Anche se oggi sono tra gli animali più protetti al mondo, le balene non hanno avuto un passato facile.
Meno di quaranta anni fa molte specie, come le balene franche, erano vicine all’estinzione a causa della caccia delle grandi navi baleniere.
Poi qualcosa ha cominciato a cambiare, e se il mondo si è accorto che le balene sono mammiferi intelligenti e sensibili, gran parte del merito va a una specie in particolare, la megattera (Megaptera novaeangliae).
Questi cetacei dalle grandi pinne pettorali, lunghi fino 18 metri e pesanti più di 50 tonnellate, emettono infatti una grande varietà di suoni, arrivando a comporre melodie di grande complessità, che ricordano la nostra musica.
Nel 1970 uscì addirittura un disco con le “canzoni” delle balene (Songs of the Humpback Whale, le canzoni della megattera) registrate da alcuni ricercatori, che fece molto scalpore e contribuì a dare un’immagine completamente inedita di questi animali, trasformandoli in un simbolo della conservazione della vita negli oceani.
Ma vediamo 5 cose molto interessanti su questi meravigliosi e giganteschi cetacei.
1. I cantautori degli oceani
I canti delle megattere possono essere ascoltati facilmente anche da noi.
Basta immergere la testa in acqua quando una balena canta, anche a diversi km di distanza, e il suono, ampio e potentissimo, si percepisce subito e sembra penetrare fin dentro alle ossa.
Le onde sonore, infatti, viaggiano molto più lontano in acqua che in aria (perché l’acqua è un mezzo più denso) e sono quindi un sistema ideale per comunicare in mare, anche se noi uomini abbiamo problemi a individuare la direzione di provenienza dell’emissione, perché il nostro orecchio è “progettato” per funzionare in aria.
Le balene non hanno corde vocali come noi e non cantano emettendo aria (in tal caso dovrebbero fare le bollicine). Sfruttano invece una cavità all’interno del capo dove viene forzata l’aria, la quale produce suoni che vengono diffusi dall’acqua.
La distanza raggiunta cambia in base a moltissimi fattori, ma in condizioni ideali, quando il suono viene “canalizzato” in particolari fasce di acqua alla stessa densità e temperatura, può anche viaggiare per molte centinaia di chilometri.
Cosa si dicono le balene e perché cantano? I primi a rispondere a queste domande furono due biologi americani, Roger Payne e Scott McVay, che nel 1967 analizzarono i canti grazie a idrofoni sottomarini, anche con l’aiuto della Marina Americana, che all’epoca cercava i sottomarini russi in tutti i mari del mondo con raffinati sistemi di ascolto.
Payne e McVay scoprirono che le canzoni delle megattere hanno una struttura complessa, con “frasi” che vengono ripetute a più riprese ogni 2-4 minuti, un po’ come un ritornello in un brano della durata media di 15-20 minuti.
Le balene che frequentano le stesse regioni geografiche tendono a produrre canzoni simili, che però risultano essere piuttosto diverse da quelle composte dalle balene che vivono in altre aree.
I brani, inoltre, si evolvono e vengono “aggiornati” anno dopo anno, come avviene con i grandi successi della nostra produzione discografica: un’affinità davvero stupefacente.
Sono i maschi a cantare, per sedurre le femmine e dominare i loro rivali in amore. Ma probabilmente le balene cantano anche per segnalare la loro presenza e per divertimento, anche se è impossibile esserne sicuri.
Tutti gli individui, inoltre, emettono suoni profondi e cupi che probabilmente vengono usati nella navigazione, un po’ come avviene con l’ecoscandaglio di una nave.
2. Una balena “cacciatrice”
Le balene sono predatrici e le megattere, in particolare, sono cacciatrici molto attive.
Nel loro menù figurano soprattutto gamberetti e piccoli pesci (solo nelle popolazioni dell’emisfero Nord), e per catturarli usano trucchi molto sofisticati.
Uno dei più efficaci è la “rete di bolle”: un gruppo di balene circonda un banco di pesci o gamberetti in mare aperto, emettendo continuamente bolle lungo un grande cerchio per spaventarli e impedire loro la fuga.
Poi, a turno i cetacei si lanciano tra le prede a bocca spalancata e ne inghiottono un’enorme quantità. Le pieghe sotto la gola possono infatti distendersi, come quelle di una fisarmonica, per inglobare fino a 15 tonnellate di acqua ricca di prede.
La bocca viene immediatamente richiusa e l’acqua spinta fuori, anche con l’aiuto della gigantesca lingua, mentre i fanoni, i denti della balena lunghi circa 70 cm e simili a spazzole, trattengono il cibo.
Una sola megattera adulta, nei periodi di maggiore alimentazione nei mari freddi, può consumare 1 tonnellata di cibo al giorno per diversi mesi di fila (anche 3-4).
Per il resto dell’anno mangia molto meno o rimane a digiuno, facendo affidamento sulle riserve immagazzinate sotto forma di grasso.
Negli anni Ottanta del secolo scorso alcune megattere iniziarono a usare una tecnica diversa per catturare altre specie di pesci, gli ammoditidi (pesci allungati molto comuni che noi a volte chiamiamo “cicerelli”), dando forti colpi con la coda sull’acqua per intontirli e impedire loro di attraversare la parete di bolle e saltare fuori dall’acqua.
In circa trent’anni questa tecnica si è lentamente diffusa tra le altre balene e oggi sembra essere utilizzata secondo necessità da gran parte delle megattere: un caso eclatante di trasmissione culturale in cui le balene che non conoscevano questa tecnica hanno iniziato a usarla una volta entrate in contatto con individui esperti.
3. Una questione di idrodinamica
Le megattere compiono grandi salti fuori dall’acqua.
Non che siano le uniche; altre balene ne sono capaci, ma le megattere sono particolarmente brave in questa disciplina.
Prendono “la rincorsa” scendendo in profondità qualche decina di metri e poi accelerano rapidamente fino a circa 30 km/h e si lanciano fuori dall’acqua, emergendo completamente.
È uno spettacolo osservarle: soprattutto quando le 40 tonnellate delle balene ricadono in acqua producendo schizzi e onde formidabili.
Questi grandi salti sono utilizzati dalle balene per comunicare e segnalare la loro presenza e salute ad altri individui (a volte sbattono anche le pinne per gli stessi motivi).
Probabilmente queste manovre servono anche a scrollarsi di dosso i parassiti (soprattutto crostacei come i balani e gli anfipodi, i “pidocchi delle balene”) che aderiscono alla loro pelle.
Il merito di queste sorprendenti accelerazioni va alle grandi pinne delle megattere, soprattutto la pinna caudale che fornisce gran parte della spinta ed è utilizzata anche per riconoscere i singoli individui.
Ognuno, infatti, presenta una serie di segni e irregolarità distintive sul margine inferiore e, grazie a una fotografia, è possibile registrare queste caratteristiche e associarle a un individuo, per sapere chi frequenta una certa area.
È lo stesso principio delle nostre impronte digitali. Le pinne pettorali sono ancora più impressionanti.
Lunghe fino a 5 m, hanno una serie di irregolarità sui margini la cui funzione è stata chiarita solo di recente: generano piccoli vortici che facilitano il flusso dell’acqua.
Si tratta di un design efficiente che è stato copiato anche dagli ingegneri per alcuni modelli di pale eoliche. Tutte le balene, inoltre, sono abili apneiste.
Respirando aria atmosferica, quando si immergono devono “trattenere il fiato”, e possono farlo per 30 minuti (anche se di solito non superano i 15 minuti).
Il “naso delle balene” si trova sopra la testa: è lo sfiatatoio ed è chiuso da un apposito muscolo durante l’immersione.
Appena la balena riemerge, espelle l’aria ormai calda trattenuta nel corpo, spesso mista a un po’ di acqua rimasta nel canale dello sfiatatoio, la quale si condensa (soprattutto quando fa freddo) dando vita al famoso “soffio delle balene”.
4. Anche le balene migrano
Le megattere sono nomadi, si muovono senza sosta negli oceani, percorrendo fino a 1.500 km al mese quando sono in migrazione, passando dall’Equatore ai poli e viceversa.
In estate (è in luglio-agosto nell’emisfero boreale, al Polo Nord, e a dicembre-gennaio al Polo Sud, nell’emisfero australe) i mari più freddi sono ricchi di vita (grazie all’aumento delle temperature e delle ore di luce), specie di plancton, che alimenta i piccoli pesci e i gamberetti (krill) di cui le balene si nutrono.
Dal punto di vista delle megattere, quindi, conviene fare migliaia di km per sfruttare una tale abbondanza di cibo, ma quando la stagione “calda” (si fa per dire...l’acqua è sempre a meno di 10 °C di temperatura) si conclude, tornano nei mari temperati e tropicali per corteggiarsi, accoppiarsi e dare alla luce i piccoli.
A seconda dei periodi dell’anno, quindi, le megattere si osservano in luoghi diversi e le popolazioni dei due emisferi (quelle che vanno in estate al Polo Nord e quelle che vanno al Polo Sud) non si incontrano quasi mai, neppure nei mari caldi.
Le megattere non frequentano abitualmente il Mar Mediterraneo, solo talvolta lo visitano, entrando da Gibilterra.
Nel Mar Ligure, per esempio, dove si trova il Santuario dei Cetacei (il tratto di mare tra Liguria e Corsica dove si trova un’elevata concentrazione di balene e delfini), una megattera è stata avvistata nell’estate del 2013.
Ogni tanto saltava fuori dall’acqua, tra la meraviglia dei turisti, che la vedevano dalle spiagge e dalle barche. Lungo le coste spagnole e francesi, più vicine all’Oceano Atlantico, le megattere si incontrano più spesso, anche se non sono considerate residenti.
5. Un “piccolo” che tanto piccolo non è
Alla nascita i cuccioli, nelle tiepide acque tropicali, pesano 1 tonnellata e sono lunghi 4 metri.
La gestazione è lunghissima, quasi 12 mesi, e così pure la crescita. La mamma alimenta il figlio ogni giorno con almeno 50 litri di latte fino a 5-7 mesi di età.
Poi “il piccolo” comincia a mangiare pesci e gamberi dei mari temperati e freddi all’epoca della sua prima migrazione, ma resta a breve distanza della mamma per molti anni; diventa del tutto indipendente attorno ai 6-10 anni di età, quando supera i 10 metri di lunghezza.
Le giovani megattere non hanno molto da temere neanche da piccole, a patto che restino sempre vicino alla propria madre.
Le orche, infatti, sono in agguato e sono noti casi (soprattutto nelle acque a sud dell’Australia) di aggressioni durante le quali i temibili predatori hanno isolato un giovane per divorarlo.
Le madri difendono il loro piccolo con grande tenacia e lo trasportano addirittura sul dorso per impedire alle orche di catturarlo.
Le megattere non sono balene molto sociali, formano piccoli gruppi per poche ore o giorni e poi proseguono a nuotare sole. Vivono circa 50-60 anni, più a lungo in condizioni favorevoli.
Speranze per il futuro? Oggi le megattere, e molte altre balene, se la passano meglio di una trentina di anni fa: si contano tra i 50 e i 60.000 individui, in aumento a livello mondiale, ma il mare è ancora pericoloso.
La caccia alle balene è per fortuna praticata da pochi Paesi. Oggi i principali pericoli sono altri. Primo fra tutti il disturbo dato dalle grandi reti da pesca in mare aperto: le balene rimangono impigliate, non riescono a liberarsi, fino ad annegare o morire di fatica.
La pesca, inoltre, è una minaccia indiretta: spesso gli uomini e le balene cercano le stesse prede (le aringhe, per esempio) rendendo la vita più difficile ai cetacei. Il traffico delle navi, aumentato a dismisura negli ultimi decenni, è un altro pericolo: una balena distratta può essere travolta da una nave in spostamento rapido.
Anche il rumore prodotto dai motori nautici ha trasformato il mare in un luogo chiassoso, rendendo più difficile la comunicazione tra i cetacei. Le esperienze di whale watching rendono questi animali sempre più amati e popolari.
Alcuni individui di megattera sono divenuti vere star, come Migaloo, un maschio tutto bianco che ogni anno si sposta dall’Equatore all’Oceano Antartico e viceversa, passando lungo le coste dell’Australia Orientale. Scoperto nel 1991, Migaloo è monitorato dai ricercatori.