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L’amicizia con il cane ci ha fatto grandi

Oggi come trenta secoli fa, uomini, donne e cani camminano fianco a fianco in ogni luogo della Terra.

In molti casi, questa creatura unica e irripetibile ha conquistato un invidia­bile status, diventando la seconda specie dominante del Pianeta dopo la nostra, cui dedichiamo tempo, spese e affetto come a nessun altra.

In altri casi, invece, il cane è ancora consi­derato “servo”, trattato come se ci dovesse obbedienza a prescindere, o peggio ancora sfruttato e torturato per pseudo ricerche scientifiche o per ap­pagare tradizioni culinarie incivili.

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Ma la tendenza va dalla parte del cane, per fortuna, e pian piano anche questi orrendi retaggi del passato spariranno di fronte a una consapevolezza cre­scente: senza il cane l’essere umano è più debole, più indifeso, molto più solo e troppo lontano dalla dimensione na­turale che gli appartiene. E il cane ce la regala ogni giorno, per fortuna.

Ma c’è altro da capire per dare al cane il merito che gli spetta, quello di averci permesso di emergere e conquistare il mondo. Proviamo a farlo insieme, analizzando alcuni passaggi chiave della nostra storia, che anche è la sua.

 

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1. Successo nella caccia. Senza il cane... facevamo la fame!

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Per millenni la nostra specie si é nutrita quasi solo di selvaggina, cacciata con armi rudi­mentali, e spesso questa attività essenziale aveva un costo elevato.

Una ferita, un arto frat­turato, la grande fatica di inseguire le prede nella foresta o nella savana erano tutti eventi da mettere in conto e non di rado portavano alla morte o a periodi di invalidità che, in un mondo simi­le, equivalevano quasi sempre a una condanna.

Ma con l’arrivo del cane nella nostra esistenza le cose sono cambiate, drasticamente e in meglio. La foto sotto é ovviamente recente ma avreb­be potuto essere stata scattata anche 20mila anni fa, se avessimo avuto la tecnologia adat­ta.

Rappresenta un gruppo di cacciatori africani dell'etnia Haxdabe (Tanzania), una delle ultime al mondo a vivere ancora solo di caccia e di rac­colta come i nostri progenitori preistorici. Gli uomini stanno partendo per una battuta, arma­ti con semplici archi e lance in legno. Li segue una vasta muta di cani.

La cosa sorprendente é che questi cani non appartengono a qualcuno del villaggio in particolare, sono di tutti e di nes­suno, vivono intorno agli esseri umani ma sono un branco autonomo, vanno a caccia con gli Hazdabe perché sanno che, se stanano le prede, avranno la loro parte senza faticare molto, perché le armi dei cacciatori faranno il lavoro sporco e pericoloso.

E' il medesimo meccanismo che mol­ti etologi e antropologi ritengono sia alla base dell'autodomesticazione del lupo e la sua suc­cessiva mutazione in cane, circa 30-40mila anni fa.

 

Altra cosa molto interessante é sapere che la nostra efficienza a caccia con e senza il cane è drammaticamente diversa.

Studi recenti hanno dimostrato che il tempo necessario a cattura­re una preda cala del 41 per cento, se abbiamo il cane, e il tempo tra un'uccisione e l'altra scen­de addirittura del 57 per cento.

Grazie al fiuto infallibile del cane e alla sua vista “monoculare" particolarmente adatta a inquadrare oggetti lon­tani e in movimento, anche il tempo necessario per individuare una preda viene notevolmen­te ridotto.

Ovvio che i nostri antenati, con il cane accanto, prosperassero grazie alla caccia. Mangiare di più, con minore fatica, permette di vivere meglio e più a lungo. E di nutrire meglio la prole. In sostanza, la specie si rafforza. Un'ultima riflessione: gli uomini di Neanderthal non aveva­no i cani, i Sapiens si... chi si è estinto?

Qua sotto, una pittura parietale del Tassili n’Ajjaer nel Sahara, area localizzata tra l’attuale Algeria e Libia che rappresenta una battuta di caccia con diversi cani. Le più antiche risalgono a circa 10 mila anni da oggi.

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2. Successo come allevatori. Chi difendeva, e difende, il gregge?

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Circa 10mila anni fa, i nostri antenati hanno iniziato a capire che era molto più conve­niente allevare il bestiame, affiancando ai proventi della caccia prodotti come il latte e i formaggi (il più antico ritrovato finora ha 7.500 anni... stagionato!).

Inoltre, allevando pecore e capre, i bovini arriveranno più avanti, si otten­gono pelli e lana, e un surplus di carne in caso di necessità.

Ma come difendere il bestiame dai predatori, allora numerosissimi? Di giorno, il pastore con arco, frecce e lancia poteva anche bastare a scoraggiare lupi e orsi, non i grandi felini però, ma la notte come avrebbe potuto pro­teggere capre e pecore chiuse in fragili recinti, al buio pesto?

E poi, chi di giorno cammina chilometri e chilometri con il bestiame che pascola, la notte deve dormire. Ovviamente, i cani non hanno le stesse necessità e, in più, all'epoca la nostra specie aveva già selezionato tipologie di cani molto grandi e fisicamente possenti, dota­te di morso fortissimo e di grande combattività.

Lo testimoniano, per esempio, manufatti assi­ro-babilonesi che rappresentano grandi molossi da guerra e da caccia grossa. E sappiamo che in Asia Centrale e in Turchia i grandi guardiani del gregge sono parte della vita rurale da migliaia e migliaia di anni.

cane difende le greggi

 

In epoca romana, poi, il nostro Maremmano-Ahruzzese era già diffuso, apprez­zato e morfologicamente ben definito, tanto da essere descritto con precisione da testi latini del I secolo avanti Cristo.

La foto che vediamo qui sotto ritrae una femmina di Kangal Coban Copegi, o il Pastore dell'Anatolia, una delle razze da difesa del gregge più antiche in assoluto e dotate di forza immensa. Sono cani capaci di uccidere facilmente un lupo, un orso e persino un leone, ovviamen­te lavorando in gruppo.

Solo la strada asfaltata che si intravede sullo sfondo rivela che siamo in epoca moderna, perché tutto il resto appare immutato rispetto all'alba della civiltà moderna, che coincide appunto con lo sviluppo della pastorizia e dell'agricoltura.

Questa femmina ha le orecchie mozzate, per offrire pochi punti di presa ai lupi, e indossa un collare con punte di ferro sporgenti a proteggerle il collo: esattamente come migliaia di anni fa. Anche il suo sguardo sembra i arrivare da un lontanissimo passato. E

' grazie a questi cani se abbiamo avuto successo come allevalori. È grazie a loro, dunque, se la civiltà è nata.

cane femmina di Kangal Coban Copegi

3. Successo nel commercio. Spostare le greggi fino ai mercati

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Per quanto riguarda la protezione del bestia­me dai predatori, e anche dai ladri se è per questo, abbiamo visto che i nostri antenati avevano trovato nei grandi guardiani la soluzione più efficace, tanto che è tuttora l’unica che fun­zioni davvero.

Ma pecore, capre e poi bovini, da supporto all’economia domestica di piccoli clan divennero via via la base dei primi commerci nel settore alimentare e tessile.

Dai pascoli sui monti e sugli altipiani, il bestiame iniziò a essere con­dotto a valle, nei mercati delle prime grandi città, per essere venduto al pubblico o ai grossisti.

Più facile a dirsi che a farsi, però: convincere un centi­naio di capi a seguire una direzione ben precisa, a non entrare nei campi coltivati e negli orti, a non invadere i cortili o i templi è impresa impossibi­le, per noi bipedi.

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Ed ecco venirci in soccorso il cane da conduzione! Instancabile, velocissimo, sempre attento anche al minimo movimento, con un udito finissimo per cogliere il più lonta­no comando del pastore, schizza galoppando su è giù lungo la massa lanosa che si muove qua­si come un solo animale enorme.

Abbaia, finge attacchi, aggira e, con gli incisivi, assesta pinza­te ai garretti senza mai affondare per non ferire l’animale e non danneggiare il vello, anch'esso preziosa fonte di guadagno in un mondo “affama­to” di lana da tessere per trasformarla in tessuti da tingere, tagliare e confezionare in tuniche e brache da vendere a uomini e donne nelle fiere annuali o nei mercati di metropoli in erba come Cartagine, come Atene o Roma.

È solo grazie a questi cani sveglissimi e spesso iperattivi, nevrili, dotati di un'intelligenza brillante e duttile, gene­rosi fino all’inverosimile, se è nato il commercio dell’antichità legato alla pastorizia, il primo a creare ricchezza che, a sua volta, si trasformò in status. Ricordate i grandi eroi achei dell’Iliade?

Ulisse, Achille, Agamennone... erano “re pasto­ri” e il loro potere era nato dai loro progenitori, i più bravi ad allevare e commerciare, e quindi ad arricchirsi e acquistare altri pascoli, e poi terreni per coltivare la vite e l'ulivo, quindi commerciare vino e olio, entrambi “oro liquido” dell'antichità.

Di nuovo, dunque, il cane ha avuto un ruolo cen­trale, cruciale nel favorire lo sviluppo di questo importante passaggio da un’economia di sussi­stenza a una basata sulla vendita di merci e quindi sull’accumulo di ricchezza da reinvestire.

 

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4. Successo in ogni luogo. L’ambiente ostile domato dai cani

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Pochi sembrano farci caso ma è interessan­te notare che non esiste alcun luogo della Terra dove alla presenza umana non sia asso­ciata quella dei cani.

Dall’Europa all’Oceania, dalle Americhe all’Estremo Oriente, dall’Afri­ca meridionale al Polo Nord, noi e questi nostri compagni di viaggio di sempre siamo ugual­mente presenti, spesso fianco a fianco.

Tra le tipologie di cani più antiche in assoluto, secondo quanto emerso da analisi genetiche recenti, troviamo quelli che oggi chiamiamo “cani da slitta”, vale a dire il Siberian Husky, molto noto, e il Groenlandese, sconosciuto ai più e davve­ro raro lontano dalla sua terra natale.

Entrambe le razze portano nel loro DNA tracce di un anti­chissimo lupo, estinto, detto “del Tajimir” dalla zona della Siberia dove sono stati ritrovati i suoi resti. Identiche tracce genetiche di questo canide si ritrovano anche nel lupo grigio attuale, la specie più diffusa al mondo di questo predatore.

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Dunque, il lupo moderno e due razze canine che molto gli somigliano hanno tra i loro progenitori un predatore scomparso almeno da 34mila anni. Ecco perché si ritiene che la comparsa del cane nella nostra storia risalga almeno a quel periodo tanto lontano.

Ed è notevole scoprire che, proba­bilmente, i cani più antichi che ci accompagnano sono due “nordici”, figli di terre che noi conoscia­mo come gelide e coperte di neve e ghiaccio tutto l’anno o quasi.

Eppure, Siberia e Groenlandia non erano come le conosciamo oggi, erano ver­di, ricche di foreste e di selvaggina, almeno fino a qualche migliaio di anni fa.

Ecco perché popolazioni intere si sono stanziate in quelle terre ed ecco perché i loro cani di sempre, i nordici di cui sopra, sono nati come cani da caccia, non da traino! Poi, il clima cambiò, divenne freddo e poi gelido. Quei popoli, però, non se ne andarono ma si adattarono. Come?

Grazie ai loro cani, che con­tinuarono a condurli al successo nella caccia, a orsi e foche in particolare, permettendogli anche di muoversi agevolmente sulle immense distese innevate e gelate trainando le slitte per chilometri e chilometri, con una resistenza senza pari.

Terre divenute apparentemente inabitabili, come la Siberia e la Groenlandia, hanno invece custodito nel loro cuore freddo interi popoli per millenni. Grazie ai cani, nuovamente.

 

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5. Successo su nuovi fronti. Curano la mente, difendono la salute

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Facendo un notevole salto in avanti, eccoci ai nostri giorni, sempre con i cani accanto.

Anzi, il loro ruolo si è modificato e amplia­to, andando a comprendere ambiti che, in realtà, i cani hanno sempre percorso ma dei quali si è parlato meno, affascinati come eravamo dal loro ruolo nella evoluzione della nostra civiltà: gli ambiti emotivi.

Da decenni ormai, il valore del cane come “cura” per la nostra mente è stato dimostrato e compreso, tanto che la cosiddetta “pet-therapy” ha conquistato un ruolo ufficia­le, e assai apprezzato, nel percorso di recupero e supporto per tante forme di disagio di esseri umani di ogni età.

Poi, ci sono le evidenze scien­tifiche che ci raccontano come il solo accarezzare un cane induca un rallentamento del battito car­diaco, rilassamento e riduzione dello stress.

Chi ha un cane percorre decine di chilometri a piedi ogni settimana per portarlo a passeggio, frequen­ta molto di più le aree verdi, ha una socialità molto più ampia e... persino le occasioni di avere una relazione aumentano, grazie al catalizzatore di attenzione che il cane è per moltissimi esseri umani.

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E che dire dei “service dog” che aiutano i veterani di guerra degli Stati Uniti e della Gran Bretagna a combattere, e spesso a vincere, le terri­bili conseguenze psicologiche delle esperienze di guerra che hanno vissuto?

Nient'altro ha la stessa efficacia, è stato dimostrato: i cani, evidentemen­te, sanno arrivare alla nostra anima come nessun altro, neppure i nostri simili.

Ma ce di più, perché l’incredibile olfatto del cane, che sfruttiamo da sempre per la caccia, per trovare persone scom­parse, esplosivo, armi, droga e quasi qualsiasi altra cosa, si è rivelato capace di scovare persi­no la presenza di tumori nelle nostre urine o nei tessuti del corpo, di avvertire con ampio antici­po le crisi epilettiche o diabetiche che colpiscono tante persone, salvandogli la vita e permettendo loro un’esistenza normale e serena.

Ultimamente, infine, abbiamo sperimentato l’olfatto dei cani per individuare il Covid-19 nel sudore di chi ne è affetto ma non ha sintomi, quindi è incolpevo­le “untore” di questa malattia che tanti danni sta provocando alla nostra specie.

Una volta anco­ra, questi nostri compagni di viaggio di sempre si stanno rivelando preziosi alleati per la nostra sopravvivenza: sarebbe davvero il caso che ce ne rendessimo tutti conto, non credete?

 

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