Una primavera senza rondini, senza le loro evoluzioni aeree e la loro lotta biologica che limita il numero di insetti nocivi e fastidiosi per l’uomo?
In molte località italiane e straniere la scomparsa della rondine (Hirundo rustica) appare confermata e in altre si registra un calo drastico della sua presenza.
Secondo una ricerca del Parco Adda Sud, in collaborazione con l’Università Bicocca di Milano, negli ultimi 16 anni, fra Lodi e Cremona si è registrato un crollo del 60% delle coppie nidificanti.
Allargando la ricerca ad altre 10 località della Lombardia, a costituire il più importante censimento sulle rondini finora condotto in Italia, viene confermato il trend: la diminuzione si attesta ai giorni nostri al 6,8% all’anno della loro popolazione.
Poiché si tratta di un indicatore ecologico, una specie sensibile all’inquinamento e alla diminuzione della biodiversità, c’è da preoccuparsi veramente.
Si sta rompendo l’antico patto, fra l’uomo e la rondine, di non aggressione e di ospitalità, in cambio della pulizia dagli insetti parassiti.
Un patto che risale alla scoperta dell’agricoltura, alle prime fattorie, e del quale anche i Greci erano bene a conoscenza, come scrisse anche Esopo (VI secolo a.C.).
Le rondini sono appena tornate, con un lungo viaggio, dai luoghi di svernamento. Ma sono sempre meno: perché e come aiutarle? Scopriamolo insieme.
1. Di buon auspicio
La perizia con cui la rondine costruisce il nido e si prende cura dei piccoli ha alimentato la sua fama di uccello laborioso e genitore amorevole.
Associata al ritorno della primavera, è simbolo di buon augurio, di rinascita.
La rondine è presente anche nella tradizione cristiana: il rosso mattone intorno al becco sarebbe derivato dal tentativo di strappare i chiodi dalla Croce, mentre dall’osservazione dei periodi delle sue migrazioni e dall’altezza del suo volo erano tratte previsioni del tempo e del destino fin dai tempi degli Etruschi.
Le rondini preferiscono nidificare in aree riparate e interne, quali edifici abbandonati, stalle, fienili, meno di frequente sotto le arcate di ponti o banchine dei moli.
Si pensa che prima dello sviluppo dei villaggi agricoli le rondini nidificassero nelle cavità degli alberi e nelle fenditure tra le rocce.
Abitudini tuttora presenti in alcune specie di Irundinidi, come il topino (Riparia riparia), che scava tunnel in pareti sabbiose per poi deporvi le uova, o come la rondine montana (Ptyonoprogne rupestris), che costruisce il nido nei crepacci delle montagne o all’interno di grotte.
La diffusione dell’agricoltura e dell’allevamento ha reso disponibili nuovi siti “artificiali” per la nidificazione, fornito fonti di cibo durature e facilmente reperibili.
Tutto ciò ha portato storicamente a un aumento complessivo del numero di rondini e all’espansione delle loro popolazioni nelle aree sfruttate dall’uomo. Per esempio, si pensa che le rondini del Nord America si diffusero seguendo la costruzione delle linee ferroviarie e di nuovi centri abitati.
Ma ora le cose sono cambiate, più che altrove in Paesi come la Danimarca, dove pure si assiste a una drastica riduzione delle rondini, e l’Italia.
È cambiata per esempio la Pianura Padana, fino ad alcuni decenni fa dominata dal tradizionale paesaggio agricolo a mosaico, con ambienti aperti in cui i campi coltivati erano alternati a prati e suddivisi tra loro da canali di irrigazione, siepi e filari di alberi.
Molte specie animali e vegetali colonizzavano questo habitat variegato e le rondini facevano buona caccia d’insetti.
Inoltre, le stalle tradizionali costituivano un ambiente ideale per la riproduzione (temperatura stabile, presenza di mosche e tafani, ripari per costruire i nidi). Uno studio effettuato in Svizzera ha stabilito che in una stalla tradizionale le rondini sono più prolifiche.
Ora però, l’agricoltura intensiva, con la prevalenza di monocolture, la scomparsa delle siepi e dei filari, la costruzione di moderne stalle per l’allevamento intensivo, semiaperte e dagli alti soffitti di lamiera poco adatti a supportare nidi di rondine, sono fattori di diminuzione di questi insettivori.
Altri elementi negativi si trovano negli ambienti di svernamento in Africa, dove le rondini risentono dell’inquinamento e del calo della biodiversità e in certi casi vengono colpite da una caccia locale di sostentamento.
Col cambiamento del clima, e le temperature più calde, le rondini tendono ad anticipare la migrazione primaverile e in questo modo la riproduzione non sempre corrisponde al picco di presenza degli insetti, rendendo più difficile l’alimentazione dei nidiacei.
2. Olfatto sopraffino
Una cosa sembra sicura: solo il 35 % delle rondini riesce a compiere sia il viaggio di andata in Africa centrale e meridionale, per svernare, sia quello di ritorno in Europa, per nidificare. Le altre muoiono.
In migrazione le rondini percorrono 300 km al giorno. Sorvolano senza fermarsi il Mediterraneo e il Sahara. Come facciano a ritrovare i luoghi di nidificazione dell’anno prima e alcune lo stesso nido, resta per certi versi un mistero.
Una delle ipotesi è che le rondini utilizzino, come dimostrato per i colombi viaggiatori, una mappa olfattiva dei luoghi, si basino insomma su odori ben memorizzati (oltre che sulla vista e sul campo magnetico terrestre).
In una struttura idonea di riproduzione, come una stalla o il porticato di un convento in campagna, tutti i nidi vengono in genere rioccupati, ma solo il 5% delle rondini ritorna nello stesso nido.
Gli altri riproduttori sono individui nati l’anno prima che riempiono gli spazi vuoti lasciati dalla generazione precedente. L’ipotesi è che per evitare l’accoppiamento fra consanguinei, i giovani usciti dal nido e involati esplorino i dintorni per scegliere un’altra colonia in cui nidificheranno nella stagione riproduttiva successiva.
In pratica, durante la migrazione di ritorno si ricordano del luogo prescelto. Per questo motivo, una colonia impiega diversi anni (5-6) a estinguersi, anche nelle condizioni più disagevoli, come la completa riconversione di una stalla tradizionale con la scomparsa del bestiame e dei campi a foraggio, che insieme favorivano le popolazioni d’insetti di cui si nutrono questi uccelli.
In questi casi, le rondini hanno un più basso tasso riproduttivo, ritornano meno, anche per effetto dell’alta mortalità nel viaggio migratorio (la loro vita media non supera i 2 anni) e infine non tornano più. La memoria del luogo si perde. Ma a volte le rondini resistono con la forza della tradizione e la “benedizione” delle zanzare.
Come nel quartiere Crescenzago, a Milano, dove vecchie costruzioni di uso agricolo e il porticato di un ex convento una volta circondato dai campi sono ancora utilizzati dalle rondini per nidificare, nonostante queste costruzioni siano oggi inglobate nella città, dove le rondini non dovrebbero proprio esserci, dato che è il balestruccio la specie urbana tra gli Irundinidi.
Il balestruccio (Delichon urbicum) si distingue dalla rondine per avere la coda meno biforcuta, è privo della maschera facciale rossiccia e ha la gola bianca. Fa un nido chiuso, accessibile da un foro, mentre quello della rondine è aperto a coppa.
Le rondini comuni fronteggiano l’alta mortalità con buoni tassi di nascite. Le femmine scelgono il partner valutando la simmetria delle ali e delle due biforcazioni della coda.
Ali simmetriche e coda lunga sono segnali di una maturità sessuale precoce che la femmina, attraverso il maschio, potrà trasmettere ai discendenti, aumentando la loro possibilità di fare più covate e quindi migliorare la propagazione dei suoi stessi geni nel futuro.
Le covate sono in genere 2, ma possono anche essere 3, da aprile a luglio. Una nidiata può contare fino a 7 piccoli, che nascono inetti, cioè con occhi chiusi e senza piume, dopo 16 giorni di cova a cura esclusiva della femmina, mentre il maschio porta il cibo e monta la guardia.
Impiegano circa 20 giorni i piccoli a uscire dal nido per poi fare i primi voli, e passare in seguito alle manovre acrobatiche che caratterizzano questi uccelli.
3. Come aiutarle
Una delle principali cause della diminuzione delle rondini è l’abbandono delle cascine, dovuto anche alla crisi delle industrie casearie.
In Italia, approssimativamente, si stima la presenza di 1-2 milioni di individui, con una diminuzione del 25% della popolazione dal 2000 al 2010 (dati Lipu): lo stato di conservazione della specie è valutato con il grado di “Rischio minimo” nella Lista Rossa dell’IUCN.
Ma ecco alcune semplici azioni per favorire il ritorno delle rondini dove sono scomparse.
- Reintroduzione di siepi e filari di alberi ai bordi dei campi coltivati: non sono solo “decorativi”, ma hanno funzione ecologica come serbatoi di biodiversità.
- Mantenimento di allevamenti tradizionali: le rondini trovano riparo nelle stalle, nei fienili e nei sottotetti delle cascine. Le opere di ristrutturazione di vecchi edifici dovrebbero mantenere intatte le caratteristiche architettoniche originali, lasciando aperte vie di passaggio per il transito dei volatili, preservando angoli e anfratti nei muri per la costruzione dei nidi, mantenendo travi a vista e altri elementi su cui i nidi trovano appoggio.
- Lasciare alcuni appezzamenti a prato intorno alle cascine per facilitare l’insediamento di insetti di cui le rondini si alimentano.
- Mantenimento dei pascoli, conservazione di aree umide, cura di canali e fontanili. Il bestiame all’aperto attira gli insetti e anche l’acqua ne garantisce la presenza: le rondini sorvolano gli specchi d’acqua per cacciare gli insetti volanti e prelevano il fango dal terreno umido per la costruzione dei nidi.
Non solo agricoltori e allevatori possono aiutare le rondini. Chiunque può contribuire con semplici accorgimenti:
- Per esempio, evitare di togliere i nidi che sembrano “vecchi”: spesso vengono riutilizzati.
- Conservare o ricreare angoli in cui le rondini possono costruire un nido.
- Se è previsto un restauro, mantenere delle strutture a trave, in legno o muratura, e posizionare chiodi o asticelle d’appoggio sui cui le rondini possono ricostruire il nido.
4. Per sempre insieme?
Ma le rondini sono coerenti con l’essere considerate simbolo di fedeltà, persino cristiana?
I dati raccolti sull’infedeltà nelle coppie appaiono in contraddizione.
Come moltissimi altri passeriformi, le rondini formano coppie fisse che durano tutta la stagione riproduttiva e collaborano in modo equo nella cura della prole. Tuttavia, le scappatelle sono frequenti.
Un recente studio sul DNA prelevato a soggetti nidificanti e pulcini di una grande cascina della provincia di Novara, utilizzando marcatori molecolari, ha permesso di condurre analisi di paternità più accurate, dimostrando che circa un terzo dei nidi aveva pulcini illegittimi.
Il lavoro condotto dai biologi impiegati nel suddetto studio, ha anche permesso di identificare con sicurezza i padri biologici oltre a quelli putativi.
E di riscontrare che l’infedeltà durante la seconda nidiata è doppia rispetto alla prima. L’infedeltà è emersa come una caratteristica di alcuni individui che si sono mostrati spesso recidivi.
I maschi coinvolti in relazioni extraconiugali hanno maggiore fitness, data la prole più numerosa che generano.
In circa la metà dei casi, quando è presente un episodio d’infedeltà all’interno del nido da parte di uno dei due partner, anche l’altro tende ad avere rapporti extra-coppia.
Se è la compagna l’infedele, diminuiscono le frequenze d’imbeccata del maschio ai piccoli: in altre parole, tende a disinteressarsi della famiglia.
Se il vantaggio dell’infedeltà è, per i maschi, quello di generare più discendenti, per le femmine sembra utile ridirezionare la scelta del partner su un altro individuo che abbia caratteristiche più sane e robuste, in modo da ripeterle nella prole.
5. Rondini con la microspia
Si conosce ancora poco sulle località precise di svernamento delle rondini.
Grosso modo, le europee migrano in Africa, le nordamericane in Sudamerica e quelle nidificanti in Asia centrale finiscono nel Sud dell’India, nel Sud-est asiatico e in Indonesia.
Date le piccole dimensioni (17-19 cm per 20 g di peso), alle rondini non possono essere applicati dispositivi GPS come avviene per uccelli di maggiori dimensioni, in modo da seguire i loro spostamenti.
Ma le Università degli studi di Milano e Milano Bicocca, con il Parco Regionale Adda Sud e la Lipu, hanno condotto uno studio durato 2 anni sulle rotte migratorie delle rondini presenti nel Parco Regionale Adda Sud, nel Parco piemontese della Valle del Ticino e nella piana di Megadino (Svizzera).
Hanno ’utilizzato dei geolocator, dispositivi miniaturizzato del peso di pochi decimi di grammo, applicabili quindi alle rondini, che registrano le informazioni utili per individuare la loro posizione.
Alla fine del ciclo di migrazione il geolocator è stato recuperato e le informazioni scaricate e analizzate per poi definire rotte e aree di sosta.
Si è così determinato che le rondini oggetto dello studio partono a metà settembre e, dopo circa un mese di viaggio, raggiungono un’area di mille km di raggio in Camerun.
Qui, nel corso di molte settimane, effettuano la muta e poi hanno solo 20 giorni per ingrassare, mangiando gli insetti che prosperano con le piogge, prima di intraprendere il viaggio di ritorno.