Chi non ha rimpianti è una persona molto fortunata, un bambino piccolo o un sociopatico.
Le persone con un disagio mentale (e quelle malate di Parkinson), infatti, sono incapaci di provare rammarico, mentre i bambini sotto gli 8 anni non riescono a elaborare un’emozione così complessa: per rimpiangere un’azione, infatti, dobbiamo essere in grado di pensare di tornare indietro, fare una scelta diversa e poi immaginare percorsi alternativi per eventi già accaduti.
Ma l’impresa richiede, appunto, un certo grado di sviluppo.
Rammaricarsi per non aver fatto una scelta o per non aver colto un’opportunità è molto comune. Gli errori passati però servono, eccome…
1. AVREI POTUTO...
“Perché non ho scelto diversamente?”, si tormenta invece quella gran parte dell’umanità che conosce l’amarezza per non aver fatto o detto qualcosa.
Le azioni mancate, infatti, sono quelle che rimpiangiamo più a lungo, attesta uno studio apparso sul Journal of Personality and Social Psychology.
Al contrario, i rimorsi, cioè le cose che abbiamo fatto, pur sbagliate, ci fanno soffrire molto nel breve termine, ma con il tempo vengono dimenticate.
La passata inazione è molto più distruttiva: secondo uno studio pubblicato su Motivation and emotions nel 2008, il rimpianto è l’emozione più provata in assoluto (perlomeno tra quelle che richiedono un certo grado di riflessione).
Il che è un male non solo per la nostra tranquillità, ma anche dal punto di vista fisico: un continuo e acuto senso di pentimento può portare ad ansia, depressione, scarsa autostima, oltre che a sintomi fisici come tensione muscolare, disturbi del sonno, alterazioni dell’appetito, mal di testa, stress cronico.
Eppure, questo tipo di dolore dal punto di vista evoluzionistico un significato ce l’ha: perché facendoci sentire peggio oggi, il rimpianto ci aiuta ad adattarci e a fare meglio domani.
E così, se sappiamo guardare al passato nel modo giusto, intuendo che cosa si cela dietro quel pungente dispiacere, affiniamo le nostre valutazioni, riconosciamo responsabilità e ci concentriamo sulle cose che hanno più valore.
«I rimpianti agiscono come dei negativi fotografici, che per contrasto evidenziano i valori sottesi alle nostre azioni», sostiene l’americano Daniel Pink, divulgatore scientifico e autore di The Power of Regret: How Looking Back Is Moving Us Forward (il potere del rimpianto: come guardare indietro ci spinge in avanti).
«Perciò, quando le persone ti dicono cosa rimpiangono, allo stesso tempo ti rivelano ciò che apprezzano e che valori ritengono essenziali per vivere bene. Ecco perché il rammarico contiene sempre un insegnamento».
2. CARRIERA INSODDISFACENTE
Per capire cosa rimpiangiamo di più, nel 2020 Pink ha lanciato un sondaggio online, il World regret survey, e raccolto 19mila pareri da 105 Paesi.
Ne è emerso innanzitutto che tra i ventenni i rimorsi e i rimpianti si equivalgono numericamente.
Man mano che l’età avanza, invece, le persone patiscono molto di più per non aver fatto qualcosa che per aver fatto qualcosa.
«Probabilmente il motivo è che si pensa di potere correggere, almeno in parte, ciò che si è fatto», ragiona Pink. «Per le azioni mancate, invece, non c’è nulla da fare».
Un altro dato emerso è che le persone più istruite hanno più rimpianti circa la carriera rispetto a chi ha un’istruzione inferiore. Sembrerebbe un controsenso perché in genere chi ha un titolo di studio avanzato ha più opportunità degli altri.
Ma in realtà è proprio perché si hanno più chances che, in una società ipercompetitiva come la nostra, si rimpiangono di più le occasioni professionali perse.
Inoltre, una gran parte delle risposte arrivate al sondaggio esprime il dispiacere per essere rimasti in una relazione infelice (vale più per le donne che per gli uomini) o per non aver seguito le proprie inclinazioni, mentre i rimorsi morali, legati all’idea di non essersi comportati bene, rappresentano solo il 10% del totale.
«Ma per molti sono quelli che durano di più», dice Pink. «Molto rari sono invece i pentimenti per aver acquistato cose inutili, per quanto molti rimpiangano di non aver risparmiato abbastanza».
3. IL VALORE DEL NEGATIVO
Analizzando le migliaia di rimpianti, Pink ha individuato 4 macrocategorie: i rimpianti “di base”, che riguardano la sicurezza (come “se non avessi speso troppo, se mi fossi curato prima”); quelli legati all’audacia (tipo: “se avessi colto l’occasione, se avessi assecondato la mia passione”); i rimpianti di legame (“se non avessi litigato con mio fratello”) e quelli morali, come un furtarello o una slealtà in affari (i rimorsi).
Dietro ognuno di essi Pink sostiene che si intraveda un desiderio alla base del rammarico: rispettivamente, il bisogno di stabilità, la ricerca di sviluppo personale, il desiderio di amore, o l’esigenza di sentirsi persone oneste e perbene.
E sta qui la buona notizia: riconoscere quello che sta sotto i nostri rimpianti ci aiuta ad aggiustare il tiro in futuro. «Numerose ricerche dimostrano che ricordare gli smacchi migliora le nostre capacità strategiche e di negoziazione, approfondisce il significato che diamo alle nostre azioni», sostiene ancora lo studioso.
Perfino l’attenzione si alza: alcuni studenti cui era stato detto di aver fallito un test, alla prova successiva sono migliorati più di quelli cui era stato detto che l’avevano passato.
Per questo motivo, a dispetto della filosofia del nessun rimpianto o del pensiero positivo, che evita le emozioni dolorose, Pink invita tutti ad affrontare i pentimenti seguendo vari metodi (vedi decalogo qua sotto nel punto 5).
4. MAI DIRE “SE SOLO...” E PROIETTARSI NEL DOMANI
Uno dei trucchi più efficaci sta nel rileggere le nostre azioni alla luce non del “se solo” (avessi fatto una cosa) ma del “perlomeno”, per valutare se ci sia davvero qualcosa da rimpiangere.
Così, per esempio, il pentimento per aver rifiutato un lavoro lontano da casa diventa una consolazione: perlomeno ho passato del tempo con la mia famiglia.
In questo senso, è illuminante una serie di ricerche sugli atleti olimpici che dimostra come uno stesso fatto possa appunto essere letto in modi opposti.
Lo psicologo David Matsumoto della San Francisco State University ha esaminato, tramite immagini scattate a 8 fotogrammi al secondo, come cambiavano le espressioni facciali di 84 atleti di judo nell’apprendere l’esito della loro prestazione.
Indipendentemente dalla nazionalità degli atleti, i medagliati d’oro risultavano sempre ampiamente sorridenti. Lo stesso facevano i medagliati di bronzo, mentre i medagliati d’argento, che pure avrebbero dovuto essere più felici dei terzi classificati, sorridevano molto meno.
Questo perché i vincitori del bronzo avevano almeno conquistato il podio, mentre i secondi rimpiangevano la mancata vittoria. Nel 2020, William Hedgcock dell’Università del Minnesota e Andrea Luangrath e Raelyn Webster dell’Università dell’Iowa hanno sottoposto a Emotient, un software per computer che codifica automaticamente le espressioni facciali, le foto di 413 atleti di 142 sport, presenti in 5 diversi Giochi olimpici.
Identico il risultato: i medagliati di bronzo sorridevano molto più dei medagliati d’argento, ovvero «quelli che stavano oggettivamente meglio si sentivano comunque peggio», hanno osservato gli autori dello studio.
Pink suggerisce infine un trucco per evitare futuri rimpianti: immaginare l’impatto di una decisione tra 10 anni. Saremo ancora convinti che l’amico che ha scordato il nostro compleanno se ne freghi di noi o rimpiangeremo di aver rotto con lui per una dimenticanza?
Saremo contenti di aver passato le serate a fare bagordi o rimpiangeremo di non aver finito gli studi? E comunque, se anche dovessimo poi accorgerci di aver sbagliato e sentirci dei perfetti idioti, non siamo i soli: quasi tutte le 19mila persone che hanno scritto a Pink affermano di sentirsi così.
Quindi forse siamo meno speciali, ma anche meno peggio di quanto pensiamo. Quanto ai fortunati che non provano nessun tormento, probabilmente hanno un altro segreto: come riteneva lo scrittore olandese Godfried Bomans, “Molta gente deve la sua coscienza tranquilla alla memoria debole”.
5. IL DECALOGO ANTIRIMPIANTO
Ecco i 10 consigli elaborati da Daniel Pink per trasformare i rimpianti in insegnamenti.
- AFFRONTA IL PASSATO.
Non sopprimere le emozioni negative che ti fanno provare i rimpianti. Così facendo le trasformerai in insonnia, mal di stomaco, disturbi intestinali. Tanto vale provare a usarle per migliorare i tuoi comportamenti futuri.
- GUARDA AL RIMPIANTO COME A UN’OPPORTUNITÀ.
Capire cosa ti rimproveri ti consente di aggiustare il tiro, che sia cambiare un certo atteggiamento o prenderti più tempo prima di decidere qualcosa.
- SII INDULGENTE CON TE STESSO.
Di fronte a un errore ci dissociamo e una parte di noi strapazza l’altra. Invece di tormentarti o sminuirti per non aver agito in linea con le tue aspettative, riconosci che non sei perfetto.
- METTI PER ISCRITTO QUELLO CHE TI TORMENTA.
Usa la terza persona: le parole ti costringono ad analizzare gli episodi ponendo una distanza emotiva dai fatti e riducono il dolore. Cerca di capire il senso di ciò che è stato e come ti ha portato dove sei.
- CHIEDI SCUSA (ANCHE SENZA FARLO).
Anche se il passato è passato, chiediti se puoi fare qualcosa per sentirti meglio. Puoi scusarti con qualcuno? Fallo. Non sei stato fedele al coniuge? Magari taci. Ma puoi impegnarti per renderlo più felice che mai ora e in futuro.
- CONCENTRATI SOLTANTO SUI SINGOLI COMPORTAMENTI.
Non ingrandire una decisione sbagliata generalizzando il tuo giudizio su te stesso. Puoi aver fallito, ma non vuol dire che tu sia un fallimento.
- CONDIVIDI IL DOLORE.
Raccontare che sei pentito alleggerisce il peso dei rimpianti. Non essendo coinvolto, chi ascolta la confessione di un altro saprà indicare la lezione che se ne può trarre.
- CERCA IL LATO POSITIVO.
Ragiona pensando a che cosa hai guadagnato anziché a cosa non hai avuto. Qualcosa di positivo puoi sempre trovarlo.
- RIDIMENSIONA IL TUO POTERE.
È davvero tutta colpa tua? Potevi prevedere il crollo della Borsa o un incidente d’auto? Probabilmente no. Non hai finito l’università mentre lavoravi? Forse era impossibile. Prenditi solo le colpe che hai.
- DATTI UN CONSIGLIO.
Immagina che quello che rimpiangi ti venga raccontato da un amico. Che cosa gli consiglieresti di fare?