Nel grande gruppo dei canidi selvatici, i lupi sono gli indiscussi protagonisti. Sono spesso i predatori di vertice delle foreste temperate di Nord America, Europa e Asia: cacciatori bene organizzati, che si muovono in branco.
Per ogni lupo in attività, tuttavia, ci sono diversi suoi cugini che hanno un ruolo altrettanto importante negli ecosistemi che abitano. Stiamo parlando delle volpi, che, proprio come i lupi e i coyote, sono canidi.
Diversamente da questi, però, hanno dimensioni modeste, simili a quelle di un gatto domestico, zampe relativamente corte, muso lungo e appuntito, grandi orecchie triangolari e una coda folta.
Oggi in Africa, Eurasia e Nord America vivono 12 specie del genere Vulpes, le volpi per eccellenza, cui si aggiungono alcuni loro parenti poco noti in Sud America e Asia.
Nell’insieme, questi piccoli carnivori sono il gruppo di canidi di maggiore successo e quello più diversificato.
Questi canidi vivono in quasi tutti gli habitat e hanno adattamenti (e forme) molto diversi tra loro. Scopriamo insieme chi sono!
1. CAMPIONI DI ADATTABILITÀ
Basta osservare su una cartina la diffusione mondiale delle volpi per averne conferma: si sono affermate in tutti i continenti tranne l’Antartide.
La volpe rossa (Vulpes vulpes, foto sotto), presente anche in Italia, è il canide più adattabile in assoluto e ha la distribuzione più ampia di ogni altro mammifero terrestre, con l’eccezione degli uomini, dei ratti e dei cani domestici.
È infatti diffusa in tutto l’emisfero boreale, dal Circolo Polare Artico al Nord Africa, Nord e Centro America, Asia e addirittura Australia, dov’è stata introdotta nel XIX secolo.
Difficile fare di meglio: c’è una volpe rossa in più della metà dei Paesi del mondo, perché è a suo agio dalle coste marine fino alle montagne, e spesso non evita neppure le nostre città.
La sua livrea è variabile quanto la distribuzione: ci sono individui con un bel pelo rosso arancio, tipici della montagna, così come altri decisamente scuri e forme intermedie con pelo corto, legate a luoghi più caldi.
Spingendosi verso Nord, la volpe rossa lascia il passo alla volpe artica (Vulpes lagopus, foto sotto) che è più piccola e meglio adattata ai climi rigidi, anche se a volte si trovano volpi rosse in luoghi freddi come quelli frequentati dalle volpi artiche (Isola di Ellesmere, Canada).
Queste ultime sono particolarmente belle perché hanno un manto invernale di colore bianco intenso che, all’inizio della primavera, è sostituito da una livrea bruna a pelo lungo.
Grazie al corpo tozzo e al rivestimento caldissimo, le volpi artiche sopravvivono in ambienti estremi, dove pochi altri mammiferi potrebbero cavarsela, con temperature che raggiungono i 50 gradi sotto zero.
Anche la pianta delle zampe è ricoperta di pelo e la coda, foltissima, può essere usata come una sciarpa.
All’estremo opposto c’è il fennec (Vulpes zerda, foto sotto) che vive nel deserto del Sahara, in Africa: è la più piccola tra le volpi (1,5 kg di peso massimo) ed è bene adattato a vivere in questo ambiente difficile.
Non è certo un campione nella resistenza al freddo: a meno di 20 gradi riduce l’attività e si accovaccia per terra, cercando di proteggersi con la grande coda, ma con il caldo torrido non ha problemi.
Le sue orecchie enormi, che costituiscono circa il 20% della superficie corporea, sono di grande aiuto per cogliere il minimo movimento delle prede tra le sabbie, ma soprattutto sono utili per la termoregolazione.
Quando il calore corporeo aumenta, l’animale dilata i vasi sanguigni nelle orecchie e nei piedi, facendo abbassare la temperatura interna, che può salire fino a quasi 41 °C senza che ne abbia troppo fastidio.
In questi casi respira affannosamente, fino a centinaia di volte al minuto, ma tiene la lingua arrotolata all’indietro, in modo da non sprecare preziose gocce di saliva. Ogni piccolo accorgimento conta, quando si deve sopravvivere nel deserto.
2. CACCIATORI VERSATILI
Se si escludono erba e foglie, non c’è alimento che venga scartato da questi animali. Le volpi rosse riescono a catturare piccoli ungulati, lepri, conigli, roditori, uccelli ma anche invertebrati come coleotteri, cavallette e lombrichi.
Mangiano anche frutta e bacche in quantità, soprattutto in autunno. Si dice “furbo come una volpe” e di certo c’è un fondo di verità in questa affermazione, perché nessun carnivoro terrestre sa adattare le sue tecniche di caccia alle prede con pari successo.
Le volpi rosse sono state viste andare alla ricerca di lombrichi nelle notti calde e umide, muovendosi lentamente a zig zag nei campi, ascoltando i rumori emessi da questi invertebrati quando sbucano dal terreno, sfregando il corpo con la vegetazione.
Appena ne trovano uno lo afferrano con gli incisivi e tirano con delicatezza in modo da estrarlo del tutto dal suo foro nel terriccio, senza spezzarlo in due.
La tecnica di caccia più tipica delle volpi, soprattutto con i roditori, è un caratteristico salto in alto: il predatore si solleva in aria fino a un metro e scende “in picchiata”, con le zampe anteriori rivolte in avanti, piombando sulla preda.
Questa particolare manovra sembra essere un accorgimento per prevenire il salto verticale usato da alcuni topi per sfuggire agli assalti. In altri casi compiono rapidissimi scatti in avanti, come farebbe un felino, per catturare gli uccelli a terra.
Lo fanno le volpi artiche, sotto alle rupi dove si trovano le colonie di uccelli marini. Al pari di tutte le loro parenti, anche le volpi artiche trovano sempre un modo per sfruttare la situazione.
Per esempio aspettano la bassa marea per fare lunghe passeggiate sulle spiagge alla ricerca di animali vivi o morti portati dal mare.
In un vasto gruppo di volpi che apprezzano la carne di mammiferi e uccelli, c’è però un elemento che costituisce un’eccezione.
L’otocione (Otocyon megalotis, foto sotto) è un cugino delle volpi che vive nelle pianure dell’Africa, a stretto contatto con mammiferi come zebre, gnu e bufali, ed è l’unico canide insettivoro: più dell’80% della sua dieta, infatti, è costituita da insetti come scarabei e soprattutto termiti, abbondantissimi nei luoghi dove vive.
Li trova grazie alle enormi orecchie, che durante la caccia tiene rivolte verso il basso per individuare le colonie di insetti nel terreno.
Il suo nome inglese è “volpe dalle orecchie di pipistrello”, un appellativo che funziona benissimo viste le dimensioni dei padiglioni auricolari e l’approccio alla ricerca delle prede.
3. I CUGINI D’AMERICA E VOLPI DI CITTÀ
In Sud America vivono canidi che nell’aspetto e nella taglia ricordano le volpi degli altri continenti, ma oggi, grazie alle analisi genetiche, non sono considerati loro stretti parenti.
Molti tra questi appartengono al genere Lycalopex e hanno caratteristiche intermedie tra le volpi e i canidi più grandi, come i coyote. Uno dei più eleganti è la volpe di Darwin (Lycalopex fulvipes, foto sotto), dalla livrea grigio rossastra, diffusa in pochissime aree del Cile.
Pur se il nome comune rimanda alla volpe, è geneticamente più affine ai lupi, nonostante la taglia modesta.
Anche i centri urbani più grandi, così caotici e rumorosi, possono diventare un habitat adatto alle volpi. Ne sanno qualcosa gli abitanti di Londra e di molte altre città di Inghilterra e Irlanda, dove la densità di questi canidi è molto elevata e può raggiungere i 30 individui per chilometro quadrato, un valore molto superiore a quello dei migliori habitat naturali.
Questo significa che durante una tipica camminata notturna lungo un viale, quando il traffico si riduce e c’è meno gente in giro, è molto facile incontrare una volpe, soprattutto in periferia.
Queste specialiste della città catturano topi e colombi, ma soprattutto consumano gli avanzi di cibo, che noi produciamo in quantità astronomiche. In Italia il fenomeno è ancora giovane e più esteso nel Centro e al Sud, dove si trovano le massime densità di volpi.
Ma in diversi piccoli centri, o nei pressi di hotel, bar e centri visita dei parchi naturali, questi mammiferi sono a loro agio, pronti a sfruttare ogni occasione per rimediare un pasto.
In ogni caso non date loro da mangiare: se si abituano ad avere troppa confidenza con l’uomo, prima o poi faranno una brutta fine.
Nella foto sotto, la volpe tibetana ha un mantello folto e soffice, che la protegge dai freddi venti d’alta quota. Anche lei, come le altre volpi, svolge un ruolo importante nel regolare le popolazioni di topi e ratti.
4. UNA SOCIETÀ COMPLESSA
Anche se non sono veri animali sociali, le volpi apprezzano la vita di coppia.
Non è raro vederle a spasso assieme, ma distinguere i sessi non è immediato (il maschio è poco più grande).
Sappiamo che scelgono un compagno con il quale vivono per diversi anni, ma di recente abbiamo scoperto che, almeno per le volpi rosse, la regola non è così rigida.
In alcuni contesti si formano gruppi costituiti da un maschio adulto e più femmine. A volte al gruppo si aggiungono i giovani degli anni precedenti, che aiutano ad allevare i piccoli.
Di solito le volpi si riproducono una sola volta all’anno. In circa 55 giorni di gestazione una volpe rossa può mettere al mondo 4-6 volpacchiotti, ciechi e indifesi.
Per questo hanno bisogno di una buona tana, che può essere un buco nel terreno scavato da altre specie, un anfratto o un tronco cavo, dove trascorrono le prime settimane di vita.
Pur se possono vivere assieme in piccole famiglie, non sono cacciatori di gruppo come i lupi. Ogni individuo va in esplorazione da solo o in coppia e concentra i suoi sforzi in un’area specifica del territorio, con gli individui dominanti che tengono per loro gli habitat migliori.
5. LA RIVINCITA DELLE VOLPI
Nonostante le indiscutibili capacità e l’apprezzamento crescente di cui oggi godono, le volpi hanno una storia travagliata: sono state cacciate per secoli per la pelliccia e perché ritenute animali “nocivi”, colpevoli di attaccare polli e conigli domestici.
Alcune specie, una volta molto diffuse, sono quasi scomparse.
La piccola volpe americana (Vulpes velox), per esempio, è stata una delle tante vittime della rapida espansione dell’uomo attraverso le grandi pianure del Nord America nel XIX secolo.
Oltre a soffrire per la perdita di habitat a causa dell’agricoltura, è stata oggetto di una caccia senza esclusione di colpi con fucili, trappole ed esche avvelenate che l’ha fatta scomparire quasi del tutto.
Per fortuna, le piccole popolazioni sopravvissute hanno consentito negli anni Novanta di avviare programmi di reintroduzione e portarla fuori pericolo, anche se la sua distribuzione è meno della metà di quella storica.
Almeno in certe regioni, la vita da volpe può essere molto dura. Nel caso meglio studiato, quello della volpe rossa, l’aspettativa di vita è spesso di un paio di anni, giusto il tempo per riprodursi una volta.
La morte però non avviene solo per mano dell’uomo: le volpi rosse sono catturate anche da lupi, coyote e dalle aquile, e sono vulnerabili a diverse malattie, come la rabbia (che in Italia è quasi debellata, grazie alle campagne di vaccinazione del passato).
Oggi cominciamo a capire che questi mammiferi non sono nocivi, ma hanno un ruolo importante nel regolare le popolazioni di topi, ratti e arvicole.
Allo stesso tempo l’atteggiamento del pubblico nei loro confronti è cambiato: nel 2004, per esempio, è stata abolita in Inghilterra la tradizionale caccia alla volpe, un’attività simbolo dell’alta società britannica.
Più conosciamo questi animali, più impariamo ad apprezzarli. Con loro non è facile generalizzare: ogni volpe è diversa dall’altra, secondo la specie, l’habitat e le esperienze trascorse.
In ogni situazione sanno trovare l’equilibrio tra le loro esigenze e quelle offerte dall’ambiente che abitano: è proprio questa abilità a renderle così affascinanti.