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La febbre: un meccanismo fondamentale per la difesa del nostro corpo

Sta diventando l’incubo di ogni genitore: tutte le mattine, fra il caffè e la fila al bagno, bisogna trovare il tempo per misurare la temperatura ai figli prima che vadano a scuola.

Perché se c’è febbre si sta a casa: basta superare i 37,5 °C per far scattare la chiamata al medico.

Ma perché questo valore è diventato il discrimine fra ansia e tranquillità e soprattutto a che serve la febbre, così temuta nonostante sia un fenomeno tutt’altro che inutile per la salute?

Di solito non fa male, anzi: è fondamentale all’organismo per difendersi dalle infezioni. Ecco perché e come agisce.

 

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1. CI STIAMO RAFFREDDANDO E SISTEMA DI DIFESA

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Tutti sanno che la febbre è un rialzo della temperatura corporea oltre un livello definito “normale” per la nostra specie.

E'  stato fissato attorno ai 37 °C da Carl Wunderlich, un medico tedesco che nel 1851, dopo aver valutato migliaia di persone in innumerevoli situazioni diverse, stabilì che la temperatura interna umana oscilla fra i 36,4 e i 37,2°C, con una media appunto a 37 °C.

Il valore infatti non è graniticamente uguale nell’arco della giornata e oggi si ritiene che siano normali scostamenti fino a mezzo grado sopra e sotto la media (da cui l’assenza a scuola necessaria solo se il termometro supera i 37,5 °C).

Le variazioni dipendono dal ritmo quotidiano del metabolismo, responsabile della produzione di calore da parte del corpo e non sempre uguale: ha infatti un minimo di notte, quando l’organismo si trova in una specie di “letargo”, ed è invece al massimo nel tardo pomeriggio, quando tutta la macchina-corpo funziona a pieni giri e si registra il picco quotidiano della temperatura.

Che sale anche dopo aver mangiato, se facciamo attività fisica o siamo sotto stress, e nelle donne nei pressi dell’ovulazione: per tutti questi motivi è giustificato lasciare un po’ di margine oltre i 37 °C prima di far scattare l’allarme-febbre.

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Secondo alcuni studi, però, in un prossimo futuro la soglia di normalità potrebbe abbassarsi: la nostra specie si sta infatti “raffreddando”. Lo dimostra una ricerca condotta da Julie Parsonnet della Stanford University (Usa): confrontando le misure di temperatura di quasi 700mila persone rilevate dal 1862 al 2017, la ricercatrice ha verificato che chi è nato nel 2000 ha una temperatura media di mezzo grado più bassa rispetto a chi è vissuto a fine ’800.

«L’ambiente attorno a noi è cambiato: viviamo in case ben riscaldate e siamo a contatto con meno microrganismi, per cui il livello medio di infiammazione e di “calore” interno sta diminuendo», osserva Parsonnet.

“Scaldarsi” infatti serve proprio per combattere meglio le infezioni: è questo lo scopo della febbre, che è definita come un innalzamento stabile della temperatura oltre la soglia della normalità per distinguerla dai picchi temporanei dovuti all’attività sportiva o ad altri sforzi.

Quando viene la febbre il nostro termostato interno (l’ipotalamo, una struttura che si trova in una regione profonda del cervello) si tara su una temperatura più alta e lì resta per un po’, innescando i meccanismi che consentono di produrre più calore e disperderne meno, come i brividi o la vasocostrizione periferica. Una saggia decisione.

La febbre è la risposta fisiologica a uno stato di infiammazione, dovuto in genere a un’infezione respiratoria, gastrointestinale, urinaria e così via. Il calore interno sale e questo raggiunge due scopi: i germi entrano in difficoltà, perché oltre 37 °C molti non si moltiplicano più bene, inoltre si crea la necessità di raffreddare il corpo perché per stare bene la temperatura interna va mantenuta entro un intervallo ristretto.

Per tornare alla normalità allora il cuore batte più veloce (quando non c’è un termometro a portata di mano infatti basta premere sull’interno del polso per sentire le pulsazioni accelerate e capire che c’è febbre), per mandare tanto sangue in periferia e disperdere così più calore all’esterno.

Più sangue ai tessuti significa anche più globuli bianchi nel punto dove c’è da combattere un’infezione. Ciò aumenta la capacità di risposta. Il caldo, inoltre, aumenta la velocità del metabolismo e delle reazioni chimiche che avvengono all’interno delle cellule, favorendo in questo modo una reazione veloce ed efficace.

 

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2. C’È QUELLA COMPORTAMENTALE

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La febbre quindi non “fa male”, è solo il prezzo da pagare per avere la meglio su virus, batteri, stati infiammatori localizzati: del resto il filosofo greco Parmenide già 2.500 anni fa diceva: «Datemi il potere di indurre la febbre e curerò qualsiasi malattia».

Un potere così grande che se ne servono tutti gli animali, perfino i rettili o i pesci che non possono mantenere una temperatura interna costante ma dipendono da quella esterna: per combattere meglio le infezioni, si fanno venire la cosiddetta “febbre comportamentale”, ovvero cercano attivamente di stare dov’è più caldo.

Succede per esempio alle lucertole, che quando vengono infettate da batteri restano di più al sole, o perfino ai pesci, come ha scoperto Joanne Cable dell’inglese Cardiff University: se sono attaccati da parassiti e possono scegliere fra vasche d’acqua a diversa temperatura, i pesci si dirigono senza dubbi nell’acquario più caldo, dove è stato verificato che il loro sistema immunitario lavora meglio.

È un’arma così efficace che alcuni patogeni si sono attrezzati per neutralizzarla: l’Herpesvirus ciprinide 3, che colpisce varie specie di carpe, trasporta un gene che inibisce la febbre comportamentale dell’ospite, provocando letargia e nuoto senza meta, in modo che il pesce se ne stia lontano da acque calde.

E c’è perfino chi, come Michael Logan, biologo evoluzionista dell’Università del Nevada a Reno (Usa), sostiene che gli animali a sangue caldo siano comparsi e abbiano avuto successo evolutivo proprio perché riescono meglio e più facilmente a procurarsi la febbre per combattere i germi.

Anche gli animali hanno la febbre. Ecco a partire da quale temperatura si può dire che siano febbricitanti (sotto, in rosso, il range normale). Tra tutti, il cavallo ha una particolarità: anche se la sua temperatura corporea è simile a quella umana, in caso di febbre può salire ben oltre i 42 gradi, ed ecco perché si dice “febbre da cavallo”.
- Criceto: 38,1 °C (normale: 37 - 38 °C)
- Cavallo: 38,6 °C (normale: 37,5 - 38,5 °C)
- Gatto: 39,3 °C (normale: 38 - 39,2 °C)
- Cavia: 39,6 °C (normale: 37,5 - 39,5 °C)
- Cane: 40 °C (normale: 38 - 39,9 °C)
- Uccelli: 40 °C (normale: circa 40 °C)
- Coniglio: 40,2 °C normale: 38,6 - 40,1 °C)

 

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3. NON FA CRESCERE

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Certo se però la febbre è troppo alta o resta elevata per tanto tempo (oltre i 39 °C per tre giorni), l’organismo ne risente.

Per produrre calore le cellule infatti accelerano i processi detti “catabolici”, ovvero la distruzione di proteine, zuccheri e grassi e questo può portare ad alterazioni della funzionalità di cuore e reni.

Inoltre, il sistema nervoso centrale va in sofferenza un po’ per gli effetti diretti del calore, un po’ per la carenza di energia perché tutte le scorte vengono usate per mantenere alta la temperatura.

Le conseguenze sul cervello sono infatti quelle più temute dai medici: il rischio di danni permanenti si ha oltre i 40 °C, ma diventa una certezza se si sta a lungo con la febbre oltre 42 °C o si superano i 43 °C, soglia oltre la quale la sopravvivenza è a forte rischio.

La febbre insomma ha due facce e secondo alcuni biologi evoluzionisti c’è un motivo anche per questo: favorirebbe infatti la sopravvivenza di chi è colpito da infezioni lievi, in cui di solito la febbre non è eccessiva, ma accelererebbe invece la morte di chi ha problemi gravi, quando in genere la temperatura sale parecchio, riducendo così il pericolo di una diffusione su larga scala di contagi troppo pericolosi.

C’è tuttavia chi di fronte ai febbroni è più fragile a prescindere. In un anziano con il cuore malandato l’incremento dei battiti dovuto all’aumento di temperatura può essere pericoloso. E nei bambini la febbre alta, oltre 39 °C, può alterare a tal punto il funzionamento cerebrale da indurre le convulsioni.

Ecco perché nei più piccoli è sempre opportuno farla scendere, quando va oltre i 38,5. Anche perché non è vero che li fa crescere: febbri prolungate nel periodo del massimo sviluppo possono far sembrare che ci sia stata una crescita, ma non c’è alcuna prova che la febbre di per sé “allunghi” bambini e ragazzi.

 

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4. QUANDO DEVE SCENDERE E IL DECORSO TIPICO DELLA FEBBRE

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Che fare allora quando il termometro sale, al netto della preoccupazione di questo autunno per il possibile contagio da Covid-19 che la febbre potrebbe nascondere?

In un adulto sano ha senso ridurla ma non per forza azzerarla, anche per seguirne meglio l’evoluzione e non ritardare la diagnosi di un’infezione più seria, che magari necessita di un antibiotico per risolversi.

Esagerando con gli antipiretici da un lato facciamo il gioco dei virus, che possono replicarsi meglio, dall’altro potremmo continuare a uscire e così, essendo “sotto attacco” e con le difese ridotte, rischieremmo di prenderci qualche altro germe peggiorando la situazione.

Per non sbagliare è bene chiedere al medico, soprattutto quest’anno in cui occorre contenere la diffusione del SARS-Cov-2, ma in generale è opportuno non stroncare la febbre sul nascere ed evitare la febbre-fobia, il terrore che stando a un’indagine dell’Università del Kansas attanaglia un genitore su due quando un bambino ha la febbre (con tanto di termometri sotto l’ascella ogni ora e stress che s’impenna anche nei piccoli).

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Se serve farla scendere perché è troppo fastidiosa si possono usare paracetamolo, acido acetilsalicilico o altri antinfiammatori non steroidei, perché tutti agiscono rapidamente facendo sudare in abbondanza e si possono prendere più volte al giorno, basta avere lo stomaco pieno; se però la febbre è parecchio alta o si accompagna a sintomi molto intensi, come tremori, nausea forte, dolore o eruzioni cutanee insolite potrebbe esserci sotto qualcosa di diverso da un’infezione “banale” ed è bene indagare al più presto.

Virus e batteri stimolano i globuli bianchi a rilasciare nel sangue citochine, molecole che segnalano la presenza di un’infiammazione e arrivano all’ipotalamo, nel cervello, il centro di termoregolazione.

In risposta alle citochine, l’ipotalamo fa aumentare la temperatura: per riuscirci i vasi sanguigni cutanei si “stringono” e così, grazie alle contrazioni dei muscoli attorno ai capillari, ecco i brividi.

 mantiene la temperatura su un valore elevato. In questa fase non si sente più freddo, la pelle è calda, il respiro e il cuore rapidi; si riattivano anche i meccanismi di termodispersione (sudore), anche se poi la temperatura resta alta.

Nella fase di sfebbramento le citochine in circolo diminuiscono e il termostato ipotalamico torna al valore normale, il cervello si “accorge” che il corpo è troppo caldo e inizia a disperdere calore. Se le citochine calano in fretta c’è sudorazione e disidratazione, se la diminuzione è graduale si torna a 37 °C quasi senza accorgersene.

Nella foto sotto, gli operai che lavorano allo stabilimento brasiliano di Fiat Chrysler a Belim, vicino a Belo Horizonte, ogni mattina passano attraverso un termoscanner.

 

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5. CAUSE “INSOLITE” E LA FEBBRE MASCHILE

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- CAUSE “INSOLITE”: FARMACI, STRESS...

La febbre può essere provocata anche da qualcosa che non ha nulla a che vedere con un’infiammazione o un’infezione.
Per esempio i farmaci: il 3-4 per cento delle reazioni avverse include proprio un rialzo della temperatura, indicativo del fatto che l’organismo non tollera bene quel principio attivo (quelli che la provocano più spesso sono antibiotici, anticonvulsivanti, farmaci per il cuore), per un’ipersensibilità o per motivi genetici.
Alcuni medicinali danno febbre perché alzano essi stessi la regolazione del “termostato” ipotalamico (può succedere con certi antidepressivi), altri perché impediscono una buona dispersione del calore oppure ne fanno produrre troppo (come gli anticolinergici o la levotiroxina, rispettivamente).
Esiste poi la febbre da stress: Takakazu Oka, della Kyushu University in Giappone, ha scoperto che lo stress cronico può indurre un rialzo persistente della temperatura, probabilmente grazie all’attivazione di neuroni dell’ippocampo dorso-mediale.
E c’è pure la febbre fittizia, in cui persone che di solito hanno una patologia psichiatrica e una formazione medica millantano una febbre di origine sconosciuta: tutti gli indizi sembrano tornare, ma il rialzo di temperatura non c’è per davvero.
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- È PROPRIO VERO: LUI SOFFRE DI PIÙ

In caso sia un uomo a essere febbricitante i patimenti sembrano spesso insostenibili anche con poche linee di temperatura.
Di solito le donne sorridono di questo dato di fatto, ma al netto di chi è lamentoso per natura e dei sintomi oggettivi, la maggiore sofferenza maschile non è soltanto un vezzo.
Kyle Sue della Memorial University di Newfoundland in Canada ha infatti scoperto che la febbre negli uomini si accompagna più spesso a complicazioni e a una mortalità maggiore, a parità di cause e malattie concomitanti.
«Il motivo è un sistema immunitario un po’ più fragile: il testosterone per esempio ha un effetto immunosoppressivo, al contrario degli estrogeni», spiega Sue.
«Le donne hanno bisogno di un sistema immunitario iper-efficiente per difendere se stesse e la prole; l’uomo, che ha “investito” le energie in altri processi biologici come la crescita di statura o dei caratteri sessuali secondari (la muscolatura), è meno attrezzato contro le malattie infettive e contro la febbre, che quindi risulta davvero più fastidiosa». E lo mette subito al tappeto.

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