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I segreti della chiaroveggenza: viaggio tra gli esperimenti della CIA e del KGB.

È possibile vedere un luogo sconosciuto distante migliaia di chilometri solo grazie a percezioni extrasensoriali? Quali sono i reali poteri della nostra mente?

Nel secolo scorso negli Stati Uniti e in Unione Sovietica, in piena Guerra fredda, si è realizzata una serie di esperimenti segreti portati avanti dalla Cia e dal Kgb.

Hanno speso somme enormi per indagare su questi fenomeni alla ricerca di nuove armi letali con risultati davvero sorprendenti. Accedere ad aree off limits, visionare documenti top secret. Il tutto senza muover un solo uomo.

Sembra il sogno dell’agente segreto perfetto. Ma secondo alcuni questo si potrebbe realizzare attraverso una particolare facoltà della nostra mente: la visione a distanza.

Incredibili esperimenti segreti sulle potenzialità nascoste della nostra mente. Un’indagine in campi inesplorati della psiche umana.

 

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1. Nome in codice: remote viewing

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1949. L’Unione Sovietica fa esplodere la sua prima bomba atomica.

Da quel momento, l’allora indiscussa supremazia militare degli Stati Uniti viene meno. È l’inizio della Guerra fredda.

Per circa un trentennio le due superpotenze ingaggiano una vertiginosa corsa al riarmo per garantirsi il primato politico e militare sull’intero pianeta.

La ricerca tecnologica spinta all’inverosimile oltrepassa ben presto i confini dell’industria bellica, per dirigersi in campi sino ad allora inesplorati come quello della psiche umana e dei suoi misteriosi poteri.

I risultati ottenuti sono sorprendenti e il loro impiego nello spionaggio dà vita a enigmatiche figure, a cavallo tra scienza e fantascienza: le psicospie.

Il termine remote viewing, che letteralmente vuol dire “visione a distanza”, è coniato per la prima volta nel 1971 dal celebre artista newyorchese Ingo Swann, per definire un particolare stato di percezione extrasensoriale.

In tale stato è possibile che un soggetto sia in grado di ricevere informazioni anche particolareggiate su oggetti, luoghi o persone che si trovano distanti nello spazio o addirittura nel tempo.

La visione a distanza è una delle potenziali caratteristiche dell’essere umano. Permette di avere notizie e informazioni oltre i sensi normali. Quindi significa avere dati oltre i limiti di spazio e tempo, del passato e del possibile futuro.

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La sessione di remote viewing può avvenire in diverse maniere, ma tutte devono seguire un protocollo precisissimo e ben collaudato. Quello più consolidato consiste nel formulare differenti obiettivi e sceglierne uno in maniera rigorosamente casuale.

Gli indizi relativi all’obiettivo selezionato, che possono essere coordinate geografiche, foto o addirittura semplici indirizzi, vengono posti in buste sigillate, aperte solo al termine della sessione stessa.

Il sensitivo deve connettersi mentalmente con gli indizi a disposizione e quindi usare la visualizzazione a distanza per reperire le informazioni volute. Il primo requisito necessario è la completa ignoranza dell’obiettivo.

Sia il remote viewer che il facilitatore, colui che pone le domande, non devono assolutamente sapere cosa stanno cercando. Non si può correre il rischio che qualsiasi elemento guidante, conscio o inconscio, possa in qualche maniera alterare la percezione del sensitivo.

Un gesto delle mani, un particolare tono della voce e o persino l’alzata di un sopracciglio possono essere sufficienti a deviare il buon esito della sessione. Il sensitivo, posto generalmente in una camera senza finestre, deve porsi in uno stato di concentrazione mentale volto alla ricezione d’informazioni.

Queste, percepite sotto forma di immagini, forme, odori, parole, sensazioni e impressioni varie, devono essere accuratamente trascritte in modo da avere dati sufficienti perché, una volta finita la sessione, si possa trarne un significato coerente con l’obiettivo.

Molte informazioni possono infatti arrivare spezzettate, in maniera caotica o non sequenziale. E spesso accade che il sensitivo ricordi solamente una sensazione fisica di tutto quello che ha percepito.

Nella foto sotto (e quella in alto a sinistra), Joseph McMoneagle, una delle prime psicospie del progetto Star gate e probabilmente la più dotata.

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2. Reclutamento segreto

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Il remote viewer, come viene chiamato colui che impiega questa tecnica particolare, dopo essere entrato in uno stato di concentrazione molto vicino alla meditazione, è capace di recepire dati inerenti un obiettivo definito col nome di target, sottoforma più o meno intensa di immagini, sensazioni auditive, tattili e persino olfattive.

Ma davvero tutto ciò possibile? Sembra proprio di sì, visto che tra il 1969 e il 1971, i servizi segreti americani scoprono che l’Unione Sovietica ha investito una notevole quantità di denaro per un programma molto particolare basato sulla ricerca di possibili applicazioni dei fenomeni psichici.

Gli americani, da sempre abbastanza scettici in merito, arrivano a credere che i sovietici, grazie ai poteri della psiche, possano accedere a documenti top secret, visualizzare la posizione di truppe aeree e navali e addirittura leggere la mente delle più alte cariche militari americane.

Tutto questo potrebbe dare un nuovo decisivo vantaggio ai russi nel campo dello spionaggio e costituire uno smacco internazionale pari a quello del lancio dello Sputnik, che aveva dato ai sovietici il primato nella corsa allo spazio.

Per questo il governo americano avvia un proprio programma di spionaggio psichico basato sulla visione a distanza.

Dal 1972 al 1978 il pentagono incarica Russell Targ e Harold Puthoff (nella foto sotto) di portare avanti una serie di esperimenti presso lo Stanford Research Institute in California, mettendo principalmente in opera il talento extrasensoriale di Ingo Swann (nella foto in alto a sinistra).

Inizia così un reclutamento segreto tra il personale impiegato nei corpi militari che abbia dimostrato un alto potere psichico. I soggetti devono possedere non solo una forte capacità artistica, ma aver vissuto anche particolari esperienze, quali quelle di premorte o di uscita dal corpo.

Il governo investe così ingenti somme nel progetto denominato Star gate. “Originariamente chiamato Grill flame, il progetto iniziò nel 1978” scrive Joseph McMoneagle nel libro The Ultimate Time Machine.

“Nacque sulla base dei risultati degli esperimenti condotti dal 1972 al 1975 sotto gli auspici della Cia e di altre agenzie. Fu quindi fatta una proposta da parte dell’Intelligence degli Stati Uniti per reclutare, addestrare e utilizzare chi aveva poteri psichici. Io fui uno dei primi sei viewer selezionati. Ero conosciuto come Remote viewer 001”.

 

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3. Alcuni risultati sorprendenti

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In circa vent’anni di attività il progetto Star gate affronta più di 12mila casi. Di solito si cerca di individuare un sito di particolare interesse o il luogo dove è tenuto prigioniero un ostaggio.

Nel 1974, ad esempio, Pat Price riesce a visualizzare la base russa di Semipalatinsk in Kazakistan, dove i sovietici stavano effettuando test nucleari sotterranei.

Col solo apporto delle coordinate geografiche il remote viewer descrive con estrema precisione sia la struttura del campo sia la forma di una particolare gru utilizzata in quel posto.

Nel 1979 Joseph McMoneagle prevede che un sommergibile di classe typhoon, la tipologia più grande del mondo, sarà varato dai sovietici entro cento giorni e che avrà una capacità bellica di ben 18 o 20 missili. Sul suo libro The Ultimate Time Machine, lo sesso McMoneagle scrive:
“Nel 1979 fornimmo informazioni su di un edificio nel nord dell’Unione Sovietica dove, ne eravamo certi, i sovietici stavano costruendo una nuova classe di sommergibili. Come risultato furono successivamente reperite alcune fotografie del typhoon, una classe di sommergibili mai vista prima. Questo validò le nostre indicazioni e le informazioni ottenute tramite remote viewing furono da allora considerate corrette”.

In effetti, dopo 120 giorni dalla sessione, vengono avvistati due sommergibili di quel tipo aventi in dotazione un armamento di 20 e 24 missili. Nella foto sotto, sommergibile russo di classe typhoon. Nel 1979 Joseph McMoneagle ne prevede il varo e la capacità bellica in termini di missili.

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Nel 1982 sempre McMoneagle descrive minuziosamente la stanza in cui l’allora comandante della Nato, il generale americano James Lee Dozier (nella foto in alto a sinistra), era tenuto in ostaggio dalle brigate rosse italiane.

E nel 1987 il viewer riesce a disegnare fedelmente la veduta aerea dei laboratori Lawrence Livermore, distanti migliaia di chilometri dal luogo dell’esperimento. Allo stesso modo è visualizzata correttamente una centrale eolica di cui viene perfino descritto il movimento della corrente elettrica.

Ci sono altri casi in cui la visione a distanza dà importanti risultati, come il ritrovamento dei resti di un bombardiere sovietico Tu-95 precipitato in Africa, la perfetta descrizione del fallito esperimento nucleare cinese a Lop Nor del 1979, le indicazioni sulla localizzazione del colonnello libico Gheddafi per il bombardamento del 1986 e così via.

Le sessioni sono particolarmente intense e a volte durano ben più di un’ora. La visione a distanza è il modo più economico per cercare informazioni e talvolta, vista l’esiguità delle risorse a disposizione, è anche l’unico.

Ci sono documenti ufficiali che raccontano sia la precisione di questo sistema sia quante volte è stato utilizzato. Ma nonostante i numerosi successi ottenuti, nel 1995 l’American Institutes for Research viene incaricato di stilare un rapporto sull’utilità dei progetti sponsorizzati dalla Cia che si basavano sull’utilizzo di attività paranormali.

Nel rapporto, costituito principalmente sui dati del programma Star gate, emerge che il fenomeno del remote viewing, sebbene statisticamente accettabile, fornisce un valore solo del 15 per cento in più, rispetto al valore casuale.

Il giudizio finale conclude che il programma non è in grado di produrre risultati significativamente utili per il governo americano e che quindi deve essere chiuso.

Nella foto sotto, la base russa di Semipalatinsk in Kazakistan, dove Pat Price, nel 1974, riesce a visualizzare i sovietici che stavano effettuando test nucleari sotterranei.

4. Documenti top secret ed Esperimento 46

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Tutto finito, dunque. Ma c’è qualcosa che non torna. Molti casi non sono stati presi in considerazione, alcuni dicono la maggioranza, perché sono tutt’oggi top secret.

E dovremmo anche considerare che questa metodica è stata utilizzata per oltre vent’anni da differenti commissioni. Insomma la Cia aveva un forte interesse riguardo questo sistema di indagine.

È possibile allora che la verità sia ancora in quei documenti top secret e che quindi ci sia ancora qualcosa da capire e scoprire riguardo questa particolare metodica?

Di sicuro, nel 1983 Joseph McMoneagle, il più dotato dei remote viewers, è il protagonista di una sessione molto particolare, il cui obiettivo viene appositamente definito da un membro della Nasa.

Le coordinate dell’obiettivo sono poste in una busta sigillata al di fuori della camera di visualizzazione. L’uomo inizia a visualizzare una piramide e, anche se gli sembra anomala, continua la descrizione pensando che fosse relativa a una nuova scoperta archeologica in Egitto.

Alcuni elementi, però, lo disorientano. Le dimensioni percepite sono quelle di una piramide la cui altezza supera il chilometro e mezzo e nel suo interno vi sono corridoi e stanze non riconducibili a strutture note.

Ecco la conversazione tra il capitano Frederick Holmes (nella foto in alto a sinistra) e Joseph McMoneagle, durante la sessione di remote viewing:
Holmes: Utilizzando le informazioni contenute nella busta concentrati sulle coordinate 40.89 gradi nord, 9.55 gradi ovest
McMoneagle: Vedo qualcosa che sembra... no aspetta, assomiglia... ah ecco, una piramide. Ha una forma piramidale. È molto alta. Sembra essere posizionata su una vasta area depressa. L’impressione è come se avessi disturbi sulla linea. È come un’interruzione continua. Pezzi molto frammentati.
Holmes: Limitati a riportare i semplici dati
McMoneagle: Continuo a vedere persone molto grandi. Appaiono molto magri ma sono molto grandi. Indossano una sorta di strani abiti.

Solo al termine della visualizzazione verrebbe detto a McMoneagle che quelle coordinate non sono terrestri ma addirittura marziane. E andando avanti con la visione il remote viewer avrebbe anche raccontato che la costruzione era opera di umanoidi vissuti milioni di anni fa e oggi estinti.

La visione marziana non è l’unico tentativo di remote viewing con l’obiettivo di andare oltre l’atmosfera terrestre. Il 27 aprile 1973 si vogliono verificare i limiti di distanza spaziale entro cui questa particolare metodica sarebbe in grado di operare.

Documenti ufficiali parlano di una prova sorprendente chiamata Esperimento 46 che ha la grande ambizione di reperire dati sulla conformazione fisica del pianeta Giove in anticipo rispetto a due sonde spaziali il cui lancio avverrà a distanza di pochi mesi. P

er questo fine sono impiegati due eccellenti sensitivi, Ingo Swann e Harold Sherman che, da due posizioni distanti più di tremila chilometri tra loro, avrebbero dovuto raggiungere mentalmente il lontano pianeta. Il rapporto è sbalorditivo e parla, tra l’altro, della presenza di anelli attorno a Giove, cosa impensata per l’epoca.

Le successive missioni del Pioneer 10 e 11, tra il ’73 e il ’74, e quella della sonda Voyager del ’79, non solo confermeranno la presenza degli anelli ma anche molti elementi percepiti dai due remote viewers, quali le dimensioni della superficie, le tempeste di vento, la conformazione e il colore delle nubi. Ma anche altri importanti particolari che lasciano poco spazio ai dubbi sulla buona riuscita dell’esperimento.

Nella foto sotto, visualizzati a distanza da McMoneagle durante alcune sessioni di visione a distanza. La veduta aerea dei laboratori Lawrence Livermore (1) e una centrale eolica (2).

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5. Viaggi nel tempo e siamo tutti connessi...

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L’esempio degli anelli di Giove ci pone di fronte a grandi interrogativi. Dovremmo rivedere la nostra concezione classica di spazio?

La fisica quantistica ha già da tempo messo in evidenza come le particelle elementari possano interagire a distanze interspaziali infinite.

I risultati ottenuti dal remote viewing potrebbero esserne un riflesso? È possibile dunque che, oltre la distanza spaziale, anche quella temporale possa essere differente da come la percepiamo?

Addirittura da permettere i viaggi nel tempo? Nel 1980 si tenta di dare una risposta a quest’ultima domanda. McMoneagle viene sottoposto a una sessione che ha l’obiettivo di indagare su uno dei più grandi misteri dell’antichità: come sono state costruite le piramidi egizie (foto sotto).

Durante la visualizzazione viene descritto uno scenario sorprendente: un lago estremamente calmo in cui alcune imbarcazioni depositano, tramite una specie di gru, grossi blocchi di pietra al centro del lago stesso.

Il bacino, circondato da un’abbondante vegetazione tropicale, a sud è alimentato da un fiume, mentre nella parte nord, la presenza di una diga fa sì che ne sia regolata la capienza.

L’acqua è appositamente mantenuta a un livello tale da coprire esattamente l’altezza dei blocchi depositati, in modo da costituire un preciso riferimento orizzontale per la costruzione.

Alcuni uomini con particolari utensili allineano alla superficie lacustre la parte superiore dei grossi blocchi, già finemente squadrati sugli altri lati. Con questo procedimento l’acqua rende più malleabile la pietra e più semplice il lavoro con gli attrezzi e le seghe.

“La mia impressione – scrive McMoneagle, nel libro The Ultimate Time Machine – fu che tutto ciò a cui avevo assistito era stata opera di una civiltà che scomparve assai prima della storia da noi ufficialmente conosciuta. Questa gente era probabilmente vissuta in un periodo risalente a 15 o 20mila anni fa”.

Incredibilmente alcuni anni dopo in qualche modo questa visualizzazione viene confermata. L’analisi del contenuto molecolare prelevato tra i blocchi dei primi tre livelli della Grande piramide indica, infatti, che la struttura ha subito una lunga esposizione all’acqua.

Negli anni, sedute dai risultati eclatanti si sono alternate con fiaschi clamorosi, come quello che aveva previsto la morte di papa Wojtyla nel 1999 con la successione subito dopo di un papa italiano che avrebbe preso il nome di Pio XIII. Naturalmente questo non si è verificato, la storia ce lo racconta chiaramente.

Allora che attendibilità può avere questo tipo di previsione. Secondo quanto è riportato nel libro di McMoneagle “statisticamente, in più di 18 anni di attività, se si tiene conto anche delle fasi di ricerca, ho avuto una precisione nell’individuazione del target di circa il 53 per cento. È quando ho centrato il target, di solito ho sempre visualizzato dal 60 all’85 per cento di informazioni corrette”.

I risultati raggiunti con il remote viewing sembrano realmente sorprendenti. Poniamo che tutto questo sia vero. Ci vengono in mente due domande: qual è il meccanismo alla base di tutto questo e quali prospettive può avere la mente umana.

Secondo alcuni remote viewers, l’uomo, sotto specifiche condizioni, avrebbe la possibilità di connettersi mentalmente a un campo informativo globale. Una volta raggiunte le informazioni desiderate, esse verrebbero tradotte dal nostro cervello in immagini visive, proprio come un computer traduce in immagine sul monitor i dati prelevati da internet.

Allo stato attuale non sono affatto noti i meccanismi che regolano i principi di questo fenomeno. Sappiamo poco. Sappiamo solamente che il suo funzionamento è statisticamente verificabile. Un settore dalle implicazioni realmente incredibili o spaventose a seconda di chi le gestisce.

Nella foto sotto, anelli di Giove. Osservati per la prima volta nel 1979 dalla sonda Voyager 1, erano stati percepiti cinque anni prima in una sessione di remote viewing.

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