Il 2020 passerà alla storia come uno degli anni più negativi di sempre con conseguenze drammatiche sul fatturato di migliaia di aziende, messe in ginocchio dalla pandemia.
Ma in fondo al tunnel c’è un’opportunità di rinascita: i social media.
Secondo l’ultimo Report annuale sui trend globali dei Social Media per il 2021 di Hootsuite, piattaforma specializzata, l’utilizzo dei social media è cresciuto del 12 per cento: oltre 4 miliardi di persone usano Facebook, Instagram, Twitter e altri canali social (35 milioni in Italia), mentre sono 450mila i nuovi utenti solo negli ultimi 12 mesi, molti dei quali ultra sessantenni.
Un bacino gigantesco che fa gola a molti, ma che pochi sanno “afferrare”. A farcela, dicono gli analisti, saranno le aziende che sapranno stringere rapporti autentici con i loro clienti.
Ma di cosa hanno bisogno? Di un abile social media manager, un professionista del marketing digitale capace di gestire i canali social di piccole e grandi imprese.
1. Metterci la faccia
Con la giusta strategia, anche un piccolo negozio può diventare grande sui social network. Ma non basta affidarsi alle agenzie: bisogna metterci la faccia, come faceva Giovanni Rana con i tortellini.
Sui social c’è spazio per tutti: abbiamo l’esempio di calzolai che sono riusciti a catturare l’interesse generale parlando con passione delle scarpe, gommisti che hanno creato una community raccontando le curiosità sugli pneumatici, estetiste che sono diventate star spiegando come si tolgono i punti neri. Il segreto è raccontare il brand, i suoi prodotti e chi ci lavora facendo sembrare l’azienda la più autentica possibile.
Il linguaggio dei social media è completamente diverso da quello della pubblicità tradizionale. La comunicazione è stata sostituita dalla relazione. Mentre prima il pubblicitario lanciava emozioni dal piedistallo, oggi le aziende scambiano emozioni con le persone. Il linguaggio è diretto, molto più intimo, al punto che le storie di Instagram possono diventare dei piccoli reality.
Insomma, i brand devono “umanizzarsi”, diventare persone. Se la pubblicità in televisione ti faceva sognare, oggi si cerca una relazione autentica. Siamo passati dallo storytelling (ti racconto una storia) allo storydoing (ti mostro quello che faccio). I brand collaborano con gli utenti per creare qualcosa di significativo insieme. Si mostrano per quello che sono attraverso i fatti.
Rivelano sui social in tempo reale quello che prima era dietro le quinte. Nel marketing tradizionale al centro della strategia c’era il prodotto, nel “marketing relazionale” è il consumatore a farla da padrone: il focus quindi è rivolto ai suoi desideri, alle sue emozioni e alle sue aspirazioni.
L’attore testimonial è stato sostituito dalle recensioni degli utenti, che sembrano più reali e dunque più affidabili. Non a caso, sui profili social di alcune catene di ristorazione funzionano meglio le foto amatoriali delle pietanze rispetto a quelle fatte dal fotografo perché la gente vuole vedere le cose esattamente come stanno.
2. Regalare esperienze, trasparenza, empatia e impegno sociale
Le persone sui social media non cercano prodotti, ma contenuti: una bella storia, delle emozioni e del divertimento: «Vogliono essere intrattenuti perché poi, magari, vogliono commentare e condividere questi post e video», aggiunge il fondatore di KiRweb.
«Ecco perché la maggior parte di questi contenuti non sono solo pubblicitari, ma spettacolo, intrattenimento e informazione, proprio come i programmi alla radio e alla televisione.
Altrimenti le persone smettono di seguire. Se un brand riesce a creare un palinsesto interessante, con programmi diversificati, rubriche e contenuti spettacolari, i suoi utenti accetteranno di buon grado anche le sue pubblicità. Il cliente deve sentirsi parte di una community e per questo è utile coinvolgerlo in iniziative interessanti come concorsi a premi, eventi di rilevanza sociale e raccolte fondi.
Il social media manager non fa pubblicità, ma spettacolo. Non vuole solo vendere un prodotto, ma regalare esperienze».
Per riuscire e creare una community sui social, il brand deve dunque essere trasparente, empatico e creativo. Deve cioè mostrare qualità e debolezze, senza maschere, perché nessuno è perfetto, neanche un brand. Il classico esempio viene da quelle aziende attente all’ambiente che informano il loro pubblico sull’impatto sociale e ambientale esercitato dai cicli di produzione e distribuzione dei loro prodotti, rendendo noti tanto gli aspetti positivi quanto quelli negativi.
Questi brand hanno avuto un sostanziale aumento delle vendite e della fidelizzazione della clientela e oggi sono soggetti attivi e trasparenti che cercano insieme agli utenti una soluzione all’inquinamento. È importante coinvolgere i clienti, ma anche i dipendenti, per creare un sistema valoriale comune che sposi cause rilevanti per la comunità. Prima di fatturare, insomma, bisogna sapersi comportare.
Nel 2021 le imprese dovranno dimostrare di avere a cuore la società. Tra le ricadute economiche ed emotive del COVID, le proteste contro razzismo e i cambiamenti climatici, le aziende sono invitate a schierarsi.
Sono sempre di più quelle che si stanno assumendo responsabilità, anche perché conviene farlo: oggi i giovani, secondo l’ultima indagine della società di consulenza Deloitte, sono più propensi a comprare prodotti e servizi da aziende che si sono prese cura dei loro dipendenti e che hanno influenzato positivamente la società durante la pandemia.
Lapidario, a questo proposito, è Michael MCGoey, Senior Manager Enterprise Partnership di Twitter, che afferma: «La voce del consumatore si sta esprimendo in modo diverso da qualsiasi altro momento della storia; è più forte di quanto non lo sia mai stata. I brand che sono in grado di ascoltare, e di plasmare i loro messaggi in un modo che questa narrazione sia autentica, sopravviveranno e cresceranno. Quelli che non sono sensibili ai tempi in cui ci troviamo semplicemente non manterranno i propri clienti».
3. Dove e quando postare. Non solo Instagram: le piattaforme su cui puntare
Passiamo a qualche consiglio pratico. Bisogna essere presenti su tutte le piattaforme social? Assolutamente no. Non è una buona idea aprire tutti social, sarebbe troppo dispersivo.
Ogni piattaforma ha sue peculiarità e richiede delle strategie particolari: non possiamo fare copia e incolla dei post da un social all’altro: bisogna capire quello che fa al caso nostro.
Per quanto riguarda la frequenza di pubblicazione, possiamo postare un contenuto al giorno, uno ogni due giorni o alla settimana, l’importante è essere costanti. Le storie, invece, dovrebbero essere giornaliere perché bisogna attivare un rapporto con l’utente a cui raccontiamo tutto quello che ci riguarda.
Teniamo conto che la prima impressione è quella che conta: abbiamo due o tre secondi iniziali per catturare l’attenzione dell’utente e convincerlo a rimanere. Il 60 per cento delle aziende nel 2021 ha intenzione di aumentare il budget per la comunicazione su Instagram e quasi la metà lo farà su Facebook, YouTube e LinkedIn.
Lo afferma il Report annuale sui trend globali dei Social Media per il 2021 di Hootsuite. Instagram, in particolare, è il social che ha guadagnato il maggior numero di nuovi utenti tra luglio e settembre 2020, ancora più di Facebook.
La copertura pubblicitaria del social delle foto è infatti cresciuta del 7,1 per cento nell’ultimo trimestre, più di tre volte quella di Facebook, al 2,2 per cento. TikTok, invece, nonostante il clamore suscitato, non convince ancora gli investitori che preferiscono social più familiari.
Gli operatori di marketing che non investono in pubblicità a pagamento ritengono che i canali social più efficaci siano Twitter e Pinterest. Quest’ultimo, in particolare, ha aggiunto nuovi strumenti pubblicitari basati sul ROI (indice di ritorno sugli investimenti) e una scheda “Oggi” per mantenere gli utenti coinvolti.
Curiosità: Da un’agenzia funebre è nato un franchising! Da 200 a oltre 88mila follower: sono i numeri Instagram di Taffo, l’agenzia funebre romana che grazie a una comunicazione coraggiosa è diventata un franchising.
Copy persuasivi e ironici e scelte irriverenti sono alla base di un obiettivo che sembrava impossibile: vendere al meglio servizi funebri. Tra le iniziative di Taffo ci sono la raccolta fondi per l’ospedale Spallanzani di Roma al motto “Seppelliamo il Coronavirus”, la partecipazione provocatoria alla marcia dei No-Mask con il cartello “Business is business” e la critica ai piromani quest’estate (Se ti piace bruciare, vieni qui che ti cremiamo noi). E poi canzoncine sulla morte e altre trovate che giocano con il tabù.
4. Marketing in tempo reale
Una svolta nel mondo della pubblicità sui social è il Real time marketing (RTM), ovvero la possibilità di fare marketing in tempo reale postando dei contenuti che riguardano le notizie del momento, capaci di generare un enorme flusso di interesse.
Parliamo di notizie che sono sulla bocca di tutti. Possiamo sfruttare il Real time marketing per comunicare al pubblico come la pensa il brand su determinati argomenti, inserendo magari il nostro prodotto trasversalmente all’interno di una discussione molto interessante.
Quando la notizia riesce ad abbinarsi al prodotto, allora il post ha le potenzialità per diventare virale.
Per conoscere quali sono gli argomenti più dibattuti possiamo consultare Twitter nella sezione trend topic e Google Trends, che consente di accedere alle tendenze di ricerca su YouTube, Google e Shopping. Possiamo anche programmare i post in base a eventi prefissati, come la giornata della violenza sulle donne o i Mondiali. Uno strumento utile per realizzare un calendario editoriale è il sito www.planthemoment.it, che raccoglie tutti gli eventi italiani.
I post di Real time marketing hanno maggiori probabilità di diventare virali perché sono coraggiosi: il brand si espone per dire la sua su un argomento che crea dibattito. E lo fa in modo accattivante.
I contenuti che affrontano una notizia di cronaca, di politica, di gossip, hanno spesso una forte potenza emotiva perché riescono a unire gruppi di persone attraverso sentimenti comuni di rabbia, frustrazione, indignazione, gioia o esaltazione.
Sono però anche rischiosi, soprattutto quando toccano dei nervi scoperti o sono irriverenti, perché attirano gli hater. Ma, in fondo, non è proprio la presenza dei leoni da tastiera a indicarci che abbiamo probabilmente colto nel segno?
Come entrare nella mente dei clienti. E se le aziende riuscissero a prevedere e ad anticipare desideri e aspettative dei clienti per postare contenuti personalizzati in tempo reale? È già possibile grazie all’Analisi predittiva (Predictive Analytics), uno strumento che sfrutta l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico per prevedere i comportamenti dei consumatori e anticiparne le richieste.
Sul mercato sono disponibili diverse piattaforme di analisi predittiva in grado per esempio di segnalare quale campagna o canale social ha funzionato meglio in modo da ripetere le azioni vincenti e raggiungere così nuovi clienti.
5. Cinque trucchi per creare un post virale
Ecco 5 ottimi consigli per produrre un post potenzialmente virale. Bisogna creare dei contenuti che possano far sentire importanti e intelligenti i nostri follower così che vengano indotti a condividerli.
1. Sfrutta le emozioni
I post virali hanno spesso un innesco emotivo. Le emozioni positive, come gioia, felicità, ispirazione e umorismo, tendono a favorire la condivisione più di quelle negative, anche se rabbia e invidia possono funzionare comunque.
2. Aggiungi valore pratico
Costruisci contenuti utili come video tutorial o liste di consigli che aiutino a risolvere un problema o a far sentire meglio gli altri.
3. Intercetta i valori
L’obiettivo è creare storie quanto più affini ai valori condivisi dal nostro pubblico, oltre che in linea con quelli del brand. Per diventare virale, il post deve fare da megafono alle idee dei nostri utenti: per questo viene condiviso.
4. Sii semplice
Un post virale è sempre semplice e facilmente replicabile. Pensiamo al balletto di Gangnam style, uno dei video più cliccati di sempre: il vero contenuto virale non era la canzone del cantante coreano, ma il balletto surreale e facile da riprodurre.
5. Sponsorizza
Conviene sempre dare al nostro post una spinta iniziale di sponsorizzazione o assumere un esercito di micro Influencer per far girare il post. Raggiunta una certa visibilità, il post verrà diffuso per “imitazione” perché la gente tende a condividere quello che è già popolare.