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Le 8 reliquie venerate più strane

Quando il 25 gennaio 2014 dalla piccola chiesetta di san Pietro alla Ienca, alle pendici del Gran Sasso, è scomparsa una reliquia di papa Giovanni Paolo II contenente un frammento di stoffa dell’abito del pontefice, intriso del suo sangue nell’attentato del 1981, si sono riaperti scenari caratteristici di molti secoli fa.

Si è parlato, infatti, di un furto su commissione da parte di fantomatici mittenti stranieri impegnati nel traffico di reliquie, si è battuta la pista dell’esoterismo e del satanismo e, perfino, l’ipotesi di un devoto desideroso di avere solo per sé il prezioso reperto.

Se oggi queste supposizioni (poi rivelatesi tutte false; la reliquia di papa Wojtyla era stata rubata da tre delinquenti comuni ed è stata ritrovata una settimana dopo) possono farci sorridere, la storia delle reliquie dimostra l’importanza di questa particolarissima devozione.

Dai chiodi di Gesù alla lingua di sant’Antonio, dai seni di sant’Agata alla testa di san Giovanni. Ecco le 8 reliquie venerate più strane e perché milioni di fedeli sono devoti al “resto” di un santo.

 

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1. Risale al Medioevo

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Come nasce il sentimento di devozione verso questi oggetti sacri?

Perseguitati e costretti a nascondersi, i primi cristiani onoravano in gran segreto i resti mortali (le ceneri e delle stoffe intrise di sangue) dei loro compagni morti per il Vangelo.

Con la concessione della libertà religiosa da parte dell’imperatore Costantino nel 313, fu permessa la costruzione di chiese e santuari dedicati ai santi e la venerazione delle reliquie, cioè i resti (dal verbo latino relinquere, cioè lasciare indietro) aumentò sempre più.

Poiché tutte le comunità desideravano un ricordo del santo, fu introdotto l’uso di separare piccole parti di reliquie dai resti o di concedere oggetti personali in modo che di uno stesso santo fossero presenti svariate reliquie in luoghi diversi della terra.

L’impulso maggiore al culto delle reliquie venne dall’imperatrice Elena, madre di Costantino; dopo essersi convertita al Cristianesimo, nel 327 Elena si recò in Terra Santa per un pellegrinaggio e, secondo la tradizione, ritrovò diverse reliquie della Passione di Gesù: la Vera Croce, la corona di spine, i chiodi, il Titulus Crucis (l’iscrizione, cioè, affissa sopra la testa di Gesù crocifisso; oggi conservata nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme a Roma, foto sotto) e molte altre.

Il viaggio di Elena accese la devozione verso tutti i santuari che potevano vantare il possesso di una reliquia; per questo motivo, le chiese facevano a gara per accaparrarsi una reliquia che non di rado veniva rubata o da ladri professionisti o durante i saccheggi delle città. Esistevano poi dei veri e propri mercanti specializzati in reliquie che, approfittando dell’ingenuità dei compratori, vendevano presunti resti di santi e beati.

Nel Medioevo, la venerazione delle reliquie era ormai sconfinata nella superstizione: agli oggetti e ai resti mortali di santi e martiri venivano attribuiti poteri miracolosi, taumaturgici e si riteneva che il solo toccarli potesse produrre guarigioni o concedere grazie.

Per questo motivo le reliquie si moltiplicavano contro ogni logica: in età medievale erano sparse per l’Europa almeno 60 dita di san Giovanni Battista, tre teste di san Giorgio, diverse culle di Gesù Bambino, almeno dieci prepuzi (la parte del pene recisa durante la circoncisione), innumerevoli frammenti del legno della croce.

Soltanto con il Concilio di Trento (1545-1563) si pose un freno al culto delle reliquie che, comunque, era già andato scemando proprio per l’influenza della Riforma protestante. Il Concilio affermò che la Chiesa cattolica tiene in onore le reliquie autentiche solo dopo aver proceduto a una seria verifica dell’autenticità storica.

Le posizioni del Concilio di Trento furono poi ribadite dal Concilio Vaticano II, nel 1962. Nel 1984, inoltre, il Codice di Diritto Canonico vietò la compravendita di reliquie e ne regolamentò il trasferimento. Oggi le reliquie sono considerate «un accompagnamento della vita sacramentale» e fanno parte della religiosità popolare.

 

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2. Il calice del Santo Graal e la lingua di sant’Antonio

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- IL CALICE DEL SANTO GRAAL

Il Santo Graal è probabilmente la reliquia più celebre di tutto il Medioevo; secondo la tradizione il Graal era il calice da cui Gesù bevve durante l’Ultima cena con gli apostoli prima di essere arrestato e poi crocifisso.
Le interpretazioni di questo misterioso calice, però, sono molteplici: secondo alcuni nella coppa venne raccolto del sangue di Gesù fuoriuscito dalla ferita sul costato, secondo altri sarebbe invece una pietra magica, risalente all’epoca del Paradiso Terrestre.
La fascinazione per il Graal è stata amplificata dai risvolti letterari della vicenda; il Graal, infatti, era protagonista di vari racconti popolari e cicli epici (tra cui quello di re Artù e dei suoi cavalieri, tutti impegnati nella ricerca del calice).
A Genova, nel Museo della Cattedrale di san Lorenzo, è conservato il Sacro Catino, un vaso di vetro verde ritenuto da alcuni l’introvabile Santo Graal.
Dell’Ultima Cena si venera anche il panno di lino con cui Gesù lava i piedi agli apostoli in segno di umiltà e servizio: un esemplare è a Roma, nella basilica di san Giovanni in Laterano.
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- LA LINGUA DI SANT’ANTONIO

Nel 1263, a 32 anni dalla morte del santo, i suoi confratelli effettuarono la prima ricognizione delle spoglie mortali di Antonio da Padova (1195-1231) e con loro grande meraviglia scoprirono che la lingua che tanto aveva parlato predicando incessantemente non si era decomposta ma era ancora incorrotta.
La lingua, quindi, fu racchiusa in un prezioso reliquiario e conservata all’interno della Cappella delle Reliquie, nella Basilica padovana del santo.
A Padova è conservato l’intero scheletro del santo, intatto e completo in tutte le sue parti a dimostrazione del fatto che le numerose reliquie di sant’Antonio sparse nelle chiese italiane e francesi altro non sono che dei falsi.

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3. Il lenzuolo, i chiodi di Gesù e i seni di sant’Agata

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- IL LENZUOLO E I CHIODI DI GESÙ

L’autenticità della Sacra Sindone, conservata nel Duomo di Torino, è oggetto di dibattiti; la Sindone è un lenzuolo di lino in cui è visibile l’immagine di un uomo, probabilmente crocifisso e, per la maggior parte dei fedeli cristiani, è il telo con cui fu avvolto Gesù dopo esser stato deposto dalla croce.
Diversi studi scientifici, tra cui il metodo di datazione con l’esame del carbonio 14, non hanno dato risultati decisivi e oggi la Sindone continua a suscitare domande e devozione.
Della Passione di Gesù, tuttavia, furono conservati nel corso dei secoli reperti di tutti i tipi e di dubbia credibilità, come i sandali (custoditi nell’abbazia benedettina di Prüm, in Germania) o perfino la spugna con cui Gesù bevve dalla croce (ve ne sono vari pezzi a Roma e in Francia).
I tre chiodi con cui Gesù fu inchiodato alla croce, invece, furono donati dall’imperatrice Elena al figlio Costantino: uno fu conservato all’interno della Basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme (dove si trova buona parte delle reliquie portate in Europa da Elena), l’altro fu usato da Costantino per fare un morso per il suo cavallo e l’ultimo venne montato su un suo elmo.
Oggi il chiodo usato come morso è sospeso sopra l’altare maggiore nel Duomo di Milano; una lucina rossa ne indica la presenza ai fedeli e grazie a un antico meccanismo detto nivola l’Arcivescovo sale a prelevarlo una volta all’anno.
L’altro chiodo si ritiene che sia stato fuso all’interno della Corona ferrea di Teodolinda, conservata a Monza.
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- I SENI DI SANT’AGATA

Spesso le reliquie acquistavano un valore maggiore quando erano legate al martirio subito dal santo; è il caso di sant’Agata e dei suoi seni: la giovane siciliana, infatti, fu torturata e mutilata dei suoi seni affinché rinnegasse la religione cristiana ma morì sopportando stoicamente anche il supplizio dei carboni ardenti.
Oggi un seno di sant’Agata, insieme ad altre parti del corpo, è conservato all’interno di un busto reliquiario nel Duomo di Catania, città di cui sant’Agata è patrona, mentre l’altro seno è custodito a Galatina, in Puglia.
Nella foto sotto, il reliquario conserva parte del cranio, del torace e alcuni organi della santa.

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4. Il sangue di san Gennaro e la casa di Nazareth

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- IL SANGUE DI SAN GENNARO

Il sangue di san Gennaro, martire e patrono della città di Napoli, è una delle reliquie più famose al mondo per via del cosiddetto miracolo della liquefazione; le spoglie di san Gennaro furono venerate già da subito dopo la sua morte mentre non si ha notizia delle ampolle contenenti il sangue fino alla fine del Trecento. a allora a oggi il liquido dentro le due ampolle viene presentato ai fedeli tre volte all’anno durante il rito dello scioglimento del sangue: se il sangue si liquefa, ciò viene interpretato come un buon augurio; in caso contrario, si temono disgrazie e sfortune.
Sempre a Napoli è conservato il sangue di un’altra santa, protagonista dello stesso miracolo: santa Patrizia da Costantinopoli. In occasione della sua festa, il 25 agosto, il sangue si scioglie lungo le pareti dell’ampolla che lo contiene.
Nella foto sotto, l’arcivescovo Crescenzio Sepe mostra l’ampolla con il sangue liquefatto di san Gennaro.
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- LA CASA DI NAZARETH

A Loreto (Ancona) all’interno dell’imponente basilica della Santa Casa si trovano i resti (tre pareti) dell’abitazione di Nazareth in cui vissero Gesù, Giuseppe e Maria.
La casa, rivestita interamente da un involucro marmoreo disegnato dal Bramante e posta sotto la cupola della Basilica, fu trasportata in Europa dalla Palestina alla fine del Duecento durante le crociate, per evitare che cadesse in mano ai Turchi.
La tradizione vuole che la casa sia stata portata in volo dagli angeli e deposta in cima alla collina marchigiana, all’epoca ricca di cespugli di alloro o lauro (da cui il nome di Loreto).

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5. La Cintura di Maria e il piatto e la testa di san Giovanni

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- LA CINTURA DI MARIA

Nel Duomo di Prato è conservata la reliquia più importante della città: la Sacra Cintola della Madonna: una cintura di lana verde, ricama- ta con alcuni fili d’oro, e secondo la tradizione donata da Maria a san Tommaso prima di ascendere al cielo in modo che avesse un suo segno.
Oltre a Prato, però, altre città sostengono di possedere la preziosa reliquia, particolarmente venerata dalle donne incinte.
Di Maria si hanno molte altre reliquie; a Perugia, ad esempio, è custodito un anello in quarzo calcedonio verde chiaro, ritenuto l’anello nuziale della madre di Gesù, mentre nella basilica parigina di Notre-Dame sono conservati gli anelli di fidanzamento dei futuri sposi Maria e Giuseppe.
Nella foto sotto, il vescovo di Prato mostra ai fedeli la Sacra Cintola di Maria, conservata nel Duomo.
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- IL PIATTO E LA TESTA DI SAN GIOVANNI

Di san Giovanni Battista esistono numerose reliquie; fin da subito i primi cristiani si dedicarono alla venerazione delle spoglie del cugino di Gesù al punto che vari luoghi dichiaravano di possedere la testa del santo: la chiesa romana di san Silvestro in Capite (dal latino caput, cioè testa) ma anche il palazzo imperiale del Topkapi a Istanbul, Monaco di Baviera, Damasco...
A Genova, nel Museo del Tesoro della Cattedrale di san Lorenzo è possibile vedere il piatto con cui, secondo la tradizione, fu presentata la testa decapitata alla principessa Salomè, che ne aveva fatto richiesta a Erode.
Nella foto sotto, Salomè riceve su un piatto d’argento la testa decapitata di Giovanni Battista che aveva chiesto a Erode. Dipinto di Bernardino Luini.

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