«Non si può non comunicare»: questa affermazione è la prima dei cinque assiomi della comunicazione, scritti da Pau lWatzlawick (1921-2007), psicologo della scuola statunitense di Palo Alto, insieme ad altri illustri studiosi.
Ognuno di noi, anche la persona più taciturna, quando si trova in un contesto relazionale manda un messaggio all’esterno non solo con le parole ma anche con il corpo (tono della voce, prossemica, gesti ed espressioni).
Anche lo stare in silenzio comunica qualcosa all’altro. Il nostro comportamento è l’insieme di ogni espressione verbale e non verbale. Ogni comportamento, dunque, è una forma di comunicazione!
Perciò è davvero impossibile non comunicare, e il modo in cui lo facciamo determina la riuscita dell’invio del messaggio e la sua comprensione da parte del nostro interlocutore. Ma siamo sicuri di mandare i messaggi giusti?
Siamo convinti che quello che diciamo all’altro corrisponda a ciò che desideriamo per noi? Siamo davvero certi di rispondere in maniera autentica alle richieste dell’altro? I messaggi che inviamo, inoltre, non possono essere cancellati!
Quel che è fatto è fatto, o meglio, ciò che viene trasmesso all’esterno è definitivo. Quindi, per non essere fraintesi e per comprendere meglio le persone con cui comunichiamo, dobbiamo fare molta attenzione!
Fortunatamente, esiste una competenza che, allenata con l’esercizio e la pratica, può aiutarci a comunicare meglio, a farci capire e a capire l’altro senza rabbie sopite, sensi di colpa e manipolazioni. Quale? La scopriremo insieme!
1. COMUNICARE BENE, CHE RESPONSABILITÀ!
Soffermiamoci un momento sul concetto di "responsabilità". La sua definizione è vasta e riguarda molteplici aspetti della vita.
Esistono la responsabilità sociale, giuridica, lavorativa, morale ed etica, relazionale e spirituale. Noi ci focalizzeremo sulla responsabilità della comunicazione.
E possibile che la nostra comunicazione non sia sempre "responsabile", poiché spesso, quando ci troviamo in relazione, potremmo avere delle difficoltà nell'affermare con chiarezza ciò che desideriamo senza aggredire o ferire l'altro e, di pari importanza, senza che noi stessi non rinunciamo in modo passivo a ciò che vogliamo veramente.
Per capire meglio, facciamo un esempio. A tutti sarà capitato almeno una volta nella vita di imbattersi, mentre si è pazientemente in fila, nel "furbo di turno" che, come se niente fosse, cerca di passarci avanti. Ebbene, ognuno di noi reagirà in un modo diverso all'evento subito.
Alcuni di noi non reagiranno affatto (ma anche questa è una reazione) e accetteranno la prevaricazione senza apparentemente batter ciglio. Ma dentro, potrebbero sentirsi un groppo in gola, il cuore che accelera in uno stato di ansia o potrebbero sperare che qualcun altro dica qualcosa al posto loro.
La rabbia sottostante potrebbe altresì liberarsi in un altro contesto o non liberarsi affatto, generando però un bel mal di pancia. Il dialogo interno potrebbe assomigliare a questo: «che importa se mi è passato avanti, le mie urgenze possono aspettare! ».
Altri invece, senza pensarci nemmeno un secondo, potrebbero aggredire verbalmente la persona che ha superato la fila, offendendola senza mezzi termini, tentando persino un contatto corporeo. Il dialogo interno questa volta sarà più o meno così: « nessuno può permettersi di superarmi, io ho fretta!».
Agire e rispondere con responsabilità, nella comunicazione efficace, non prevede nessuna delle due reazioni sopra descritte. E allora, come potremmo rispondere responsabilmente, senza subire e senza aggredire? Semplice: basta essere assertivi!
La nostra risposta assertiva, potrebbe assomigliare a questa: «Comprendo la sua fretta ma se non ci sono motivi importanti, vorrei che rispettasse il suo turno ».
Che cosa significa, dunque, "assertività"? Il termine "assertività" deriva dal latino asserere che in italiano si traduce con "asserire". Asserire significa affermare e sostenere qualcosa con certezza e convinzione. L'assertività parte dalla stessa forza intenzionale dell'asserire, con l'aggiunta, però, di tutta una serie di particolari attenzioni che vedremo più avanti.
L'assertività è una competenza sociale, uno stile di comunicazione che migliora le relazioni interpersonali, poiché prevede un modo di esprimersi autentico, empatico e responsabile.
Una bellissima definizione di assertività è la seguente: «L'assertività, come la capacità individuale di riconoscere le proprie esigenze (o i propri diritti) e di esprimerle con efficacia nel proprio ambiente, mantenendo, nel contempo, una positiva relazione con gli altri; oppure come la legittima e onesta espressione dei propri diritti, sentimenti, convincimenti e interessi, evitando la violazione o la negazione dei diritti degli atri» (Galeazzi, Porzionato, 1998).
2. IL CAMPIONE DI COMUNICAZIONE EFFICACE
Come si comporta e come comunica una persona assertiva?
• Innanzitutto, come abbiamo appena visto nell'esempio, afferma sé stessa senza aggredire e senza soccombere. Nella comunicazione assertiva nessuno esce perdente: a vincere sono entrambe le parti.
Per far sì che ciò avvenga, quando ci esprimiamo assertivamente dobbiamo per prima cosa imparare ad ascoltare in maniera attiva e chiedere chiarimenti se abbiamo dei dubbi o se non abbiamo capito.
Possiamo, ad esempio, formulare le nostre domande in questo modo: «se ho capito bene mi stai dicendo che... »oppure «potresti spiegarmi meglio? ».
Quando ascoltiamo senza chiedere nulla (con disinteresse) o quando interrompiamo troppo (perché vogliamo solo dire la nostra), l'interlocutore non si sentirà né accolto né tantomeno ascoltato, inoltre non proverà nessuna fiducia in noi.
•La persona assertiva non solo sa ascoltare, ma comunica anche con una perfetta congruenza tra ciò che dice a parole e ciò che fa con il corpo. Spesso, infatti, le nostre richieste vengono tradite da un tono di voce troppo basso (indice di insicurezza) o da un mancato contatto visivo (forse per vergogna). Se vogliamo comunicare qualcosa di importante, non possiamo dimenticarci del "come" la esprimiamo con il corpo.
• La persona assertiva sa dunque ascoltare con attenzione ed empatia. Questo le permette non solo di essere apprezzata dagli altri, ma anche di avere un maggior numero di informazioni che possono servirle per prendere le decisioni più giuste o per dare una risposta autentica.
•La persona assertiva si esprime in maniera autentica e onesta, rispettando punti di vista e pensieri diversi dai suoi, non nascondendo le proprie emozioni, restando tuttavia attenta e sensibile verso i sentimenti altrui.
• La persona assertiva sa dire no e sa chiedere, senza sentirsi indebolita o fragile.
Quante volte abbiamo detto di sì controvoglia? Magari per la paura di essere rifiutati o per il timore che qualcun altro prenda il nostro posto, se diciamo no? Oppure, quante volte non abbiamo espresso una richiesta per paura che sia l'altro a rifiutarcela?
La persona assertiva ha stima di sé e per questo non pensa di valere poco. Nello stesso tempo non si sopravvaluta e sa che può fallire e che non sempre riuscirà a ottenere ciò che vuole e desidera.
• L'assertivo sa dare anche feedback costruttivi e positivi, donando complimenti sinceri senza essere manipolatorio o adulante.
Allo stesso modo, accoglie ringraziando i complimenti degli altri nei suoi confronti. Sembra facile prendersi un complimento, ma spesso non lo è e non ce ne accorgiamo!
Pensiamo ad esempio a tutte quelle volte che, dopo aver cucinato per parenti ed amici, abbiamo risposto al complimento dei nostri commensali dicendo:«l'arrosto però era un po' troppo insipido», oppure « niente a che vedere con la cucina di mia madre!».
Non potremmo invece semplicemente rispondere al complimento in maniera assertiva dicendo: «grazie, mi fa molto piacere che la cena vi sia piaciuta»?
• Anche accettare le critiche e saperle formulare fa parte del comportamento assertivo. L'assertivo accetta le critiche perché sa che possono essere motivo di crescita e perfezionamento, perché sa di non essere perfetto concedendosi il diritto di sbagliare.
A una critica risponde cercando di chiarirne i motivi o discutendo degli eventuali errori commessi. E se la critica fosse aggressiva o non valida, la persona assertiva lo dice!
Alla frase: « sei sempre distratto! » (critica aggressiva e non veritiera), possiamo rispondere assertivamente: «non è vero, di solito sono molto attento». Se una critica, invece, fosse vera ma ci ferisse con un rimprovero tipo: «questo lavoro è fatto male, come sempre del resto!» (critica vera ma offensiva), noi possiamo ribattere: «E vero, questa volta non ho fatto un buon lavoro ma solitamente non succede e non mi piacciono affatto queste accuse.»
• Inevitabilmente, nelle relazioni possono nascere dei conflitti, per divergenze di opinioni o per numerosissimi altri motivi. Nella comunicazione assertiva, però, discutere non significa litigare ma affrontare le divergenze cercando possibili risoluzioni del problema (problem solving). L'assertività inoltre, genera e stimola assertività nel nostro interlocutore! Ma come si fa a diventare una persona assertiva?
3. ALLENARE L'ASSERTIVITÀ
L'assertività è una competenza sociale che si può apprendere!
Esistono dei veri e propri training assertivi, ideati e studiati principalmente dalla psicologia cognitivo-comportamentale che ne ha esposto le tecniche per aiutare le persone non solo a raggiungere una più efficace comunicazione, ma anche a ritrovare una buona autostima, a rinforzare legami, ad affrontare le ansie, gestire lo stress e i conflitti, sia a livello individuale sia di gruppo.
Esistono, inoltre, tanti libri in cui vengono descritti veri e propri esercizi per addestrarci all'assertività e nei quali sono riportati anche numerosi test per aiutarci a capire tutti gli aspetti dei nostri comportamenti assertivi e non assertivi.
Perché, ed è importante dirlo chiaramente, non possiamo sempre essere assertivi in ogni contesto della vita!
Sicuramente può esserci utile in moltissimi ambiti poiché, come abbiamo detto, può aiutarci a farci raggiungere degli obiettivi, rafforzare i nostri legami, sciogliere i conflitti, tanto per dirne una come quelli che nascono da problematiche all'interno di una squadra di lavoro.
Ma ci sono situazioni in cui essere assertivi significa comportarsi in maniera non assertiva! Pensiamo ad esempio a qualcuno che minaccia la nostra incolumità con un'arma: non possiamo di certo aprire alcun dialogo! O quando dobbiamo fare una richiesta importante al nostro capo ma ci accorgiamo che va di fretta o è nervoso... meglio rimandare il nostro colloquio assertivo in un altro momento!
Possiamo dire che essere assertivi è anche saper scegliere quando è più vantaggioso non esserlo! Ma prima, occorre capire quali sono i comportamenti non assertivi e in quali di questi la nostra personalità si rifugia più spesso.
4. GLI STILI COMPORTAMENTALI
Torniamo all'esempio iniziale della fila: la persona che non reagisce al comportamento scorretto assume un atteggiamento passivo; al contrario, quella che inveisce per farsi rispettare ha, decisamente, un modo di fare aggressivo.
Passività e aggressività si trovano alle estremità opposte lungo un continuum comportamentale al cui centro si trova la nostra assertività.
Comportarsi in maniera assertiva non è sempre facile, perché ognuno di noi ha la propria storia e ognuno di noi tende a relazionarsi principalmente con il proprio stile di comunicazione predominante. È anche altrettanto vero che possiamo prediligere, ad esempio, un atteggiamento passivo al lavoro ma uno aggressivo col nostro partner.
Passività e aggressività non sono in questo caso sinonimi di rigide strutture di personalità, bensì si riferiscono a comportamenti disfunzionali che possono essere riconosciuti e modificati. I motivi che ci spingono ad assumere un atteggiamento passivo o aggressivo hanno, come spesso accade, origini lontane e risalenti all'infanzia.
- STILE PASSIVO: chi si trova più spesso in questo polo comportamentale, generalmente antepone i bisogni degli altri ai propri poiché ritiene che i suoi desideri e bisogni siano meno importanti.
Sminuisce sé stesso, non prende decisioni e rifugge dai conflitti. Il desiderio irrazionale di voler piacere a tutti produce, nella persona passiva, un iperadattamento ad ogni situazione e una totale incapacità di assumersi più responsabilità.
La persona passiva ha paura di sbagliare, teme il giudizio degli altri, nasconde quanto più possibile le proprie emozioni. Inizialmente questo atteggiamento può avere dei vantaggi, poiché i conflitti vengono azzerati e proprio per questo ottiene maggior approvazione e accettazione da parte degli altri.
Ma nel lungo termine questa propensione alla passività non solo causerà sempre di più la perdita della propria autostima ma potrebbero anche insorgere fastidiosi disturbi psicosomatici.
Chi si relaziona con una persona troppo accondiscendente può sentirsi, a lungo andare, poco stimolato proprio per la mancanza di un confronto e di una attiva partecipazione.
Da piccolo probabilmente ha avuto genitori che tendevano a soffocare le manifestazioni dei suoi bisogni e a colpevolizzarlo quando sbagliava, dando una eccessiva importanza alla formalità.
- STILE AGGRESIVO: l'adulto che predilige comportamenti aggressivi, ha a sua volta da bambino subito eccessive punizioni e ferree regole da parte dei genitori, che gli negavano la possibilità di poter sperimentare anche la fragilità e la debolezza.
Al contrario del passivo, l'aggressivo ha solo uno scopo: ottenere ad ogni costo ciò che vuole senza rispettare il volere altrui.
Con prepotenza afferma i suoi bisogni spesso colpevolizzando e svalorizzando gli altri (tutti potenziali nemici), anche grazie alla sua capacità di saper cogliere i punti deboli delle persone con cui entra in relazione. Interrompe spesso, non chiede scusa mai, non ammette di sbagliare.
Indubbiamente sarà inizialmente vincente, poiché si sente forte e capace di avere la situazione sotto controllo. Ma nel lungo termine, i suoi rapporti saranno tenuti in piedi solo da sentimenti di timore e rancore, sino all'odio.
Questo potrebbe far allontanare da lui le persone che, a causa del suo comportamento, si sentono non prese in considerazione, impaurite e accusate.
- STILE MANIPOLATIVO O PASSIVO-AGGRESSIVO: è uno dei più difficili da scovare e riconoscere. E quello delle persone che esternamente si mostrano passive e accondiscendenti, ma che internamente sono piene di rancore, invidia, rabbia.
Utilizzano spesso l'ironia, la deflessione, il sarcasmo. Lo stile del manipolatore è subdolo e ricattatorio.
È un adulatore ma lo fa per impedire che l'altro possa rifiutare le sue richieste. Manda messaggi doppi e non congruenti. Se necessario si mostra debole, ma solo per evitare di prendersi la responsabilità di un'azione.
Le personalità dallo stile passivo e aggressivo hanno alla base un denominatore in comune: la bassa autostima.
Coltivare nelle nostre relazioni l'assertività non solo ci aiuterà a volerci più bene, ma rafforzerà tutti i nostri legami! Perciò, cominciamo da ora a sperimentare un bel "no" assertivo, che ci aiuterà a crescere!
5. DECALOGO DEI DIRITTI ASSERTIVI
Lo psicologo Manuel J. Smith (1934-2007), nel suo libro best sellers When I Say No, I Feel Guilty (Quando dico no, mi sento in colpa) ha stilato un decalogo dei diritti assertivi:
1. Hai il diritto di giudicare il tuo comportamento, i tuoi pensieri e le tue emozioni e di assumerti la responsabilità del loro inizio e delle loro conseguenze su di te.
2. Hai il diritto di non offrire ragioni o scuse per giustificare il tuo comportamento.
3. Hai il diritto di decidere se volerti occupare di trovare soluzioni ai problemi degli altri.
4. Hai il diritto di cambiare idea.
5. Hai il diritto di commettere errori e di esserne responsabile.
6. Hai il diritto di dire: « Non lo so ».
7. Hai il diritto di essere indipendente dalla buona volontà degli altri prima di affrontarli.
8. Hai il diritto di essere illogico nel prendere decisioni.
9. Hai il diritto di dire: «Non capisco ».
10. Hai il diritto di dire: «Non mi interessa».