La straordinaria storia di Michele Ferrero, il papà della Nutella

Ha creato un’azienda oggi presente in 55 Paesi, con stabilimenti in ogni continente e oltre 41mila dipendenti, che rappresenta il terzo gruppo al mondo nel settore del cioccolato e ha un fatturato di 14 miliardi di euro.

Ha inventato prodotti che hanno raggiunto una tale popolarità da esserci diventati familiari e con i quali molti di noi sono cresciuti. È stato un imprenditore geniale, ma anche molto riservato, che aveva un motto: “Non dirlo a nessuno!”.

Nonostante l’enorme successo, non ha mai amato le luci della ribalta, anzi, le ha sempre rifuggite. Come quando, nel 2014, negò un’intervista al notissimo giornalista Enzo Biagi. «Per eccesso di timidezza e paura di apparire vanesio» si giustificò.

E così, mentre la Ferrero e i suoi marchi spopolavano in tutto il mondo, si è sempre saputo poco della storia aziendale e del suo fondatore, Michele Giuseppe Eugenio Ferrero.

1. Famiglia di pasticcieri

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Nasce a Dogliani, nelle Langhe piemontesi il 26 aprile 1925. I genitori Pietro e Piera Cillario, possiedono nel centro storico il Caffè Pasticceria Ferrero, che esiste ancora oggi e si chiama Caffè Bicerin.

Il padre sogna di riuscire a ridurre il prezzo del cioccolato, così da renderlo alla portata di tutti e di conquistare il mercato dei bambini.

Per questo, mentre la moglie gestisce il Caffè, lui passa ore nel retrobottega trasformato in un laboratorio, dove prova e riprova a mescolare cacao con altri ingredienti.

L’anno successivo Pietro e Piera si spostano ad Alba, dove aprono una pasticceria (foto sotto), ma le Langhe sono ancora un territorio povero e poi sono tempi difficili e di dolci se ne vendono pochi.

Nel 1933 tentano la strada della grande città e si trasferiscono a Torino, dove aprono un’altra pasticceria. Poi, arriva la guerra e la famiglia, costretta a sfollare, nel 1942 torna ad Alba. 

Intanto il giovane Michele frequenta l’Istituto tecnico Baruffi di Mondovì e nel 1944 si diploma ragioniere. È solo dopo la fine del conflitto che Pietro crea la sua prima cioccolata alla nocciola: è la Pasta Gianduja, una sorta di crema solida che si taglia a fette; come gusto ricorda il gianduiotto torinese, ma costa decisamente meno.

Il “pastone”, così verrà soprannominato, piace. Addirittura più del previsto. E così, il 14 maggio 1946 nasce ufficialmente l’industria Ferrero. Nella foto sotto, il pullman aziendale in uno stabilimento Ferrero.

Il fratello di Pietro, Giovanni, organizza una rete di vendite efficiente e capillare, saltando i grossisti e rivolgendosi direttamente ai rivenditori.

Ma mentre l’azienda è in pieno sviluppo – con quasi 2mila dipendenti e oltre 5mila quintali di prodotti sfornati all’anno – il 2 marzo 1949 Pietro muore all’improvviso per infarto. È Michele a raccogliere il testimone.

2. A 24 anni ha già le idee chiare

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Ha solo 24 anni, ma ha già molte idee chiare. Michele Ferrero è convinto che ogni lavoratore, dall’operaio al dirigente, debba considerare l’azienda come propria. Solo così tutti si sentiranno partecipi e artefici di un successo.

Non solo: è anche un profondo conoscitore delle materie prime e costantemente aggiornato sulle novità del settore.

I macchinari prima di tutto, che acquista ma poi smonta e riassembla, modificando o aggiungendo sempre qualcosa, ma non solo.

A tal proposito si racconta un aneddoto significativo: premesso che la Pasta Gianduja ogni tanto trasudava dalla confezione, Michele scopre in una rivista specializzata l’esistenza di una sostanza, la lecitina di soia, che ha il potere di trattenere i grassi. In Europa è quasi sconosciuta ma lui la trova.

L’esperimento riesce. Aggiungendola all’impasto questo diviene più stabile. Nasce così la Supercrema, la “madre” della Nutella, cui seguiranno presto altri prodotti innovativi, diversi da quelli in circolazione.

Michele Ferrero ha un’altra marcia in più: cerca sempre di capire i gusti dei consumatori e addirittura di intercettare quelli latenti, cioè quelli di cui ancora non sono consapevoli.

Ogni tanto va in un supermercato o si ferma in un autogrill e, con la scusa di essere stanco, si fa dare una sedia che sistema nella corsia dei dolciumi; da qui osserva le donne comuni (che lui soprannomina la “signora Valeria”) mentre fanno acquisti, rivolge loro qualche domanda e a volte rivela chi è. Oggi lo chiameremmo marketing diretto.

3. Alla conquista dell’Europa

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Stanno arrivando gli anni del Boom economico. Michele decide che è il momento di guardare oltre i confini italiani. Dirigenti e collaboratori, persino il fidato e capace zio Giovanni, non sono convinti.

Vorrebbero aspettare e cercano di frenare il suo entusiasmo. Ma Michele sa vedere bene e soprattutto lontano. «Io volevo la Ferrero europea!», racconterà tempo dopo.

E così, nel 1956, l’azienda apre il suo primo stabilimento all’estero, in Germania, a 150 chilometri da Francoforte, che ricorda le Langhe.

Si aspetta che a conquistare “le signore Muller” siano i prodotti per i figli e invece i tedeschi impazziscono per la prima pralina dell’azienda, il Mon Chéri, la ciliegia con un po’ di liquore in un involucro di cioccolato fondente

. Confezionato da solo in una carta “da regalo” rossa, in poco tempo schizza alla cifra record di 500 milioni di pezzi all’anno, diventando il cioccolatino più venduto nel Paese.

Da lì in poi Michele Ferrero non smetterà mai di allargare i suoi orizzonti verso i mercati esteri, dapprima europei e poi mondiali. È audace e fortunato, ma comunque sempre preparato.

E' informatissimo su tutte le feste in Italia e in ogni parte pianeta. Sa, per esempio, che San Valentino da noi dura un giorno, mentre in America e in Giappone si prolunga di più. Il suo motto diventa “Non c’è festa senza la Ferrero”.

Nella foto sotto, Michele Ferrero con il presidente del Consiglio Aldo Moro (a sinistra), in occasione di una visita alla fabbrica.

4. Solo con la madre. Cavaliere del lavoro

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Nel 1957 l’amato zio Giovanni muore per infarto e Michele si ritrova solo con la madre alla guida di un’impresa in vertiginosa ascesa, nonostante un’agguerrita concorrenza e inevitabili incidenti di percorso.

Dall’anno successivo sperimenta i “prodotti da forno” per entrare nel nascente mercato delle merendine per bambini. Nella foto sotto,Michele Ferrero, al centro, con la famiglia.

La culla dei nuovi prodotti è la mitica “Stanza della Chimica”, dove Ferrero e i dirigenti delle varie sezioni si chiudono e, seduti intorno a un tavolone, selezionano, miscelano, assaggiano, provano, riflettono, correggono... fino al “conforto” (come ama chiamarlo) perfetto.

A volte passano anni dall’ideazione di un prodotto al lancio sul mercato, ma l’ambizione di Ferrero è “farlo durare per sempre”. Per molti prodotti, in effetti, sarà così.

Il 1964 è un anno fondamentale per l’azienda, che lancia il nuovo marchio FERRERO, tutto maiuscolo. Il 20 aprile nasce la Nutella, che diventerà il più famoso prodotto al mondo e la “parola” più amata dagli italiani alla fine degli anni ’90.

Di fatto, la Nutella trascina la crescita dell’azienda. Diamo solo un numero: nel 1967 nei tre stabilimenti di Alba, Pozzuolo Martesana e nell’Irpinia avellinese, vengono sfornati ogni giorno 3mila quintali di prodotti diversi.

Il 2 giugno 1971, festa della Repubblica, Michele Ferrero riceve dal presidente Giuseppe Saragat l’onorificenza di Cavaliere del Lavoro. Ma non è un punto di arrivo, anzi.

La continua ricerca di nuove strade e soluzioni (anche pubblicitarie) porterà a tanti altri successi: dalle merendine ricche di latte (così da tranquillizzare le mamme) agli ovetti con la sorpresa, dai semifreddi agli snack con ripieno di cioccolato fino alle bibite estive.

Il tutto senza che vada mai perso quel forte legame tra la famiglia e i suoi collaboratori, tra l’azienda e il territorio dove è nata e cresciuta; non a caso dopo la disastrosa alluvione del 1994 dipendenti e cittadini albesi si sono precipitati nello stabilimento per spalare fango, consentendo di riprendere le attività dopo soli 15 giorni.





5. Fondazione per anziani

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Nel 1983, un altro progetto rivoluzionario conferma il rispetto di Ferrero per i lavoratori, la comprensione per la loro fatica, la gratitudine per quanto realizzano.

Per i dipendenti che vanno in pensione crea una Fondazione, con sede ad Alba, e ne affida la presidenza alla moglie: uno spazio confortevole e luminoso, con laboratori, auditorium, palestre attrezzate, ambulatori, dove le persone anziane possano socializzare, frequentare corsi «e continuino a imparare, a patto che il frutto delle cose imparate sia anche donato all’intera comunità», dice Ferrero. Una filosofia racchiusa in 3 parole: lavorare, creare, donare.

Nascono da qui tante iniziative culturali e artistiche a cui ognuno dà il suo contributo di esperienza, saggezza e umanità. Non occorre essere degli esperti per capire che impegnarsi in qualcosa di utile per sé e per gli altri aiuta enormemente a invecchiare bene.

Dopo una lunga malattia, il 14 febbraio 2015, Michele Ferrero muore. Il giorno dopo, l’allora direttore de La Stampa, Mario Calabresi, pubblica una conversazione avuta con lui 5 anni prima e tenuta segreta: apparve subito come un testamento imprenditoriale e umano.

«Fare sempre diverso dagli altri, avere fede, tenere duro», era il “credo” di Ferrero, che voleva sapere cosa stava facendo la concorrenza per fare il contrario.

«Tutti facevano il cioccolato solido e io l’ho fatto cremoso; tutti facevano le scatole di cioccolatini e noi cominciammo a venderli uno per uno, ma incartati da festa; tutti facevano l’uovo per Pasqua e io ho pensato che si potesse fare l’ovetto piccolo, ma tutti i giorni; tutti volevano il cioccolato scuro e io ho detto che c’era più latte e meno cacao».

E poi: «Bisogna mettere ogni giorno al centro “la Valeria”». Ma chi era mai questa Valeria? «Il capo, l’amministratore delegato, colei che decide del tuo successo o della tua fine, quella che devi rispettare, mai tradire e capire fino in fondo. È la mamma che va a fare la spesa, la nonna, la zia, la consumatrice che decide cosa si compra ogni giorno. La Valeria è sacra!».

È proprio dal “dialogo” di Ferrero con “Valeria” che sono nate tutte le grandi intuizioni. Oggi lui riposa nella tomba di famiglia, ad Alba, divenuta capitale delle Langhe, dove tutto era cominciato.

Nella foto sotto, insegna di piazza Michele Ferrero (ex piazza Savona) ad Alba.








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