L’osservatorio di Jobpricing, società emiliana specializzata in indagini retributive, ha condotto uno studio per identificare i lavori più pagati in Italia.
Quelli meglio retribuiti si collocano nell’ambito delle vendite sia a livello dirigenziale (responsabili commerciali, con circa 57mila euro lordi annui) sia a livello impiegatizio (con circa 32mila euro lordi annui). Le professioni intellettuali e tecniche si posizionano molto più in basso.
Quello del venditore è dunque un lavoro molto richiesto dalle aziende di oggi in quanto fondamentale per garantirne il successo commerciale.
Nel dopoguerra i clienti che avevano bisogno di un prodotto non avevano tanta scelta. Oggi invece le persone hanno accesso con un click a una marea di possibilità d’acquisto.
In un contesto ipercompetitivo come quello attuale, quindi, avere buone doti persuasive è una capacità pagata a peso d’oro.
Cogliere i bisogni del cliente e guidarlo all’acquisto senza forzarlo, puntando a soddisfare le sue esigenze: questo deve saper fare chi lavora nel settore delle vendite. Ecco i segreti del buon venditore…
1. Forti pregiudizi e talento innato
- Forti pregiudizi
Eppure, come spiega l’esperto di formazione manageriale Lorenzo Cavalieri nel suo Vendere mi piace (Vallardi Editore), esistono ancora pregiudizi negativi attorno a questa professione.
Quando ai neolaureati Cavalieri suggerisce di dedicarsi alla vendita, riceve spesso questa risposta: «No, di vendere non se ne parla: con le vendite si imbroglia la gente».
È ancora fortissimo, infatti, il pregiudizio secondo cui chi fa questo lavoro è un disonesto manipolatore. Si confonde persuasione con manipolazione.
Persuasione è usare strumenti leciti per convincere una persona a mettere in atto liberamente un comportamento. Manipolazione, invece, è andare contro la volontà dell’altro ed è un reato.
Questa cattiva fama deriverebbe anche da una vecchia concezione di vendita, attualmente superata: «Oggi nelle aziende il venditore è un raffinato consulente capace di sintonizzarsi con i bisogni reali del potenziale acquirente, non un semplice piazzista», dice Cavalieri.
- Non si tratta di talento innato
C’è un altro pregiudizio duro a morire: quello secondo cui il venditore è dotato di un talento persuasivo innato.
Chi non ha questa dote, si crede, non potrà mai vendere con successo. Le predisposizioni innate hanno un ruolo molto limitato: si può benissimo imparare a vendere.
Sicuramente contano le esperienze di vita: chi per esempio ha svolto, anche al di fuori del lavoro, attività che richiedono persuasione sviluppa una marcia in più.
Succede, per esempio, con quanti, da giovani, hanno fatto attività di raccolta fondi in associazioni di volontariato. Certamente, però, quel che fa la differenza è la passione.
La soddisfazione che un venditore prova nello svolgimento della sua professione è fondamentale.
2. Usare le emozioni e l’intelligenza emotiva
- Imparare a usare le emozioni
Contano insomma doti di personalità: vendere non vuol dire applicare semplici tecniche, come molti manuali dedicati a questo tema sembrano consigliare.
È invece fondamentale instaurare relazioni positive e saper cogliere con precisione le aspettative degli altri.
Tutto ciò dà infatti un’immagine di noi di gradevolezza necessaria a ispirare fiducia. Quando compriamo, infatti, ci lasciamo andare alle emozioni: lo ha spiegato Antonio Damasio, neuroscienziato della University of Southern California (USA) nei suoi studi su emozione e ragione.
Le emozioni, ha chiarito, sono parte integrante di ogni processo decisionale. In tutto questo contano moltissimo il linguaggio del corpo, la postura e la prossemica.
Quando i segnali verbali e non verbali suscitano nell’acquirente un’esperienza multisensoriale gradevole, la probabilità di influenzarlo aumenta.
- Serve l’intelligenza emotiva
Alla base di tutto, in altre parole, c’è l’intelligenza emotiva. Descritta per la prima volta da Peter Salovey e John D. Mayer delle Università di Yale e New Hampshire (USA) nel 1990 su Imagination, cognition and personality, è definita così l’abilità di riconoscere e gestire in modo consapevole le emozioni nostre e dell’interlocutore.
A questa conclusione è giunto anche uno dei massimi esperti di psicologia della vendita, l’americano Robert Cialdini.
«Un tempo», ha spiegato in un’intervista, «pensavo che i migliori venditori passassero molto del loro tempo a preparare le presentazioni dei prodotti, invece non era così: come dei giardinieri avevano capito che l’importante non era la qualità dei semi, ma quella del terreno».
Prepararsi a vendere vuol dire infatti predisporre il terreno su cui si svilupperà il rapporto: «Il venditore non deve persuadere a comprare un prodotto ma fare in modo che sia l’acquirente a volerlo».
Per fare questo occorre tranquillità: «Il primo nemico della vendita è l’ansia: quella del venditore che deve vendere a tutti i costi e quella dell’acquirente che si sente forzato».
Solo senza ansia si può instaurare fiducia reciproca, alla base di un rapporto fatto di umanità e competenza che può portare al successo commerciale.
3. Quattro tecniche per vendere bene
Vendere significa suscitare fiducia. Ma allora le tecniche insegnate da corsi e manuali non servono a nulla?
No, possono essere efficaci e la letteratura scientifica è riccha di studi che lo dimostrano.
Ma vanno sempre usate nel contesto di una relazione positiva tra venditore e acquirente.
- Sparare alto
Una tecnica efficace è quella di avanzare una proposta costosa: proporre un “kit” di prodotti a un prezzo decisamente alto. Il cliente di solito rifiuta.
A quel punto il venditore ribatte con una proposta più contenuta: un solo prodotto, a un prezzo ragionevole. Operando un confronto tra le due offerte, l’acquirente potrebbe percepire la seconda come conveniente e optare per quella.
- Cambio di programma
È una tecnica utilizzata dai venditori di servizi, come gli abbonamenti a servizi telefonici: si presenta un’offerta irrinunciabile al cliente, che accetta.
Al momento di stipulare il contratto c’è però l’imprevisto: quell’offerta non è più disponibile. Il venditore allora suggerisce un’alternativa, meno conveniente. Il compratore, che si immaginava già di uscire dal negozio con il servizio attivo, non riesce a dire no all’altra offerta.
- L’occasione unica
Tecnica usatissima nel marketing: si fa credere che l’offerta sia a tempo e che, guarda caso, stia scadendo. Oppure si propone un prodotto, ma il venditore dice che sarà in zona pochi giorni: prendere o lasciare. In molti accettano.
- Non puoi dirmi di no
Non siamo in grado, generalmente, di dire di no a chi ci ha fatto un favore: è questo meccanismo che ci porta ad acquistare un formaggio dal negoziante che ce ne ha fatto “provare” un pezzo.
4. Le sei doti del bravo venditore
Secondo gli psicologi sociali sono 6 le caratteristiche psicologiche di un buon venditore.
- Passione
Il bravo venditore deve essere appassionato del suo lavoro ma anche del prodotto che vende. Non solo deve conoscerlo bene, ma deve apprezzarlo e credere nella sua utilità. Solo così sarà credibile.
- Resilienza
Saper vendere vuol dire non scoraggiarsi quando si prendono “porte in faccia” che scoraggiano. Esporsi al rifiuto del compratore è necessario anche se può essere psicologicamente pesante.
- Presenza
Un venditore comunica fiducia anche con il proprio corpo: voce, postura, gesti e molto altro. Deve “farsi sentire” dagli altri: presente e concentrato, deve sapersi esprimere bene anche linguisticamente.
Un consiglio può essere quello di imitare i gesti dell’acquirente: si tende infatti a dare fiducia a chi viene percepito come proprio simile.
- Ascolto
La prima regola per vendere è quella di ascoltare l’acquirente: non c’è errore più grave che sovrastarlo con le proprie parole. Lo stereotipo vuole che il venditore sia estroverso, chiacchierone e simpatico.
Ma non è così: l’estroverso tende a parlare molto e ascoltare poco. Meglio gli introversi, che tendono a porsi in ascolto: ciò trasmette fiducia all’acquirente. Anche perché il venditore “chiacchierone” può a volte essere percepito come un imbroglione.
- Obiettivi
Il bravo venditore è rigoroso verso se stesso e si pone obiettivi da raggiungere con determinazione e coraggio: solo con questo approccio, che si impara già da giovani in famiglia o a scuola, si può portare a termine positivamente il maggior numero di transazioni.
- Empatia
Entrare in relazione con l’altro è assai importante, ma senza apparire invadente. Occorre sapersi porre sulla giusta lunghezza d’onda.
5. “Cacciatori” e “agricoltori”: le due categorie di venditori aziendali
Quando un responsabile commerciale di un’azienda vende prodotti e servizi a un’altra azienda (e non a un privato cittadino), si parla di vendita B2B (business to business, ovvero da azienda ad azienda).
Qui le dinamiche sono particolarmente complesse e investono varie figure.
Come spiegano gli esperti di formazione manageriale, «secondo gli esperti di marketing, i venditori B2B ricadono in due tipologie: gli hunter (“cacciatori”) e i farmer (“agricoltori”).
Nelle aziende italiane è oggi più facile trovare farmer, ma per il successo aziendale occorrono entrambe le tipologie».
- Hunter
Sono i venditori attivi nel procacciarsi nuovi contatti commerciali: visitano spesso i potenziali clienti, li incontrano anche in contesti informali, sono sempre al telefono.
Estroversi e pieni di energia, parlano molto. Sono resilienti e capaci di accettare i rifiuti. Trovano la maggiore soddisfazione nello sviluppare il loro business.
- Farmer
Sanno “tenersi buoni” i clienti già presi: li seguono, sono attenti a gestire l’assistenza post-vendita e li stimolano a continuare ad acquistare da loro.
Sono introversi e bravi ascoltatori. Rispetto agli hunter sono meno capaci di accettare le porte in faccia. La loro soddisfazione deriva dal mantenere buoni rapporti con i clienti.