Il meritato riposo della giornata è arrivato: sistemati nel vostro cantuccio sul divano, accendete la TV e vi preparate a immergervi nella vostra serie preferita, quando alla mente si affacciano come interferenze tutte le cose che potreste fare in quel tempo prezioso: il bucato, il cambio di stagione, finire quel libro che prende polvere sul comodino, mettervi in pari con le e-mail di lavoro…
Rilassarsi sembra semplice, ma farlo per davvero e senza sensi di colpa è un’arte, e tutt’altro che scontata.
Eppure, imparare a ritagliarsi momenti di “sciopero” dal dover essere produttivi a tutti i costi può regalare benefici sorprendenti per la salute, la capacità decisionale, la creatività.
E può rendere ancora più brillante il ritorno al lavoro. Lo dice la scienza, che ha soltanto da poco iniziato a considerare il riposo nelle ore di veglia un tema degno di interesse.
1. PREGIUDIZI RADICATI E RELAX INTENZIONALE
«Uno dei motivi per cui è difficile rilassarsi è che la nostra cultura non valorizza il riposo, spesso ritenuto una perdita di tempo o un segno di pigrizia», spiega Claudia Hammond, scrittrice, presentatrice radiofonica, psicologa e autrice di The Art of Rest, appunto, “L’arte di riposare” (Saggiatore, 2020).
«La maggior parte delle società occidentali è costruita attorno a una forte etica del lavoro, in cui la fatica è più considerata rispetto al tempo libero nel definirci esseri umani di successo.
Ciò si estende anche ai ricchi e famosi di oggi, che amano presentarsi come sempre indaffarati anziché come i “ricchi fannulloni” dei secoli precedenti.
Essere sempre impegnati è quasi un distintivo d’onore. In effetti, studi psicologici hanno dimostrato che consideriamo le persone più occupate come individui più realizzati e più degni di rispetto».
Questo tipo di aspettative sociali ci pungola anche al di fuori dell’orario di lavoro. «Siamo sottoposti a pressioni non solo per sforzarci di migliorare nella nostra vita professionale, ma anche in quella personale», precisa Hammond.
«Quindi, oltre ad avere un lavoro impegnativo, siamo incoraggiati a riempire il nostro “tempo libero” andando in palestra, cucinando piatti fantastici o imparando una lingua». E magari a condividere ogni progresso sui social.
Già, ma che cos’è, esattamente, il riposo? «Non è la stessa cosa del sonno. Certo, dobbiamo dare valore anche al sonno e assicurarci di averne in abbondanza. Ma dormire bene non basta. Abbiamo anche bisogno di riposarci e rilassarci durante le ore di veglia. Ciò non significa per forza sdraiarsi sul divano o essere sedentari (anche se possiamo farlo, se è questo che ci rilassa). Piuttosto, dovremmo tutti scegliere un’attività che ci permetta di calmare i pensieri molesti, di trovare un po’ di pace mentale e di sentirci rigenerati, fosse anche solo per un breve periodo», fa notare la psicologa.
Il riposo è quindi un concetto più ampio del sonno, perché coinvolge aspetti fisici, psicologici e spirituali, ma è anche più difficile da studiare visto che ha una forte componente soggettiva. Hammond fa parte del team interdisciplinare coordinato dall’Università di Durham (Regno Unito) che ha ideato The Rest Test, il più grande studio al mondo sul riposo.
La ricerca, che è stata lanciata con l’aiuto di un programma radiofonico della Bbc, ha coinvolto 18.000 persone di 135 Paesi che si sono prestate a descrivere le loro abitudini di relax.
2. IN COMPAGNIA DI ME STESSO E LA TOP TEN del RELAX
Sorprendentemente, tra i partecipanti alla ricerca, anche gli individui dalla personalità più estroversa hanno trovato più riposanti i passatempi solitari: al primo posto c’è la lettura (58%), seguita dal trovarsi in un ambiente naturale (53,1%) e addirittura stare per conto proprio (52,1%).
«A quanto sembra, quando ci riposiamo, molto spesso vogliamo fuggire dagli altri», commenta Hammond, notando che attività come passare del tempo con gli amici e in famiglia non sono entrate nella top ten (sono rimaste al numero 12).
«Ma bisogna tenere presente che la nostra ricerca non riguardava le attività che le persone trovano più piacevoli, quelle che le rendono più felici, ma proprio quelle che trovano più riposanti». E c’è chi si rilassa compiendo uno sforzo fisico faticoso.
«Il 15% degli intervistati ci ha detto che l’esercizio fisico era la cosa che trovavano più riposante; e l’8% ha scelto come attività rilassante “correre”».
Forse, ipotizza Hammond, perché nella corsa si può raggiungere un’assenza di pensieri intrusivi simile a quella perseguita nella meditazione. Un’altra possibilità è che il senso di riposo derivi dal benessere che si prova dopo, e non durante, uno sforzo fisico intenso.
La TOP TEN del RELAX
Ecco la graduatoria delle attività più rilassanti in assoluto secondo i partecipanti allo studio The Rest Test (18mila persone, intervistate in 135 Paesi).
1. Leggere
2. Stare un po’ nella natura
3. Stare da soli
4. Ascoltare musica
5. Non far nulla di particolare
6. Passeggiare
7. Fare un bagno caldo
8. Sognare a occhi aperti
9. Guardare la tv
10. Praticare mindfulness
3. MIGLIORI DIFESE E UNA SPINTA ALL’APPRENDIMENTO
Due terzi degli intervistati hanno comunque affermato di non riposare abbastanza, e coloro che sentivano di aver bisogno di più riposo avevano punteggi più bassi in benessere individuale.
In effetti, imparare a riposare e in generale ad avere un migliore equilibrio vita-lavoro avrebbe ricadute positive sulla salute fisica e mentale.
Uno studio dell’Università California, a Irvine, ha trovato che le persone che si concedono più tempo trascorso in attività piacevoli hanno meno problemi di ipertensione, livelli più bassi di ormoni dello stress in circolazione, un girovita più sottile e un indice di massa corporea più basso, oltre a percepire una migliore funzionalità fisica (significa che ritengono il proprio corpo efficiente e non soffrono granché di piccoli disturbi).
Durante il riposo, inoltre, possiamo ricaricare il nostro sistema immunitario: la necessità di pianificare momenti di pausa tra le normali attività quotidiane è tornata alla ribalta durante la pandemia, suggerita dai medici per riprendersi del tutto dal covid.
Riposare, in particolare, è necessario per affrontare alcuni sintomi del long covid, come la fatigue, ossia il senso di spossatezza estrema, e il cosiddetto malessere post-sforzo che è un peggioramento della sindrome da stanchezza cronica.
Da tempo sappiamo che il sonno è fondamentale per il consolidamento di nuovi ricordi, ma alcuni studi suggeriscono che anche il riposo vigile aiuti a rafforzare la memoria di quel che si è da poco imparato.
Nel 2021, una ricerca del National Institutes of Health statunitense ha trovato che nei momenti di riposo vigile il cervello comprime e consolida i ricordi delle abilità appena apprese, riproponendo come in un nastro riavvolto una versione accelerata dell’attività neurale prodotta nel compito imparato. Maggiore è il numero di “replay” che scorrono durante il riposo, più quel ricordo risulterà “solido”.
Erin J. Wamsley, neuroscienziata cognitiva della Furman University (Carolina del Sud, Usa), ha osservato che un quarto d’ora di riposo vigile a occhi chiusi potenzia la codifica di nuovi ricordi in vari tipi di memoria, incluse quella procedurale e verbale, rispetto a trascorrere 15 minuti impegnati in un altro compito. L’effetto persiste per una settimana o più dopo il riposo.
Secondo Wamsley, il consolidamento avviene mentre il cervello è nella cosiddetta “modalità di base”, uno schema di attività cerebrale che si verifica anche (ma non solo) quando non siamo impegnati in attività che richiedono grande concentrazione o quando appunto riposiamo. Questo stato sembrerebbe contribuire, inoltre, al pensiero creativo e alla generazione di nuove idee.
4. PIÙ DECISI MA CI VOGLIONO TRE ORE ALMENO
Imparare a riposare sembra anche migliorare le capacità decisionali. Prendere decisioni razionali richiede una buona dose di controllo cognitivo, ossia l’abilità di dirigere in modo flessibile pensieri e azioni orientandoli verso uno scopo, ma quando siamo affaticati anche decisioni semplici come che cosa mettere in tavola a cena possono sembrare inaffrontabili.
Perché? Gli studi in neuroimaging mostrano che il ridotto controllo cognitivo è legato a una diminuzione dell’attività della corteccia prefrontale laterale: si pensava che dipendesse da una progressiva riduzione di una qualche riserva energetica del cervello, ma Antonius Wiehler, neuroscienziato cognitivo dell’Institut du Cerveau et de la Moelle épinière, a Parigi, ha un’ipotesi alternativa.
La colpa potrebbe essere, piuttosto, di un accumulo di glutammato, un amminoacido che svolge il ruolo di neurotrasmettitore eccitatorio.
«Esercitare controllo cognitivo per un periodo di tempo prolungato porta a un accumulo di glutammato nella corteccia prefrontale laterale. Alte concentrazioni di glutammato sono potenzialmente tossiche, così l’attività della corteccia prefrontale laterale risulta ridotta», spiega Wiehler, che ha rilevato questo aumento in chi è reduce da compiti impegnativi dal punto di vista mentale, come restare per sei ore e mezza davanti al pc per un test di attenzione.
Anche se i suoi studi non lo provano direttamente, il glutammato potrebbe accumularsi all’esterno dei neuroni e disturbare la loro normale funzionalità. In effetti, i soggetti cui era stato assegnato il compito più difficile si mostravano con il passare delle ore in difficoltà nel prendere decisioni razionali. Se l’ipotesi di Wiehler è esatta, è probabile che durante il riposo il glutammato venga eliminato.
Quanto riposo sia necessario per ripristinare gli equilibri chimici ottimali e farci tornare... lucidi è tutto da scoprire. Uno studio del 2021 dell’Università della Pennsylvania e dell’Università della California di Los Angeles ha trovato che, se è vero che poco tempo libero è legato a un minore benessere soggettivo, averne troppo non si traduce automaticamente in un maggiore benessere percepito perché interviene un senso di scarsa produttività.
L’equilibrio ideale immaginato dai partecipanti, che avevano riportato in che modo trascorressero le 24 ore di una loro giornata tipo, è avere a disposizione una quantità moderata (3 ore e mezza) di ore libere dal lavoro da trascorrere in attività non produttive, oppure un’elevata quantità di ore libere (7 ore) da impiegare però in attività produttive e non solitarie, in relazione con gli altri.
Anche i risultati del Rest Test confermano che il riposo è maggiormente apprezzato se alternato comunque a qualche ora di lavoro. Se è forzato, perché legato a fattori che lo impongono come una malattia, o alla disoccupazione, non è sempre visto come un’attività piacevole.
5. LA RICETTA DEL RIPOSO PERFETTO E SFRUTTARE I TEMPI MORTI
Come essere sicuri, quindi, di riposare come si deve?
«Comincerei col dire che ognuno di noi dovrebbe trovare quella cosa che per me equivale al giardinaggio: quella che mette fine alle chiacchiere incessanti nella testa, che allontana dalle pressioni e dalle preoccupazioni della vita e che ci rende calmi e centrati.
Bisogna individuare quell’attività (o più di una) e poi “auto-prescriversi” spazi orari nell’arco della giornata in cui dedicarle del tempo», dice Hammond.
Avete presente tutte le volte che invece di concedersi una pausa si continua a lavorare per non “perdere tempo”? Ecco, si può cominciare da qui.
«Non bisogna commettere l’errore di saltare l’attività riposante quando le vicende della vita si fanno impegnative. Va considerata una priorità come qualsiasi altra cosa».
Occorre insomma imparare a dire dei no decisi per non ipotecare il tempo libero futuro. E quando finalmente si dedica un po’ di spazio al relax bisogna notarlo: secondo Hammond, gli studi sul tempo dimostrano che riposiamo più spesso di quanto non si creda e che per apprezzare realmente una pausa, bisogna valorizzarla come tale.
«Suggerisco la “riformulazione” di cose come aspettare i treni o essere in coda all’ufficio postale come opportunità inaspettate ma gradite di riposare, anziché come fastidi o frustrazioni», continua Hammond.
Potrebbe anche aiutare accettare il fatto che la lista delle cose che abbiamo da fare non si esaurirà mai, e che per quanto possiamo pensare di essere ben organizzati, gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo. E dunque possiamo lasciarli da parte e permetterci di segnare in agenda anche voci come “riposo” o “pausa”.
«Dovremmo fare di più di ciò che ci è sempre stato detto di non fare quando eravamo bambini a scuola, vale a dire isolarci, spegnere il cervello e guardare fuori dalla finestra», conclude Hammond. Ma senza prenderci troppo sul serio: per non cadere nella trappola di trasformare anche il riposo in una delle tante cose da spuntare dalla lista.