Dopo l'addomesticamento del lupo, la storia del cane è cominciata insieme con quella delle grandi civiltà dell'umanità. Circa 20.000 anni fa, il cane accompagnava i cacciatori siberiani. Resti di ossa, datati intorno al 12.000 a.C., sono stati ritrovati all'interno di un sepolcro palestinese e in una grotta irachena.
Nell'Europa del nord- si sa che le torbiere costituiscono un ambiente molto favorevole alla conservazione degli animali e degli uomini- sono stati scoperti dei resti di "cane delle torbiere", datati intorno al 1000 a.C.; il loro studio ha permesso di concludere che, questa varietà, aveva un aspetto simile a quello degli Spitz nordici, con orecchie corte e diritte, pelo lungo e coda arrotolata al di sopra del treno posteriore. Presente negli ammassi di conchiglie delle paludi del Mare del Nord (7.000 a.C. circa), il cane lo è anche sulle pareti dipinte dei "tassili" (altopiano ) degli Ajjer (situato nel sud est dell'Algeria presso il confine con la Libia ), nel Sahara, e sulle rocce del lago Onega in Russia.
Così, l'addomesticamento del cane è avvenuto simultaneamente fin dal Mesolitico (iniziato circa 10.000 anni fa e terminato circa 8.000 anni fa) in diversi punti del globo, cosa che ha portato al Neolitico, all'apparizione per selezione di svariate razze di cani, molto differenti le une dalle altre, ma fra le quali predominano 2 tipi in particolare: il Levriero e il Molosso. Gli archeologi hanno ritrovato testimonianze della presenza di questi cani fin dall'inizio del Neolitico.
Ma vediamo da vicino 5 grandi civiltà dell'antichità e le relative testimonianze dei relativi cani.
1. Egitto (3150 a.C. - 343 a.C.) e Assiria (1950 a.C. - 612 a.C.)
In Egitto troviamo dei cani rappresentativi frequentemente su pitture murali o bassorilievi. Con lunghe orecchie ricadenti o portate diritte, un pelame uniforme o macchiettato, i Levrieri figurano su affreschi in cui vengono rappresentate scene di caccia e si ritrovano anche nei disegni che decorano le tombe; certi cani sono persino stati mummificati assieme al loro padrone.
I bassorilievi del palazzo di Assurbanipal, in Assiria, mostrano dei cani che partecipano alla caccia e non esitano ad attaccare dei leoni. Numerosi cani da caccia, enormi Molossi fortemente muscolosi, dal corpo pesante e tozzo, sono stati fatti oggetto di insigni onori; statuette di argilla che immortalano la loro immagine, sono ancora visibili per testimoniarlo.
2. Creta Minoica (3650 a.C. - 1100 a.C.)
Nella parte est di Creta, la dea della caccia era Diktynna (Diana), chiamata così, perché (secondo il mito) sarebbe inseguita da Minosse (il re di Creta, figlio di Zeus ed Europa) insolitamente preso da brama amorosa; la dea, per sfuggire alle sue pressioni, si sarebbe gettata in mare, finendo nelle reti di alcuni pescatori. Essa raffigura su una pittura rupestre contemporanea degli ultimi grandi palazzi cretesi (sul monte Kapparoukephala), accompagnata dal suo cane.
Il primo successo che veniva richiesto a una giovane recluta, al momento della sua iniziazione nel mondo dei guerrieri cretesi, era quello di portare della selvaggina: il cane costituiva per lui in aiuto prezioso in questo compito fondamentale.
3. Grecia classica (479 a.C. - 323 a.C.)
Tra i Greci, presso i quali il suo ruolo tradizionale di cacciatore e di guardiano non è messo in discussione, il cane è considerato, per la prima volta, come animale da compagnia. Comunque, la sua caratteristica principale, resta legata alla caccia (il termine greco "kynegos", che designa il cacciatore, significa letteralmente "conduttore di cani").
Nel trattato intitolato "Kynegeticos" (Della caccia), Senofonte descrive lungamente l'allevamento e l'addestramento dei cani da caccia. Certe razze della Laconia (la regione degli Spartani), erano rinomate per la loro velocità e per la loro efficacia. Su alcuni vasi dipinti e su delle stelle di epoca classica, sono rappresentati cani da caccia con orecchie sottili e appuntite e col muso affilato.
Lo stesso Aristotele disse di loro che hanno contemporaneamente l'aspetto del cane e della volpe. D'altra parte, nell'Odissea, Omero celebra la fedeltà del cane di Ulisse, Argo, l'unico che riconosce il suo padrone, travestito da vagabondo, tornato in patria dopo una lunga assenza. Alcune città greche non esitarono a far figurare un cane sulle loro monete.
4. Roma Imperiale fino ai Severi (30 a.C. - 235 d.C)
Anche a Roma il cane è presente su monete, pitture murali e mosaici. Ricordiamo, in uno dei più celebri mosaici di Pompei, un cane che abbaia, legato alla catena della casa del suo padrone, il quale avendo compassione per i visitatori troppo temerari o distratti, li avverte gentilmente con uno scritto esplicito che figura direttamente in bella vista sul mosaico: Cave canem (attenti al cane). Il cane ha il tragico onore di partecipare ai grandi giochi offerti al popolo, e nell'arena del circo deve combattere gli orsi, sotto gli "evviva" di una folla che chiede sangue. I cani danno il loro sangue anche a caccia, affrontando animali grossi e temibili.
Apuleio descrive una battuta di caccia finita tragicamente: "Eravamo arrivati a una collinetta boscosa, coperta da un'ombra fitta prodotta da rami che, impedendo la visuale, nascondevano i caprioli ai cacciatori.
Liberammo, dunque, i cani cacciatori di buona razza, in modo che potessero sorprendere la selvaggina in fondo al suo rifugio. Subito, grazie alle lezioni di un sapiente addestramento, essi si divisero e bloccarono tutte
le uscite. Si limitarono, per cominciare, a dei brontolii soffocati; poi, bruscamente, a un determinato segnale, tutto risuonò del vibrante clamore del loro abbaiare discordante. Ma non è un capriolo che sbuca, né un
daino tremante, né, più dolce fra tutti i suoi consimili, una cerbiatta; è un enorme cinghiale. Dei cuscinetti di carne sporgono sotto la sua pelle callosa, sul suo cuoio si ergono peli rugosi, delle setole formano una
cresta sulla sua spina dorsale, le sua zanne , che egli affila rumorosamente, sono coperte di schiuma, i suoi occhi minacciosi hanno uno sguardo di fuoco e gli assalti furiosi della sua gola fremente fanno assomigliare
tutto il suo corpo alla folgore. Per cominciare, i cani più arditi che l'hanno serrato da vicino, a colpi di grugno a destra e a manca, vengono sventrati e uccisi".
L'allevamento dei cani è un'arte, e Virgilio, nella "Georgiche", fa delle raccomandazioni agli allevatori: "Con il latticello grasso nutri nello stesso tempo la cucciolata del Levriero di Sparta e il rognoso Molosso. Mai, con tali sentinelle, dovrai temere per i tuoi ovili il ladro notturno, né le incursioni dei lupi, né quei vagabondi iberici che attaccano alle spalle. Tu caccerai con dei cani la lepre, con dei cani il daino. La muta abbaiante ricaccerà nel suo covo il cinghiale, o ancora sulle alte colline, spaventato da questi clamori, un grande cervo si getterà nelle tue reti".
Ma in una società romana che, sotto l'Impero, diventa molto raffinata, il piccolo cane da compagnia, trova il suo posto. Il poeta Marziale, descrive con humour e preziosità la piccola cagna Issa, della quale si è invaghito il suo amico Publio: "Issa è più vezzosa del passerotto di Lesbia, Issa è più pura di un bacio di colomba, Issa è più carezzevole di tutte le adolescenti, Issa è più preziosa delle perle dell'India. Issa è la piccola adorara cagna di Publio. Se ella si lamenta potreste credere che stia parlando; ella comprende la tristezza e la gioia. Ella riposa appoggiata sulla nuca e dorme in tale maniera che non la si sente neppure respirare. Spinta da un bisogno naturale, ella non ha mai insozzato la coperta con la più piccola goccia, ma ella vi sveglia con una zampina carezzevole, vi invita a scendere dal letto e chiede di poter compiere la bisogna. Vi è in questa piccola cagna tanto casto ritegno ch'ella ignora l'amore; e noi non riusciamo a trovare uno sposo che sia degno di una così tenera vergine. Perché la sua ultima ora non gliela porti via del tutto, Publio ne ha riprodotto l'immagine su un quadro, sul quale tu potrai vedere Issa così rassomigliante che la stessa Issa non rassomiglia altrettanto a se stessa".
5. Gallia (VI secolo - 51 a.C.)
La Gallia, era un'antica regione corrispondente grosso modo ai territori attuali di Francia, Belgio, Svizzera, Paesi Bassi, Germania lungo la riva occidentale del Reno e Italia settentrionale a nord del fiume Esino ed
prende il suo nome dai Romani che chiamavano Galli i suoi abitanti (gli antichi Celti).
Anche i Galli utilizzarono i cani per la caccia e la difesa; tuttavia, assegnarono loro anche delle funzioni più originali. Così, certi cani vengono sacrificati nel corso di cerimonie religiose, e i loro resti sono presenti nei siti dei santuari, come quelli di Ribemont-sur-Ancre e di Gournay-sur-Aronde. L'onore di essere votato agli dei è pari a quello di accompagnare il proprio padrone nella sua tomba, come mostrano, per esempio, le sepolture delle necropoli di Tartigny e di Compiègne (dove i resti di cani sono associati a quelli dei cavalli, come avviene spesso presso i popoli indoeuropei).
Ma i Galli utilizzano il cane anche come animale da macelleria: così sul sito di Villeneuve, l'archeologo Patrice Meniel constata che "le ossa delle carcasse portano delle tracce nette di squartamento, sotto forma di incisioni localizzate intorno alle articolazioni, come quelle del gomito o dell'anca e del prelevamento della carne, che si osserva prima di tutto sulle parti alte degli arti, cioè quelle più carnose". Il consumo della carne di cane, comune ai Galli e ai Cinesi, è accompagnato in Gallia da una vasta utilizzazione della pelle di cane, per esempio, secondo la testimonianza di Diodoro, per fare dei tappeti. Numerosi scheletri, come quelli ritrovati a Beauvais, a Villeneuve, a Champlieu, presentano delle tracce di incisioni la cui localizzazione, sul muso e alle estremità degli arti, è caratterizzata dal prelievo della pelle.
Note
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