Il 10 novembre 1975, il cargo Edmund Fitzgerald, in navigazione sul lago Superiore, affondò in acque canadesi durante una tempesta.
Il mercantile, lungo 220 metri e largo 22, non era una bagnarola. Eppure i 29 membri dell’equipaggio morirono senza nemmeno il tempo di lanciare l’SOS.
I corpi non furono mai ritrovati. Il bollettino della guardia costiera statunitense sosteneva che la tragedia fosse colpa dell’equipaggio, reo di non avere sigillato con i teloni gli enormi boccaporti della stiva.
Ma quella conclusione è da sempre controversa. Molti colleghi marinai dubitano, infatti, che l’equipaggio sia stato così sprovveduto. Il documentario Dive Detectives, trasmesso su Discovery Channel, proponeva una versione differente.
La Fitzgerald – era la tesi – ha avuto la disgrazia di imbattersi in un’onda anomala, così gigantesca da spezzarla in due prima ancora che affondasse.
La storia della marineria è piena di racconti di onde mostruose comparse dal nulla. Il leggendario esploratore Ernest Shackleton descrisse lo scontro con un’onda enorme mentre facevano rotta dall’isola di Elephant nell’oceano Antartico alla Georgia del Sud, nel 1916.
“Fu un poderoso sollevamento dell’oceano, ben diverso dalle canute creste oceaniche che per giorni erano state nostre fedeli nemiche. Gridai: ‘Cristo santo, tenetevi forte! Ci ha preso in pieno’“. In qualche modo la nave sopravvisse a quella mazzata devastante.
Nonostante i racconti, l’esistenza di queste mostruose onde improvvise è sempre stata accolta con scetticismo. Del resto, pur ammettendo che il marinaio testimone non intenda spararla grossa, valutare a occhio l’altezza di un’onda è a dir poco difficile.
L’anno 1995 rappresentò, tuttavia, uno spartiacque nella storia di questi mostri del mare. Il primo gennaio di quell’anno, la piattaforma petrolifera Draupner, ancorata nel mare del Nord al largo della Norvegia, fu colpita da un’onda di 26 metri, alta come un palazzo di dieci piani.
E quella volta non fu solo valutata a occhio, ma misurata da un dispositivo laser situato sulla piattaforma: l’onda gigantesca risultò alta più del doppio delle onde circostanti più grandi.
Secondo le statistiche, queste terrificanti anomalie accadrebbero una volta ogni 10mila anni. Ma nel 2001 due satelliti dell’Agenzia Spaziale Europea, impiegati nel progetto MaxWave per la rilevazione dei dati oceanici, rivelarono nell’arco di tre settimane almeno una decina di onde giganti, ciascuna alta più di 25 metri.
Nei secoli sono comparse notizie di onde anomale, di cui vi furono testimoni ma è difficile stabilire l’altezza degli oggetti in mare. E così molti racconti sono stati archiviati come millanterie da marinaio.
Tuttavia, a partire dal progetto MaxWave si sono moltiplicati i meeting e le conferenze tecniche un po’ ovunque. In queste sedi, gli specialisti discutono sui possibili meccanismi all’origine delle onde anomale. Quest’ultime erano diventate oggetto d’indagine scientifica.
Notizie di onde anomale alte come un palazzo di dieci piani scaturite dal nulla non sono solo frutto di fantasia, anche se le cause di questi mostri marini rimangono ancora oscure.
Vediamo allora 5 cose molto interessanti sulle onde anomale, ossia sulle onde assassine (come vengono comunemente chiamate).
1. Come si formano le onde anomale?
- Scontro fra correnti
Se una corrente si sposta nella direzione opposta a quella predominante delle onde – come al largo di Capo Agulhas in Sudafrica – allora non c’è da stare allegri.
La corrente riduce la velocità “di crociera” delle onde e le ingrossa verso l’alto. Ma i problemi non finiscono qui.
Le onde si comprimeranno a fisarmonica: quelle sul fronte avanzato rallenteranno per prime perché per prime incontrano la corrente; diverse onde si accavalleranno, generando infine un mostro gigantesco.
Come le correnti in opposizione, anche altre formazioni correntizie generano “lenti” che concentrano le onde nel mare e producono onde anomale. - Cambiamenti di profondità marina e onde gigantesche
Se un’onda viaggia sopra acque profonde e poi incontra all’improvviso delle secche, la sua altezza aumenta rapidamente.
È un evento che succede in particolari condizioni al largo della costa orientale degli Stati Uniti, dove la piattaforma continentale si protende verso il largo per molti chilometri. Dipende dal fatto che l’acqua è incomprimibile. Perciò, se un’onda entra in un’area molto meno profonda seguirà fatalmente un’unica strada: verso l’alto. - Instabilità non lineare
All’inizio degli anni ’60, il fisico di Cambridge Brooke Benjamin e il suo ex studente Jim Feir scoprirono che era impossibile creare un treno regolare di onde in una vasca di simulazione.
Infatti, qualunque metodo adottassero, si generavano alcune onde immancabilmente più grandi delle altre. La causa, tuttavia, non era da imputare ai limiti delle strumentazioni. Risulta che alcune onde, anche se generate da elementi regolari – il vento, per esempio – diventano comunque più grandi delle altre, sottraendo energia alle compagne che precedono o che seguono.
In altre parole, non esiste una relazione lineare semplice tra l’energia incamerata e la grandezza dell’onda generata.
Nel bacino artificiale, questa instabilità di Benjamin-Feir – come adesso si chiama – era un fenomeno curioso. E tradotto nelle dimensioni oceaniche, avrebbe potuto partorire onde anomale potenzialmente mortali.
2. Il bisogno di sapere
Rivelare i meccanismi che generano le onde anomale non è solo una pura curiosità accademica.
Il fatto sorprendente è che ogni anno s’inabissano dalle 50 alle 100 navi.
Certo, la colpa non è sempre delle grandi onde, le quali, però, sono responsabili di una buona percentuale di naufragi, benché se ne parli raramente.
Tuttavia studiare queste onde è dannatamente complicato. Il primo problema è avere in mano i dati corretti, un problema che Efim Pelinovsky, fisico ed esperto di onde dell’Istituto di Fisica Applicata di Novgorod in Russia, conosce molto bene.
Il professor Pelinovsky raccoglie i dati dalle piattaforme petrolifere situate nel Mare del Nord, quando le compagnie sono pronte a passarglieli.
E anche disponendo dei dati, il lavoro non è semplice, spiega: “non possiamo ricostruire la storia delle onde anomale, perché non abbiamo misurazioni entro un miglio dalla piattaforma”.
Oltre a essere enormi, le onde sono effimere e durano nel migliore dei casi non più di due minuti. Perciò le probabilità di immortalarle con un sensore situato sulla piattaforma o con altri rilevatori piazzati sulle boe sono esigue.
Eric Heller è un fisico della Università di Harvard. Afferma che anche i bacini artificiali (delle vasche di simulazione) per studiare le onde sono di scarso aiuto:
“qui è impossibile creare gorghi e onde e il bacino dovrebbe essere di dimensioni tali da contenere una serie di vortici e una corsa dell’onda lunga a sufficienza per osservarne gli effetti desiderati. ‘Perché non create onde più corte in vasche più piccole?’, penserete. Il problema dipende dalla capillarità e dalla tensione superficiale, che finirebbero per prevalere”.
Pelinovsky raccoglie, pertanto, i dati più disparati su queste onde terrificanti. “Osserviamo ogni elemento disponibile, e valutiamo qualsiasi tipo di informazione, che sia pubblicata sui quotidiani oppure trasmessa dalla BBC o dalla CNN”, aggiunge. Ma è qui che una dose di scetticismo torna utile.
“I media definiscono onda anomala qualsiasi onda grande”, spiega Chris Garrett, oceanografo all’Università di Victoria in Canada. E prosegue, “avrete sicuramente letto dei titoloni come ‘nave da crociera colpita da un’onda anomala’. Ebbene, la nave forse si trovava semplicemente in una zona con il mare in burrasca”.
Il fatto è che un’onda anomala non è solo un’onda grande, di quelle che ci colpiscono nelle tempeste. No, è un’onda mostruosamente grande, che svetta sulle sorelle intorno a lei.
Esiste, a riguardo, una definizione scientifica precisa: “l’onda anomala è un’onda che supera del doppio l’altezza d’onda significativa” (l’altezza d’onda significativa è la media del terzo delle onde più alte).
Ed è la loro “mostruosità”, o atipicità, che le rende tanto pericolose. Anche nel caso di uragani e tifoni non si registrano onde anomale, perché i marosi sono già altissimi. Ma è importante considerare onde grandi due o tre volte il treno d’onde a cui appartengono.
Se la scarsità dei dati e le vasche di simulazione sono di poco aiuto, allora la strategia migliore è stabilire dove si presenteranno con più probabilità e qui posizionare la strumentazione.
E se esiste una capitale mondiale delle onde mostruose, questo discutibile primato spetta alle acque insidiose al largo di Capo Agulhas, un promontorio roccioso in Sudafrica.
Qui, dove l’Atlantico e l’Indiano s’incontrano, le acque hanno sulla coscienza un numero enorme di navi e si racconta di spaventosi muri d’acqua alti 30 metri.
Al largo di questo Capo, forti venti – i famigerati quaranta ruggenti – soffiano da est a ovest e generano onde che viaggiano nella loro stessa direzione, fino a incontrare la corrente di Agulhas, che scorre in direzione contraria.
3. Le onde anomale e la radiazione elettromagnetica
Lo scontro tra le onde e una poderosa corrente non può essere l’unica spiegazione delle onde anomale, perché questa combinazione non si ritrova ovunque le onde sono state confermate.
Alla ricerca di una risposta, i fisici hanno scoperto un eccellente surrogato dell’acqua, la radiazione elettromagnetica.
Le microonde e la luce sono onde e si comportano un po’ come le sorelle oceaniche. Alcuni ricercatori dell’Università di Marburgo in Germania e ad Harvard, hanno sparato le microonde dentro una cavità inclusa tra due piastre metalliche.
Le correnti casuali del mare sono state simulate collocando dei coni di metallo in posizioni, casuali anch’esse, dentro la cavità.
I ricercatori hanno così scoperto che si formavano nella cavità zone a elevata densità di microonde, gli hotspots, e che tali “microonde atipiche” si generavano con una frequenza molto superiore al previsto.
In sostanza, avevano dimostrato che, persino nelle condizioni caotiche dei mari, dove le correnti e le onde casuali provengono da più direzioni, le correnti generano un effetto lente, focalizzando le onde e producendo le cugine più grandi di tutte: le onde anomale.
I progressi nella rappresentazione per immagini ci consentono poi di studiare il fenomeno in dettaglio. Ai tempi del progetto MaxWave, i satelliti erano strumenti relativamente “spuntati” per osservare le onde.
Le tecnologie attuali sono invece più affilate e ci permettono di studiare gli oceani con maggiore ricchezza di particolari. La dottoressa Susanne Lehner, del Centro Aerospaziale Tedesco, è stata decisiva nello sviluppo delle tecnologie usate per misurare l’altezza delle onde con i dati radar:
“Prima potevamo osservare solo onde lunghe più di 200 metri. Oggi, il potere risolutivo è drasticamente migliorato, al punto che vediamo come le onde si frangono e interagiscono con le correnti”.
Ci piace pensare che un giorno si potranno diramare bollettini ai naviganti che annuncino la probabilità di onde anomale. Le quali – va detto – rimarranno sempre un fenomeno statistico, e mai una certezza.
Le nuove conoscenze sulla loro impetuosità stanno comunque già avendo ricadute nella progettazione navale. Ma le onde anomale sono così frequenti da meritarsi questo tipo di bollettino, come per altre condizioni di navigazione?
Si pensa che il loro potere devastante sia sufficiente per desiderarne uno. Se poi influenzerà il comandante della nave sulla rotta da seguire è un altro paio di maniche.
Con vento e pioggia accade la stessa cosa: la gente non rinuncia a uscire di casa, ma vorrebbe solo sapere qual è la probabilità di quegli eventi e se quel giorno dovranno indossare l’impermeabile.
4. Caccia alle onde dallo spazio e i cugini mostruosi (tsunami)
Le ricerche che forse hanno cambiato di più il volto della scienza delle onde anomale fanno parte del progetto MaxWave.
Avvalendosi dei satelliti della Agenzia Spaziale Europea, esse hanno dimostrato che le onde anomale sono eventi piuttosto frequenti.
I satelliti ERS utilizzati in queste ricerche, e l’esperienza accumulata a partire dal progetto MaxWave, usano la cosiddetta tecnologia del radar ad apertura sintetica.
Impulsi di onde radio sono inviati da un’antenna sul satellite e, quando ritornano indietro, sono elaborati da complessi algoritmi che creano un’immagine della superficie verso cui gli impulsi erano stati diretti. Dell’oceano, in questo caso.
Un satellite recentemente chiamato in azione per misurare le onde è il TerraSAR-X, nato dalla collaborazione tra il Centro Aerospaziale Tedesco e la società aerospaziale EADS Astrium tedesca, inviato nello Spazio nel 2007 per l’osservazione terrestre. La sua risoluzione raggiunge 1 metro e permette di individuare molte più onde di prima.
Le onde anomale non sono gli unici mostri che s’innalzano improvvisi dal mare generando caos. Esistono anche gli tsunami. Le analogie, però, finiscono qui, nel fatto di essere entrambi fonti di devastazione.
Gli tsunami sono onde di propagazione generate dai terremoti, dai fenomeni franosi o dalle eruzioni vulcaniche. La loro causa è evidentemente molto più facile da definire che non quella delle onde anomale.
E a differenza di queste ultime, essi sono quasi “trasparenti” in mare aperto e la loro reale dimensione risalta solo dopo che hanno raggiunto la costa. Al largo, la loro lunghezza d’onda (la distanza tra due creste) è pari a 200 chilometri, una distanza enorme.
Avvicinandosi a terra, tuttavia, la lunghezza diminuisce e l’ampiezza dell’onda – la sua altezza – aumenta a dismisura. Lo tsunami del 2004 nell’oceano Indiano fu causato dallo spostamento della placca tettonica indiana sotto la placca di Burma, un fenomeno che i geologi chiamano sudbuzione.
Questo movimento sollevò il fondale oceanico per diversi metri, spostando una massa d’acqua pari a 30 Km3, generando onde che, arrivate sulla terraferma, uccisero più di 230mila persone.
Nonostante le dimensioni dello tsunami asiatico, le navi perdute furono solo quelle in porto. I natanti in mare aperto si salvarono tutti.
5. Dove le onde anomale hanno colpito
Le parti del mondo dove le onde anomale hanno lasciato il segno sono:
- Agulhas, 1973
Il cargo Neptune Sapphire è colpito da un’onda mostruosa che causa il distacco e l’affondamento della prua e di un troncone anteriore lungo 61 metri. Il resto del relitto è stato rimorchiato a East. - Lago Superiore, 1975
Il cargo Edmung Fitzgerald affonda improvvisamente durante una tempesta. Un bollettino della guardia costiera statunitense sostiene che la colpa era dell’equipaggio, che non aveva sigillato i boccaporti. Tuttavia una recente indagine di Dive Detectives trasmessa su Discovery Channel attribuisce la responsabilità a un’onda anomala. - Atlantico settentrionale, 1978
Il cargo MS München scompare in mezzo all’oceano, lasciando solo pochi frammenti del relitto e portando con sé negli abissi l’intero equipaggio. Erano evidenti i segni di un danno improvviso, di impatti estremi anche 20 metri sopra la linea di galleggiamento. - Mare del Nord, 1995
Un’onda anomala alta 25,6 metri colpisce la piattaforma petrolifera Draupner, a 160 chilometri al largo delle coste norvegesi. E’ stato il primo caso di onda anomala confermato con una strumentazione scientifica. - Atlantico meridionale, 2001
Le navi passeggeri MS Bremen e Caledonia Star si scontrano con onde mostruose alte 30 metri. Gli oblò della plancia di entrambe le navi vanno in frantumi, ma i due natanti fanno rientro in porto nonostante il grave danno. - Mare di Bering, 2005
La nave da pesca di granchi Aleutian Ballad si scontra con un’onda anomala. - Mar Mediterraneo, marzo 2010
Un gruppo di tre onde alte 7,9 metri colpisce una nave in crociera tra Cartagena e Marsiglia. Due passeggeri nel salone rimangono uccisi dai frammenti di vetro.