Secoli fa per indicare terre sconosciute, cariche di mistero e pericoli si scriveva sulle carte: “Qui ci sono i draghi”.
Un fondo di verità nelle leggende esiste sempre ed è una realtà in alcune piccole isole dell’Indonesia, dove vivono lucertole carnivore lunghe 3 metri che possono sfiorare i 100 kg di peso chiamate draghi di Komodo (Varanus komodoensis), dal nome dell’isola più famosa.
Il nome drago è suggestivo ma l’essere mitologico non c’entra poiché si tratta di varani, una famiglia di rettili che conta decine di specie ai tropici.
I varani sono tutti carnivori opportunisti con zampe robuste, coda lunga e una lingua biforcuta che esplora continuamente l’ambiente; ma nessuno, tra loro, si avvicina alla taglia dei giganti di Komodo.
Carnivoro e cannibale, ha una lunga lingua biforcuta sempre in movimento e un aspetto preistorico: è il varano di Komodo, la lucertola più grande del mondo. Scopriamolo insieme.
Carta d’identità
Nome comune: varano di Komodo, drago di Komodo;
Nome scientifico: Varanus komodoensis;
Dimensioni: circa 3 metri, coda compresa, peso 60-100 kg;
Dove vive: sulle piccole isole di Komodo, Rinca, Padar e Flores, in Indonesia (Sudest asiatico);
Segni particolari: enorme lucertola con il corpo nero o grigio scuro; i giovani sono scuri con striature gialle;
Habitat: margini delle foreste e praterie;
Cosa mangia: carnivoro, le sue prede sono bufali d’acqua, cervi, capre, cinghiali e altri rettili; consuma anche carogne.
1. UN PREDATORE PAZIENTE
L’arcipelago dell’Indonesia conta migliaia di isole ma la casa dei draghi è piccolissima: solo pochi lembi di terra di qualche decina di km di diametro, coperti di savana e foreste rade, dove i monsoni alimentano una stagione delle piogge ben definita.
Qui i draghi vanno a caccia come gli altri varani però non mangiano lucertole, topi e uova, ma bufali e cervi del peso di centinaia di kg. E naturalmente, se si presenta l’occasione, anche esseri umani.
A volte sembrano mezzi addormentati, ma all’improvviso possono scattare in avanti, con il corpo ben sollevato dal terreno correndo a 20 km/h. Una tigre può fare di meglio, sicuramente, ma i varani sono cacciatori pazienti, che attendono in agguato lungo i passaggi preferiti degli erbivori. E possono restare per settimane a digiuno.
Il loro morso non è neppure molto potente, meno di quello di un coccodrillo di pari taglia, ma la bocca ha denti taglienti rivolti all’indietro che lacerano le carni provocando terribili ferite.
Il drago non cerca di trattenere la preda: la colpisce in punti vulnerabili (le articolazioni o la pancia) e poi si ritira, lasciando agire la sua arma segreta: una saliva velenosa che rende difficile la coagulazione del sangue.
Date le dimensioni relativamente grandi, il varano non presenta molti nemici: infatti, oltre all’uomo può cadere vittima di grossi carnivori, di uccelli da preda e dei coccodrilli.
In ogni caso, lo strumento di difesa più utilizzato è sicuramente la fuga; qualora questa non sia possibile il varano sa come difendersi: il corpo si gonfia e l’animale emette dei fischi con la bocca aperta mentre la robusta coda (talvolta utilizzata più dei denti per la difesa) colpisce il suolo da una parte all’altra, a questo si aggiungono le poderose mascelle e le affilate unghie.
Il Varano di Komodo mangia tutto delle sue prede: muscoli, tendini, interiora, pelle, ossa, peli, piume, unghie. È il suo stomaco che pensa poi a metabolizzare il tutto, e a digestione completa il drago rigurgita un bolo di materiale inassimilabile intriso di muco e succhi gastrici, dopodiché si pulisce educatamente la bocca con la zampa o sugli arbusti vicini.
Il metabolismo lento gli consente di sopravvivere anche con un solo pasto al mese, intervallato da occasionali minuscoli “spuntini”. Dopo aver consumato il pranzo, il Varano si sposta al sole, per accelerare la digestione, che può durare parecchi giorni.
2. LA SCOPERTA DEL VELENO
La letalità degli attacchi del drago ha incuriosito per lungo tempo gli scienziati: per quale motivo le vittime soccombevano così in fretta per ferite non troppo gravi?
Si pensava che fosse colpa solo dei batteri contenuti nella saliva del rettile, capaci di provocare violente infezioni.
Ma il processo era troppo rapido e spesso la vittima era del tutto debilitata nel giro di poche ore.
Così, una squadra di ricercatori australiani guidata da Bryan Fry, dell’Università di Melbourne, ha cercato di capirne il motivo, esaminando gli attacchi e i corpi di draghi morti per cause naturali.
Successivamente hanno sottoposto a spettrografia di massa i piccoli campioni di veleno che ne hanno potuto estrarre scoprendo che si tratta di diverse tossine, fra cui in particolare una molto simile a quella secreta dalla lucertola Gila monster e da alcuni serpenti.
La tossina provoca un drastico calo pressorio, una riduzione della capacità di aggregazione piastrinica e un rilassamento delle pareti vasali, che portano rapidamente la vittima in uno stato di grave shock.
Oggi sappiamo che nella mandibola di questi rettili si trovano ghiandole che producono sostanze che aggrediscono il sangue. Anche se dopo il morso le prede più grandi riescono a scappare facilmente, poi si dissanguano e si indeboliscono.
Il drago non ha fretta, può anche aspettare giorni: segue la sua vittima, la ritrova se la perde e poi la finisce. Spesso al banchetto partecipano altri varani, attirati dall’odore: in questi casi litigi con morsi, codate e spintoni non mancano mai. In un solo pasto ogni drago può ingerire una quantità di carne pari a un terzo del suo peso.
Un recente studio della George Mason University in Virginia (USA), pubblicato su The Journal of Proteome Research, ha scoperto che il sangue di questi sauri è ricchissimo di composti che potrebbero essere utilizzati come antibiotici.
3. LE ORIGINI DEL DRAGO
Anche se a vederli si direbbe il contrario, i draghi di Komodo non hanno molto a che vedere con i dinosauri: non sono loro parenti più delle lucertole che troviamo sui nostri muretti.
I fossili ci raccontano che, probabilmente, questi grandi varani si sono evoluti in Australia circa 5 milioni di anni fa e poi hanno colonizzato altre isole, arrivando nell’area di Komodo circa 1 milione di anni fa.
Negli ultimi 4 milioni di anni l’Australia ha ospitato specie ancora più grandi degli odierni draghi, tra cui un gigante di 5 metri chiamato Varanus priscus o Megalania prisca, che a oggi è il varano più grande mai descritto.
Ma perché i draghi di Komodo sono cresciuti così tanto rispetto ai loro cugini? Nelle isole, grandi e piccole, l’evoluzione segue percorsi insoliti: animali di piccole dimensioni, che di solito evitano di essere catturati nascondendosi, in presenza di pochi predatori possono ingrandirsi, per esempio per accedere a nuove fonti di cibo.
Nel caso dei varani il cibo potevano essere gli elefanti pigmei (Stegodon) che abitavano quelle isole.
Anche i nostri antenati hanno convissuto con queste grandi lucertole: per esempio, Homo floresiensis, scoperto nel 2003 nell’isola di Flores (Indonesia), uno dei più curiosi rappresentanti del genere umano.
Chiamato “hobbit” (dal nome degli uomini in miniatura del libro “Il Signore degli anelli”) per la piccola statura e i piedi grandi, non superava di molto il metro di altezza ma era un ottimo cacciatore e sicuramente riusciva a evitare i draghi.
Il più grande esemplare mai registrato era lungo più di tre metri pesava oltre 160 kg: questo lo rende il sauro più grande al mondo.
Le sue dimensioni impressionanti sono probabilmente dovute a un caso di gigantismo insulare: trovandosi a un certo punto della sua storia evolutiva isolato in un ambiente ristretto in cui era l’unico predatore, ha potuto “mettersi comodo” e crescere a dismisura.
4. FANNO FIGLI SENZA IL MASCHIO
Di notte, i draghi di Komodo si riparano in tane sotterranee. E in un nido nel terreno le femmine depongono le uova.
Vivono a lungo, fino a 65 anni, anche se da “anziani” hanno uno stile di vita sedentario: sembrano sempre mezzi addormentati, si cibano principalmente di carogne ed è facile difendersi dal loro attacco.
La riproduzione dei varani è quella tipica di molte altre lucertole: depongono e proteggono le uova ma poi non prestano attenzione ai piccoli. Sorprendentemente, pochi anni fa, alcune femmine ospitate in zoo britannici hanno deposto le uova senza avere mai incontrato un maschio.
Si tratta di un fenomeno noto come partenogenesi, che si osserva soprattutto negli invertebrati ed è molto raro nei rettili, unico in specie così grandi. Probabilmente si tratta di un adattamento per contrastare l’isolamento di singoli individui nelle specie insulari.
Come una femmina di drago che si ritrova da sola in una piccola isola, senza perciò la possibilità di accoppiarsi.
I varani possono essere cannibali, quindi i giovani evitano gli adulti mettendosi al riparo sui rami bassi degli alberi. Superato l’anno di età (e raggiunto il metro di lunghezza) si trasferiscono a terra.
Non sono animali sociali e, se a volte li si vede assieme, è solo perché nei dintorni c’è qualcosa da mangiare. I maschi, inoltre, si incontrano per affrontarsi in spettacolari lotte per il possesso delle femmine, sollevandosi sulle zampe posteriori; il vincitore si accoppia e poi ognuno va per la propria strada.
5. DRAGHI E UOMINI
Oggi i draghi sono un’importante attrazione turistica e la loro isola è famosa in tutto il mondo.
Migliaia di visitatori arrivano ogni anno nel Parco nazionale di Komodo (sito UNESCO di importanza mondiale) per osservare questi giganti accompagnati dai ranger: una precauzione indispensabile perché i draghi possono essere pericolosi.
In passato, infatti, alcuni uomini sono stati aggrediti e divorati e anche un solo morso può richiedere un ricovero in ospedale perché le ferite inferte non guariscono facilmente. Nonostante i rischi la popolazione che vive nel parco rispetta i draghi, perché li ritiene sacri.
I pericoli per questi rettili sono recenti e vengono soprattutto dai bracconieri, che catturano i draghi su richiesta di allevatori senza scrupoli di specie esotiche o per venderne le pelli o i talismani fatti con i denti e gli artigli.
Oggi si contano circa 5 mila draghi: molti di più dei panda e delle tigri viventi in natura, ma le femmine in grado di riprodursi sono solo poche centinaia.
Nonostante alcuni recenti episodi (nel 2019 si è parlato di circa 40 draghi “spariti”), le isole sono ben protette e non sono soggette alla distruzione dell’habitat come si osserva in altre regioni, con l’eccezione dell’isola di Flores, dove le poche aree ancora popolate dai varani sono assediate da villaggi, terreni agricoli e risaie.
Ciò significa meno spazio vitale, un calo delle prede e, alla fine, meno draghi. Fa piacere, però, sapere che i varani di Komodo non sono per ora in reale pericolo di estinzione.
La IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, che indica le specie a rischio) li considera vulnerabili a causa del numero modesto e della minuscola area in cui vivono.
Non è facile stabilire con certezza quante vittime umane mietano ogni anno i circa 5.000 varani che vivono nell’arcipelago, anche perché una persona uccisa da un varano viene interamente mangiata nel giro di pochi minuti, e il corpo non può essere recuperato.
Per questo, è molto probabile che le persone “scomparse” sulle isole siano state vittima dei varani.