Il gufo di palude (chiamato anche gufo mascherato)

Sul nostro pianeta vivono oltre 10mila specie di uccelli, di cui solo 270 sono rapaci notturni.

Tra questi vi è una specie davvero particolare, capace di stupirci con abitudini e un aspetto inconsueto: è il gufo di palude (Asio flammeus), chiamato anche gufo mascherato, perché attorno agli occhi ha un’esclusiva mascherina nera, quasi si trattasse di un contorno occhi da rimmel.

Rapace lo è, ma solo nei confronti di arvicole e altri piccoli roditori. Diffuso in quasi tutto il globo, il gufo di palude è tornato a nidificare anche in Italia.

Carta d’identità
Nome comune: gufo di palude
Nome scientifico: Asio flammeus
Altri nomi: gufo mascherato
Peso: il maschio 260-420 g, le femmine poco più: 250-500 g
Dimensioni: nell’ambito delle 10 specie di rapaci notturni italiani è da considerarsi di dimensioni medie
Dove vive: presente come svernante e migratore regolare in tutta Italia
Segni particolari: una vistosa mascherina nera intorno agli occhi gialli e due corti ciuffi di piume ai lati del disco facciale
Habitat: spazi aperti, incolti erbacei, brughiere, paludi, stagni e lagune costiere, ma anche campi coltivati a cereali
Cosa mangia: piccoli mammiferi, specialmente arvicole del genere Microtus

1. NIDIFICAZIONI

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Il gufo di palude è una specie molto diffusa in tutto il globo e più di ogni altro rapace notturno mostra un particolare gradimento per le isole, considerato che diverse sottospecie endemiche hanno colonizzato le Hawaii, le Falkland, Cuba, Portorico, le isole della Micronesia nel cuore del Pacifico e le Galapagos.

Tra gli Strigiformi, il gufo di palude è il più nomade e in Europa dimostra di sapersi acclimatare alle diverse latitudini, come confermano riproduzioni in quasi tutto il continente, da nord a sud.

Pensate che la maggior parte degli esemplari nidifica nella regione scandinava ma troviamo anche popolazioni stabili in Francia, Gran Bretagna, Germania, Olanda e Spagna.

Nidificazioni occasionali sono state registrate in Svizzera e Ungheria. Quasi incredibili le nidificazioni in Corsica e a Malta!

E in Italia? Finalmente è tornato a riprodursi anche da noi: mancava nella nostra Penisola dalla fine degli Anni 70, anche se sappiamo che nel secolo scorso e nell’Ottocento nidificava in molte regioni come la Sicilia, la Toscana, l’Emilia- Romagna e il Lazio.

Nel 2018 una coppia di gufi di palude si è riprodotta nel parmense, in una golena del fiume Po.Uno degli aspetti più evidenti di questo gufo sono i ciuffetti auricolari, che non sono orecchie, ma piccoli ciuffi di penne che erige sul capo quando è in stato di allerta.

Per questa sua caratteristica, in inglese è chiamato short-eared owl ovvero “gufo dalle orecchie corte”, a differenza del gufo comune Asio otus, suo stretto parente (entrambi inclusi nel genere Asio) chiamato, in virtù dei ciuffi auricolari più lunghi, long-eared owl ovvero “gufo dalle lunghe orecchie”.

2. UN PETTO FIAMMEGGIANTE

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Gli occhi sono giallo-limone, mentre il becco e gli artigli sono bruno-nerastri.

Se il dorso è color nocciola, è il piumaggio del petto a suggerirne il nome scientifico: flammeus, infatti, in latino significa “fiammeggiante”, e le striature irregolari marroni e ocra sul petto biancastro creano un effetto simile alle fiamme.

Le sue ali sono lunghe, in proporzione alle dimensioni del corpo, e questo lo rende un ottimo volatore, capace di attraversare ampi tratti di mare aperto.

Con l’inanellamento, si è visto quanto questi gufi siano abili nei loro viaggi, tanto da essere soprannominati anche nomadi dei cieli. Un individuo, per esempio, inanellato a fine ottobre in Repubblica Ceca, è stato ripreso durante la migrazione a metà novembre sull’isola di Lampedusa. Un viaggio incredibile durato solo un mese!

Al di sotto dei 50° di latitudine Nord le popolazioni di gufo di palude perdono parzialmente l’istinto migratorio, divenendo quasi sedentarie, mentre nelle regioni più settentrionali le proibitive condizioni climatiche rendono conveniente la migrazione.

Pur appartenendo all’ordine degli Strigiformi, il Gufo di palude è più crepuscolare e diurno che strettamente notturno. Si nutre principalmente di micromammiferi e la sua preda elettiva è l’Arvicola campestre Microtus arvalis; la tecnica di caccia ricorda quella delle albanelle, con battiti d’ala seguiti da scivolate, tenendo le ali sollevate a V.

Generalmente trascorre i periodi di riposo a terra, dove non è facile avvistarlo grazie al mimetismo perfetto, dato dal piumaggio color crema con vermicolature bruno-nerastre, chericordano delle vere e proprie fiamme disegnate, da cui il nome specifico flammeus.

Ma, una volta individuato, ci colpisce lo sguardo accattivante, creato dai suoi occhi giallo intenso circondati da una mascherina nera molto evidente, uno dei caratteri di distinzione rispetto al Gufo comune Asio otus.

Altri elementi per l’identificazione, non sempre facilmente visibili sul campo, sono i ciuffetti auricolari poco pronunciati, le vermicolature del petto che non interessano l’addome e i fianchi, le barrature alle estremità delle primarie molto scure ed estese.

3. VOGLIA D’INDIPENDENZA

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Questo rapace, del resto, mostra una grande capacità d’adattamento a livello climatico, mentre nella caccia denota una preferenza marcata nella selezione di micromammiferi, soprattutto arvicole e lemming.

Il nome italiano, gufo di palude, potrebbe farci credere che sia un rapace che frequenta le zone palustri, ma studiandolo si scopre che apprezza anche altri habitat.

Predilige sempre gli spazi aperti e, nelle regioni settentrionali del continente, sceglie le brughiere. Scendendo di latitudine frequenta gli incolti erbacei, le paludi, le aree lagunari, ma anche praterie, coltivi di foraggere e di cereali.

Nel corso degli ultimi 100 anni ci sono stati sorprendenti episodi di nidificazioni sull’isola di Comino (Malta), uno scoglio nel Mediterraneo tra lentischi e cisti, dove i gufi catturano i conigli selvatici come preda preferita.

Anche nella scelta del nido il gufo di palude si rivela speciale (foto sotto): mentre la maggioranza dei rapaci notturni nidificano nascosti in una cavità di un tronco o in un anfratto trale mura di un edificio, il gufo di palude si riproduce a terra.

Il nido è posto tra incolti erbacei o canneti, ma sempre in una depressione naturale che viene ricoperta di steli, favorendo la deposizione delle uova.

Le nidiate sono composte solitamente di quattro o cinque pulli, che lasciano il nido dopo circa 25-30 giorni dalla schiusa, ma solo dopo altre due o tre settimane diventano indipendenti.

A differenza di altri Strigiformi, il gufo di palude, una volta emancipato dal nido, può spostarsi anche a distanze notevoli dal luogo di nascita. Un nidiaceo, per esempio, inanellato a giugno in una zona del Mare del Nord è stato ricatturato a novembre in Portogallo, a 2.040 km dal luogo di nascita.

Ancor più incredibile è quanto accaduto in Baviera nel 1961: di una nidiata di gufi di palude inanellata a maggio, un giovane fu rinvenuto negli Urali a 3.300 km di distanza!

4. UN GUFO CON LA PAURA DEL BUIO?

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La favola moderna più famosa al mondo con protagonista un gufo l’ha scritta Jill Tomlinson: si intitola Il gufo che aveva paura del buio.

Proprio questo racconto ci svela le curiose abitudini diurne dei gufi di palude.

Tra tutti i rapaci notturni, infatti, è quello che evidenzia le tecniche venatorie meno legate al buio, cacciando al tramonto e spesso in pieno giorno, con modalità simili a quelle di albanelle e gheppi.

Le catture preferite sono i roditori, tanto da poterlo definire un predatore stenofago, un termine che indica un animale che si nutre di una limitata varietà di alimenti.

In alcune aree, però, possono catturare anche conigli selvatici, uccelli e altri piccoli vertebrati.

Il gufo delle Galapagos (Asio galapagoensis), di recente descritto come specie distinta, è invece specializzato nella cattura degli uccelli marini che nidificano sulle scogliere dell’arcipelago.





5. VITTIMA DI PIRATERIA AEREA

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Abile nel volo più di ogni altro Strigiforme, è comunque particolarmente vulnerabile all’attacco di alcuni predatori.

Nidificando sul terreno, il maggior pericolo è rappresentato dalle volpi, che predano le uova e i giovani nidiacei, mentre durante le migrazioni può finire ucciso dagli artigli di astori, gufi reali e aquile.

Quando caccia nelle praterie e negli incolti sovente si osserva un altro fenomeno: il cleptoparassitismo, comune nei territori frequentati anche da albanelle e gheppi.

Se un gufo di palude, durante il giorno, cattura un’arvicola o un topo può subire l’attacco di un gheppio o di altri rapaci diurni più veloci di lui.

L’inseguimento che ne scaturisce genera confusione, costringendo il gufo a lasciar cadere la preda. Ed ecco che il gheppio, astuto e opportunista, con un atto di vera pirateria aerea se ne impossessa.

Analizzando nel complesso gli elementi morfologici ed etologici descritti, non si può resistere all’appeal del gufo di palude; persino la famosa pittrice messicana Frida Kahlo dedicò un quadro a questo elegante rapace.

A dispetto del fascino, su scala globale questa specie mostra segni preoccupanti di declino demografico. La speranza è che il forte spirito di adattamento gli permetta di superare gli sconquassi ambientali determinati dai cambiamenti climatici.








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