Irene di Bisanzio, unica donna ad assumere il titolo imperiale maschile, è conosciuta soprattutto per aver sconfitto l’iconoclastia, riportando la Chiesa d’Oriente in comunione con tutte le altre.
Per questa ragione venne proclamata Santa e ricordata come colei che salvò l’unità del mondo cristiano.
Forse non tutti sanno però che Irene fu anche e principalmente una donna di governo e di guerra, che non esitò a uccidere il figlio e altri nemici politici per perseguire quello che riteneva essere il bene dell’Impero.
Una donna di potere e di fede che può essere compresa a fondo solo prescindendo dalla mentalità moderna e cercando di interpretare lucidamente una società estinta, quale quella bizantina.
Ma che era veramente Irene di Bisanzio? Scopriamolo insieme.
Per saperne di più vi consigliamo la lettura del libro “Irene, imperatore di Bisanzio” di Nicola Bergamo.
1. Sposa per il principe
Scalò le vette del potere in un mondo dominato da uomini ambiziosi, spietate congiure di corte e faide religiose, influenzando per vent'anni la politica dell’Impero romano d’Oriente e sedendo per un intero lustro sul trono dei Cesari (797-802).
All’insopprimibile desiderio di vestire la porpora sacrificò persino il suo unico figlio, ma si guadagnò comunque un posto tra i santi.
La storia di Irene d’Atene si concluse in modo tragico, eppure la sua irresistibile ascesa era iniziata come una fiaba.
Correva l’anno 766 d.C. e l’imperatore bizantino Costantino V era alla ricerca di una sposa per il figlio Leone.
Gli emissari imperiali furono così inviati ai quattro angoli dell’impero in cerca del partito perfetto.
Il loro compito era trovare una giovane vergine con particolari caratteristiche fisiche riguardanti altezza, seno e piedi. Il ceto non pare fosse essenziale.
Il viaggio degli emissari si fermò ad Atene, all’epoca cittadina di provincia, dove una splendida adolescente pareva rispondere all’identikit ideale.
Rimasta orfana da bambina, Irene aveva allora quasi 16 anni ed era cresciuta con gli zii, appartenenti alla nobile famiglia dei Sarantapechos.
Motivo in più per sceglierla, vista la necessità di Costantino di rafforzare la sua autorità nei territori periferici.
2. Nuova vita ma separati in casa
- Nuova vita
Il primo novembre 768 la vita di quella timida ragazzina di provincia cambiò d'improvviso.
Catapultata nella ricca capitale bizantina, Irene venne accolta con tutti gli onori da un pomposo corteo e poco dopo sposò Leone.
In principio il rapporto fu ottimo e ad appena nove mesi dal matrimonio la giovane diede alla luce un erede a cui fu dato il nome di Costantino, in onore del nonno.
A corte Irene si ambientò con discrezione e quando nel 775 il marito salì al trono divenne a tutti gli effetti la donna più importante dell’impero.
Di carattere mite e conciliante, Leone proseguì le campagne paterne contro Arabi e Bulgari, dichiarando co-reggente il figlioletto per cementare il consenso.
Doveva però fare i conti con l’annoso problema dell’iconoclastia, che da secoli tormentava Bisanzio.
Il Concilio di Hieria del 754 aveva condannato come eresia il culto delle icone religiose perseguitando chi le possedeva, e anche in questo campo Leone seguì la politica iconoclasta di Costantino V.
A Bisanzio c’erano tuttavia importanti gruppi che continuavano ad adorare le immagini sacre in clandestinità; lo stesso facevano larghi strati della popolazione delle province. - Separati in casa
Fu proprio questa diatriba religiosa a rompere l’idillio tra i coniugi.
Segretamente, l'imperatrice era infatti una fervente iconodula (era cioè a favore del culto delle icone), e iniziò a tessere contatti con altri personaggi dalle sue stesse vedute e che congiuravano contro l'imperatore.
Le cronache raccontano che Leone lo scoprì per caso, scovando una piccola icona sacra sotto il cuscino della moglie.
La reazione fu furiosa: gli altri iconoduli presenti a corte furono incatenati sulla via principale di Costantinopoli e l’imperatore troncò di netto la relazione con Irene.
L’avvenimento incupì il carattere di Leone, sancendo una separazione totale tra i due all’interno del palazzo.
È tuttavia improbabile che Irene abbia tramato contro il marito, e verosimilmente fu “incastrata” dal gruppo che la voleva dalla sua parte.
La caduta in disgrazia fu breve: pochi mesi dopo, nel 780, colpito da un’improvvisa malattia Leone IV morì a trent’anni, lasciando l’impero nelle mani della consorte e del piccolo Costantino.
3. Determinata
Farsi rispettare per la nuova imperatrice non fu facile.
A nemmeno due mesi da quando aveva assunto la reggenza per conto del figlioletto dovette sventare un complotto di una parte dell’establishment, riluttante ad accettare una donna al vertice del potere.
Ma fin da subito dimostrò un sangue freddo e una risolutezza da far invidia ai suoi predecessori maschi, arrestando ed esiliando i responsabili.
Consolidato il comando, ottenne discreti risultati in politica estera pacificando i confini orientali e schiacciando le tribù slave che insidiavano le frontiere balcaniche.
In barba ai rigidi schemi dell’epoca, si recò persino a visitare le truppe al fronte, gesto che nessuna imperatrice aveva osato prima, e tentò di imbastire un accordo con i Franchi pianificando le nozze tra Costantino e Rotrude, figlia di re Carlo Magno.
Mentre Irene governava come reggente del figlio, in Europa Occidentale si faceva strada Carlo Magno, potente re dei Franchi.
Con lui (Imperatrice tentò un approccio diplomatico pianificando le nozze tra Costantino e Rotrude (figlia di Carlo). L'accordo però fallì in seguito alle tensioni scoppiate nei domini italiani, nei quali gli interessi di Bizantini e Franchi finirono per cozzare.
Nell'802 le cose sembrarono prendere una piega diversa. Con l'aiuto di papa Leone III, che aveva incoronato Carlo imperatore due anni prima, parve di nuovo concretizzarsi l'idea di un matrimonio, questa volta direttamente tra Irene e Carlo.
Il pontefice riteneva formalmente vacante il trono occupato da Irene e il suo progetto, che avrebbe potuto riunire di nuovo in un unico impero Oriente e Occidente, fu vanificato solo per una questione di tempo: pochi giorni dopo l'arrivo a Costantinopoli degli ambasciatori franchi con la proposta di matrimonio, l'imperatrice fu infatti detronizzata.
4. Nuovo corso
Ma la mossa più radicale fu attuata in campo religioso: con l’aiuto del patriarca di Costantinopoli Tarasio e di papa Adriano I, Irene promosse nel 787 la convocazione del secondo Concilio ecumenico di Nicea (il primo si era tenuto nel 325) con lo scopo di ripristinare il culto delle icone.
L'obiettivo era ambizioso, eppure proprio quando sembrava soccombere di fronte all'opposizione di pane del clero e dell’esercito, Irene la spuntò, allontanando dalla capitale le truppe di simpatie iconoclaste con la scusa di una spedizione militare e deponendo i vescovi ostili.
Grazie a questa mossa fu in seguito dichiarata Santa, e ancora oggi è venerata dalle Chiese orientali.
Pur casta e devota, Irene non riuscì a controllare la propria sconfinata ambizione e commise errori imperdonabili.
Primo fra tutti, far fuori i brillanti generali nominati dal suocero e circondarsi di eunuchi infidi e spesso incapaci.
La sostituzione di molti ufficiali, dovuta alle loro simpatie iconoclaste, si rivelò disastrosa. Le successive guerre segnarono brucianti sconfitte per mano di Longobardi, Bulgari e Arabi.
La volontà di esercitare un controllo assoluto la spinse a non risposarsi per timore di finire sottomessa a un marito e distrusse anche il rapporto con il figlio.
Fallito il tentativo di farlo sposare con Rotrude, Irene lo costrinse a impalmare Maria di Amnia, che più tardi sarà ripudiata dal giovane suscitando un enorme scandalo.
5. Figlicida e sola
Frustrato per l’atteggiamento opprimente della madre, a 19 anni Costantino tentò di assumere il comando dell’impero (che gli toccava di diritto), pagando lo sgarro con un’umiliante fustigazione.
Ma poco dopo, con l’appoggio dell’esercito, ottenne il posto che gli spettava. Irene fu trasferita in un palazzo periferico ed esclusa dal governo.
Costantino però rimarrà succube della madre, tanto da riavvicinarsi a lei. Nei sette anni in cui regnò scontentò tutti, e Irene ne approfittò per strappargli la corona. Il giovane cercò di fuggire, ma fu arrestato e morì poco dopo.
A 45 anni, Irene poteva così placare la sua ambizione assumendo il titolo di basileus, fino a quel momento riservato agli uomini.
Con un gesto plateale, il lunedì di Pasqua del 797 sfilò per le vie di Costantinopoli su un carro d’oro trainato da quattro cavalli bianchi, distribuendo monete alla folla.
A nulla valsero i tentativi di ingraziarsi il popolo. Con elargizioni smodate ai monasteri e l’abolizione di diverse tasse sui commerci il bilancio imperiale cadde nel baratro.
E in politica estera le cose non andarono meglio: le armate bizantine non riuscirono a fermare le incursioni arabe.
Sempre più isolata, nell’802 Irene fu vittima dell’ennesima congiura, questa volta ordita da Niceforo (un dignitario che era stato tra i più fidati), che le soffiò il trono.
Stanca e sfiduciata, l’imperatrice accettò il suo destino e andò in esilio nell’isola di Lemno, dove prese i voti. Ormai logorata e forse pentita per la morte del figlio, si spense poco dopo.
In segno di rispetto la sua salma fu traslata nella chiesa dei Santissimi Apostoli, a Costantinopoli.
La città che l’aveva stregata da adolescente, segnando la sua ascesa e la sua caduta, le riconobbe così il posto per cui aveva lottato per tutta la vita: accanto agli altri imperatori.