La medicina comportamentale veterinaria: di cosa si occupa, quali problematiche affronta e quali terapie prevede

Nell’ambito della medicina veterinaria, la medicina comportamentale si focalizza sulla diagnosi e sul trattamento delle patologie del comportamento negli animali.

L’obiettivo principale è identificare e affrontare problematiche comportamentali specifiche, collaborando strettamente con il pet owner, valutando l’individuo pet nella sua interezza.

Si prendono in considerazione le capacità di ogni soggetto di adattarsi all’ambiente di vita, il benessere dell’animale, il suo equilibrio mentale ed emotivo, nonché il suo stato di salute, analizzando emozioni, motivazioni, apprendimenti, aspetti cognitivi e socialità e tanto altro.

Ma di cosa si occupa, quali problematiche affronta e quali terapie prevede la medicina comportamentale veterinaria? Scopriamolo insieme.

1. PRINCIPALI PROBLEMI AFFRONTATI E COSA INFLUENZA IL COMPORTAMENTO DEL PET

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Le varie problematiche si manifestano con una serie di sintomi differenti a seconda del tipo di alterazione e con sfumature diverse da un individuo all’altro.

Ci sono soggetti che distruggono l’abitazione in cui vivono in presenza o in assenza dei proprietari, altri che presentano vocalizzazioni eccessive, eliminazioni inappropriate, disturbi del sonno, comportamenti aggressivi verso persone o conspecifici, paure nei confronti di oggetti, rumori, persone, altri animali, ecc. che possono avere significati differenti.

Per questo è sempre importante analizzare e contestualizzare i comportamenti per comprenderne al meglio origine e natura. La contestualizzazione è importante: l’aggressività fa parte dell’etogramma del cane, quindi non sempre è patologica, è il contesto in cui si manifesta che può renderla tale.

Da non tralasciare i comportamenti percepiti come alterati o patologici da parte dei proprietari, ma che in realtà non hanno nulla di anomalo: per esempio, la distruzione di mobili e suppellettili varie da parte del cucciolo percepite come un comportamento sgradevole e da modificare, mentre in realtà fanno parte di un normale e fisiologico comportamento di esplorazione orale del cucciolo stesso nei primi mesi di vita.

Genetica, sviluppo evolutivo dell’animale, esperienze, relazione con il proprietario, ambiente e suoi cambiamenti, routine quotidiana, relazioni sociali, sono solo alcuni degli aspetti che possono influenzare il comportamento di un individuo.

Inoltre, prima di tutto bisogna escludere eventuali patologie organiche.

Per esempio l’eliminazione inappropriata del gatto è molte volte legata a eventi stressanti per Micio, ma spesso questi felini sono affetti da patologie delle basse vie urinarie che vanno escluse a priori.

2. PATOLOGIE COMPORTAMENTALI NEL CANE

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- FOBIE: sono tra le alterazioni comportamentali più frequenti nel cane, aumentate con il Covid 19 che ha spinto ad adottare il miglior amico dell’uomo per poter contrastare le restrizioni e uscire di casa, non permettendo, però, a tali pet, una socializzazione adeguata con persone e conspecifici.
Altro aspetto: i cani adottati dal web con passati sconosciuti, tra randagismo e deprivazioni varie, per cui la loro non conoscenza di stimoli sociali e/o ambientali nei periodi adeguati è alla base di fobie.

 

- SINDROME DA SEPARAZIONE: si manifesta soprattutto con eliminazioni improprie, vocalizzazioni, distruzioni.
Anche questo disturbo è aumentato con il Covid, in particolare al termine delle restrizioni che avevano abituato il cane a stare sempre in compagnia.
Sono molto colpiti anche i cani che da cuccioli non sono stati abbastanza con la madre e quelli sottoposti a ripetuti e traumatici abbandoni da parte di diversi proprietari.

 

- AGGRESSIVITÀ: è il problema comportamentale di maggior impatto. Esistono diverse tipologie di aggressività dirette verso persone, cani o altri animali.
L’aggressività diventa patologica quando perde la sua funzione adattativa e il cane la usa in modo indiscriminato.
Comunque, l’atto aggressivo spesso per il cane è l’extrema ratio, dopo aver mostrato disagio o disappunto con comportamenti ritualizzati con segnali calmanti e posture esplicative non percepiti o interpretati in modo sbagliato dall’uomo.
Per questo è importante rivolgersi a un professionista alle prime avvisaglie.

 

- DISTURBI COMPORTAMENTALI DEI CANI ANZIANI: i cani vivono più a lungo e ciò ha favorito tali disturbi, sempre più in aumento, come le alterazioni degenerative dell’uomo.
Il segnale più frequente è l’alterazione del sonno: il cane è ansioso, si sveglia spesso la notte e poi cammina in modo ripetitivo, abbaia, uggiola, ansima. Tale disturbo colpisce di frequente pure il gatto.

3. PATOLOGIE COMPORTAMENTALI NEL GATTO

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- DISTURBI PER AMBIENTI MODIFICATI: ridotte dimensioni dello spazio o modifiche per ristrutturazioni, traslochi o pulizie eccessive possono destabilizzare il gatto.
Micio organizza il suo ambiente con le marcature del territorio che lo rassicurano: se vengono eliminate possono causare ansia, stress ed estremo disagio.
Pure ambienti ridotti e/o ipostimolanti, cioè non arricchiti in modo adeguato per il gatto, determinano disagi comportamentali che esitano in eliminazioni improprie, marcature, ansia, aggressività, vocalizzazioni e patologie organiche conseguenti a stress quali disturbi delle basse vie urinarie, intestinali cronici, dermatologici.

 

- DISTURBI PER MODIFICHE DEL GRUPPO FAMILIARE: se in famiglia arriva un nuovo componente, umano o animale, il gatto può trovarsi in forte difficoltà, reagendo con più marcature urinarie o graffiature, eliminazioni improprie, ansia, aggressività, rivelatrici del suo grande disagio, e spesso il proprietario si rivolge all’esperto in comportamento.

4. SERVE UNA TERAPIA?

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La terapia è essenziale e varia in relazione al disturbo comportamentale diagnosticato: quella integrata è data dall’unione di terapia e riabilitazione, quest’ultima caratterizzata da tecniche di modificazione comportamentale messe in atto da riabilitatori per cani o gatti che lavorano in stretta collaborazione con il veterinario esperto in comportamento.

La terapia medica prevede l’uso di farmaci psicotropi (quando necessario), nutraceutici, feromoni e fitoterapici.

Ci sono anche terapie complementari quali omeopatia, omotossicologia, medicina di regolazione, floriterapia, ecc.

In certi casi anche la castrazione/sterilizzazione - chirurgica o chimica - può essere impiegata come terapia.

Importante: un tempo si pensava che la castrazione/ sterilizzazione fosse la soluzione di gran parte delle patologie comportamentali: in realtà non è così, tale intervento deve essere valutato attentamente in quanto, in certi casi, può non sortire alcun effetto sul comportamento alterato dell’animale, anzi, lo può addirittura peggiorare drasticamente.





5. RIABILITAZIONE CON ESPERTI QUALIFICATI

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La riabilitazione è il fulcro della terapia comportamentale. Deve essere eseguita da personale qualificato e presso il domicilio del pet dove i problemi si verificano quotidianamente.

A seconda dei casi si possono inserire nel percorso sedute di riabilitazione calate in alcuni contesti specifici, con figuranti o cani tutor.

Il pet owner è parte attiva di tale processo e contribuisce in modo sostanziale al suo successo.

La finalità della terapia comportamentale è ristabilire il benessere dell’intero sistema, dall’animale al suo nucleo familiare.

La più grande sfida in questo campo della medicina veterinaria è la prevenzione e la diagnosi precoce. Spesso si crede che il problema si risolva da solo, sbagliando perché con il tempo può anche peggiorare.

Per questo al primo sospetto è bene rivolgersi al veterinario che potrà indirizzare pet e proprietario alle cure di un esperto in comportamento.








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