Naviganti ed esploratori, fin dai tempi più lontani, hanno sempre cercato dei punti di riferimento per indirizzare il loro cammino nella giusta direzione; hanno, cioè, cercato di orientarsi.
L’orientamento consiste nell’individuazione dei punti cardinali attraverso l’osservazione del Sole (di giorno) o delle stelle (di notte) oppure per mezzo di uno strumento: la bussola.
Originaria della Cina, ebbe un ruolo fondamentale nella navigazione e rese possibili le grandi scoperte geografiche.
Nel 1600 si scoprì che funziona grazie al magnetismo terrestre.
L’invenzione della bussola ha segnato una tappa importante nella navigazione, poiché, ha permesso di poter stabilire l’orientamento in modo scientifico.
Oggi vedremo la storia e tante altre curiosità relative alla bussola: questo straordinario e prezioso strumento che viene da lontano.
1. Il fenomeno del magnetismo
Il fenomeno del magnetismo, provocato dallo sfregamento di frammenti di ferro con calamite naturali, era noto fin dall’antichità.
Esso è menzionato in testi di Talete di Mileto e di Platone, ma fu in Cina che si scoprì che ogni ago magnetizzato che possa girare liberamente indica sempre la direzione nord-sud.
O meglio il contrario, poiché in Cina mostrava sempre il sud, in segno di umiltà nei confronti dell’imperatore.
Si dovevano infatti sempre dare rispettosamente le spalle all’Orsa Maggiore, sede del “Sovrano dall’Alto” (Shangdi),del quale l’imperatore era il sommo rappresentante sulla Terra.
Allora si fabbricavano bussole “asciutte” (piccole tartarughe intagliate nel legno che contenevano magnetite e che giravano sopra un perno di bambù affilato) e ad acqua (in cui barrette di magnetite venivano fatte galleggiare sull’acqua).
Tali aghi calamitati servivano per pratiche divinatorie di geomanzia e per cerimoniali religiosi.
La prima citazione è nel trattato del 1044 Wu ching tsung yao (Compendio di importanti tecniche militari) del cinese Tseng Kung-liang, dove si parla di un “pesce” di magnetite adoperato per trovare il sud.
Nel 1177, si ebbe il primo riferimento di un ago magnetico utilizzato dai Cinesi per la navigazione, descritto nel trattato P’ingchow di Chu Yu.
2. Indispensabile sulle navi
L’invenzione passò in Arabia.
Verso la metà del XIII secolo,la cronaca di un viaggio tra Tripoli e Alessandria, il Libro del tesoro dei mercanti, raccontava come in una notte senza stelle il capitano di una nave si avvalse di un ago magnetizzato per trovare la rotta.
Dal semplice utilizzo dell’ago magnetizzato si passò in Europa a uno strumento più sofisticato, con un processo che fu accompagnato da varie ricerche sulla fisica del magnetismo.
Il francese Pierre de Maricourt, più noto come Petrus Peregrinus, scienziato e filosofo, svolse un ruolo fondamentale in questa evoluzione.
Maricourt — il quale già nel 1269 aveva scritto una "Epistola de magnete" che introdusse definitivamente la bussola in Occidente — osservò che l’estremità di un ago di ferro magnetizzato si orientava verso il nord.
Cosicché, collocando uno di questi aghi sulla superficie dell’acqua contenuta in un recipiente e un altro nel palmo della mano, constatò l’attrazione tra i poli opposti e la repulsione tra i poli uguali.
Sorprendentemente, nella seconda parte della sua opera Maricourt giunse a paragonare la pietra imàn (o magnetite) di forma sferica al globo terrestre e concluse che l’ago si orientava in direzione dei poli celesti.
“Grazie a questo strumento — scrisse — potrete trovare la rotta verso le città e le isole di ogni luogo verso cui desideriate andare, per terra come per mare, purché conosciate latitudine e longitudine”.
La prima menzione in Europa dell’uso pratico di bussole nella navigazione compare alla fine del XII secolo nel trattato "De utensilibus" dello scienziato inglese Alexander Neckam.
I marinai diffusero poi rapidamente l’utilizzo della bussola a tutto il Mare del Nord e all’Atlantico. Grazie a questa nuova tecnologia era ora possibile spingersi al largo nei mari e negli oceani con maggiore sicurezza.
3. L’ago nautico e il magnetismo terrestre
I primi aghi magnetici presentavano difetti notevoli, tanto che vi si ricorreva come ultima risorsa, quando non fosse possibile orientarsi con il Sole o con la Stella Polare.
Le oscillazioni delle navi rendevano infatti impossibile la lettura corretta di un pezzo di metallo posto su un sughero galleggiante.
In tal senso si ottennero miglioramenti usando liquidi più densi per il galleggiamento, come l’olio, ma soprattutto limitando i possibili movimenti del cosiddetto “ago nautico” fissandolo su un supporto, su cui furono segnate le 32 punte della rosa dei venti.
Da tali prime modifiche deriva il nome dello strumento: è dal tardo-latino buxida (“piccola scatola”)che deriva “bussola”; si identificava così il contenitore con la tecnica.
I naviganti medievali invece chiamavano la bussola “marinaretta” perché divenne per loro una compagna indispensabile nelle traversate.
Sebbene tutte queste migliorie tecniche avessero ovviato ad alcuni errori di lettura, esse non poterono eliminare la base geologica delle deviazioni di direzione: la declinazione magnetica, ossia il fatto che il nord magnetico non coincide con il nord geografico.
Alla fine del XVI secolo, un fabbricante di vele e bussole, l’inglese Robert Norman, scrisse un trattato che conteneva spiegazioni di tale fenomeno e il suggerimento di servirsene per misurare le differenze di latitudine.
Le sue conclusioni diedero il via a una serie di trattati sul magnetismo, come il "De magnete" (1600) e altri scritti dell’inglese William Gilbert.
Gilbert forniva la prima spiegazione razionale delle proprietà della bussola: era la Terra stessa a essere magnetica.
Fino a quel momento, la natura del magnetismo appariva tanto misteriosa che sulle navi era persino proibita la presenza di aglio, poiché si riteneva che i vapori acri di questo ortaggio potessero causare il malfunzionamento della bussola.
Gilbert progettò inoltre uno strumento per misurare la declinazione magnetica. Egli tuttavia sbagliò nel considerarla un valore assoluto, dato che non era a conoscenza di un dato fondamentale: il campo magnetico del pianeta cambia costantemente.
4. Nell’era delle scoperte
Durante il XVI e il XVII secolo, l’epoca delle grandi scoperte, la bussola fu essenziale per i marinai.
Enrico il Navigatore, principe del Portogallo, era perfettamente consapevole del ruolo delle innovazioni tecnologiche, e fondò osservatori e scuole di navigazione per potersi avventurare negli oceani.
Grazie alla bussola, i Portoghesi doppiarono il Capo di Buona Speranza, il punto più a sud dell’Africa, aprendo così la rotta verso l’Estremo Oriente.
Nel 1432 il marinaio portoghese Gonqalo Cabrai raggiunse le isole Azzorre servendosi della bussola.
E anche Cristoforo Colombo la utilizzò nel corso della sua traversata oceanica, notando la misteriosa deriva dello strumento a ovest delle Azzorre, quando la declinazione magnetica (la differenza tra il nord geografico e quello indicato dalla bussola) si fece più acuta, fino a raggiungere un “quarto di vento”, oltre 11 gradi.
La differenza tra i calcoli di una bussola e quelli di un astrolabio era intorno ai 15 gradi in direzione nord. I progressi marittimi furono inarrestabili.
Nel 1575 lo scrittore francese Louis de Roy, in una sua opera, menzionò l’incontro tra Ferdinando Magellano (foto) e il re di Malacca (oggi in Malesia), un incontro che, secondo lui, era stato reso possibile dalle nuove conoscenze sui mari e dall’impiego della bussola.
5. Correggere le rotte
Riuscire a stabilire la declinazione era indispensabile per i navigatori.
Nel XVII secolo ebbe così inizio una competizione tra le potenze europee per finanziare il lavoro di quanti fossero in grado di definire le variazioni di tale declinazione e in questo modo di correggere le rotte.
Filippo III di Spagna (foto) offrì 120.000 dollari spagnoli, mentre gli Stati Generali, o Parlamento dei Paesi Bassi, promisero 30.000 fiorini.
Da allora in poi, tutti i resoconti delle spedizioni marittime raccolsero i valori della declinazione in punti distinti.
Per esempio fu questo il caso dei viaggi di Willem Barents e di William Baffin, quest’ultimo alla ricerca del passaggio a Nord-Ovest (che collega l’Atlantico con il Pacifico attraverso il nord dell’odierno Canada), i quali registrarono i rischiosi sbarchi da loro effettuati tra gli orsi polari per misurare le oscillazioni provocate dalla vicinanza al polo terrestre.
A causa di tali limitazioni, la bussola presentò da allora poche modifiche. Dalla metà del XVII secolo la semplice pietra imàn utilizzata per magnetizzare l’ago fu sostituita da una lamina di acciaio precedentemente magnetizzata, che rafforzava le proprietà del metallo impiegato nella fabbricazione dello strumento.
Agli inizi del XIX secolo, questa nuova tecnica permise lo sviluppo dei magnetometri, apparecchi impiegati per misurare la forza e la direzione del campo magnetico, che ebbero un’ampia diffusione negli osservatori.
Grazie a essi fu possibile iniziare a superare le limitazioni che il magnetismo terrestre imponeva all’orientamento della bussola.
Note
LA BUSSOLA E LA ROSA DEI VENTI
Il contributo della bussola ai progressi della navigazione occidentale andò di pari passo con la conoscenza del vento e delle correnti.
La bussola tuttavia ebbe grande importanza nella realizzazione di portolani più esatti, che permisero di stabilire rotte su grandi estensioni marine.
Tali rotte erano indicate per mezzo di rose dei venti, che raffiguravano le linee da seguire. In questo modo si otteneva una suddivisione dello spazio marittimo che non indicava solamente il nord.
Con tale sistema il timoniere poteva orientarsi con maggiore precisione e, allo stesso tempo, tenere la rotta, ovvero mantenere costante l'angolo tra la sua direzione e l'orientamento dell'ago della bussola.
Quando fu aggiunta una rosa dei venti al meccanismo della bussola, il lavoro del timoniere fu notevolmente semplificato, perché non doveva più confrontare costantemente le indicazioni dello strumento con quelle del portolano.