Foreste ombrose di alberi altissimi e deserti aridi, colline morbide e prati con erba alta e leggera, zone dove il terreno cambia colore e ancora boschi, intricati e umidi come una giungla tropicale.
Non è un viaggio in un Paese esotico e insolito, ma quello che vedremmo se avessimo dimensioni microscopiche e camminassimo sulla nostra pelle, percorrendola dalla testa capelluta alla pianta dei piedi, dalle palpebre alle braccia, passando dalla bocca alle ascelle.
La cute è cambiata moltissimo nel corso dell’evoluzione, adattandosi prima all’andatura bipede, poi al progressivo cambiamento delle abitudini di vita dei nostri antenati e alla diversa intensità della luce solare alle varie latitudini.
Nel corso dei millenni la pelle della pianta dei piedi è diventata fino a dieci volte più spessa di quella delle palpebre; abbiamo perso i peli per non soffrire il caldo della savana ma abbiamo mantenuto i capelli, per tenere al fresco e all’ombra la testa; abbiamo modificato il colore della pelle per adattarlo all’irraggiamento solare, passando dal più resistente (e riflettente) nero degli abitanti dell’Africa al bianco latte degli scandinavi.
Per certi aspetti però siamo diventati più vulnerabili. I peli per esempio ci proteggevano meglio dal sole e dall’ambiente esterno, oggi siamo più esposti e la pelle è più fragile se non viene protetta nel modo giusto.
Qualche retaggio del passato primitivo però è rimasto: la pelle delle dita immerse a lungo in acqua si raggrinzisce ancora oggi, ma serviva soprattutto per avere una miglior presa quando cacciavamo o pescavamo.
La pelle è infatti il nostro organo dei record, quello con più differenze e più funzioni, al punto che è stata chiamata “il coltellino svizzero” del corpo umano. E così guardarla da vicino può riservare molte sorprese.
1. UNA CORAZZA A STRATI E STRATEGIE ANTICALDO
Certo tutti sappiamo che è l’organo più grande, visto che copre circa due metri quadrati e costituisce circa il 15% del nostro peso. Possiamo però stupirci anche di altri record.
Nella pelle scorrono 17 chilometri di vasi sanguigni, sufficienti ad attraversare lo stretto di Gibilterra; ci sono quattro milioni di ghiandole sudoripare che possono produrre fino a dieci litri di sudore in un giorno; e cambia totalmente ogni quattro, cinque settimane, liberandosi delle cellule morte dello strato più superficiale.
Ma per capire quanto la pelle sia complessa e speciale dovremmo prima di tutto entrarci dentro e guardarla in sezione, per scoprire i suoi tre strati e quello che contengono.
Il più interno è l’ipoderma, o sottocutaneo, e può essere sottilissimo, come nel caso delle palpebre, oppure spesso vari centimetri come sui glutei; contiene cellule adipose piene di grasso ed è una riserva energetica, un vero e proprio cuscinetto anti-traumi e soprattutto un isolante degli organi interni nei confronti di caldo e freddo.
La pelle è infatti indispensabile per la termoregolazione anche grazie al suo strato intermedio, il derma, dove si trovano vasi sanguigni e ghiandole sudoripare. La cute ci difende dal caldo e dal freddo mantenendo gli organi interni sempre alla temperatura di 37 °C: i vasi sanguigni del derma si restringono con il freddo, trattenendo calore, e si dilatano se fuori fa caldo, disperdendolo.
La dilatazione dei vasi della pelle è sorprendente: il flusso di sangue può arrivare a otto litri al minuto quando c’è tanto calore da dissipare velocemente, come ha dimostrato Nisha Charkoudian della Mayo Clinic di Rochester (Usa).
L’eccesso di calore attiva anche la produzione di sudore da parte delle ghiandole nel derma: il mix di acqua, sali minerali e altre sostanze che, evaporando dalla pelle, aiuta a raffreddare il corpo. Anche per questo un’altra funzione poco conosciuta della cute è il mantenimento dell’equilibrio idro-elettrolitico, ovvero dei livelli di acqua e sali nell’organismo. Se non avessimo la pelle evaporeremmo, perdendo tutti i liquidi.
Una ricerca dell’Imperial College di Londra ha dimostrato che le cellule dell’epidermide – lo strato cutaneo più esterno e sottile, che si rinnova continuamente – sono organizzate come un tetradecaedro appiattito, un poliedro a 14 facce: è la configurazione migliore per riempire lo spazio. Così le cellule aderiscono benissimo le une alle altre e, grazie a una proteina-colla, la struttura resta intatta anche quando ciascuna man mano invecchia e deve essere sostituita.
Ogni minuto trentamila cellule dell’epidermide muoiono e poi si sfaldano (metà della polvere di casa è fatta dalle nostre cellule morte), ma non restiamo mai “nudi” grazie alla continua produzione di nuove cellule da parte di staminali situate al confine fra epidermide e derma. La geometria della disposizione delle cellule e la proteina-colla fanno sì che non si creino mai buchi, la pelle sia impermeabile e allo stesso tempo non ceda liquidi diversi dal sudore.
2. SENSIBILE E COMUNICATIVA. IL NOSTRO BIGLIETTO DA VISITA
Proprio il sudore, poi, rende la pelle un mezzo di comunicazione soprattutto su questioni basilari, come la disponibilità all’accoppiamento e la paura: numerosi esperimenti con le magliette sudate, in cui si fa indossare una tshirt per un po’ a qualcuno, senza deodoranti di sorta, e poi la si fa annusare a ignari volontari studiandone le reazioni, hanno dimostrato che riusciamo a comprendere le emozioni dell’altro, oppure se sia compatibile per un accoppiamento, proprio odorando le sostanze emesse dalla pelle assieme al sudore.
«La cute ha un fondamentale ruolo sociale e di comunicazione, anche perché è un organo sensoriale, con una miriade di terminazioni nervose: queste, oltre a darci la sensibilità al dolore, alla pressione, alla temperatura servono anche per farci sentire il mondo e gli altri. Comunichiamo con la pelle: i tatuaggi del resto sono un modo per parlare di noi stessi», interviene Ketty Peris, presidente della Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST).
I modi di dire come “riconoscersi a pelle” o provare “fastidio a pelle” non sono insomma campati in aria e anche il contatto con quella degli altri è necessario per stare bene: uno studio statunitense ha rivelato per esempio che il deficit di abbracci da pandemia si è associato a un aumento dell’affaticamento, dell’ansia e dei disturbi del sonno e dell’umore.
L’importanza sociale della cute non finisce qui: la pelle parla e, per esempio, arrossisce quando proviamo vergogna. Ed essendo il nostro “contenitore” ci rende quel che siamo: i follicoli piliferi del derma che formano peli e capelli, le cellule che producono melanina per colorare la pelle e si trovano nell’epidermide contribuiscono a darci l’aspetto che abbiamo, a renderci glabri o pelosi, con chiome bionde o more, capelli ricci o lisci, pelle scura o lattea.
Pelle e annessi cutanei insomma ci definiscono. E tutte le patologie che alterano l’aspetto della cute hanno un grande impatto sul benessere psicologico: dati presentati a giugno, all’ultimo congresso SIDeMaST, dimostrano per esempio che il 78% dei pazienti con dermatite atopica (in cui la pelle è spesso arrossata e desquamata oltre che pruriginosa) afferma di avere una vita sociale peggiore, e il 57% ammette un impatto negativo sulle relazioni sociali.
Per non parlare del disagio emotivo provocato da malattie cutanee ancora più visibili, come acne o psoriasi. Per stare bene nella propria pelle quindi occorre prendersene cura.
3. PELLE SANA, OSSA FORTI. BARRIERA DIFENSIVA
Le funzioni inaspettate della cute però non finiscono qui: è anche un organo metabolico, perché nella pelle esposta al sole si produce la vitamina D, a partire dal colesterolo: è l’unica vitamina con una sintesi così peculiare e la popolazione occidentale spesso ne ha livelli bassi perché passa poco tempo all’aperto (basterebbero pochi minuti a braccia scoperte per averne in quantità adeguata), con effetti negativi per esempio sul rischio di osteoporosi che rendono necessari integratori di vitamina D.
Poi, certo, la pelle è un’ottima barriera. Come ha dimostrato qualche tempo fa Robert Ritchie dell’Università di Berkeley in California (Usa), è superresistente allo strappo grazie alla struttura del collagene, la proteina più abbondante presente nel derma, che consente di distribuire le pressioni, assorbire gli stress e renderla capace di tollerare molte sollecitazioni.
In caso di tagli o escoriazioni, la pelle si ripara velocemente e nello stesso tempo continua a funzionare come una barriera, come spiega Peris: «Anche grazie alle cellule di Langherans nell’epidermide, cellule immunitarie che sorvegliano l’eventuale ingresso di microrganismi impedendo le infezioni. La pelle poi è fondamentale contro le allergie: proprio la perdita della sua funzione di barriera sembra decisiva perché gli allergeni riescano a entrare nell’organismo in maniera anomala, tale da scatenare poi una reazione».
Una pelle sana è un muro contro tutto ciò che potrebbe danneggiarci: lo strato corneo più superficiale ci protegge anche dalla corrente elettrica perché è uno scarso conduttore, essendo povero di acqua.
È poi uno schermo per i raggi ultravioletti grazie alla produzione di melanina, contro agenti chimici dannosi e contro i microrganismi grazie anche al sebo che, oltre ad ammorbidire la pelle, contiene sostanze antibatteriche per difenderci dai germi.
Anche la continua desquamazione e la relativa disidratazione servono a rendere la cute un ambiente poco confortevole per batteri e simili, nonostante questo la pelle è uno dei luoghi più “abitati” del nostro corpo.
«I batteri che vivono in simbiosi con noi sulla cute sono numerosissimi e fondamentali per la salute, tanto che un’alterazione degli equilibri fra le varie popolazioni di germi può portare anche alla comparsa di malattie come la dermatite atopica», osserva Peris. «I batteri sono diversi a seconda delle zone del corpo, a seconda delle temperature, dell’umidità, della luce e così via».
4. DIFENDERSI DAL SOLE
Il sole è uno dei peggiori nemici della pelle: «L’esposizione solare è cambiata nei secoli e oggi è maggiore, complice l’irraggiamento più persistente ma anche le abitudini di vita e i contesti socio-culturali differenti», osserva Ketty Peris, presidente della Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST).
«Oggi piace essere abbronzati e così, nonostante gli avvertimenti circa la loro pericolosità, tanti continuano ad abusare dei lettini abbronzanti. Fanno altrettanto male le vacanze mordi e fuggi, in cui il tempo per diventare scuri è poco, e si tende a non proteggersi. Il risultato sono le scottature: quando la pelle è esposta al sole i raggi ultravioletti provoca- no danni che sono continuamente riparati, ma se si esagera la cute non riesce a farlo e ci si scotta».
Le conseguenze vanno dall’invecchiamento cutaneo precoce ai tumori e l’unico modo per evitarle è esporsi al sole con cautela, proteggendosi: per la sintesi della vitamina D sono sufficienti pochi minuti a pelle scoperta; dimenticare la protezione solare invece può essere pericoloso.
Come scegliere le protezioni solari? Almeno la prima volta e specialmente se c’è una malattia cutanea, come la dermatite o l’acne, sarebbe consigliabile chiedere al dermatologo.
Chi per esempio ha la pelle sensibile e tendenza allergica dovrebbe preferire filtri fisici, che hanno un minor potere allergizzante; chi ha la cute grassa può trarre giovamento da prodotti con filtri Uva e Uvb ma che lascino passare la luce blu che ha effetti benefici sull’acne.
Chi soffre di vitiligine può giovarsi di una protezione alta nei confronti dei raggi Uva e media per gli Uvb (gli Uva sono i più abbondanti e presenti tutto l’anno, accelerano l’invecchiamento perché alterano le fibre di sostegno della pelle; gli Uvb hanno più energia, penetrano a fondo e sono i responsabili dell’abbronzatura ma anche di eritemi e scottature).
Individuato il prodotto giusto occorre usarlo bene, applicandolo ogni due o tre ore e usandolo tutto l’anno sulle parti scoperte, anche in città. Ma mettere la protezione solare non significa avere il via libera per comportamenti incauti, come non indossare il cappello o esporsi quando l’irradiazione solare è al massimo.
Nella foto sotto, chiaroscuri. La melanina è la sostanza che ci difende dai raggi UV e dà il colore al nostro incarnato. Le popolazioni nordiche ne hanno meno, perché vivono in regioni meno assolate.
5. LA DIETA PER RISPLENDERE E LA RIPRESA NOTTURNA
Per avere cura della pelle però non basta applicare le creme giuste: bisogna anche idratarsi dall’interno, bevendo a sufficienza soprattutto in estate, per contrastare la perdita di liquidi col sudore che potrebbe seccare troppo la cute.
Anche quello che mangiamo incide su aspetto e salute della pelle: Ian Stephen, psicologo dell’Università di Bristol in Inghilterra, ha dimostrato che le persone con un incarnato dorato come quello garantito da un’alimentazione ricca di vegetali e quindi di carotenoidi sono ritenute più attraenti rispetto a chi ha una pelle meno splendente, a prescindere dall’abbronzatura e dal colore cutaneo di base.
Perfino la fotoprotezione poi può passare dall’interno: «Gli studi recenti hanno mostrato che alcuni integratori, per esempio a base di nicotinamide, svolgono una funzione protettiva sui danni da raggi ultravioletti, consentendo addirittura di prevenire alcune forme di tumore cutaneo associate all’esposizione solare».
Un po’ a sorpresa, altre buone abitudini sembrano aiutare a tutelare la pelle: uno studio sui topolini di ricercatori dell’Università di Irvine, in California, ha dimostrato che alterare il ritmo delle giornate, per esempio spostando a notte fonda l’orario della cena e dormendo poco, può favorire le scottature solari il giorno dopo.
Succede perché di notte la pelle si rinnova e si prepara per il giorno successivo, quando al mattino attiva i geni che servono a proteggerla dai raggi Uv. Se non si dorme a sufficienza gli orologi biologici cutanei si sfasano e l’attivazione dei geni protettivi viene ritardata, lasciando la pelle indifesa di fronte ai danni del sole.
Fare le ore piccole in estate e poi passare la giornata in spiaggia insomma non è una buona idea, a maggior ragione se ci si dimentica la crema solare.