L’autunno ti rende malinconico? Approfittane per riflettere e ripartire più forte

Settembre è un mese di nuovi inizi e nuove sfide. E sono tante le persone che non riescono ad affrontarlo serenamente.

Le giornate si accorciano, le vacanze sono ormai un lontano ricordo.

I cieli azzurri dell’estate possiamo soltanto sognarli, soprattutto nelle giornate più cupe e nuvolose. Ma possiamo affrontare il cambio di stagione per renderlo meno traumatico.

Gli psicologi chiamano “autumn blues” quel senso di tristezza e svogliatezza che ci coglie in autunno: è una risposta dei nostri ormoni al calo della temperatura e della luce.

Non c’è da allarmarsi, ma da farne tesoro: prendersi una pausa di riflessione facilita la rigenerazione.

 

1. Autumn blues (tristezza autunnale)

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Che ci fosse una relazione tra il cambio di stagione e il cambio di tono dell'umore l'aveva già osservato Ippocrate, 400 anni prima di Cristo.

Non dobbiamo quindi stupirci se ci sentiamo depressi o tristi in questi giorni in cui il meteo sta cambiando e la fine dell'estate è stata sancita anche dal calendario.

L’estate è finita, l’autunno bussa alle porte. Le giornate si accorciano, diminuiscono le ore di luce e le prime nebbioline annunciano la stagione fredda.

Alcune persone provano malinconia, complice la ripresa del lavoro dopo le vacanze con il suo carico di problemi e difficoltà.

Uscire dal tepore delle coperte per iniziare la giornata è faticoso; ci si sente stranamente stanchi e immotivati, a volte addirittura apatici. Il fenomeno si chiama autumn blues (tristezza autunnale).

 

Il nostro ritmo circadiano interno, l’orologio biologico che regola le nostre funzioni in rapporto al giorno e alla notte, è sintonizzato con le variazioni stagionali e, a sua volta, influenza i processi motivazionali che sostengono l’umore.

L’autunno è la fine di un ciclo: la natura si spegne e i gettiti della stagione muoiono per poi rigenerarsi. Noi umani siamo esseri sensibili, esposti a questi cicli.

Non è il caso di allarmarsi: «L’autumn blues è una condizione normale, dato che non c’è nulla che non va nell’essere tristi o nel vivere periodi di calo motivazionale», puntualizzano gli esperti.

«Al contrario, questi momenti sono importati per l’evoluzione personale, nel senso che un umore basso può essere l’occasione per ripensare tante cose di noi e del nostro rapporto con il mondo. Evolutivamente, lo scopo dell’autumn blues è proprio questo: la vita ha un lato tragico e malinconico che è importante permettersi di vivere come tutte le altre emozioni. A volte, per capire dove andare, servono delle pause».

 

2. Dopamina e serotonina. Conta molto anche la vita sociale

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Con il diminuire delle ore di luce, cala la produzione dei neurotrasmettitori serotonina e dopamina, associati al benessere psicofisico e alla creatività.

Dopamina e serotonina interagiscono in una molteplicità d’azione.

Basti pensare che il sistema serotoninergico è implicato nella nutrizione, nel sonno, nella sessualità, nell’apprendimento, nella memoria e nella termoregolazione.

Semplificando molto, nella modulazione dei processi motivazionali le trasmissioni di dopamina e serotonina sono implicate nei processi cerebrali che attribuiscono un valore ai nostri desideri e obiettivi, proiettandoci verso di essi.

È appunto su questo valore che si basa la nostra motivazione. Se viene a mancare il reward, cioè la ricompensa che il cervello associa al raggiungimento degli stati desiderati, non siamo più motivati a comportarci in base agli schemi acquisiti.

 

Il desiderio si sgancia dall’ambiente che ci circonda poiché da esso non ci si aspetta più nulla. Gli inibitori del reuptake (ricaptazione) della serotonina, i moderni farmaci antidepressivi, fanno questo: forzano il riaggancio dei nostri desideri con l’ambiente.

Le endorfine tuttavia, che a loro volta modulano l’espressione della dopamina, sono soprattutto influenzate dalla socialità.

Essendo noi animali sociali, se vogliamo produrre più serotonina e endorfine che ci innalzino l’umore, più che sui farmaci dobbiamo puntare sulla nostra rete sociale, sulla qualità delle nostre relazioni e sulla nostra vita pubblica e collettiva.

La controprova viene dalle neuroscienze affettive: deprivazione sociale e abbandono influenzano notevolmente la sintesi della serotonina e la presenza dei recettori dedicati, al punto che i principali fattori predittivi della predisposizione alle esperienze depressive sono gli eventi sociali avversi.

Tornando all’umore depresso, esso non è altro che una risposta adattiva in un ambiente particolarmente volatile e incerto in cui abbiamo bisogno di fermarci per capire.

 

3. Tristezza o depressione?

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Come capire se soffriamo di una tristezza autunnale passeggera o se stiamo scivolando nella depressione?

Stabilirlo senza calarsi in una specifica situazione personale è impossibile, affermano gli psicologi, che mettono in guardia dalla tendenza a patologizzare fette sempre più consistenti dell’esistenza, facendo passare il messaggio che si debba necessariamente essere sempre gioiosi, felici e performanti.

La sofferenza psichica infatti, diversamente da quella fisica, difficilmente può essere compresa se viene approcciata unicamente come una malattia da curare o un comportamento insalubre da correggere.

Le nostre personalità, con le loro peculiarità, sono adattamenti creativi a una situazione difficile, cioè alle rispettive condizioni umane.

 

Possiamo pensare alla personalità come a un albero che cresce su un dirupo ventoso adattandosi alla condizione avversa: si attorciglia, si storta, eppure cresce.

Un altro modo di visualizzare il problema è quello di immaginare il disagio psichico come qualcosa che non appartiene all’individuo, ma che abita lo spazio relazionale tra l’organismo e il suo ambiente sociale.

Secondo gli esperti, è errato affrontare l’autumn blues sulla base di risposte cliniche protocollate e scollegate dalla situazione particolare della persona dimenticando la sua matrice psico-sociale: «Le variazioni ormonali e fisiologiche dovute alle fluttuazioni circadiane e stagionali hanno tutt’al più il potere di esacerbare o ridurre certe tendenze, e infatti, non agiscono nello stesso modo su tutti. Le variazioni autunnali dell’umore, ad esempio, sono più frequenti nelle giovani donne, specialmente in quelle nel periodo perinatale o che si stanno occupando di figli piccoli».

 

4. L’importanza dell’accettazione. Ma quando è patologica?

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La prima risposta alla tristezza o alla sofferenza dell’autumn blues è quindi quella di accettarla e di accogliere tutto lo spettro delle emozioni che colorano la nostra vita e ci danno informazioni importanti sulla nostra situazione presente.

Esiste anche la tristezza, e quindi, non bisogna essere per forza sempre allegri. Le emozioni come la tristezza sono informazioni molto importanti.

Se cerchiamo di buttare via, di modificare e di manipolare le nostre emozioni, perdiamo un fondamentale canale di sintonizzazione con il mondo.

Sentire le emozioni (oppure l’apatia, cioè l’assenza di emozioni) così come arrivano, può diventare un segnale fondamentale che ci indica che qualcosa va cambia- to nella nostra situazione piuttosto che in noi stessi.

Prima di eliminare le emozioni, proviamo quindi a condividerle, a cominciare da una bella chiacchierata con i nostri cari. Dunque, scardinando l’ottica di cosa è normale e cosa no, proviamo a chiederci di cosa abbiamo bisogno e di che tipo di supporto necessitiamo dagli altri.

Tristezza e depressione sono spesso il modo in cui viviamo una solitudine. Evitiamo di lasciarci soli e condividiamo le nostre esperienze, senza paura di chiedere aiuto.

 

Capita che le risposte adattive diventino particolarmente rigide e sfocino nella psicopatologia. Esistono servizi di ascolto pubblici (Centri della Salute Mentale, CSM), privati e del privato sociale.

Anche i gruppi di ascolto sono una risorsa importante. Ogni scuola di psicoterapia ha il suo approccio, ma l’importante è che quest’ultimo non sia troppo orientato alla riduzione del sintomo.

Può essere utile anche la farmacoterapia, a patto che non si riduca a schemi automatici e protocollari. Lo stesso principio vale per gli approcci non farmacologici, come la light-therapy (vedi sotto), il neurofeedback o la neurostimolazione.

Possono essere di supporto per brevi periodi, ma attenzione: la salute psicologica non coincide con la diminuzione dei sintomi!

L’autumn blues si osserva soprattutto dove il clima è avverso ed è difficile mantenere una rete sociale d’inverno.

Nei Paesi nordici, per esempio, molti ricorrono alla Light-Therapy (terapia della luce), che consiste nell’esposizione a una luce bianca artificiale di 10mila lux (l’intensità luminosa del sole in un mezzogiorno di maggio) attraverso finti lucernari. Il trattamento stimola la produzione di serotonina, ossia l’ormone del buon umore.

 





5. Tre regole per vincere la tristezza autunnale

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Ecco tre regole fondamentali per vincere la tristezza autunnale:

1. Dormire bene

Dormire bene e abbastanza a lungo è fondamentale.
La perdita di sonno, soprattutto se cronica, può infatti portare alla disregolazione fisiologica e a una maggiore reattività allo stress.
Non bisogna però darsi regole troppo rigide; permettersi qualche sgarro, magari per stare in compagnia fino a tardi o per leggere un libro che ci piace, è importante.
La regola è sempre la stessa: non pretendiamo troppo da noi stessi e non frustriamoci!

 

2. Fare movimento

La pratica sportiva stimola il metabolismo, aiuta a bruciare la massa grassa e a drenare il cortisolo (l’ormone dello stress), favorendo la produzione degli “ormoni antidepressivi” dopamina, serotonina e endorfine.
Strafare non serve. Il consiglio è di scegliere uno sport che diverta e che faccia star bene in mezzo agli altri.
Gli sport di squadra, il ballo e i giochi in generale hanno questo vantaggio rispetto agli esercizi a corpo libero o in palestra.
La natura ha infatti un effetto potentissimo sul nostro benessere, che ben si sposa con il jogging, il Nordic Walking e le camminate in montagna o in campagna.

 

3. Evitare tv e social di sera

Televisione e social media risultano eccitanti, in quanto fatti apposta per attirare la nostra attenzione e per sollecitare gli aspetti cognitivi e neurofisiologici.
Pertanto, è meglio non trascorrere le ultime ore della giornata davanti a uno schermo.

 








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