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La puntualità è un valore?

Quando lo scorso 3 febbraio 2021 è arrivato al Quirinale per ricevere dal capo dello Stato Sergio Mattarella l’incarico di formare un nuovo governo, Mario Draghi si è presentato con sei minuti di anticipo.

Un dettaglio che i giornali hanno attribuito allo stile rigoroso dell’ex Presidente della Banca centrale europea, inconsueto in Italia, dove l’“elegante” ritardo è quasi un segno distintivo degli incontri pubblici.

Ma nel campo del lavoro perdere tempo significa perdere denaro, mentre nelle relazioni personali farsi aspettare può esprimere scarsa considerazione verso chi ci attende.

 

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1. Virtù misconosciuta ed effetti sul PIL

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In realtà il ritardo non è mai elegante: non rispettare gli orari non è semplicemente maleducato, ma anche socialmente ed economicamente controproducente.

In Elogio della puntualità (Giubilei Regnani), Andrea Battista e Marco Ongaro, un dirigente d’azienda e uno scrittore, parlano dei vantaggi di questa qualità misconosciuta.

«I sistemi etici sembrano svalutare, o almeno non valutare come centrale, la puntualità», scrivono.

«Essa è stata considerata più che altro un’espressione del rispetto per gli altri e dell’autocontrollo personale senza però assurgere al rango di vera e propria virtù». Eppure i calcoli riportati nel libro sembrano mostrare i numerosi vantaggi della puntualità, che sono prima di tutto pratici.

Arrivare in ritardo agli appuntamenti di lavoro, pagare in ritardo i propri fornitori o perdere tempo nelle riunioni sono abitudini che incidono pesantemente sul PIL della nostra nazione.

Secondo gli autori del libro, la mancanza di puntualità italiana corrisponde a una perdita annua di almeno 1,5 punti percentuali di prodotto interno lordo, cioè fino a 22 miliardi di euro ogni anno.

Il tempo è quindi letteralmente denaro e lo spreco del primo è una perdita del secondo: citando lo storico ed economista Carlo Cipolla, che nel suo saggio Allegro ma non troppo (Il Mulino) espose le “leggi della stupidità”, Battista e Ongaro spiegano infatti che il ritardatario causa sempre un danno agli altri e alla società senza ottenere alcun vantaggio per se stesso. Niente di più stupido.

 

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2. Un malcostume italiano, biglietto da visita nelle relazioni

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Perché allora non siamo puntuali?

Lo spiega Maria Pia Paganelli, economista alla Trinity University (USA), partendo da un esempio: «Arrivereste mai in aeroporto in ritardo se doveste prendere un volo per Tokyo per il quale avete speso molto di biglietto? Probabilmente no: la perdita economica sarebbe enorme».

Allo stesso modo non faremmo tardi a un incontro con il Presidente della Repubblica: l’occasione sarebbe irripetibile per noi comuni mortali, e a quell’ipotetico appuntamento ci presenteremmo con ben più dei sei minuti di anticipo di Draghi.

«La puntualità, come accade alle variabili economiche, si fonda su due fattori: il costo e la scarsità», prosegue l’economista. In altre parole, siamo certamente puntuali quando il ritardo è oneroso o può compromettere situazioni uniche.

Si spiega così perché le aziende italiane hanno la pessima abitudine di pagare in ritardo i loro fornitori: «Negli USA questo genere di ritardo è pesantemente sanzionato, a differenza di quanto accade in Italia».

Inoltre manca la scarsità: se un fornitore dovesse ribellarsi, l’azienda cliente potrebbe trovare altri fornitori che, per mille ragioni, accettano passivamente pagamenti ritardati. In un Paese liberale come gli USA, invece, un cattivo pagatore acquisisce una pessima reputazione che gli impedisce di restare sul mercato.

Anche da noi, invece, la puntualità, dovrebbe essere un ottimo biglietto da visita sia nelle relazioni professionali sia in quelle personali. Gli psicologi spiegano infatti che essere puntuali impone ascolto e considerazione dell’altro, il che genera empatia e fiducia.

Arrivare tardi a un primo incontro può significare “partire in salita” rispetto al senso di affidabilità che comunichiamo all’altro. Peraltro chi è puntuale mostra anche maggiori abilità organizzative, almeno nella gestione del tempo.

 

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3. Due tipi di società... e due modi di vedere il tempo

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La puntualità ha quindi in sé un importante potenziale comunicativo: «È un’espressione di come ci percepiamo in termini di importanza rispetto all’altro».

Se presentarci in ritardo a un colloquio di lavoro è una pessima idea, diverso è invece il caso della persona di potere che fa fare “anticamera” a chi chiede di incontrarlo.

Fare aspettare qualcuno è un mezzo per sottolineare la propria superiorità. Secondo gli antropologi è un’abitudine che deriva da un desiderio atavico di imporre il predominio: «Chi fa aspettare instaura una relazione sadomasochista. Mette infatti l’altro nella posizione della vittima, producendo in lui un sentimento di ansia», spiega la psicanalista Agnès Payen De La Garanderie, autrice di Rispettarsi e rispettare. Come vincere l’aggressività (Paoline).

Chi occupa una posizione gerarchicamente superiore non avrebbe bisogno di ribadire in questo modo il suo status, in quanto già implicito. Mostrare rispetto, anche tramite la puntualità, è invece un fattore importante per un buon leader.

Secondo i sociologi esistono culture del ritardo e culture della puntualità: tra le prime ci sono quelle latine, mentre quelle centro e nordeuropee, così come quella statunitense, appaiono più rigorose nel rispetto dei tempi.

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Ciò si spiega con la storia. Adam Smith, padre dell’economia, distingueva tra società basate sui privilegi e società basate sul commercio.

Laddove in Italia hanno tradizionalmente dominato i privilegi acquisiti di tipo aristocratico, negli USA ha invece sempre prevalso l’etica borghese fondata sugli interessi economici.

Qui il tempo e il rispetto degli impegni presi sono variabili fondamentali per il successo: «Nelle società mercantili il tempo è una risorsa preziosa e tipicamente scarsa.

Non stupisce che ciò porti a differenze nella stessa percezione del tempo, anche nella vita di tutti i giorni. In Italia e in Spagna siamo inclini a concedere il “quarto d’ora accademico” prima di una lezione, cosa che non avviene negli USA o in Germania.

Allo stesso modo, dare un appuntamento alle 15.00 nelle società puntuali significa presentarsi a quell’ora, dove per molti italiani lo stesso orario è interpretato come un “vediamoci nel primo pomeriggio”.

Facile immaginare che un incontro tra persone appartenenti a queste opposte visioni del tempo può dar luogo a incomprensioni.

 

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4. Gli inconvenienti che ci portano a far tardi

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A volte siamo ritardo per colpa di un rapporto errato con il tempo.

Nel 2001 Jeff Conte, psicologo alla San Diego State University (USA), definì due tipologie di personalità rispetto a questa variabile: quelle fortemente orientate agli obiettivi, e dunque puntuali, e quelle che vivono in modo più rilassato gli impegni presi.

Le persone appartenenti ai due gruppi percepiscono il passare del tempo in modo diverso: i meno rigorosi hanno un “orologio mentale” le cui lancette si muovono più lentamente, al punto che per loro un minuto dura in realtà 77 secondi.

Ciò li porta a essere più ottimisti quando valutano il tempo a loro disposizione e quindi a fare ritardo.

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Questo sfasamento temporale ha almeno tre conseguenze sul piano pratico. I ritardatari infatti...

1. Fanno troppe cose insieme
La percezione ottimistica dei ritardatari li spinge a lavorare in “multitasking”, senza però riuscirci per la loro disorganizzazione.
«Del resto, smettere di fare qualcosa che ci assorbe per dedicarsi ad altro può essere fastidioso», ha spiegato la psicoterapeuta Philippa Perry in un articolo sul Guardian.
Così continuano a dedicarsi a ciò che stanno facendo, scoprendo solo all’ultimo di essere in ritardo.

2. Fanno tutto all’ultimo momento
Accorgendosi di essere in ritardo quando ormai il tempo a disposizione è agli sgoccioli, queste persone finiscono col fare tutto all’ultimo e magari non sempre bene.
Non solo: poiché hanno spesso la percezione di essere più produttivi lavorando in emergenza, non sono motivati a cambiare il loro modo di lavorare.

3. Sono impreparati agli imprevisti
I ritardatari non mettono in conto che potrebbero capitare contrattempi, ad esempio quando devono raggiungere il luogo di un appuntamento.
Si autoingannano facilmente rispetto ai tempi di percorrenza. Se si vuole essere puntuali occorre invece pensare che lungo la strada potrebbe esserci traffico o capitare qualsiasi evento inaspettato.
«Spesso i ritardatari sono persone solari ma irragionevolmente ottimiste», conclude la britannica Philippa Perry.

 

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5. Siete ritardatari cronici? Forse nascondete queste caratteristiche

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La tendenza a fare ritardo può nascondere qualcosa di inconscio.

1. Disinteresse
Fare aspettare può nascondere disinteresse e quindi una scarsa considerazione per gli altri, come se chi ci aspetta non avesse alcuna importanza. Arrivare in ritardo può quindi essere una modalità inconscia per comunicare che l’altro per noi non ha valore.

2. Vendetta
A volte i ritardatari vogliono vendicarsi di un torto subito da chi li aspetta: capita a volte tra partner quando fare aspettare è un modo inconscio, spesso reciproco, per “vendicarsi” di un precedente ritardo dell’altro.

3. Paura
A volte si fa tardi perché l’appuntamento ci spaventa: in pratica non abbiamo voglia di affrontare la persona che dobbiamo incontrare o la situazione che dobbiamo vivere e quindi, senza rendercene conto, tergiversiamo a casa fino all’ultimo prima di uscire, arrivando quindi tardi.

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4. Perfezionismo
I perfezionisti possono ritardare a un appuntamento perché vorrebbero fare perfettamente tutto ciò di cui si stanno occupando, anche se il tempo non glielo permette. Spesso queste persone non sanno dire di no alle richieste altrui. Così accettano appuntamenti a orari irrealistici già sapendo che sarà difficile rispettarli.

5. Ribellione
C’è chi fa ritardo a un appuntamento perché vorrebbe, inconsciamente, disobbedire all’autorità o semplicemente alla persona che deve incontrare. In alcuni casi la motivazione è radicata nella storia personale. Per il ritardatario cronico, la persona con cui ha appuntamento evoca un genitore autoritario a cui doveva obbedire da bambino.

6. Narcisismo
Si può ritardare perché si vuole misurare quanto chi ci aspetta sia disposto ad attendere. Secondo il ritardatario narcisista, se qualcuno lo aspetta vuol dire che tiene a lui. Ritardando il narcisista vuole attirare l’attenzione su di sé, agendo sull’ansia di chi lo aspetta. Questi, pensa il narcisista, potrebbe preoccuparsi non vedendolo arrivare.

 

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