Esiste un predatore che si distingue per eleganza e capacità predatorie e che, quando arriva l’oscurità, si trasforma in un dominatore dei cieli stellati.
Il barbagianni, chiamato “dama bianca” in diverse regioni italiane per il candido colore del petto e del sottoala che lo distingue da altre specie di Strigiformi europei, che hanno piumaggi più mimetici.
Tra gli Strigiformi, inoltre, il barbagianni è l’unico rappresentante della famiglia dei Titonidi.
È un predatore specializzato, abituato a catturare le sue prede con attacchi sferrati da un posatoio, grazie al suo volo particolarmente silenzioso.
1. DIFFUSO IN TUTTO IL MONDO
In natura è il rapace notturno più facile da identificare, poiché presenta una livrea e caratteri distintivi peculiari.
Il disco facciale bianco-argenteo, per esempio, fondamentale nella ricezione dei suoni e dei rumori naturali prodotti dalle prede, è ben definito e si distingue per la particolare forma a cuore.
Il becco è color avorio e gli occhi sono nero-brunastri. Il colore degli occhi non è casuale ed evidenzia una peculiarità del barbagianni, che mostra una maggiore predisposizione alla caccia notturna e una minore adattabilità a utilizzare la luce diurna per cacciare, che riscontriamo al contrario nei rapaci con gli occhi gialli (come la civetta, l’assiolo e il gufo di palude).
Il barbagianni ha una distribuzione cosmopolita e vive in tutti i continenti. In Italia è sempre meno comune e la sua presenza varia a seconda delle regioni: le popolazioni sono più stabili nelle regioni meridionali e insulari, in virtù di tradizioni agricole ancora solide, mentre nel Centro e nell’Italia Settentrionale è divenuto molto raro.
Questo rapace notturno vive e nidifica in spazi molto aperti, preferendo le zone di campagna (gli inglesi per questo motivo lo chiamano barn owl, ovvero “gufo dei granai”) mentre diserta i boschi, ove subisce la competizione dell’allocco, che è più massiccio e aggressivo.
Insieme alla civetta, è la specie più adattabile alla coesistenza con l’uomo; sovente nidifica in case abbandonate, silos, fienili, campanili e castelli.
Nell’Europa Centrale caccia micromammiferi, dai topi ai ratti, sino alle arvicole e ai toporagni: è dunque un predatore stenofago, specializzato cioè su poche tipologie di prede.
Nelle regioni del bacino del Mediterraneo, invece, ha una dieta più ampia e talvolta caccia anche insetti, rettili e uccelli. Il suo particolare sistema digestivo gli consente di nutrirsi di animali molto differenti tra loro.
La preda ingerita viene in parte sciolta dai succhi gastrici e i resti non digeriti – come pelo, penne e ossa – sono espulsi con le borre: quelle dei barbagianni sono pallottole ovoidali facilmente riconoscibili, molto compatte e di un colore nero intenso.
2. DA BUONI FRATELLI
Gli Strigiformi, ordine tassonomico d’appartenenza di gufi, civette, allocchi e barbagianni, hanno evoluto incredibili stratagemmi per rendere performante la loro attività notturna.
La vista e l’udito sono perfettamente adattati e funzionali, ma la vera meraviglia della natura sono le penne e le piume, morbidissime.
Sulle penne remiganti (ala) si distingue un pettine, una sfrangiatura tipica di molti rapaci notturni: questa straordinaria evoluzione morfologica riduce l’attrito in volo, rendendo questo ultimo silente.
Un recente studio cinese ha scoperto che anche la parte interna delle penne ha una sfrangiatura con forte potere fonoassorbente, che accresce la silenziosità del volo.
La biologia riproduttiva dei barbagianni è affascinante: mentre civette, allocchi e gufi hanno nidiate con in media 3 o 4 pulli, i barbagianni hanno nidi con una media di 5-10 piccoli (il record mondiale è di ben 18 nidiacei!). Gli studi hanno dimostrato che questa abbondanza è possibile per via di una situazione molto particolare.
La deposizione e la schiusa, infatti, è asincrona, ovvero le uova sono deposte dalla femmina singolarmente a distanza di uno o due giorni l’una dall’altra. Tra il primo e il sesto o settimo nato, dunque, c’è una grande differenza di dimensioni.
Di solito in un nido vige la legge del più forte, cioè all’arrivo dei genitori con il cibo il pullo più forte e più grande prevarica gli altri piccoli.
Nel caso dei barbagianni, invece, esiste un senso di fratellanza straordinario: il fratello più grande, quando i genitori portano le prede, si nutre per primo, ma poi all’arrivo di altro cibo lascia spazio ai fratelli più piccoli e meno forti.
Un caso di vera fratellanza, raro in natura!
3. L’AMORE È ETERNO... FINCHÉ DURA E LA SORDITÀ, QUESTA SCONOSCIUTA
Altri studi europei hanno fatto emergere un’ulteriore situazione sorprendente: i barbagianni divorziano!
I risultati mostrano che la loro fedeltà cresce all’incremento del numero dei piccoli nelle nidiate.
Le ricerche, condotte per quasi 25 anni, hanno monitorato addirittura 634 coppie e nel 23,5% dei casi sono stati registrati episodi di infedeltà e divorzio (abbandono del partner).
In molti casi la femmina ha cercato un nuovo compagno, lasciando il nido al maschio ormai indesiderato.
Il maggior numero di divorzi si registra con i maschi più giovani che, una volta abbandonati, ritentano di accoppiarsi con una compagna meno affascinante; al contrario, quelli maturi e dunque più esperti hanno più possibilità di restare in coppia.
Per i ricercatori questo atteggiamento è dovuto alla necessità di trovare il partner con cui avere il maggiore successo riproduttivo.
Ma cosa determina il fascino in una femmina di barbagianni? Sembrerebbe che quelle con una punteggiatura sul petto abbondante siano le più gradite ai maschi, e sono anche più brave nell’accudire le nidiate.
Una recente ricerca dell’Università di Oldenburg, in Germania, ha permesso di evidenziare un altro interessante aspetto della loro biologia che, se fosse disponibile nel corpo umano, eviterebbe la necessità per alcuni anziani di usare apparecchi acustici.
In generale gli Strigiformi sono animali con capacità uditive uniche, poiché riescono a decifrare con precisione il punto di provenienza del suono grazie a un’esclusiva asimmetria dei canali uditivi.
La sorpresa di questo studio è però legata all’efficienza dell’apparato uditivo del barbagianni, che non mostra declino e usura nel tempo: al contrario degli uomini, che all’età di 65 anni vedono ridursi in media anche di 30 decibel la sensibilità nell’ascolto, questi uccelli sono capaci di rigenerare le cellule dei canali uditivi.
È vero che in natura vivono meno a lungo degli uomini, ma tra giovani e vecchi barbagianni non esiste alcuna differenza nella percezione dei suoni.
I ricercatori tedeschi affermano che questa loro capacità potrebbe favorire la cura e la prevenzione della perdita di udito negli esseri umani: l’auspicio è che il barbagianni possa divenire un modello per aiutarci a sentire meglio.
4. UN DESTINO IN BILICO
Purtroppo questo rapace notturno è il più minacciato su scala europea, ma anche quello più studiato, e questo potrebbe favorire progetti di conservazione.
Molteplici sono le cause del suo calo demografico, tra cui gli impatti stradali e i veleni destinati ai roditori, che finiscono nella catena alimentare e diventano i responsabili di vere stragi.
In questi ultimi anni anche i cambiamenti climatici e l’innalzamento delle temperature lo stanno mettendo in difficoltà.
A un esame superficiale si potrebbe credere che il riscaldamento globale possa agevolarlo, poiché il barbagianni accumula poche riserve di grasso per superare l’inverno e patisce il gelo e le nevicate.
Ma uno studio condotto nel Regno Unito dal Barn Owl Trust ha mostrato purtroppo che lo sconvolgimento climatico influisce negativamente sulle sue prede preferite: il toporagno comune e l’arvicola agreste.
Nel 2013, un anno particolarmente negativo per questi micromammiferi, è stato rilevato un calo record delle nidificazioni di barbagianni, con riduzioni fino al 90%.
Di fronte a un calo demografico così forte, il miglior sistema per contrastarlo è studiare a fondo il rapace e il suo comportamento. Alexandre Roulin, ricercatore svizzero che ha dedicato la sua vita ai barbagianni, ha studiato il cambiamento della loro dieta in Europa, scoprendo qualcosa di inatteso.
La preferenza dei barbagianni nel catturare roditori è nota da sempre, ma Roulin ha svelato che non cacciano più come prima. Gli uccelli e i pipistrelli predati sono sempre meno e si registra una forte regressione nella selezione degli invertebrati.
Si pensi che, su oltre 3 milioni di prede monitorate, gli insetti sono stati meno di 10mila e tra questi, a sorpresa, non vi erano cicale, dimostrando che il canto notturno di questi insetti non costituisce un’attrattiva per i barbagianni, come accade invece per assioli e civette.
L’ipotesi è che i cambiamenti dell’ambiente, l’uso degli insetticidi e il riscaldamento globale siano i responsabili di questo mutamento della loro dieta.
Un problema anche perché gli insetti, ricchi di proteine, grassi insaturi e carotenoidi, hanno un alto valore nutritivo e, senza il loro apporto, si indeboliscono le difese immunitarie del barbagianni, influenzandone la salute in generale.
Il destino di questo rapace è certamente connesso alla trasformazione ambientale dell’uomo e alla perdita di potenziali spazi per nidificare: solo la ricerca e l’installazione di nidi artificiali potrebbe invertire questo drammatico trend di declino europeo.
5. Carta d’identità
Nome comune: barbagianni
Nome scientifico: Tyto alba
Altri nomi: dama bianca
Peso: 240-390 grammi, femmine più grandi dei maschi
Dimensioni: rapace di dimensioni medie, misura 32-40 cm di altezza, con un’apertura alare di 80-95 cm
Dove vive: in tutta Italia, non oltre i 700 metri di quota
Segni particolari: disco facciale a forma di cuore
Habitat: predilige la campagna e le zone coltivate aperte, non ama invece le zone boschive
Cosa mangia: piccoli mammiferi (arvicole, ratti, topi, talpe), anfibi e insetti; talvolta può predare anche altri uccelli e pipistrelli.
Le varianti italiane. In Italia vivono tre sottospecie di barbagianni:
• Tyto alba alba: ha il piumaggio del petto bianco e quello del dorso color granata/dorato.
• Tyto alba guttata (barbagianni settentrionale): vive in Europa Centrale, è più scuro e molto punteggiato sul petto; in inverno alcuni barbagianni settentrionali svernano sul Delta del Po, in certe aree umide padane o sulle coste tirreniche.
• Tyto alba ernesti (barbagianni sardo): vive in Sardegna e in Corsica ed è più piccolo e più pallido degli altri.