Con l'avvento della Prima Guerra Mondiale, la joie de vivre che fra Otto e Novecento aveva animato la vulcanica creatività Art Nouveau, si riassorbe in un generale ritorno all'ordine. Esaurita la sperimentazione cubista e futurista degli anni Dieci, già intorno al 1916-1917 sia in pittura che in scultura, si assiste a un'inversione di rotta verso una figurazione di varia intenzionalità primitivista. L'Art Déco è stato un fenomeno del gusto, uno stile artistico, che interessò sostanzialmente il secondo e il terzo decennio del secolo XX: influenzò diversi ambiti produttivi ottenendo in ognuno grande successo e riguardò le arti decorative, le arti visive, l'architettura, la moda (Coco Chanell e Poul Poiret).
Il suo nome è derivato da un’abbreviazione riferita all'Exposition Internationale des Arts Décoratifs et Industriels Modernes (Esposizione internazionale di arti decorative e industriali moderne), svoltasi a Parigi nel 1925. L’esposizione accoglie tutta la produzione artistica presente in quel momento sul mercato ed era stata pensata per essere allestita anni prima, e più esattamente nel 1907, ma per differenti motivi, da ultimo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, fu aperta 18 anni più tardi.
Il Déco finì per abbracciare il "moderno" e cioè tutto ciò che esaltava il progresso della tecnologia: le automobili, le luci artificiali che illuminavano la vita notturna, gli aerei, i grattacieli e, sopra tutto, il lusso. Il Déco è quindi uno stile (o meglio, "un gusto") che si crea dal recupero di elementi differenti rispetto a quelli usati dal razionalismo, è uno stile moderno, espressione del progresso tecnologico, che possiede un suo codice ed un apparato decorativo da opporre alla decorazione classica dell’oggetto.
Con il termine Déco, in conclusione, possiamo ricondurre tutte le manifestazioni estetiche, comprese tra le due guerre, che rispecchiarono la ricerca di un gusto moderno, ossia capace di venire incontro alle nuove esigenze culturali e sociali.
Ma vediamo più da vicino questo straordinario "gusto" Déco tanto glamour, opulento, con tantissima voglia di modernità e di rompere del tutto con il passato.
1. L'Art Déco (1923-1940), "gusto" e non stile
Più che di stile, si può parlare di "gusto Déco" e si intende la naturale evoluzione delle conquiste dell'Art Nouveau in funzione di una produzione industriale di qualità e, nello stesso tempo, rispondente alle esigenze di varietà, praticità e basso costo richieste da un contesto sociale sempre più diversificato. L'Art Déco si viene considerato un movimento di transizione verso "l'industrial design" e si colloca fra il 1918-1920 e il 1935, o poco oltre. Anno cardine di tutta la vicenda il 1925, quando a Parigi viene allestita la grande Exposition Internationale des Arts Décoratifs et Industriels Modernes (Esposizione internazionale di arti decorative e industriali moderne).
Ma perché gusto e non stile Déco? Innanzitutto perché gli stessi artefici di questo movimento, per quanto ne discutessero molto, mai una volta fecero il nome di Déco. Inoltre, perché anche all'osservatore meno esperto risulta subito evidente come, nella sua ricchissima varietà di prodotti, il Déco non presenti caratteristiche unitarie di stile se non nell'aspirazione a svincolarsi dai virtuosismi Liberty verso forme più attuali e razionalmente funzionali. Se questa tendenza è la principale anima del Déco, tuttavia, non è la sola.
Il gusto per l'esotico proprio del Liberty, infatti, piuttosto che scomparire cambia oggetto d'interesse e dagli abusati formulari estremo-orientali o bizantino-medievali, allarga il proprio orizzonte creativo a un archeologismo ispirato tanto all'antico Egitto (la tomba di Tutankhamon fu scoperta nel 1922) quanto all'arte precolombiana. L’esotismo del Déco era privo però di enfasi mistica o romantica: si guardava al diverso non con un senso di straniamento o di evasione, ma proprio alla ricerca di originali linguaggi costruttivi e formali.
Uno degli ambiti nel quale l'Art Déco portò maggiori novità fu quello della moda che con gli stilisti del tempo, Coco Chanell e Poul Poiret, si affermò a livello mondiale. L’esperienza di Coco Chanell che fonderà la sua casa di moda improntando il suo lavoro su una nuova tipologia del vestire dai tagli più netti nei vestiti; vuole liberare il corpo e creare una donna più adeguata alla vita dinamica delle metropoli che stanno nascendo in quegli anni e il taglio geometrico dei suoi lavori vengono ispirati proprio dall'Art Déco.
2. L'Art Nouveau e l'Art Déco
L’Art Nouveau e l’Art Déco sono due gusti, due tendenze, due stili, due movimenti artistici diffusi in Europa e in America dalla fine dell’Ottocento agli anni Quaranta. Entrambe hanno largamente influenzato ogni aspetto della vita quotidiana attraverso l’opera e l’attività di artisti, botteghe artigiane, case di moda e avanguardie.
La maggior parte delle persone confonde l’Art Déco con l'Art Nouveau, che invece è antecedente, diversa, quasi opposta nelle linee stilistiche, anche se hanno evidentemente in comune una cosa: la rottura decisa con il passato. Se nell’Art Nouveau prevalevano l’estetica naturalistica, il linearismo raffinato, la ricerca decorativa, l’Art Déco, con il suo stile sintetico ed opulento insieme, amava le forme geometriche, essenziali ed eleganti.
Per sintetizzare, quindi, le eredità che l'Art Nouveau trasmette al Déco sono più di una. Prima fra tutte il piacere dell'artificio e il predominio della linea, ma in un senso totalmente rovesciato. Il Déco, infatti, irrigidisce il disegno trasformandolo in geometrismo costruttivo. La linea, da fluida, raffinata e sofisticata diventa rigida, spezzata, tesa a organizzare e ripetere simmetricamente i moduli geometrici elementari, come il quadrato, il cerchio e l'ellissi.
Il vecchio stile floreale fluido ed astratto venne, così, superato a favore di geometrie che evocavano ingranaggi meccanici, di forme prismatiche che alludevano alla nuova realtà dei grattacieli costruiti nelle metropoli. Vanno sempre più preferite (in funzione di questa nuova tendenza geometrica Déco) i motivi ispirati alle piramidi azteche, fermo restando l'onnipresente e sempre fortunato motivo del canestro o mazzo di fiori.
3. L'Art Déco e la produzione di mobilia
Scendendo nel particolare delle due principali correnti, tradizionalista e modernista, del Déco resta esemplare la produzione di mobilia.
Maestro del tradizionalismo francese, Jacques-Emile Ruhlmann riscrive le forme della mobilia del XVIII e XIX secolo in un moderno esotismo di straordinario equilibrio fra la morbida e lineare eleganza delle strutture e l'uso di materie rare, come l'ebano di Macassar, il legno di amboina (legno simile al mogano), avorio e tek per i dettagli ornamentali. Più esclusivamente ricercati di mobili di Louis Suë e André Mare, realizzati in pezzi unici e solo su commissione, dove le forme tondeggianti del Rococò si impreziosiscono di incrostazioni figurate a soggetti esotici in ebano, madreperla, avorio e applique dorate.
Sull'altro ben più ampio e articolato fronte del modernismo, invece, il ruolo guida ora spetta non più agli artisti o artigiani-designer, ma ad alcuni architetti attenti all'esperienza del Bauhaus (scuola di architettura, arte e design della Germania), quali Le Corbusier (foto accanto), Alvar Aalto o, in Italia, Terragni e Giò Ponti, i quali, in funzione di una maggiore economicità, tanto di costo che di volumi, favoriscono la produzione in serie e l'uso di materiali industriali.
Il mobile Déco modernista, infatti, generalmente si caratterizza per il rifiuto della linea ondulata in favore ad un sintetico geometrismo modulare e, nella sua tecnologia non disdegna l'uso di materiali nuovi, come il cemento, l'acciaio tubolare, il vetro laminato e, più tardi, la plastica. L'arredo Déco viene così, per la prima volta, a sfruttare al meglio lo spazio abitativo, integrandosi interamente con esso, senza peraltro rinunciare a una certa ricercata eleganza sia nei dettagli ornamentali, cornici in avorio, che nel disegno sempre innovativo, come negli insuperabili modelli di sedie in acciaio tubolare di Le Corbusier o quelli in legno laminato di Alvar Aalto.
4. L'Art Déco e la produzione ceramica
La stessa tendenza alla semplificazione formale investe anche la produzione ceramica, ora per lo più dai volumi regolari, cubici, a tronco di piramide o di cono. Colori e disegni trovano ispirazione tanto nella tavolozza brillante dei pittori fauves dai colori violenti, che nell forme geometriche di colori primari dell'astrattismo costruttivista di Mondrian e De Stijl.
Nella straordinaria varietà di questa produzione, non è difficile trovare anche rimandi alla severità cromatica di tinte marroni, ocra, grigie e beige del primo cubismo, mentre personalità come Emile Docoeur ed Emile Lenoble proseguono, in Francia come altrove, la tradizione del decorativismo floreale. Questo caratterizza la produzione di Sévres che, tuttavia, avvalendosi della collaborazione di artisti famosi come Suzanne Lalique, figlia di René Lalique, e Jean Dupas, sin dai primi anni Venti, aggiorna le proprie iconografie tradizionali a soggetto floreale nelle stilizzazioni tipiche Déco.
Stessa operazione compiono in Italia la Richard-Ginori che, affidando nel 1923 la direzione artistica a Giò Ponti, rinnova le proprie manifatture con oggetti ispirati alle forme plasticamente sintetiche della corrente scultorea novecentista, mentre Albissola di rivolge con Tullio Mazzotti alla plastica futurista.
Particolare la fabbrica torinese di Lenci, fondata nel 1928, che, sulla scia del successo riscosso da un'analoga produzione della Reale Manifattura di Copenaghen, si specializza in piccole statuine con figure femminili nude o abbigliate alla moda (guarda foto). Il mondo dei cabaret, del cinema e della musica jazz ampliano ulteriormente questo affascinante campionario con figure di attrici, musicisti jazz di colore, ballerine e scene di voluttuoso erotismo.
5. L'Art Déco e la produzione in vetro e in argento
Altrettanto diversificata la produzione in vetro dove, tuttavia, tra le firme più prestigiose domina quella di René Lalique (la cui produzione di questi anni vanta intorno agli 8 milioni di pezzi) che per i suoi vasi, statuette e bottiglie di profumo, ripristina l'antica tecnica a "cera perduta", ovvero il colare il vetro trasparente o vetro-ghiaccio fuso in uno stampo che poi viene spezzato.
Pensati come sculture in vetro, gli oggetti usciti dal laboratorio di Lalique, anche dopo la sua morte, avvenuta nel 1945, maturano la precedente esperienza Art Nouveau nella tensione ad integrare forma e funzione, come nei vasi a serpente attorcigliato, o si abbandonano a una originalissima libertà inventiva suggerita, come nel caso delle bottigliette per profumo, dai nomi esotici ed evocativi del loro contenuto.
Accanto alla linea sostenuta da Lalique, va parallelamente affermandosi anche la tendenza più sintetica espressa, ad esempio, dalle vetrerie francesi di Daum a Nancy (guarda foto), le cui lampade, interamente realizzate in vetro-ghiaccio, hanno forme semplici e funzionali decorate con motivi rigorosamente geometrici e lineari, incisi all'acido fluoridrico.
Stessa tendenza anche nei manufatti in argento o altri metalli, come servizi da tè, vassoi e vasi ornamentali, d'ispirazione modernistica, caratterizzati da profili geometrici ed assenza di decorazioni.
Note
Principali esponenti dell'Art Déco
Architetti
Pablo Antonio (1902-1975)
Pierre Chareau (1883-1950)
Ernest Cormier (1885-1980)
Eileen Gray (1878-1976)
Raymond Hood (1881-1934)
Ely Jacques Kahn (1884-1972)
Armand-Albert Rateau (1882-1938)
Wirt C. Rowland (1887-1945)
Louis Süe (1875-1968)
Joseph Sunlight (1889-1978)
Walter Dorwin Teague (1883-1960)
William Van Alen (1883-1954)
Ralph Thomas Walker (1889-1973)
Giancarlo Maroni (1893-1952)
Artisti e designer Art Déco:
Maurice Ascalon (1913-2003)
Adolphe Mouron Cassandre
Jean Dunand
Jean Dupas
Erté (Romain de Tirtoff) (1892-1990)
Vadim Meller
Alexandra Exter
Eileen Gray
Georg Jensen
René Lalique
Jules Leleu
Tamara de Lempicka
Paul Manship
Émile-Jacques Ruhlmann
Sue et Mar
Walter Dorwin Teague
Carl Paul Jennewein