“Partendo […] in direzione di questo tratto di costa, costruivano il ponte secondo gli ordini, i Fenici con funi di lino bianco, gli Egiziani con funi di papiro. […] E quando il braccio di mare era stato ormai aggiogato, sopraggiunse una violenta tempesta, si abbatté su tutte quelle opere e le disfece. Serse, come lo seppe, addirato con il mare, diede ordine di infliggergli 300 colpi di frusta e di gettare in acqua un paio di ceppi. E ho pure sentito dire che assieme a costoro inviò dei marchiatori a bollare il mare”.
Se il mare fu frustato, ai costruttori non andò meglio, visto che il re persiano Serse li fece decapitare.
Quella che avete appena letto è la “flagellazione dell’Ellesponto” – il braccio di mare, oggi noto come Stretto dei Dardanelli, che divide la Turchia asiatica da quella europea- raccontata dallo storico greco Erodoto nel V secolo a. C.
Lo scenario era quello delle guerre appena combattute tra l’Impero persiano e le città-Stato greche.
E se oggi l’idea di flagellare il mare fa sorridere, l’episodio fa comprendere quanto la costruzione di un ponte avesse già allora un valore simbolico: in quel caso la capacità di unire (o separare crollando per intervento divino o più facilmente per le bombe) due civiltà.
I ponti sono da sempre una delle sfide più ardite dell’ingegneria. E anche uno dei più antichi modi per mettere in contatto popoli, unire ciò che è diviso, esercitare il controllo e combattere battaglie.
1. Punto di svolta
Il significato storico dei ponti non sta infatti solo nell’aver fatto guadagnare tempo negli spostamenti di merci e persone, evitando di dover percorrere il fondo di interminabili gole per guadare fiumi e superare valli.
Nella Roma antica, per esempio, il pontifex (“colui che fa i ponti”) era anche il responsabile dei culti e il titolo di pontifex maximus fu attributo degli stessi imperatori da Cesare in poi.
Avevano una doppia funzione: si curavano concretamente della manutenzione dei ponti, ma anche dei riti legati alla scelta dei punti in cui costruirli.
In una città mercantile come Roma, tagliata in due dal Tevere, il pontifex divenne una carica di importanza strategica, di cui resta un’eco nel ruolo del moderno pontefice, “ponte” fra Dio e la Chiesa.
Non è dunque un caso se proprio gli ingegneri romani divennero i migliori nel settore, nell’antichità. I ponti romani erano all’inizio in legno.
I legionari - hanno dimostrato gli archeologi sperimentali - ne potevano costruire uno in una decina di giorni. Come fecero i soldati al seguito di Giulio Cesare nel 55 a. C. sul fiume Reno (Germania).
Ma la specialità ingegneristica dei Romani divennero i ponti in pietra e muratura, sorretti da archi (eredità degli Etruschi).
L’ingrediente segreto di queste opere, oltre alle conoscenze di statica (che facevano parlare di“magia” chi non ne sapeva niente), era la pozzolana, un materiale che mischiato con calce e acqua diventa una sorta di cemento.
Così fu costruito il ponte sul fiume Còksu (l'antico Singas), considerato dai Bizantini una meraviglia del mondo, 0 quello di Kàhta (foto sotto), sempre in Turchia, la cui arcata aveva un’ampiezza di oltre 34 metri.
Le due tecniche (legno più pietra) diedero poi vita a ponti composti da un impalcato di legno su di una struttura in muratura. Due su tutti, entrambi sul Danubio: quello di Traiano (1 secolo, lungo 1.135 metri) e quello di Costantino (IV secolo, 2.437 metri).
2. Tra due sponde
Molti ponti, più che per la loro arditezza tecnologica, sono invece passati alla Storia per le battaglie che vi si combatterono.
Sul ponte Milvio, edificato nel III secolo a.C. a nord dell’abitato di Roma, nel 312 si affrontarono gli schieramenti guidati dagli imperatori Costantino e Massenzio.
Quest’ultimo, autoproclamatosi sovrano, uscì dalle mura difensive dell’Urbe e sfidò le armate di Costantino in prossimità del ponte. Lì morì, lasciando aperta la via (militare e politica) al rivale.
La battaglia fu talmente decisiva che ne nacque una leggenda: Costantino, in marcia verso ponte Milvio, guardando verso il sole avrebbe visto una croce di luce sulla quale era impressa la scritta In hoc signo vinces (“Con questo segno vincerai”).
Una folgorazione che anticipò, secondo la tradizione, la “conversione” di Costantino (che in realtà si limitò a legalizzare il culto cristiano nel 313). Ancora una volta, un “ponte” tra mondo reale e ultraterreno.
Smantellato e ristrutturato più volte e infine riedificato nel 1805, ponte Milvio fu segnato dalle battaglie fino alla fine: Giuseppe Garibaldi lo fece saltare nel 1849 per tentare di arrestare l’offensiva francese contro gli insorti della Repubblica romana.
Giusto un anno prima, nel 1848, sempre nel corso della Prima guerra d’indipendenza, l’esercito piemontese aveva riportato un'importante vittoria contro gli austriaci sul ponte di Goito (Mn), poi detto “ponte della gloria”.
E i garibaldini avrebbero combattuto “tra due sponde” ancora nel 1866: teatro dello scontro fu Ponte Caffaro (foto sotto), in provincia di Brescia. E anche in quel caso gli austriaci ebbero la peggio.
3. Imprese diaboliche
Col passare del tempo i ponti non servirono più soltanto per i trasporti. Già i Romani li usarono integrandoli con gli archi degli acquedotti.
E nel tardo Medioevo divennero persino abitazioni. Il più noto esempio di ponte coperto è il Ponte Vecchio di Firenze (foto sotto).
Fu ricostruito numerose volte e dal XV secolo ospitò botteghe di macellai prima, di orafi e gioiellieri dopo. Altrettanto celebrato è quello di Bassano (foto sotto), in provincia di Vicenza, costruito su progetto di Andrea Palladio nel 1569.
Il Medioevo fu anche l’epoca in cui nacquero le leggende sui “ponti del diavolo”. La credenza secondo la quale le strutture più ardite potevano stare in piedi solo grazie all’intervento soprannaturale ebbe forse origine prima del Mille, quando si era smesso d i costruire ponti ad arco.
Quelli dei Romani, ancora usati in alcune zone, apparivano alla gente comune il frutto di una tecnologia associata a qualche aiuto sovrumano. Non divino, però, bensì maligno.
Nacque così la leggenda-tipo, poi associata a centinaia di “ponti del diavolo”, inclusi quelli medioevali che si riprese a costruire dopo il Duecento, spesso con ampiezze superiori ai 30 metri.
In questi racconti popolari quasi sempre Belzebù si impegnava a costruire il ponte in una notte, chiedendo come pegno la prima anima che vi fosse transitata. Ma, secondo i racconti, il diavolo veniva regolarmente ingannato dagli abitanti del luogo, che facevano attraversare per primo un maiale o un cane.
Tra il XIV e il XVI secolo, il periodo delle grandi pestilenze in Europa, non fu raro veder sorgere vicino ai ponti piccole cappelle votive, generalmente intitolate ai santi protettori dalle malattie, come san Rocco.
Si pensava infatti che così si impedisse al morbo di attraversarli. Ma quei passaggi obbligati erano anche punti di esazione per i gabellieri, i “demoni” delle tasse.
Foto sotto, il settecentesco Mathematical Bridge di Cambridge (Inghilterra) che la leggenda vuole fosse stato pensato da Newton per stare in piedi senza bulloni.
4. Svolte ardite e corse ai record
L’arte di costruire ponti tornò a fare progressi con Fausto Veranzio, filosofo-ingegnere vissuto a Venezia a cavallo tra il XVI e il XVII secolo.
Nel suo trattato Machinae novae (1616) progettò ponti sia sospesi sia strallati. Sono questi i modelli-base arrivati fino ai tempi moderni.
Un esempio della prima tipologia è oggi il Golden Gate di San Francisco (del 1937), dotato di una campata percorsa da cavi d’acciaio a cui sono attaccati verticalmente i tiranti che sostengono il piano stradale.
È invece stradato il ponte di Öresund (foto sotto), che dal 2000 unisce Danimarca e Svezia grazie a tiranti inclinati (chiamati appunto stralli) attaccati direttamente ai piloni di sostegno.
Altro impulso all'evoluzione dei ponti fu l’avvento della ferrovia, che portò alla realizzazione dei ponti in metallo.
L'Iron Bridge di Coalbrookdale, in Inghilterra, fu il primo e oggi è protetto dall’Unesco: inaugurato nel 1781, è in ghisa, lega di ferro e carbonio che può resistere a sforzi di compressione (ma non di trazione; proprio per questo motivo i primi ponti metallici erano costruiti come quelli in pietra).
Grande scalpore fece l'arditezza del Ponte Mosca (foto sotto), realizzato in ferro dall'architetto Carlo Bernardo Mosca sulla Dora Riparia, a Torino.
Ultimato nel 1830, presentava caratteristiche tecniche innovative ma molti erano convinti che non sarebbe rimasto in piedi: il sesto era infatti molto ribassato (la “curva” dell'arcata era cioè molto piatta).
Il progettista, per dimostrare la correttezza dei propri calcoli, il giorno dell’inaugurazione, avvenuta di ferragosto, portò l ’intera famiglia a pranzare in barca proprio sotto l’arcata del ponte. Che ancora oggi sopporta benissimo il traffico cittadino.
Dal XIX secolo gli ingegneri inglesi e francesi rivaleggiarono per costruire la campata più lunga. Prima usando l'acciaio e poi il cemento armato, molti progettisti si ci mentarono in questa sfida.
Lo stesso Custave Eiffel, pochi anni prima di di ventare celebre per la realizzazione della torre parigina, realizzò due strutture ancora oggi di grande fama: il Ponte Maria Pia sul Douro, a Oporto, in Portogallo (1877), e il Viadotto Garabit (1884, foto sotto), situato nel sud della Francia e utilizzato ancora ai nostri giorni per il trasporto ferroviario.
Questi ponti costruiti (è il caso di dire) a cavallo fra Ottocento e Novecento restano tra i più eleganti della Storia. Gli sforzi della progettazione portarono infatti alla costruzione di strutture incredibilmente snelle.
Ma se dal punto di vista della resistenza ai pesi da sopportare erano perfettamente dimensionate, col tempo i più arditi dovettero affrontare nuovi imprevisti. Primo tra tutti il vento, incubo di ogni ingegnere moderno.
Bastò una raffica a 57 km/h, per esempio, per far crollare il ponte di Tacoma, nello Stato americano di Washington. Il ponte aveva oscillato vistosamente sin dal giorno dell’inaugurazione, il 1° luglio 1940, senza però scoraggiare i tanti curiosi che lo visitavano ogni giorno.
Collasso quattro mesi dopo proprio davanti ai loro occhi (e oggi lo fa anche davanti a quelli degli internauti che possono visionare lo storico filmato del crollo su YouTube, digitando il nome del ponte).
5. I "cavalca-fiumi” da record
Non sono semplici attraversamenti che mettono in collegamento le due sponde di un fiume.
Spesso i fiumi sono una sfida dell'uomo alla natura, testimoniata in opere che sono entrate persino nel Guinness dei primati.
Dal più lungo al più antico, passando da quello preferito da chi si toglie la vita, ecco alcuni ponti che sono ormai nella Storia.
- IL PIÙ ANTICO ANCORA IN USO
Il ponte di Kazarma è il più antico ad arco tuttora utilizzato. Di origine micenea (1300 - 1190 a.C.) si trova in Grecia sulla strada fra le antiche città di Tirinto ed Epidauro.
- IL PIÙ LUNGO DEI ROMANI
Il ponte fatto costruire dall'imperatore Costantino (274-337) sul fiume Danubio. Era lungo 2.437 metri.
- IL PRIMO IN METALLO
È l'Iron Bridge, completato nel 1779 (e inaugurato due anni dopo) sul fiume Severn in Inghilterra.
- IL PIÙ ANTICO IN LEGNO
Il Ponte della cappella (XIV secolo) è considerato il ponte coperto in legno più antico d’Europa. Si trova a Lucerna, in Svizzera.
- COL PIÙ ALTO TASSO DI SUICIDI
È il Golden Gate di San Francisco (alto 75 metri dal pelo dell'acqua). Secondo le stime da qui si sarebbero tolte la vita oltre 1.200 persone dal 1937.
- IL PIÙ LUNGO SOSPESO
È, dal 1998, il ponte Bridge sul fiume di Akashi-Kaiky (Giappone). È alto 282, 8 metri e lungo 3.911 metri. La campata principale misura 1.991 metri.
- IL PIÙ LUNGO PEDONALE
E' il Poughkeepsie Bridge sul fiume Hudson (New York) che misura 161 metri. In origine (1889) fu costruito per i treni.