Il sistema scheletrico è una risorsa. Non solo ci sostiene: regola il sistema immunitario e perfino la fertilità maschile.
Esso ci permette di ballare il valzer, di grattarci il naso, di stare ben diritti.
E poi difende il nostro cervello dagli urti e circonda cuore e polmoni all’interno di una gabbia protettiva.
L’apparato locomotore, composto dal sistema scheletrico e da quello muscolare, ha il compito di sostenerci, di avvolgere gli organi interni e, ovviamente, di farci muovere.
Oggi scopriremo tante cose curiose, ma molto utili, sul nostro sistema scheletrico. Leggiamole insieme!
1. Multitasking sempre nuovo
- Multitasking
Le ossa, l’unica parte di noi che può resistere per molto tempo anche dopo la morte dell’individuo, rappresentano il 20% del peso corporeo e in una persona adulta sono 206.
Dal femore, il più grande, che corre nella coscia, alla staffa, il più piccolo, che misura solo 3 millimetri e che, con il martello e l’incudine, forma la catena di ossicini che trasmette le vibrazioni del timpano all’orecchio interno.
Lo scheletro, oltre a sorreggerci, svolge molte altre funzioni.
Il midollo delle ossa, per esempio, contiene le cellule staminali, dalle quali nascono tutti gli elementi del sangue: i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine.
Mentre i cristalli di idrossiapatite, che rendono duro e resistente il tessuto osseo, sono una riserva preziosa di calcio e fosforo, importantissimi per l'attività di tutte le cellule dell’organismo, e in particolare per i muscoli e il sistema nervoso.
Negli ultimi anni, poi, i ricercatori hanno scoperto funzioni nuove e inaspettate dello scheletro che, si è visto, può modulare i livelli di zucchero nel sangue, influenzare le difese immunitarie, condizionare la produzione di spermatozoi e quella di diversi ormoni. Inoltre, lo scheletro stesso secerne ormoni, che influiscono su reni, intestino e tiroide.
- Sempre nuovo
Molte di queste azioni passano dal continuo rimodellamento dell’osso, che libera le sostanze di cui è composto e attiva le sue cellule.
E un processo incessante, che segue un ritmo serrato. Nell’arco della vita cambiamo completamente lo scheletro circa 10 volte.
Il rinnovamento è più rapido in gioventù e tende a rallentare con il passare degli anni.
A parte eventi traumatici, come le fratture, che stimolano la rigenerazione, le ragioni dei continui rimaneggiamenti delle ossa sono essenzialmente tre:
1) la necessità dell’organismo di rifornirsi di minerali,
2) di adeguare la struttura che ci sostiene al lavoro che effettivamente svolge, e
3) di riparare le microfratture, lesioni invisibili a occhio nudo, che si formano anche senza incidenti particolari e minacciano la resistenza di tutto il sistema.
Il rimodellamento è avviato dagli osteociti, cellule dalla forma stellata, che percepiscono le piccolissime deformazioni che l’osso subisce, e che possono anche “sentire” se l’organismo ha bisogno di calcio o fosforo.
Quando occorre, gli osteociti rilasciano sostanze che chiamano all’azione gli osteoclasti, cellule gigantesche che penetrano nell’osso solo se “interpellate” e che, letteralmente, lo divorano.
Entrano poi in gioco gli osteoblasti, i costruttori, che secernono il collagene (la proteina più abbondante dello scheletro), su cui in seguito si depositeranno nuovi cristalli di idrossiapatite.
2. Stile di vita
La demolizione e la ricostruzione sono regolate in modo molto fine e sono influenzate dalle condizioni fisiche e dalle abitudini di vita.
Per esempio, fare sport stimola gli osteoblasti e irrobustisce le ossa, mentre la sedentarietà favorisce la demolizione e predispone all’osteoporosi.
Per questo, alle persone anziane si raccomanda di mantenersi attive. Il rinnovamento, poi, è adattato alla forza di gravità.
Gli astronauti di ritorno dallo spazio possono soffrire di osteoporosi proprio perché il loro scheletro, fluttuando nell’aria, non riceve abbastanza sollecitazioni meccaniche e tende per questo a indebolirsi.
Le corse sui tapis-roulant e gli esercizi con i pesi, a bordo della Stazione Spaziale Intemazionale, servono proprio a prevenire questo inconveniente.
Nonostante questo, gli astronauti possono perdere circa l’1% della loro massa ossea per ogni mese nello spazio.
Nel corso della storia, infine, eventi che hanno modificato il nostro modo di vivere hanno influenzato profondamente anche le caratteristiche dei tessuti di sostegno.
La robustezza delle ossa, per esempio, si è notevolmente ridotta quando abbiamo iniziato a coltivare i campi, passando da un’esistenza nomade e faticosissima (quella dei cacciatori-raccoglitori) a quella più agiata e stanziale degli agricoltori.
L’importanza di questo cambiamento, epocale anche per lo scheletro, è stata compresa solo di recente, grazie a uno studio delle Università della Pennsylvania e di Cambridge, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Science.
I ricercatori ritengono che la riduzione dell'attività fisica, seguita all’introduzione dell’agricoltura, abbia giocato un ruolo chiave nel renderci più fragili dei nostri antenati.
3. Quando era un nemico
Una volta attivate, le cellule dell’osso svolgono però molti altri compiti, oltre a quello di rinnovare il tessuto.
Per esempio, gli osteociti dialogano costantemente con intestino, reni e tiroide, che contribuiscono a regolare le concentrazioni di calcio e fosforo nel sangue.
Gli osteoclasti, invece, influenzano (e sono influenzati da) anche organi e sistemi che sembrano avere davvero poco in comune con lo scheletro.
Primo fra tutti, il sistema immunitario, che ha il compito di difenderci da virus, batteri e altri agenti potenzialmente pericolosi.
Il rapporto stretto fra scheletro e difese immunitarie potrebbe avere una sua ragione evolutiva.
Le cellule che demoliscono l’osso, infatti, derivano da elementi del sistema immunitario chiamati monociti, il cui compito è “divorare” gli agenti estranei.
Si può quindi ipotizzare che, in tempi remoti, i primi cristalli di idrossiapatite, che in futuro avrebbero formato il materiale rigido dello scheletro, siano stati percepiti dall’organismo come nemici da combattere.
E che gli osteoclasti fossero cellule inviate dal sistema immunitario per distruggerli. L’attacco però non ebbe successo.
Anzi, poiché le ossa si mostravano molto utili, le cellule demolitrici iniziarono a collaborare con esse, diventando un elemento fondamentale nel processo di rinnovamento che le mantiene in salute.
Studi recenti hanno poi chiarito che gli osteoclasti si attivano anche se nell’organismo c’è un'infiammazione (proprio come i monociti), e che aiutano a combattere eventuali malattie che la causano, stimolando a loro volta i globuli bianchi a produrre anticorpi.
4. Come una ghiandola in azione
- Come una ghiandola
Altre funzioni dello scheletro, invece, non hanno ancora una spiegazione.
In particolare, studi molto recenti hanno accertato che influisce sulla fertilità maschile (ma non su quella femminile) e sull’uso che il nostro corpo fa degli zuccheri.
In
entrambi i casi è coinvolta l’osteocalcina, una molecola prodotta nelle ossa, che funziona come un vero e proprio ormone, modulando cioè l’attività di altri organi.
Nei testicoli, l’osteocalcina aumenta la produzione di testosterone, e quindi di spermatozoi; nel pancreas, favorisce la sintesi di insulina, che fa calare i livelli di zucchero nel sangue.
Queste scoperte hanno smentito l’idea secondo cui solo le ghiandole possono produrre ormoni.
Anche le ossa lo fanno: è un campo nuovo della biologia, che stiamo iniziando a esplorare solo ora e che ci riserverà ancora molte sorprese.
- In azione
Ma senza il sistema muscolare saremmo come burattini: solo pelle e scheletro.
È infatti grazie ai nostri 650 muscoli, fissati alle ossa tramite i tendini, che possiamo muovere il nostro corpo. I muscoli, il cui nome deriva dal latino mus (topo) perché il loro “guizzare” sotto la pelle ricorda il movimento di questi animali, sono fatti da cellule lunghissime, dette fibre, che sono di due tipi: fibre lente e fibre veloci.
Le prime sono importanti per la postura del muscolo, le seconde sono responsabili della sua potenza e della sua forza.
Lo stimolo nervoso che precede il movimento arriva alla placca neuromuscolare: qui viene rilasciata l’acetilcolina, un neurotrasmettitore che causa la contrazione muscolare.
L’accorciamento delle fibre muscolari è possibile grazie alla presenza di due proteine, la miosina e l’actina, che in seguito allo stimolo si agganciano tra loro e tirano l’una verso l’altra, accorciando la fibra di circa il 20% della sua lunghezza.
Questo succede migliaia di volte al giorno: per esempio, per ogni sorriso contraiamo 17 muscoli, per una risata 60 e per fare un passo ben 200.
A differenza delle ossa, che diminuiscono di numero con l’aumentare dell’età (nasciamo con circa 350 ossa che si saldano tra loro nel corso dell’infanzia, poi dell’adolescenza e si irrobustiscono fino ai 30 anni), i muscoli non cambiano mai il loro numero.
Però, come sanno bene gli sportivi, con il costante esercizio fisico possono aumentare di dimensioni.
5. Farsi i muscoli in laboratorio e resistere per milioni di anni
- Farsi i muscoli in laboratorio
I muscoli artificiali realizzati da ingegneri del NanoTech Institute dell’Università del Texas, a Dallas (Usa), raggiungono le prestazioni di un motore a reazione (rapporto peso-potenza): attraverso la torsione e l’avvolgimento di fibre polimeriche (simili al filo da pesca di nylon o polietilene), hanno sviluppato “muscoli" capaci di generare una potenza di 7,1 cavalli vapore per chilogrammo.
Nell'esperimento, il polimero si allunga o si accorcia con il calore erogato da un sottile filo di metallo, avvolto assieme a quello del “muscolo" e collegato a una resistenza elettrica.
Secondo i ricercatori, che hanno utilizzato le fibre per chiudere automaticamente le finestre di serre o edifici a seconda della variazione della temperatura, l’invenzione potrà servire per costruire robot umanoidi o protesi sempre più simili agli arti umani.
- Resistere per milioni di anni
Le ossa sono l'unica parte del nostro corpo che può resistere al passare del tempo.
Accade quando si trasformano in fossili, processo che avviene quando gli elementi che compongono la struttura ossea vengono sostituiti da composti minerali presenti nell'ambiente di fossilizzazione.
È un processo lungo e difficile, ma a volte accade e questo ha permesso ai paleoantropologi di studiare l'evoluzione dell’uomo attraverso i suoi resti ossei.
Il più antico reperto appartenente al genere Homo finora trovato risale a 2,8 milioni di anni fa ed è stato scoperto nel 2013 in Etiopia, nella valle dell’Afar un fossile parziale di mandibola di ominide, probabilmente di Homo habilis, che retrodata di 500 mila anni la comparsa del genere Homo e aggiunge un altro tassello alla storia dell’umanità.