dimentichiamo la tossicità per il sistema uditivo di cattive abitudini come fumo e alcol in eccesso.
5. Quando è pericoloso il rumore e come funziona l'orecchio?
Quando è pericoloso il rumore?
Quando supera i 100 decibel. Ma anche valori più bassi possono far male, soprattutto se i suoni sono acuti.
Più di 6 casi su 10 di ipoacusia potrebbero essere evitati con la prevenzione.
Oltre a preferire le cuffie agli auricolari, che “sigillano” il canale uditivo con una conseguente compressione dei suoni, sarebbe utile seguire la regola del 60-60: ascoltare la musica a non più di 60 decibel per un massimo di 60 minuti.
Come funziona l'orecchio
Il padiglione auricolare, la parte esterna dell’orecchio, raccoglie i suoni per avviarli al canale uditivo che termina con il timpano.
Dietro a esso si trova una catena di tre ossicini (martello, incudine e staffa) che trasportano le vibrazioni del timpano alla coclea, dove sono trasformate in variazioni di pressione del fluido (endolinfa) che vi si trova all’interno.
Nella coclea le vibrazioni sonore sono trasformate in segnali elettrici, inviati attraverso le vie nervose alla corteccia cerebrale.