“O morire o fare questo trapianto. Voglio vivere. So che è un salto nel buio, ma è la mia ultima scelta”.
Lo ha detto il 57enne David Bennett lo scorso gennaio nell’ospedale statunitense di Baltimora, Centro medico dell’Università del Maryland, il giorno prima di ricevere un cuore di maiale geneticamente modificato: un trapianto sinora unico al mondo su un essere umano.
L’uomo, cardiopatico in fase terminale, era ricoverato da oltre sei settimane per una pericolosa aritmia e mantenuto in vita grazie a una macchina di ossigenazione extracorporea del sangue.
Le sue condizioni erano troppo precarie per un trapianto “tradizionale” di cuore, né era candidabile all’impianto di una pompa cardiaca artificiale, a causa dell’aritmia.
L’unica opzione disponibile restava il trapianto di un cuore di maiale geneticamente modificato e la FDA statunitense ha concesso l’autorizzazione di emergenza al trattamento “per uso compassionevole”.
A distanza di diversi giorni dall’operazione, il paziente sta avendo un buon decorso anche se dovrà essere monitorato con grande attenzione.
1. Gli xenotrapianti
In termini tecnici, quello praticato su David Bennett (foto sotto) è uno xenotrapianto (xénos in greco significa straniero), cioè il trasferimento di un organo – ma potrebbero essere anche parti di organo o solo tessuti o cellule – da un individuo di una specie a uno di un’altra, per esempio da animale a uomo.
Gli xenotrapianti furono sperimentati a partire dagli anni ’60 su pazienti che ricevettero reni o cuori di scimpanzé, con tempi di sopravvivenza limitati a poche ore o giorni.
Dalla fine degli anni ’90, gli studi sperimentali sugli xenotrapianti sono stati condotti su modelli preclinici di primati non umani (scimmie) trapiantati con organi di maiale geneticamente modificati. Sono stati necessari però due decenni per ottenere risultati sempre più incoraggianti grazie allo sviluppo delle tecniche di modificazione genetica.
Alcuni esemplari di macachi che avevano ricevuto un trapianto salvavita di cuore o di rene da suino geneticamente modificato sono sopravvissuti per diversi mesi.
Le ricerche del dottor Muhammad M. Mohiuddin (foto sotto), che è considerato uno dei massimi esperti mondiali di xenotrapianto e dirige il Programma di Xenotrapianto Cardiaco all’Università del Maryland, hanno dimostrato che cuori di maiale geneticamente modificato possono funzionare se vengono trapiantati nell’addome (trapianto eterotopico) di primati non umani per un massimo di tre anni.
Un esempio di xenotrapianto di tessuto ormai entrato nella pratica clinica ordinaria è l’uso di valvole cardiache di suino e bovino. Più rari sono invece gli innesti temporanei di pelle di suino sulle ferite dei grandi ustionati.
Lo scorso autunno, al centro medico accademico NYU Langone Health di New York, una donna ha ricevuto un rene di maiale geneticamente modificato. La paziente, che in vita aveva manifestato la volontà di donare gli organi, si trovava ormai in stato di morte cerebrale ed era affetta anche da disfunzione renale.
La famiglia aveva acconsentito alla sperimentazione per 48 ore, prima che le venisse tolto il supporto vitale. Il rene trapiantato aveva cominciato subito a funzionare.
2. Se non c’è alternativa
Nel campo dei trapianti, l’organo su cui dobbiamo puntare oggi e nel prossimo futuro è quello umano, che rappresenta nella maggior parte dei casi la migliore soluzione per i pazienti.
Premesso questo, in Italia abbiamo poco più di 8.000 pazienti in lista d’attesa per un trapianto.
Se per alcuni organi, come il rene, è disponibile l’alternativa meccanica della dialisi, che tuttavia comporta un pesante impatto sulla salute e sulla qualità della vita, oltre che una sopravvivenza inferiore a quella del post-trapianto, per altri organi, tra cui il cuore, nella maggioranza dei casi non c’è alternativa al trapianto.
Ma alcuni pazienti, per le loro particolari condizioni cliniche, non sono trapiantabili. È il caso per esempio di malati che, a seguito di gravidanze, precedenti trasfusioni, trapianti ricevuti o di altre condizioni, si sono fortemente immunizzati, cioè producono anticorpi che li rendono incompatibili con la quasi totalità dei donatori.
A questo punto, per questi pazienti in futuro potrebbe aprirsi la strada degli xenotrapianti da animali ingegnerizzati, ma dobbiamo essere consapevoli che questi interventi hanno ancora davanti a sé anni di sperimentazione clinica, di fatto appena iniziata con il paziente statunitense di Baltimora.
Ma come si conservano gli organi espiantati? Quanto tempo può resistere “fuori dal corpo”, senza subire danni, un organo espiantato dal donatore in attesa del trapianto nel ricevente?
Si chiama tempo di ischemia e non è uguale per tutti gli organi. In alternativa al metodo classico, che prevede di immergere l’organo in una soluzione di conservazione ghiacciata, oggi si sta diffondendo sempre di più l’uso della macchina di perfusione extracorporea.
L’organo viene collegato alla macchina che fa circolare al suo interno una soluzione di conservazione fredda arricchita di ossigeno oppure il sangue ossigenato. Oltre a prolungare i tempi di ischemia, questa tecnica permette di valutare la capacità dell’organo di funzionare una volta trapiantato.
In prospettiva, durante la perfusione sarà possibile “modificare” l’organo, rendendolo per esempio più compatibile dal punto di vista immunologico.
3. L’aiuto dalla genetica. Vantaggi e rischi
Revivicor è l’azienda statunitense, specializzata in medicina rigenerativa, che ha fornito il maiale geneticamente modificato per il trapianto di David Bennett.
Le modifiche genetiche sono indispensabili perché i maiali possiedono alcuni geni che gli esseri umani non hanno e che producono molecole capaci di innescare una risposta immunitaria immediata e aggressiva, chiamata rigetto iperacuto: in pochi minuti il corpo umano attacca l’organo estraneo e lo distrugge entro 24 ore.
Pertanto, il maiale da cui è stato prelevato il cuore per Bennett aveva subìto 10 modificazioni del genoma. Non solo sono stati eliminati i geni responsabili del rapido rigetto, ma sono anche stati inseriti geni umani per aumentare la compatibilità del cuore con l’organismo umano, proteggendolo dagli effetti indesiderati di proteine che partecipano al processo di difesa dell’organismo.
Sono stati inseriti anche geni umani che aiutano la coagulazione. Inoltre, per evitare la crescita eccessiva del tessuto cardiaco del maiale, è stato eliminato un gene che codifica per il recettore dell’ormone della crescita. Ma c’è di più.
Bennett ha ricevuto anche una nuova terapia immunosoppressiva sviluppata sui primati non umani, ma che prima d’ora non era mai stata usata nei trapianti da uomo a uomo. Si tratta di un farmaco sperimentale che inibisce una via di attivazione del sistema immunitario.
Dal punto di vista anatomico, il cuore di maiale è più o meno simile a quello umano. I maiali, inoltre, possono essere allevati in modo intensivo con grandi cucciolate e crescono in fretta, il che significa avere un maggior numero di organi disponibili.
Del resto, siamo abituati all’impiego dei maiali per scopi alimentari e questo rende anche più accettabile, per la maggior parte delle persone, l’allevamento dei suini a scopo terapeutico.
Tuttavia, dal punto di vista immunologico e quindi della compatibilità, sarebbe preferibile per gli xenotrapianti sull’uomo ricorrere ai primati non umani e, in particolare, allo scimpanzé, all’orango o al gorilla, che però non sono utilizzabili in quanto specie protette.
Una volta eliminati, grazie alle modifiche sul genoma, i principali fattori di rischio noti che possono rendere l’organo suino non compatibile con l’uomo, ne restano anche di non prevedibili, tra cui la potenziale trasmissione di malattie e infezioni.
Saranno il tempo e le sperimentazioni cliniche a indicarci la giusta direzione verso cui proseguire.
4. Rigenerare anziché sostituire
La non sufficiente disponibilità di donatori e il rigetto dei tessuti sono i due principali ostacoli al trapianto di organi.
Per superarli, la scienza punta anche sull’uso delle cellule staminali, nella speranza di poter un giorno sostituire qualsiasi organo o tessuto malato del corpo, ricreandolo in laboratorio a partire, nel caso ideale, dalle cellule del paziente.
Le staminali sono cellule non specializzate che hanno la capacità, riproducendosi, di trasformarsi in altri tipi di cellule più specializzate.
Non tutte hanno le medesime caratteristiche: quelle provenienti dagli embrioni sono capaci di dare luogo a qualsiasi cellula dell’organismo (totipotenti), quelle dal liquido amniotico o dai villi coriali sono in grado di trasformarsi in diversi tessuti dell’organismo (pluripotenti), quelle provenienti dal sangue del cordone ombelicale e dai tessuti adulti (es. midollo osseo) possono dare origine solo ad alcuni tipi di tessuti (multipotenti).
Ma la grande sfida della medicina rigenerativa consiste nel riprogrammare le cellule staminali adulte in modo da ottenere anche tessuti diversi. Nel 2006 il ricercatore giapponese Shinya Yamanaka (foto sotto) ha messo a punto una tecnica per “riprogrammare” cellule adulte completamente differenziate (es. della pelle) e trasformarle in nuove cellule capaci di differenziarsi in altri tipi cellulari, le cosiddette cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC).
Un risultato premiato con il Nobel per la medicina nel 2012, condiviso con il britannico John Gurdon, il primo a dimostrare le potenzialità di riprogrammazione delle cellule uovo.
Le iPSC sono guardate con molto interesse dalla comunità scientifica anche perché non comportano i problemi etici delle cellule staminali embrionali.
Nel 2015, usando le tecniche di Yamanaka, alcuni ricercatori dell’Università Heriot-Watt di Edimburgo hanno ideato un processo 3D per stampare cellule staminali umane derivate dal tessuto di un donatore: un primo passo per creare un tessuto umano coltivato in laboratorio, da usare sia nei trapianti sia nella ricerca farmaceutica.
Diversi altri laboratori nel mondo stanno portando avanti queste sperimentazioni, anche per la cura di malattie neurodegenerative (es. Parkinson).
Un gruppo di scienziati dell’Università di San Paolo, in Brasile, è riuscito a riprogrammare le cellule del sangue umano per formare “fegati in miniatura” che imitano le funzioni dell’organo normale, come immagazzinare vitamine, produrre enzimi e secernere bile.
L’obiettivo sarà produrre interi organi da trapiantare, ma il cammino si prevede ancora lungo e complesso.
5. Quali organi e tessuti si possono trapiantare?
Ecco quali organi e tessuti si possono trapiantare:
- CORNEA
Di solito, non richiede una compatibilità tra il donatore e il ricevente.
- VISO
È molto complesso perché coinvolge diversi tipi di tessuti.
- POLMONI
Il 50% dei pazienti trapiantati di polmone sopravvive per 8 anni. Sono possibili i trapianti polmonari bilaterali, il trapianto cuore-polmoni e quello di polmone singolo.
- CUORE
Il 72% dei pazienti con trapianto di cuore sopravvive per almeno 5 anni. Alcuni vivono più di 30 anni.
- RENI
Possono provenire sia da donatori vivi sia da deceduti.
- FEGATO, PANCREAS E INTESTINO
Oltre che l’organo intero da donatori deceduti, è possibile ricevere una porzione di questi organi da donatori viventi.
- MANI
Il trapianto ripristina funzioni impossibili per gli arti artificiali.
- PELLE
È un innesto che si pratica soprattutto per i grandi ustionati. Può essere autologo (prelevato da una parte del corpo del medesimo paziente), omologo (donato da un altro paziente deceduto), eterologo (da un donatore di specie diversa, come un suino).
- ELEMENTI OSSEI E ALTRO
(per esempio testa del femore, ossa degli arti), cartilagini e tendini, arterie, vasi, valvole cardiache.
- CELLULE STAMINALI EMATOPOIETICHE
Danno origine a tutti gli elementi del sangue (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) e si trovano nel midollo osseo, nel sangue periferico e in quello del cordone ombelicale.
Possono essere donate solo da vivente e il trapianto permette di curare molte malattie, tra cui le leucemie.
Purtroppo la compatibilità completa in ambito familiare (tra sorelle/fratelli) è solo 1 su 4 e tra non consanguinei è 1 su 100.000.
Note
Sono allo studio nuovi materiali per costruire muscoli artificiali
Per aiutare la contrattilità ventricolare in pazienti con insufficienza cardiaca in attesa di trapianto o per ripristinare la funzionalità cardiaca di un cuore scompensato, la scienza studia nuovi materiali per muscoli artificiali.
Il Consorzio REPAIR, di cui fanno parte diversi gruppi di ricerca italiani ed europei e aziende, sta studiando le prestazioni degli elastomeri liquidi cristallini (LCE).
Quando vengono illuminati dalla luce (per esempio da micro-led), questi materiali “intelligenti” cambiano conformazione molecolare e si contraggono come le cellule muscolari cardiache.
L’idea è costruire un muscolo artificiale per sostituire parti di miocardi danneggiati, come una sorta di “cerotto” sincronizzato con la contrazione cardiaca, oppure fatto aderire alla superficie del cuore per aiutare la compressione delle camere.