Nella sua lunga storia, l’uomo ha avuto un compagno che gli è sempre stato vicino. È rimasto con lui quando la sua linea evolutiva si è staccata da quella degli altri primati.
Lo ha accompagnato quando è uscito dall’Africa per diffondersi sul Pianeta. E lo ha seguito in ogni migrazione, da un continente all’altro. Più che vicino gli è stato addosso, letteralmente.
Parliamo infatti del pidocchio, forse l’insetto più temuto da bambini e genitori.
«I pidocchi che ci capita di prendere sono adattati a vivere solo su di noi, i loro ospiti. Non possono, per esempio, sopravvivere sui nostri animali domestici. I pidocchi umani producono un uovo alla volta e lo attaccano alla base del capello: il loro corpo è adattato a capelli come i nostri, non potrebbero fissare le uova a peli più grossi o più sottili», spiega David Reed, della University of Florida, che da anni studia questi insetti e la loro coevoluzione con l’uomo.
I pidocchi del capo, scientificamente noti come Pediculus humanus capitis, sono parassiti che infestano il cuoio capelluto umano. Nonostante siano associati principalmente ai bambini in età scolare, possono colpire individui di tutte le età.
Questi insetti sono una fonte di fastidio e imbarazzo per molti, ma comprendere meglio la loro biologia e il loro ciclo di vita può aiutare a gestire e prevenire le infestazioni.
1. CI DATE UN PASSAGGIO?
I pidocchi del capo (Pediculus humanus capitis) – ci sono anche quelli del corpo, come vedremo – sono diversi dai loro cugini che parassitano altre specie animali e si sono evoluti con noi Homo sapiens, visto che il loro unico habitat è il nostro cuoio capelluto, che bucano per nutrirsi di sangue.
Così, se per i genitori sono una piaga da debellare con pettinino e pazienza, per gli scienziati sono una risorsa per ricostruire la nostra storia.
Un recente studio guidato da Marina Ascunce, genetista dello Us Department of Agriculture, ha mostrato come i geni dei pidocchi del capo raccontino la colonizzazione delle Americhe.
«Abbiamo studiato 274 esemplari raccolti in 25 località del mondo. Abbiamo analizzato sia il Dna mitocondriale (presente nei mitocondri, organuli all’interno delle cellule), che si eredita solo dalla madre, sia 15 “microsatelliti” che si trovano nel Dna nucleare, che si eredita da entrambi i genitori», spiega Ascunce.
I microsatelliti sono sequenze di Dna usate negli studi di genetica delle popolazioni, per misurare quanto gruppi o individui siano imparentati.
«Abbiamo evidenziato la presenza di due gruppi genetici distinti. I pidocchi del gruppo I sono stati trovati in Africa, Medio Oriente, Asia e nelle Americhe. Quelli del gruppo II soprattutto in Europa, ma anche nelle Americhe. Sono pochi gli ibridi tra i due gruppi e la maggior parte viene dall’America: li interpretiamo come un indice del contatto tra Europei e Nativi Americani», continua Ascunce.
Forse c’è una qualche barriera all’unione tra i due gruppi, a lungo isolati, e gli ibridi non riescono a persistere per molte generazioni. Come si rispecchiano questi risultati nella storia umana? Innanzitutto, lo studio conferma le teorie sul popolamento dell’America.
«Abbiamo trovato che i pidocchi dell’Honduras sono geneticamente simili a quelli della Mongolia: lo interpretiamo come la presenza di un antenato comune, e quindi del fatto che i pidocchi raccolti nel Paese centroamericano discendono da quelli portati da popolazioni provenienti dall’Asia. I parassiti dei primi popoli americani sono rimasti nel continente e i loro discendenti vivono ancora sulle teste degli americani. E lo stesso deve essere successo con quelli portati dai colonizzatori europei», chiarisce la studiosa.
«Così, ancora oggi, i pidocchi in America riflettono due gruppi genetici divergenti giunti nel continente da diverse aree geografiche e in differenti periodi. In un certo senso, sono come fossili viventi che portiamo in testa».
2. ATTENTI AL GORILLA
Gli studi di Reed, anche tra gli autori di quest’ultima ricerca, hanno mostrato come i pidocchi ci abbiano accompagnato nell’evoluzione: per milioni di anni si sono diversificati in nuove specie in tandem con i primati di cui erano ospiti. È quello che si chiama cospeciazione.
«Un gruppo di pidocchi che parassita i primati di Africa, Europa e Asia ha un antenato comune vissuto 25-30 milioni di anni fa. Abbiamo ricostruito l’albero evolutivo di questi pidocchi, basandoci sul loro Dna, e quello dei primati, sempre sulla base del Dna. E i due alberi sono sorprendentemente simili, risalendo appunto a 25-30 milioni di anni fa», sottolinea Reed.
Le analisi genetiche hanno anche rivelato che i nostri pidocchi e i loro cugini che abitano nel pelo degli scimpanzé, Pediculus schaeffi, hanno preso strade diverse circa 5,6 milioni di anni fa.
«Così come noi e gli scimpanzé abbiamo avuto l’ultimo antenato comune circa 5-7 milioni di anni fa, così è capitato ai rispettivi parassiti: attaccati ai loro ospiti, non possono che coevolversi con loro», dice David Reed.
In seguito, dai gorilla, gli ominidi nostri antenati hanno invece preso i pidocchi del pube o piattole: insetti di un’altra specie, Phthirus pubis, che hanno stabilito il loro habitat nella zona genitale.
«Abbiamo visto che le nostre piattole sono imparentate con quelle del gorilla, Phthirus gorillae: hanno un antenato comune vissuto circa 3 milioni di anni fa. Pensiamo che in quell’epoca i nostri predecessori abbiano acquisito questo ulteriore parassita, che ha fatto un cambio di ospite», spiega Reed.
«Non sappiamo se i nostri antenati fossero già privi di pelo, ma io ritengo di sì. Penso che Phthirus sia riuscito ad adattarsi nella regione dell’inguine, dove i peli sono rimasti. Sono più spessi e più distanziati, come quelli del gorilla: una nicchia del tutto separata dalla testa, senza competizione col pidocchio già presente». Il passaggio forse avvenne dormendo in giacigli usati dai gorilla o consumandone la carne.
3. PARENTI SÌ, MA IN CASE SEPARATE
Tempo dopo abbiamo iniziato a fare i conti anche con un terzo inquilino: Pediculus humanus humanus, il pidocchio del corpo, un nuovo tipo evoluto da quello che abita tra le chiome e che «quando gli ominidi hanno perso il pelo corporeo, si era ritirato nell’ultima nicchia disponibile, la testa», dice Reed.
«Il pidocchio del corpo è adattato a deporre le uova nelle fibre dei vestiti, dove spende molto del suo tempo, più che sulla pelle dove si nutre di sangue. Questo adattamento gli permette di vivere in un ambiente diverso rispetto ai parenti installati tra i capelli. Abbiamo visto che i due tipi iniziarono a divergere uno dall’altro circa 100mila anni fa. E siccome i pidocchi del corpo hanno bisogno degli abiti, probabilmente sono comparsi quando gli umani cominciarono a indossare abbastanza regolarmente qualche forma di vestito».
Il loro emergere ci indica quando Homo sapiens può avere iniziato ad abbigliarsi, visto che nessuna traccia di vestiario così antico è rimasta: la forbice temporale indicata dallo studio di Reed va da 83.000 a 170.000 anni fa.
«L’uomo deve aver avuto abiti rudimentali, forse pelli, attorno a 100mila anni fa, prima che lasciasse l’Africa per esplorare climi più freddi, per cui le protezioni erano indispensabili», ritiene Reed. In realtà in particolari condizioni gli inquilini della testa possono scendere sul corpo, quindi alcuni studi sottolineano che il passaggio può essere avvenuto più volte e non in un singolo evento.
Nei geni delle piccole pesti può essere rimasto anche il segno degli scambi tra diverse specie di umani. «È probabile che ogni specie di Homo avesse il suo pidocchio: uno sui Neanderthal, uno su Homo erectus...», dice Reed. E quei parassiti antichi si devono essere “mescolati” ai nostri, come abbiamo fatto noi e i Neanderthal.
«Lo rivelano le tracce genetiche rimaste nel Dna dei parassiti moderni. La nostra ipotesi è che, quando per esempio ci siamo sovrapposti ai Neanderthal in Europa e Asia, ci siamo anche passati i pidocchi».
4. UN REGALINO DAGLI UCCELLI. AI TEMPI DEI DINOSAURI
Ma gli scienziati sono andati ancora più indietro nel tempo: al momento in cui i mammiferi si sono trovati addosso questi insettini, probabilmente provenienti dagli uccelli.
Un trasloco ripercorso da Kevin Johnson, della University of Illinois di Urbana-Champaign, in uno studio del 2022.
«Con i dati genetici, abbiamo ricostruito l’albero delle relazioni tra i gruppi di pidocchi, individuando il punto in cui c’è stato lo scambio tra uccelli e mammiferi», spiega Johnson.
«Abbiamo stimato che il principale passaggio sia stato dagli uccelli agli antenati degli Afroteri, che comprendono elefanti, iraci, toporagni elefante, e che sia avvenuto attorno all’epoca dell’estinzione dei dinosauri (66 milioni di anni fa). Dopo quell’evento i mammiferi si sono diversificati e questo ha aperto nuove opportunità per questi insetti, che dopo il primo passaggio hanno colonizzato altri gruppi di mammiferi».
E oggi? «I pidocchi si trovano solo su uccelli e mammiferi: hanno un diverso numero di artigli, per muoversi sul piumaggio o sui peli. I parassiti aviari si nutrono di penne, quelli dei mammiferi possono avere un apparato che fora la cute e succhia il sangue dell’ospite (incluso l’uomo), o nutrirsi di scaglie di pelle».
Possiamo concludere andando ancora indietro, al vero inizio della storia. «I dati genetici ci dicono che questi parassiti sono apparsi un po’ più di 100 milioni di anni fa, o per un altro calcolo 190. Comunque erano presenti all’epoca dei dinosauri. Sappiamo che molti dinosauri avevano piume e in questo periodo vivevano già specie ancestrali di uccelli. Considerato il grande numero di pidocchi che oggi parassita i volatili e mangia le loro penne, è possibile che facessero lo stesso con i dinosauri», conclude Johnson.
Non possiamo che essere d’accordo con David Reed quando dice che «la cosa più impressionante è che il pidocchio del capo contenga così tante informazioni. Non mi sorprenderei se riuscissimo a fare una mappa completa delle migrazioni umane sul Pianeta grazie a lui». Anche se dubitiamo che questo possa consolare chi se li ritrova tra i capelli, propri o dei figli.
5. ANATOMIA DI UN PARASSITA
BOCCA
Il pidocchio del capo ha un apparato boccale fatto per perforare la cute e succhiare il sangue: resta retratto nella testa quando l’animale non si sta nutrendo.
DIETA
Adulti e ninfe si nutrono di sangue, ogni 4-6 ore. Forano la pelle e iniettano saliva con anticoagulanti che aumenta il flusso di sangue. Il morso può dare reazione cutanea e prurito.
CORPO
Il pidocchio adulto è piccolo: il suo corpo è lungo 2,5-3 mm e piatto (i maschi sono più piccoli delle femmine). In genere è grigiastro. Lontano dall’ospite, non sopravvive più di un giorno.
ZAMPE
Le sei zampe sono corte e terminano con un artiglio per agganciarsi ai capelli. Questo adattamento li rende incapaci di saltare o camminare veloci sulle superfici piane.
DALLA LENDINE ALL’ADULTO
Il pidocchio del capo (Pediculus humanus capitis) e il pidocchio del corpo (Pediculus humanus humanus) sono della stessa specie, ma si tratta di due sottospecie o “ecotipi” che vivono in ambienti diversi. Sono quasi identici. Si nutrono di sangue umano.
Il pidocchio del capo si diffonde attraverso il contatto delle teste, è poco comune il passaggio da pettini o cappelli. E l’infestazione non è legata alle condizioni igieniche. La femmina attacca le uova, chiamate lendini (a sinistra, il ciclo di vita), al capello con una colla che si indurisce creando una guaina. Ha tre stadi giovanili (ninfe), prima di diventare adulto.
Il pidocchio del corpo è meno diffuso, più legato a condizioni di scarsa igiene (si elimina con il lavaggio, quello del capo no). Ed è vettore di batteri che causano tifo esantematico (Rickettsia), febbre delle trincee (Bartonella quintana), febbre ricorrente (Borrelia recurrentis). L’insetto si infetta succhiando il sangue di un malato di tifo, per esempio. Il batterio resta presente nelle sue feci e nel suo corpo, quando muore: il contatto con quei resti trasmette l’infezione (per esempio attraverso lesioni della pelle, grattandosi). Si ritiene che solo i pidocchi del corpo portino malattie, ma gli studi mostrano che anche quelli del capo possono essere vettori di patogeni.
Il pidocchio del pube, o piattola, è invece un’altra specie, Phthirus pubis. Tutti appartengono agli Phthiraptera: circa 5.000 insetti parassiti (chiamati comunemente pidocchi) di uccelli e mammiferi.