Ciascuno di noi è costantemente avvolto da una nube composta da centinaia di sostanze chimiche volatili, emesse dalla pelle, dal respiro e potenzialmente persino dai batteri intestinali.
Ogni singolo odore è formato da un complesso cocktail di componenti: potete immaginarlo come una ricetta di cucina con tanti ingredienti diversi.
La maggior parte di questi odori è troppo tenue perché gli esseri umani riescano a coglierli, ma per gli animali noi siamo letteralmente delle nubi odorose semoventi, e ai loro sensi è subito evidente quando il nostro odore è diverso dal solito.
Una cosa estremamente interessante, perché gli scienziati sospettano che quando non siamo in salute anche il nostro odore cambia.
Il legame stretto tra olfatto e esperienza emotiva è stato un argomento discusso per molto tempo. È stato infatti concluso che gli odori possono avere la funzione di stimoli molto potenti e diretti per evocare stati affettivi.
Senza aromi non si sarebbe mai sviluppato l’olfatto, che ci permette di sentire il gusto dei cibi, ma anche di individuare malattie. Ecco perché se non ci fossero gli odori… saremmo meno intelligenti e meno al sicuro!
1. Un detector quasi infallibile
Se il fumo uccide, anche certe ascelle fanno paura.
Eppure, se non ci fossero gli odori, forse migliorerebbero alcuni aspetti della nostra convivenza con gli altri, ma non mancherebbero i problemi.
Perché non si sarebbe mai sviluppato l’olfatto né nell’uomo né in tutti gli altri animali. Forse per molte specie non sarebbe stato un ostacolo insormontabile.
Esistono già oggi animali diurni, che come noi puntano di più sulla vista, e animali crepuscolari, che usano di più l’olfatto o, in alternativa, l’udito: i sensi si sono insomma adeguati alle esigenze dell’ambiente.
Si potrebbe forse azzardare l’ipotesi che senza poter sentire i segnali di marcatura territoriale o di estro delle femmine, il rapporto tra individui all’interno di molte specie sarebbe oggi più conflittuale. Ma non è facile stabilirlo: non siamo del tutto certi di quali odori sentano o non sentano gli animali.
Di sicuro sarebbe più difficile la vita quotidiana nella tribù dei Desana, cacciatori della foresta amazzonica colombiana, che vivendo in un ambiente dove il campo visivo è limitato e i rumori naturali sono tanti, si affida soprattutto all’olfatto per individuare gli animali da cacciare, ma anche per orientarsi nello spazio, identificare da lontano un nemico o gli individui di un altro gruppo sociale. Senza odori, forse questi cacciatori non riuscirebbero più a sopravvivere.
Del resto, anche nelle nostre moderne città una delle funzioni svolte dal naso è proprio quella di avvisarci dei pericoli, avvertendoci di una fuga di gas in casa, o del fumo derivante da un eventuale incendio o del fatto che stiamo mangiando cibo avariato (o bruciando l’arrosto).
«Non a caso quando non esistevano i moderni sistemi di controllo qualità di cibi e bevande, nei mercati e anche nei primi stabilimenti industriali c’erano gli “annusatori” di professione, che avevano il compito di riconoscere i cibi avariati prima che venissero messi in vendita», ricorda Anna D’Errico, neurobiologa e autrice de Il senso perfetto, un saggio sull’olfatto.
Certo, in un mondo senza odori, ai rischi derivanti da questa insensibilità si potrebbe ovviare con sensori luminosi per il fumo o la presenza di gas, filtri per l’aria o frigoriferi intelligenti che ispezionano il loro contenuto, scoprendo per esempio se un formaggio sta andando a male in base al suo aspetto, anche se non emana puzze.
2. Tutto insipido
Però, una volta al sicuro, la nostra quotidianità sarebbe ulteriormente impoverita di un piacere fondamentale: quello del cibo.
«L’anatomia della corteccia olfattiva umana è anteriore a quella della corteccia visiva e uditiva», spiega Alfredo Fontanini, docente di neurobiologia e comportamento alla Stony Brook University di New York.
«Il che ci fa supporre che la percezione dei sapori, che passa attraverso l’olfatto, sia stata determinante per l’evoluzione». Niente odori quindi niente olfatto e dunque niente uomo?
È ciò che sostiene il neuroscienziato di Yale Gordon Sheperd, per il quale proprio la sensibilità agli aromi dei cibi ha contribuito a variare la nostra dieta, regalando una marcia in più al cervello umano rispetto a quello di altre specie.
Se non avessimo l’olfatto, dunque, forse la nostra civiltà non sarebbe arrivata fin qui. Ma non è escluso che, al contrario, avremmo compensato alla mancanza di un senso sviluppando di più gli altri.
Quel che è certo è che mettersi a tavola, in un mondo completamente inodore, sarebbe un’esperienza deludente. È proprio l’olfatto, in particolare quello retronasale, attivo quando mastichiamo e deglutiamo, a contribuire più di qualsiasi altro senso alla percezione del sapore.
Senza di esso sentiremmo solo i gusti di base (dolce, salato, acido, amaro e il sapido umami) e la consistenza dei cibi, ma non saremmo in grado di distinguere una fetta di mela da una di patata o la carne d’agnello da quella di maiale.
Forse ci comporteremmo tutti come gli anosmici, ovvero le persone che dalla nascita o a seguito di una malattia sono prive di olfatto, che per compensare questa ridotta percezione dei sapori ricorrono ad altri segnali, per esempio sono particolarmente sensibili alla croccantezza, alla consistenza, all’acidità e all’idratazione dei cibi.
Non a caso si deve proprio a un anosmico, Ben Cohen, uno dei 2 fondatori del marchio di gelati Ben & Jerry, l’inserimento di grandi pezzi di frutta o cioccolato nei prodotti: intensifica la percezione del sapore (e fa contenti i clienti).
3. Sporcizia ovunque
Come già accennato, comunque, un mondo inodore sarebbe anche senza puzze.
Certo non saremmo più disturbati da odori che oggi sono difficili da tollerare: come quello di certi formaggi, il sudore altrui o... l’alito pestilenziale di chi abusa dell’aglio.
Ma ci sarebbe un lato negativo: senza poter percepire gli effluvi personali, nostri e altrui, probabilmente la soglia dell’igiene personale si abbasserebbe.
D’altra parte, senza odori non sarebbe mai nata l’industria di profumi e deodoranti, né personali né per ambienti (e addio agli Arbre magique in auto). Anche i rifiuti nelle strade sarebbero più tollerati, dato che non puzzerebbero.
E verrebbe meno anche il reato di “getto di cose pericolose” per chi emette “fumi” che l’articolo 674 del Codice penale punisce con l’arresto fino a un mese o l’ammenda fino a 206 euro: un’accusa di molestia olfattiva rivolta ad aziende di gestione rifiuti, tintorie, torrefazioni, ma talora anche agli artefici di micidiali sughi e fritture che, riporta la sentenza 14467/2017 della Cassazione, solo la prescrizione ha salvato dalla condanna e da una macchia (di ragù) sulla fedina penale.
In realtà, dall’assenza di odori e quindi di olfatto nascerebbero altri guai, più seri: per esempio, avremmo problemi a dormire, a meditare e soffriremmo di deficit di memoria. La respirazione sincronizza l’attività del sistema nervoso.
In pratica, paragonando il nostro cervello a uno stadio in cui ogni neurone è uno spettatore che compie un’azione diversa, sincronizzare l’attività cerebrale equivale a convincere il pubblico a fare la stessa cosa, tipo una “ola”.
Esperimenti condotti sui topi hanno dimostrato che è il passaggio dell’aria dalle narici che induce il sistema olfattivo a generare un’attività elettrica che dall’epitelio olfattivo si propaga fino all’ippocampo.
E proprio questa propagazione parrebbe determinante per produrre una lenta attività oscillatoria nel cervello, durante il sonno o nelle fasi di concentrazione; quella sincronizzazione che ci aiuta a fissare i ricordi, e a riconoscere visi già visti». Senza odori, dunque, saremmo tutti un po’ più scemi, o perlomeno più confusi.
Nella foto sotto, un giovanissimo monaco tibetano per le strade di Katmandu, in Nepal, ripara il naso e la bocca dall’odore dei rifiuti. Senza sentire le puzze, forse avremmo città più sporche.
4. L’odore degli altri è una “scia chimica” che condiziona i nostri rapporti socio-emozionali
Ovvio che, senza questa sollecitazione olfattiva, la quotidianità sarebbe più faticosa. E ne risentirebbe anche la qualità delle nostre relazioni.
L’odore degli altri è una “scia chimica” che condiziona i nostri rapporti socio-emozionali: permette alle persone di riconoscersi, di incontrarsi, di innamorarsi ma anche di respingersi.
Non ne siamo consapevoli, ma quando incontriamo una persona la annusiamo come fanno gli altri animali. Giudichiamo quindi gradevole l’odore delle persone amiche o di chi ci attrae.
L’odore personale infatti è influenzato da un insieme di geni detto “complesso maggiore di istocompatibilità” (MHC), che controlla una parte del sistema immunitario.
E se da tempo sappiamo che topi e ratti deducono quanto siano geneticamente legati tra loro annusandosi l’urina l’un l’altro, pare che anche gli umani “a naso” riescano a farlo e, per fortuna, senza dover sniffare la pipì altrui.
Un’analisi condotta presso la canadese McGill University ha mostrato tramite neuroimaging del cervello che, annusando il possibile partner, le donne in particolare preferiscono uomini con un corredo genetico diverso dal proprio perché, si suppone, questo garantisce una prole con un Dna più vario e più adattabile all’ambiente.
Senza il “radar olfattivo”, l’incrocio tra geni molto simili aumenterebbe la probabilità di aborti spontanei e di neonati sottopeso. In più, la perdita dell’olfatto potrebbe rendere problematico il legame emotivo tra madre e figlio.
Già da anni si ipotizza che la memoria olfattiva sia alla base del modo in cui il neonato trova il capezzolo, una tipica risposta automatica legata al riconoscimento della mamma e del suo latte.
In effetti, in un test del 2015 i bambini allattati al seno hanno rivolto la testa verso cuscinetti imbevuti del profumo del latte delle loro madri circa il doppio delle volte rispetto a cuscinetti con odori sconosciuti.
E per converso, vari esperimenti hanno dimostrato che le madri sono in grado di distinguere l’odore dei figli a 6 ore dalla nascita pur essendone state separate per la maggior parte del tempo.
Chissà, un mondo senza odori sarebbe popolato da madri più menefreghiste. O magari da adolescenti più sereni, senza l’assillo delle genitrici che vogliono essere informate dei loro spostamenti.
Sarebbe difficile, inoltre, individuare i sintomi di alcune alterazioni metaboliche, come alcune forme di diabete, problemi al fegato, reflusso e cattiva digestione, che oggi cogliamo perché si manifestano con il classico alito cattivo.
5. Test antiparkinson e riproduzione dell’odore personale di ognuno di noi
- Test antiparkinson
Senza odori sarebbe vano anche lo sforzo compiuto dall’Università di Manchester che da 3 anni collabora con una donna scozzese, Joy Milne, per un obiettivo strabiliante: annusare il Parkinson.
Come rivela uno studio pubblicato su ACS Central Science, la straordinaria capacità della donna, più volte sottoposta a verifica, di riconoscere l’odore (che lei definisce “muschiato”) di chi sta per sviluppare il Parkinson, ha consentito agli scienziati di separare e identificare, tramite una spettrometria di massa con gascromatografia, alcuni composti che si trovano nel sebo umano fino a decifrare la combinazione di sostanze chimiche che compone “l’odore del Parkinson”.
Il team sta ora lavorando allo sviluppo di test diagnostici mediante macchinari che rilevino biomarcatori ad hoc, nonché all’addestramento di cani “sniffa malattia”.
Ma nel nostro immaginario mondo senza odori, il loro uso “diagnostico” non sarebbe possibile né per il Parkinson né per il cancro alla vescica, quello del colon-retto, il carcinoma ovarico e quello prostatico, che oggi vengono “annusati” da cani appositamente addestrati.
Lo stesso fanno i ratti giganti in Paesi africani quali Mozambico e Tanzania, dove questi animali rilevano circa il 70% dei casi di tubercolosi.
Per valutare la presenza di Tbc in un singolo campione umano un apposito macchinario, che costa 17.000 dollari, impiega circa 2 ore mentre un ratto, il cui “addestramento” costa attorno ai 7.000 dollari, esamina 100 campioni in 20 minuti.
Senza odori e senza fiuto, quindi, anche la sanità potrebbe funzionare peggio. E perfino costarci molto di più. Nella foto sotto, Joy Milne.
- Si può riprodurre l’odore personale di ognuno di noi?
In realtà, è già stato fatto. Nel 2015 la francese Katia Apalategui ha fondato Kalain, una società che mette in una boccetta “l’odore dei tuoi cari”.
L’imprenditrice, in collaborazione con i ricercatori dell’Università di Le Havre, ha sviluppato un metodo per catturare il profumo di una persona e imbottigliarlo. Basta fornirle un capo di abbigliamento indossato dal soggetto e pagare 600 euro per una bottiglietta da 10 ml.
È gratis invece l’esperienza “intima” proposta dall’artista canadese Clara Ursitti che nel 2002 ha chiesto al profumiere George Dodd di isolare e riprodurre gli odori prodotti dalla sua vagina, da ascelle, cuoio capelluto e piedi per “offrirli” al pubblico su cartine.
Ciò che chiamiamo “odore personale” è in realtà un mix di numerose molecole che il nostro cervello identifica come “di piedi”, “di ascelle” e così via. Di parecchie gli scienziati conoscono la formula chimica e possono essere anche sintetizzate in laboratorio, ricreando alcuni dei sentori umani.
Per esempio, il bouquet “odore di piedi” contiene acido isovalerico, acido caprilico e acido perlagonico: le stesse molecole che caratterizzano anche l’odore di alcuni formaggi.
Nella foto sotto, in uno showroom londinese, tre donne annusano l’odore personale di sei diversi uomini sintetizzato e messo in bottiglia dall’azienda francese di profumi Caracter per conto del sito di incontri Match.
Note
“Stranezze” nel naso
Tra chi soffre di disturbi dell’olfatto, c’è chi non sente odori, chi ne sente alcuni che non esistono e chi non ne sopporta certi al punto di star male. Si stima che 1 persona su 20 sia affetta da “anosmia”, ovvero l’incapacità di percepire odori e profumi.
Secondo uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Jama sono invece le donne sopra i 40 anni, in particolare se appartenenti a classi sociali svantaggiate, le più colpite dalla cosiddetta fantosmia, ovvero le allucinazioni olfattive: si tratta di odori che non esistono, ma che vengono percepiti da queste persone e che corrispondono in genere alla puzza di bruciato, a quella di pesce e uova marce, o a quella di acqua stagnante.
I soggetti affetti da iperosmia, una esagerata capacità di percepire gli odori, riescono invece a sentire aromi che le altre persone neanche riescono a rilevare. In compenso però gli odori di livello “normale” risultano per loro così intensi da arrivare a odiare il proprio piatto preferito o da svenire sui mezzi pubblici.