I tuffi sono una disciplina che consiste nel lanciarsi in acqua da un trampolino flessibile o da una piattaforma rigida posti (a seconda della specialità) a una determinata altezza in una piscina, compiendo in volo una serie di evoluzioni che vengono poi valutate dai giudici.
Ferme restando le testimonianze classiche (prima fra tutte quella rappresentata dall’affresco ritrovato nella tomba cosiddetta «del tuffatore» – 480/470 a.C. – a Paestum), le radici della disciplina, in senso agonistico, vengono fatte risalire agli inizi dell’Ottocento in Germania, dove alcuni acrobati danno spettacolo lanciandosi da rudimentali trampolini allestiti sulle rive di un fiume o di un lago.
Ma vediamo meglio le origini, gli sviluppi, le caratteristiche e le regole di questa spettacolare e tanto scenografica disciplina sportiva.
1. Origini
In un bassorilievo proveniente dagli scavi di Ninive e risalente a 5.000 anni fa è possibile vedere un gruppo di guerrieri Assiri che si lancia in acqua per sfuggire ai nemici.
È datato invece 600 a.C. l’affresco etrusco che, a Tarquinia, rappresenta una figura maschile che, in posizione tesa, si lancia in mare da una sorta di colonna (una roccia o forse una piattaforma artificiale).
Ferme restando le testimonianze classiche (prima fra tutte quella rappresentata dall’affresco ritrovato nella tomba cosiddetta «del tuffatore» – 480/470 a.C. – a Paestum, qui nella foto), le radici della disciplina, in senso agonistico, vengono fatte risalire agli inizi dell’Ottocento in Germania, dove alcuni acrobati danno spettacolo lanciandosi da rudimentali trampolini allestiti sulle rive di un fiume o di un lago.
L’idea, in realtà, nasce osservando un gruppo di salinatori del fiume Saale, ad Halle, che si tuffano in pozze d’acqua dolce per togliersi il sale di dosso.
Anche in America sono numerose le testimonianze relative ai tuffatori delle Hawaii e di Acapulco, in Messico. La passione per i tuffi contagia subito molti ginnasti, che adottano la pratica come sistema di allenamento.
La disciplina si diffonde in Svezia, dove però ci si tuffa da altezze maggiori, privilegiando l’entrata in acqua a scapito delle evoluzioni acrobatiche, e poi, all’inizio del sec. XIX, anche in Italia, in Gran Bretagna e nei Balcani.
I primi tuffi sportivi in Italia avvengono alla fine del XIX secolo nella vasca dello stabilimento Bagno di Diana di Milano, dove si “salta” da trampolini (da 1.20 e 3.50 m) e terrazze (da 6 m).
2. Sviluppi
Nel 1882, a Berlino, viene organizzata la prima gara ufficiale.
Nel 1901, in Inghilterra, nasce la prima federazione. In Italia la prima competizione ufficiale si svolge a Milano, presso i Bagni Diana di Porta Venezia, nel 1900, stesso anno in cui viene fondata la FIN.
Nel 1904, ai Giochi di Saint Louis, i tuffi vengono inseriti nel programma olimpico. Quattro anni dopo, in concomitanza con le Olimpiadi di Londra, vede la nascita anche la federazione internazionale (FINA).
Dopo un primo periodo in cui a dominare sono appunto tedeschi e svedesi, a partire dagli anni Venti salgono in cattedra gli Stati Uniti, la cui supremazia nella seconda parte del Novecento viene messa in discussione solo in alcune occasioni (e da alcuni atleti, tra cui l’azzurro Klaus Dibiasi, probabilmente il più grande di tutti con l’americano Greg Louganis).
Dopo l’avvento dei sovietici, dagli anni Ottanta saranno i cinesi a dominare la scena, con la tuffatrice Gao Min, indiscussa protagonista del trampolino anche negli anni Novanta.
In Italia a segnare la storia della specialità è l’antagonismo tra Klaus Dibiasi e Giorgio Cagnotto.
Gli amici-rivali portano ai vertici la scuola italiana, che torna su livelli internazionali con la figlia d’arte Tania Cagnotto (nella foto), considerata la più grande specialista della storia dei tuffi in Italia (10 ori europei tra il 2004 e il 2012).
3. Caratteristiche
Due sono le specialità olimpiche: trampolino da 3 m e piattaforma da 10 m (nel programma dei Mondiali, degli Europei e dei Campionati nazionali è contemplato anche il trampolino da un metro).
Le prove sono individuali, sia maschili sia femminili; i tuffi sincronizzati, invece, prevedono l’esibizione di due atleti affiancati, chiamati a svolgere gli stessi movimenti in contemporanea.
I tuffi (ciascuno dei quali è identificato da un codice alfanumerico di tre o quattro cifre più una lettera) si dividono in 6 gruppi:
- in avanti
- all’indietro
- rovesciati (eseguiti, partendo con il corpo di fronte all’acqua, con un’immediata rotazione all’indietro in fase di volo)
- ritornati (eseguiti saltando con le spalle rivolte all’acqua)
- con avvitamento e
- dalla verticale (questi ultimi, affrontati con le mani sul bordo e il corpo in verticale, possono essere eseguiti solo dalla piattaforma).
A seconda della posizione, vengono distinti in tesi, carpiati (ovvero eseguiti flettendo il corpo all’altezza delle anche), raggruppati e liberi.
A seconda della specialità e del livello della gara, invece, i concorrenti hanno a disposizione un determinato numero di prove, con o senza limite di coefficiente di difficoltà: dopo un turno preliminare, passano alla semifinale i primi 18 concorrenti; di questi, i primi 12 vengono quindi ammessi alla finale, dove la classifica definitiva viene stilata sommando i punteggi della finale e della semifinale.
4. Regole
La giuria è formata da 7 giudici (9 per le gare di sincronizzato) che valutano gli aspetti fondamentali della prova: avvicinamento, stacco o elevazione, decollo, esecuzione tecnica durante il volo ed entrata in acqua, che deve avvenire limitando al minimo gli spruzzi.
Viene valutato anche lo stile del tuffo nel suo complesso:
- alla partenza, per esempio, il tuffatore deve mantenere una postura eretta; l’azione che porta all’esecuzione del tuffo deve apparire continua, priva cioè di indecisioni;
- durante il volo, ciascuna figura che compone il tuffo deve essere mantenuta per un tempo sufficiente a permetterne l’identificazione;
- al momento dell’entrata in acqua, il corpo deve essere teso e in posizione verticale, con i piedi uniti e le punte tese anch’esse (in caso di entrata di testa, anche le braccia sono unite sopra il capo;
- in caso di entrata di piedi, invece, sono distese lungo i fianchi).
Il punteggio va da 0 a 10 contemplando anche i mezzi punti. Il voto più alto e quello più basso vengono scartati; gli altri sono sommati e il risultato viene moltiplicato per il coefficiente di difficoltà del tuffo, che va da 1,3 a 3,6.
La cifra ottenuta va ulteriormente moltiplicata per 0,6: il prodotto costituisce il punteggio ufficiale.
Nei tuffi sincronizzati, presenti nel programma olimpico dai Giochi di Sydney 2000, il giudizio espresso è identico a quello dei tuffi singoli, con l’aggiunta della valutazione del sincronismo fra i due tuffatori dall’inizio alla fine dell’esercizio.
5. Campo di gara
La piscina misura 25×21 m, con una profondità minima di 5 m. La piattaforma, da cui si eseguono i tuffi più spettacolari, è posizionata su uno dei lati corti della piscina.
Oltre che per l’altezza a cui è posta (10 m per le prove ufficiali, ma gli impianti dispongono anche di piattaforme a 5 e 7,5 m), la piattaforma si differenzia dal trampolino per la rigidità della struttura.
Questa caratteristica consente di effettuare tuffi rovesciati, ossia effettuati da una posizione di partenza in cui l’atleta si appoggia sulla superficie con le mani.
Introdotta a partire dai Giochi olimpici di Saint Louis del 1904, quando si gareggia da un’altezza di 33 piedi (ovvero 10,05 m ca), la specialità della piattaforma comprende ben 85 varietà di tuffi.
Il trampolino è installato sulla stessa torre della piattaforma, a uno o 3 m di altezza rispetto alla superficie dell’acqua.
È costituito da un’asse elastica generalmente costruita in alluminio o fibra di vetro (in origine di legno, ricoperta da una stuoia di cocco per limitarne la scivolosità), con una ruota che ne modifica la flessibilità e che viene regolata, secondo le esigenze del tuffatore, su una scala che va da uno a dieci.
Oltre alle specialità disputate in piscina, esiste anche un circuito internazionale (che prevede anche un proprio Campionato mondiale) in cui tuffatori professionisti ed ex acrobati si gettano da altezze naturali che variano da 20 a 30 m, generalmente da piattaforme artificiali montate a strapiombo su laghi e fiumi o sul mare.
Gli atleti effettuano tre tuffi complessivi, che contemplano un giudizio simile a quello dei tuffi in piscina.