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Juliette Récamier: la dama in bianco

“Difficile riconoscere in quella donna pallida la leggendaria Juliette Récamier, amata dagli uomini più famosi del suo tempo”.

Nel marzo 1849 la scrittrice Marie d’Agoult andò a trovarla per la prima volta nel convento di rue de Sèvres, a Parigi, dove Juliette viveva in un appartamento in affitto.

E ne rimase delusa. La sua figura era ancora alta e snella, i lineamenti fini e la dolcezza del volto non erano cambiati. Ma in lei non vedeva “nulla della grande dama che tiene al suo aspetto e che porta con orgoglio la sua età. 

Per non parlare dell’esitazione nella voce, nei gesti e tutt’un imbarazzo da collegiale invecchiata”. Una frase sfuggita a Madame Récamier la colpì però, e profondamente: “è triste invecchiare, i ricordi diventano confusi; ma rimangono comunque dolorosi”.

Poco più di un mese dopo Juliette morì di colera. Aveva 72 anni. Eppure Juliette Bernard, questo era il suo nome da ragazza, era considerata la donna più affascinante d’Europa.

Ma chi era veramente Juliette Récamier, la celebre “dama in bianco”? Scopriamolo insieme.

 

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1. Il segreto del matrimonio

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Juliette Bernard era nata a Lione nel 1777 da un’agiata famiglia borghese (suo padre era notaio reale).

E, come tutta la sua generazione, fu testimone di un impressionante cambiamento politico e sociale.

Aveva 12 anni quando scoppiò la Rivoluzione e nel corso della sua vita vide scorrere, uno dopo l’altro, il Consolato, l’impero di Napoleone, la Restaurazione di Luigi XVIII, i Cento giorni e la rivoluzione del 1830.

Troppi cambiamenti di casacca per passarne indenni. E anche Juliette pagò pegno. Nel 1793, in pieno periodo del Terrore, Juliette sposò a Parigi il banchiere Jacques-Rose Récamier, alto, biondo, occhi blu e tanto denaro.

Lei aveva quindici anni, lui ventisei di più. Marie Antoinette Récamier, sorella dello sposo, lo descriveva come “allegro e con un insieme di qualità che lo fanno amare da quelli che lo conoscono”.

Peccato che lui fosse l’amante della madre di Juliette e, secondo voci dei soliti ben informati, anche padre della giovane moglie. Madame Mohl, amica di Madame Récamier lo conferma: “Quello che si diceva allora, e che si continua a credere, è che lei fosse figlia del signor Récamier”.

Un finto matrimonio, quindi, che Juliette accettò per compiacere la sua famiglia e il cui unico scopo era di assicurarle l’eredità del banchiere.

Jacques-Rose era sicuro che prima o poi lo avrebbero ghigliottinato e lui stesso raccontava che andava ad assistere alle esecuzioni per “familiarizzarsi con la sorte che gli era riservata”. Invece Récamier non venne decapitato e morì nel suo letto a 79 anni.

La povera Juliette si trovò così prigioniera di un matrimonio bianco, legata a un uomo a cui era sinceramente affezionata, che le lasciava piena libertà ed era sempre pronto a esaudire ogni suo desiderio, ma che di fatto le scippò la possibilità di amare e di essere madre.

Così nel 1808 tentò il suicidio: un fatto di cui si sa poco, perché tutto fu subito messo a tacere per evitare lo scandalo.

 

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2. Tutti la vogliono

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Tanta infelicità mal si conciliava con la sfilza di spasimanti che la donna collezionò per tutta la vita, forte di un indiscutibile fascino.

Innanzitutto aveva uno stile tutto suo, che la rese una vera icona della moda stile impero.

A partire dal gusto particolare nell’acconciarsi i capelli, dagli abiti di mussolina a vita alta rigorosamente bianchi. Contrariamente alle altre donne, Madame Récamier non si imbellettava il viso e non portava gioielli: solo, a volte, un filo di perle.

La contessa Regnaud, una vedette del bel mondo parigino durante il Direttorio, ci ha lasciato un’istantanea dell’entrata di Juliette in un salone affollato di invitati: “Récamier arriva: lo splendore dei suoi occhi, la straordinaria bianchezza delle spalle fecero scomparire tutto il resto: lei risplendeva”.

Se a questo si aggiunge un ovale perfetto, tratti regolari, un naso ben disegnato, una silhoutte slanciata, si può immaginare lo charme di Juliette.

Ma secondo Madame de Boigne, che aveva un apprezzato salotto letterario, il suo segreto era un altro: “ve l’ho detto cento volte e l’ho pensato mille, ciò che vi rende così seducente, è la vostra bontà”.

Nulla di strano, quindi, che il suo splendido palazzo di rue du Mont Blanc fosse circondato da spasimanti, sia di tradizione monarchica, come Adrien e Mathieu de Montmorency, sia della nuova nobiltà napoleonica, come Lucien Bonaparte (fratello di Napoleone), che aveva perso la testa per lei.

Lucien la subissava di lettere appassionate firmandosi Romeo e minacciava di uccidersi se l’avesse rifiutato. Juliette ne parlò al marito e adottò una tattica che usò in seguito con molti altri, come ricorda lo scrittore Charles de Sainte-Beuve: “Lucien ama, non è respinto, non sarà mai accolto”.

Ma il matrimonio bianco fu frustrante per Juliette, che aveva la sensazione di passare accanto a quello che lei chiamava “la vera felicità”, senza mai poterla cogliere.

Per conciliare il suo desiderio di essere amata con il bisogno di rispettabilità, adottò una forma di casta civetteria che portò ai suoi piedi molti dei migliori nomi dell’epoca, come l’intellettuale e scienziato Henri-Benjamin Constant e lo scrittore Jean-Jacques Ampère, figlio del celebre fisico André-Marie.

A quel punto, una volta conquistati, la donna riusciva a trasformarli da corteggiatori ad amici per la vita: innamorati e fedelissimi.

 

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3. Un passo falso con Napoleone

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Persino Bonaparte non rimase indifferente alla bellezza di Madame Récamier: nel 1799 o nel 1800, Napoleone partecipò a una festa a casa del fratello Lucien, a cui era invitata anche Juliette.

Durante tutto il concerto, Madame Récamier sentì gli occhi blu del Bonaparte fissi su di lei.

Qualche anno dopo l’imperatore inviò a più riprese Fouché, il ministro della Polizia, per convincere la donna a far parte della corte, facendole anche intendere che avrebbe potuto esercitare su di lui “un grande e benefico potere”: in altre parole, diventarne l’amante.

Juliette rifiutò anche l’uomo più potente d’Europa, adducendo varie scuse. Ma la verità era che per lei l’amicizia era sacra e Napoleone aveva perseguitato molti suoi amici: mai avrebbe fatto parte della corte.

L’imperatore se la legò al dito e alla prima occasione, gliela fece pagare.

Quando, nel 1805, Jacques-Rose Récamier fece bancarotta, Napoleone non alzò un dito per salvarlo: “Non vengo in soccorso di negozianti che hanno una casa da seicentomila franchi all’anno”, disse.

 Fu un colpo durissimo per la coppia, che dovette cambiare totalmente stile di vita. Non solo.

Nel 1811, dopo aver esiliato Madame de Staël, sua avversaria politica, Napoleone allontanò anche Madame Récamier, colpevole di accogliere nel suo famoso salotto mondano e letterario personaggi non graditi all’imperatore.

Ma anche di essersi recata da Madame de Staël, sua grande amica, per consolarla. Juliette, tristissima, partì alla volta di Roma e tornò a Parigi solo nel 1814, in piena Restaurazione.

 

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4. La svolta

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Le civetterie, comunque, non potevano riempire il suo vuoto interiore, che colmava anche con la filantropia e con l’affetto per sua nipote Amélie, che Juliette adottò.

Poi finalmente, nel 1819, a 42 anni, si innamorò. Il fortunato era René de Chateaubriand (foto a sinistra), l’“incantatore”, uno dei padri del romanticismo letterario francese.

 

Fu colpita dal genio, dal coraggio e dall’audacia dello scrittore, dal suo talento apprezzato in tutta Europa e dall’indubbio charme. Per la prima volta era lei a sperare, attendere e tremare.

Lacerata, non aveva mai provato una passione così forte e sapeva che una relazione con René, per di più sposato, l’avrebbe fatta scendere dal piedistallo di dea intoccabile.

Madame Récamier saltò il fosso e fu la sua salvezza, anche se tra i due non furono tutte rose e fiori. Juliette confidò a Jean-Jacques Ampère che “gli altri si occupavano di me, Chateaubriand esigeva che mi occupassi di lui”.

Ma dedicandosi a lui con grande devozione, e sopportando il suo carattere spesso difficile e irascibile, diede uno scopo alla sua vita. Nello stesso anno suo marito subì un altro fallimento.

Questa volta Madame Récamier prese in mano la propria vita e andò ad abitare con la figlia adottiva nel convento di Rue de Sèvres, separandosi di fatto dal legittimo sposo.

I grandi nomi avrebbero potuto snobbare una donna matura che riceveva in un appartamento di periferia, ma non fu così e una gran parte del mondo politico-letterario dell’epoca continuò a frequentare il suo salotto. Gli amici fedeli non l’abbandonarono mai.

Quanto alla relazione con René, Juliette confessò al saggista Louis de Lomenie di essere stata felice nei primi due anni, poi Chateaubriand era tornato alle sue avventure. Così lei, ferita, nel 1823 partì con la figlia e andò a Roma, dove rimase per un anno e mezzo.

Quando finalmente tornò a Parigi, “non ci furono tra loro né spiegazioni né rimproveri”, scrisse la figlia Amélie, ma Juliette sapeva che da allora in avanti la loro relazione sarebbe stata come lei voleva, serena e improntata alla fedeltà.

E René le dedicò queste parole: “Mi sembra che tutto ciò che ho amato, l’ho amato in Juliette, lei era la fonte nascosta di tutte le mie tenerezze, di amori veri o folli, non amavo altro che lei”.

Morì nel 1848, un anno prima di lei. E la coppia di cui mezza Europa parlava fu vicina fino all’ultimo.

 

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5. Madame de Staël, la grande amica

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Germaine de Staël fu un punto fermo nella vita di Juliette Récamier.

Era figlia di Jacques Necker, controllore delle finanze sotto Luigi XVI, ma divenne celebre per la sua intelligenza, i suoi libri, il suo salotto e la sua vita turbolenta.

Ebbe con Juliette un’amicizia che fu lunga e di reciproco scambio: Madame de Staël amava il carattere dolce della Récamier, che le comunicava serenità; mentre Juliette, frequentando il salotto di Germaine, approfondiva la sua cultura.

Così lo scrittore Benjamin Constant descriveva le amiche: “nulla era più piacevole degli incontri tra Madame de Staël e Madame Récamier: la rapidità dell’una di esprimere mille pensieri nuovi, la rapidità della seconda a coglierli e giudicarli”.

Germaine non era bella, non era elegante, ma la sua intelligenza e la sua brillante conversazione attiravano amici e spasimanti. Molti dei quali si innamoravano poi di Juliette.

Tanto che la povera Germaine scriveva all’amica “Cara Juliette, fate che mi amino e che non vi amino più”. Nella foto sotto, Germaine de Staël.
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- Curiosità: Bistecca alla... Chateaubriand!

Nel 1822 René de Chateaubriand fu nominato ambasciatore francese a Londra: un periodo per lui particolarmente entusiasmante per la calda accoglienza che ricevette.
“Ho dato ieri la mia prima cena diplomatica con pieno successo”, scrisse a Juliette.
E forse proprio in quell’occasione il suo chef personale Montmirail mise a punto una nuova ricetta, la “Chateaubriand”: una spessa fetta di controfiletto di bovino, servita originariamente con una salsa ridotta di vino bianco, scalogni canditi, dragoncello e succo di limone.
Forse non tutti conoscono il Genio del Cristianesimo o le Memorie d’oltretomba, scritti da lui, ma tutti sanno che la “Chateaubriand” è una bistecca.

 

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