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Il cane e le regole di socializzazione

Per il nostro amico non solo è fondamentale interagire con i propri simili ma è altrettanto importante vivere e mantenere piacevoli e ripetuti contatti con gli umani.

Ciò si verifica con la famiglia di adozione, ma anche con chi, per le più svariate ragioni, interagisce con lui nel corso della sua esistenza.

Addirittura, per il nostro amico è piacevole essere protagonista di nuovi incontri, giorno dopo giorno, quasi questo mondo di “bipedi” fosse una sorta di luogo delle meraviglie di cui essere parte.

E protagonista il cane lo è ormai divenuto a tutti gli effetti, se pensiamo che il numero di esemplari nel mondo, di razza e non, cresce in modo esponenziale, facendo del cane un compagno unico ed esclusivo per la maggior parte delle famiglie.

Ecco allora che vederlo camminare nei centri urbani, tra le strade trafficate, o entrare in bar, negozi e altri luoghi, non è più un fatto eccezionale: ormai il nostro amico è parte integrante della società.

Le interazioni con i suoi simili e con noi non sono solo qualcosa di accessorio per il cane ma sono un vero e proprio bisogno che gli deriva dalla sua natura di animale sociale.

Vediamo le ragioni di una tale necessità e come soddisfarla.

 

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1. Un animale sociale. Si è evoluto per interagire con noi

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La definizione di animale sociale, attribuita al cane, non dovrebbe affatto stupirci.

Riavvolgendo il nastro della sua storia emerge, infatti, che fin dalla notte dei tempi alcuni lupi meno diffidenti di altri si sarebbero avvicinati agli insediamenti umani per trovare cibo, riparo e tranquillità.

Questi soggetti avrebbero così dato inizio a quella collaborazione con l’uomo fatta di vantaggi reciproci, fino a diventare indispensabili l’uno per l’altro.

Gli accoppiamenti tra soggetti così “sociali” avrebbero generato altri individui portatori delle medesime caratteristiche e le mansioni cui si cominciarono a dedicare furono il presupposto per i cambiamenti morfologici funzionali allo scopo.

Generazione dopo generazione, gli ex lupi sarebbero divenuti “proto cani” e, quale ultimo atto, cani a tutti gli effetti, successivamente selezionati per bellezza, capacità e carattere.

Solo molti secoli dopo avremmo potuto parlare di razze con la consapevolezza che, ormai molto distante dal lupo, il cane avrebbe assunto le sembianze del soggetto sociale per eccellenza.

Possiamo, quindi, affermare che il cane è nato per questo, con l’intento di accompagnarci e vivere in mezzo ad altri come noi, senza patire né respingere il nostro modo di essere e di agire.

Addirittura, quale caratteristica di specie, egli esige di far parte della nostra vita, del nostro mondo e del mondo che lo circonda, esprimendo un bisogno che, in quanto tale, deve essere soddisfatto.

Si tratta del cosiddetto “bisogno sociale”, collocato al quarto gradino della famosa piramide delle esigenze canine, unitamente al suo equivalente bisogno di rimanere in contatto con i propri simili.

 

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2. La socializzazione. Imparare a relazionarsi con “gli altri”

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Perché il nostro amico possa stare in mezzo a noi senza disagio o paura, è essenziale sfruttare il suo naturale processo di socializzazione che si conclude entro i primi mesi dalla nascita.

In una finestra temporale che va, all’incirca, dalla terza alla dodicesima settimana di vita, il nostro amico deve essere sottoposto a un elevato numero di conoscenze umane che non devono limitarsi all’allevatore e alla famiglia di adozione.

Uscendo di casa con noi avrà così la possibilità di vedere e conoscere tante persone con caratteristiche diverse, per sesso, età, etnia, struttura fisica e modalità di deambulazione.

In questo tempo così importante, le sue mappe cerebrali gli permetteranno di incasellare le molteplici categorie umane, fino a comprendere che chiunque incontra, appartenente alla specie umana, può essere ricompreso nel concetto, appunto, di essere umano.

È bene ricordare che concluso questo periodo definito “sensibile,” la possibilità di accettare spontaneamente tipologie umane non individuate prima si riduce a dismisura: infatti, nelle successive fasi della vita, dalla pubertà alla maturità, il cane non sarà così naturalmente incline ad accettare l’altro.

Per questa ragione, terminato il terzo mese di vita non si può più parlare di socializzazione quanto, piuttosto, di interazione, intesa quest’ultima come contatto con un altro essere, già “catalogato” in precedenza.

Sempre in gergo tecnico, e in riferimento al periodo sensibile, possiamo parlare di socializzazione intraspecifica e interspecifica, riferendoci nel primo caso a soggetti della medesima specie e, nel secondo, a individui di specie diversa.

Per ovvi motivi, la socializzazione con l’uomo richiede un numero di incontri e di esperienze ben superiore ai contatti con i propri simili.

 

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3. I tre mondi di Fido. Familiari, conoscenti, estranei

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Per il cane, e per il suo modo di rappresentare la realtà, non tutti gli umani sono uguali.

Ci sono tre categorie: il “gruppo sociale” di adozione, i conoscenti e gli estranei.

La prima categoria si riferisce, ai membri della famiglia che, insieme al cane, creano un branco. C’è chi si dedica alle passeggiate, chi all’alimentazione e chi al gioco o alle attività cinofile, così che ogni famigliare diventa di vitale importanza agli occhi del cane.

Al di fuori ci sono i soggetti che, per varie ragioni, mantengono un contatto costante con il cane: amici, parenti e abituali frequentatori del “territorio”. Nei confronti di queste persone, ogni cane può esprimere un interesse diverso che dipende dal loro modo di porsi e dalle condizioni caratteriali del nostro amico.

La terza categoria comprende tutti quelli che entrano in contatto saltuario con il cane, come il veterinario, il toelettatore e ogni altra persona che potrà conoscere.

Dobbiamo, poi, aggiungere la miriade di umani che il nostro amico si trova a incontrare quotidianamente, senza produrre azioni di relazione; si parla, in questo caso, di interazione indiretta, sebbene parte integrante del suo vivere sociale.

Tutte queste categorie vanno a comporre un mosaico che permette al cane di esprimere la propria natura sociale, omettendo reazioni di aggressività, paura, tensione e fuga.

Questa natura sociale si esprime in modi molto diversi: si va dall’estrema confidenza in famiglia ai saluti di benvenuto agli amici, dalla piacevole tolleranza nei confronti degli estranei fino all’indifferenza verso quelli che, in termini concettuali, sono “sconosciuti”.

 

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4. La socialità è innata ma varia per storia e selezione

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Un aspetto determinante del vivere sociale del nostro amico si riferisce al suo grado di socialità, quella dote caratteriale secondo cui ogni individuo esprime una naturale predisposizione a una corretta interazione con il mondo esterno, si tratti dell’uomo o di altre specie viventi.

In quanto dote caratteriale, è impressa nei geni e dipende dalle caratteristiche dei genitori, dei suoi avi e della razza di appartenenza.

In questo modo, possiamo trovarci dinanzi a soggetti più inclini a esprimere socialità rispetto ad altri, senza dimenticare che le esperienze, e soprattutto la loro carenza, dei primi mesi di vita incidono moltissimo.

Per le funzioni cui sono state selezionate le razze, ci sono soggetti maggiormente portati all’interazione sociale e altri che preferiscono esprimere un certo grado di diffidenza.

Si parla, in termini valutativi, di socialità alta, media o bassa, a seconda del maggior o minor grado di desiderio di interazione del cane.

La socialità è comune ai lupi e ai nostri amici. Un’ulteriore prova dell’importanza del contatto sociale nel cane la troviamo, ancora una volta, nelle modalità di interazione del suo progenitore, il lupo.

Gli studi su questi animali allo stato selvatico, infatti, hanno evidenziato come all’interno dello stesso branco le interazioni fisiche, fatte di strusciamenti reciproci, si esprimano in media ogni sette minuti.

Si tratta, secondo gli esperti, di una sorta di codice di conferma dell’appartenenza a una realtà coesa, allo stesso tempo in grado di provocare un piacere di tipo tattile ed emozionale.

In questo modo lo stato di eccitabilità generale tende a rimanere sotto controllo, riducendo la possibilità di conflitti tra i vari membri.

Pensandoci bene, anche il nostro amico ha mantenuto questo desiderio di entrare in contatto con noi, come dimostra il fatto che molte volte nel corso della giornata venga a chiederci una carezza o, comunque, un cenno di riscontro.

Questo accade non soltanto con noi, ma anche con amici e conoscenti; addirittura, per i soggetti più “sociali”, nei confronti di perfetti sconosciuti che si saranno limitati a guardarli o a sorridergli.

 

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5. Il galateo canino. Facciamo conoscenza?

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Affinché la conoscenza degli umani sia vissuta senza traumi, dobbiamo conoscere alcune regole di corretta interazione.

In primo luogo, se intendiamo presentarci a un cane che non conosciamo, lo dobbiamo fare abbassandoci leggermente, mettendoci di fianco ed esponendo il palmo della mano.

L’assenza di uno sguardo diretto e l’esibizione di una parte del corpo consentono al cane di scegliere se avvicinarsi o rimanere dove si trova.

Nella prima ipotesi, il cane ci annuserà in una zona in cui i nostri odori sono evidenti, per poi decidere se proseguire o fermarsi alla “stretta di mano”.

Avvicinandoci a lui, non facciamolo in linea retta, ma seguiamo una sorta di semi curva che, nel linguaggio canino, indica assenza di conflitto.

Effettuata questa prima fase silenziosa, possiamo cominciare ad accarezzarlo nelle zone del collo e del mento, evitando la testa, la bocca, le orecchie e la coda. L’impiego di una voce “soffusa”, senza eccessi di note acute o grevi, agevolerà il tutto.

Attendiamo che sia lui a concludere l’incontro: solo allora, con estrema delicatezza, ci alzeremo allontanandoci, quasi si trattasse di una sorta di galateo da applicare in modo rigoroso e rispettoso.

Non dimentichiamoci che, per quanto essere sociale, il cane protegge sempre sé e i propri spazi, non amando che ci si avvicini in modo troppo impetuoso o frettoloso senza i dovuti “preliminari”.

Per questo motivo, se avrà scelto di evitarci, è opportuno non insistere, poiché ciò potrebbe produrre esattamente l’effetto opposto e noi finiremmo per diventare un qualcosa di negativo che il cane tenterà di evitare anche in futuro.

 

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