«Torno dal lavoro stanco, ceno, uno sguardo ai social, leggo due righe ma poi mi addormento»: chi più chi meno, tutti ci lamentiamo di non riuscire a finire quel libro che giace da mesi sul comodino.
Sembra infatti che oggi leggere libri sia più complesso di una volta: per alcuni la causa è la mancanza di tempo, per altri la scarsa concentrazione o lo stress, per tutti sono le distrazioni.
Dati Istat relativi al 2020 ci dicono che il 58,6 per cento della popolazione dai sei anni in su non ha letto nemmeno un libro nel corso dell’anno: davvero tanto.
Certo, conta anche la pandemia: dai risultati di una ricerca che ha coinvolto 860 lettori, condotta tra luglio e agosto 2020 da Abigail Boucher, Marcello Giovanelli e Chloe Harrison della Aston University (Regno Unito), è emerso che quell’anno si è letto tanto grazie al maggior tempo a disposizione, ma peggio, cioè con meno coinvolgimento.
La spiegazione la dà Oliver J. Robinson, neuroscienziato dello University College London, che in un’intervista a Vox giustifica la difficoltà a leggere durante la pandemia con l’erosione della capacità di concentrazione causata dall’ansia.
Abituati come siamo a cellulari, tablet e pc, dove la lettura è veloce, inframmezzata di immagini, video, pop up e link, leggere un libro cartaceo richiede uno sforzo maggiore, eccessivo per molte persone. Eppure c’è anche chi alla carta, e alle sensazioni a essa associate, non rinuncia.
Ma è proprio vero che la lettura digitale è nemica di quella tradizionale? Scopriamolo insieme.
1. Facciamo sempre più fatica. Ma leggere è noioso?
A due anni di distanza, in un clima meno angoscioso, la tendenza non sembra però essere cambiata: c’è quindi forse dell’altro.
Hugh McGuire, imprenditore editoriale canadese attivo nel mondo delle tecnologie digitali per la lettura, già nel 2015 pubblicò un articolo successivamente ripreso e citato da molti autori dal titolo
Perché non riusciamo più a leggere?. In modo del tutto trasparente, McGuire confessava in quelle righe di fare fisicamente fatica: «L’anno scorso ho letto quattro libri», ammette in apertura. Davvero poco per chi ha fatto dei volumi la propria carriera.
«Trovo sempre più difficile concentrarmi su parole, frasi e paragrafi. Per non parlare dei capitoli. I capitoli spesso hanno pagine e pagine di paragrafi. Sembra proprio un casino di parole su cui concentrarsi, solo su quelle, senza che succeda qualcos’altro. E una volta finito un capitolo, si deve passare al successivo. E di solito ce ne sono tanti altri, prima di poter dire “finito”».
Leggere – in un mondo digitale fatto di immagini, video, suoni e stimoli sempre diversi e veloci – ci appare oggi noioso, quasi penoso. L’imprenditore racconta della sua buona volontà nel concentrarsi sulle parole e della frustrazione continua che avvertiva: «Sentivo il bisogno di [...] qualcosa che mi aiutasse ad andare avanti: [...] giusto un’occhiata veloce alle email sull’iPhone; scrivere, e cancellare, la risposta a un tweet divertente di William Gibson; cercare, e seguire, un link a un bell’articolo [...] del New Yorker [...]. Poi di nuovo la mail, tanto per essere sicuri. [...] Ci vuole tanto tempo per leggere un libro a quattro frasi al giorno».
Per McGuire non c’è dubbio: la colpa è del digitale che ci ha disabituati a mantenere l’attenzione su qualcosa di “noioso” come sono le lettere nere su una pagina bianca.
I social ci hanno addestrato a prestare attenzione solo a loro, anche quando siamo impegnati a fare altro, e ciò è confermato da studi neuroscientifici che mostrano come leggere una notifica o scorrere il feed di Instagram produca picchi di dopamina nel cervello, il neurotrasmettitore del piacere.
In pratica, una continua “droga” che rende molto più seducente muoverci nel digitale rispetto alla lettura di un romanzo.
2. Pro e contro di libri e digitale. Meglio l’analogico o il digitale?
Attenzione, però: questo non significa che il digitale sia un nemico della lettura.
Del resto sarebbe assurdo pensare di privarci delle nuove tecnologie dell’informazione che, peraltro, ci consentono esse stesse di informarci e di viaggiare in mondi fantastici come con i libri tradizionali: gli e-reader, i dispositivi per la lettura su schermo, o i siti di informazione non sono certo nemici della cultura e della conoscenza.
L’importante, spiegano gli studiosi, è conoscere le differenze tra lettura tradizionale e digitale per apprezzarne i rispettivi vantaggi: pregi e difetti stanno da entrambe le parti.
Meglio l’analogico o il digitale? A questa domanda non c’è una risposta chiara, anche perché l’argomento è in continua evoluzione.
Le ricerche che indagano il modo in cui la lettura tradizionale sia oggi influenzata dalla presenza costante del digitale sono ancora poche e non forniscono risposte univoche. Gli stessi mezzi digitali sono cambiati enormemente negli ultimi anni.
Lo evidenziava anche una metanalisi condotta nel 2018 da ricercatori spagnoli e israeliani e pubblicata da Educational Research Review, che sottolineava come le ricerche analizzate avessero portato a risultati molto diversificati.
Questi studi vanno infatti contestualizzati: ad esempio, uno studio condotto dai ricercatori americani Geoff Kaufman della Carnegie Mellon e Mary Flanagan del Dartmouth College sembra mostrare come la lettura su schermo sia frammentata e dispersiva e riduca l’abitudine ad astrarre le informazioni.
Sarebbe quindi, secondo gli studiosi, più adatta a leggere informazioni concrete, come quelle di un libretto di istruzioni, che a studiare o godere appieno di un romanzo.
3. L’importanza dell’educazione... e della concentrazione
In realtà il problema non è il digitale in sé, ma quanto siamo preparati ed educati a utilizzarlo nel modo corretto.
Questa evidenza emerge anche dal progetto di ricerca europeo E-Read, Evolution of Reading in the Age of Digitisation, che lancia un allarme nella Dichiarazione sul futuro della lettura adottata a fine 2018 a Stavanger, in Norvegia.
La rapida e ingiustificata sostituzione nell’istruzione primaria del testo stampato e di carta e matita con le tecnologie digitali non è neutrale, scrivono gli autori, ma al contrario può avere effetti negativi sullo sviluppo della comprensione della lettura e del pensiero critico nei bambini qualora non sia accompagnata da strategie di apprendimento adeguate.
Insomma, l’educazione è fondamentale per non perdere i vantaggi del digitale.
Va poi detto che molti studi che confrontano lettura tradizionale e digitale non considerano alcuni fattori, come la maggiore o minore competenza dei soggetti: un conto è la capacità di comprensione di un testo digitale da parte di un giovane già da piccolo abituato agli schermi e un conto quella di un sessantenne.
Un fattore discriminante è anche la cosiddetta “concentrazione sostenuta”, cioè la capacità di mantenere l’attenzione fissa sul testo per lungo tempo, che sicuramente è fondamentale nel testo cartaceo. È una competenza che si sviluppa con il tempo.
È quindi probabile che un nativo digitale possa essere meno attrezzato in questo senso, abituato come è alla lettura ipertestuale e multimediale.
4. Mappe mentali e il vantaggio degli ipertesti
Ma di nuovo conta il modo di usare i testi: un sito internet consente una lettura non lineare che dà spazio ad approfondimenti e favorisce la costruzione di mappe mentali.
«Le interfacce grafiche», spiegano Lucia Maria Collerone e Giuseppe Città dell’Università di Messina, autori di un saggio del 2013 uscito su Tecnologie Didattiche, «rappresentano un ritorno alla forma di alfabetizzazione visiva prevalente nelle forme antiche degli alfabeti pittografici, favorendo lo sviluppo di una buona memoria visiva e di un pensiero intuitivo-associativo che aiuta a decodificare messaggi visivi».
Il punto è quindi saper fruire questi contenuti digitali in modo attivo, an- che a scapito di una concentrazione sostenuta nel tempo, fondamentale invece nel testo cartaceo.
I problemi nascono quando mancano queste specifiche abilità, sia per il digitale sia per la carta. Lo vediamo negli adulti di oggi, che spesso hanno disimparato la lettura tradizionale.
Non attrezzati a resistere alle distrazioni di social e mail, come McGuire smettono di leggere libri. Inoltre questi soggetti non hanno ricevuto una corretta educazione al digitale, pertanto faticano anche a muoversi tra ipertesti e multimedialità.
Eppure la lettura non lineare fatta di link e di rimandi dovrebbe essere un’opportunità. In fondo viene da lontano: già nel Cinquecento l’ingegnere Agostino Ramelli ideò infatti la “ruota dei libri”, un particolare sistema che consentiva la consultazione di più libri alla volta grazie a una ruota dotata di scaffali che sostenevano i libri aperti.
Girandola, il lettore poteva passare da un libro all’altro. Oggi che abbiamo a disposizione sistemi ben più evoluti dovremmo quindi usarli al meglio, invece di limitarci a rimpiangere i tempi che furono.
5. Leggiamo solo le sillabe delle parole principali ma... mancano l’odore e il suono della carta
- Leggiamo solo le sillabe delle parole principali
Leggendo, occhi e cervello compiono un piccolo miracolo. Da un secolo si fa ricerca anche se solo negli ultimi decenni si è compreso appieno come il cervello codifica lettere e parole per trasformarle in immagini mentali e concetti.
Davanti a un testo gli occhi scorrono lungo le righe fissando per brevissimi attimi alcune sillabe, generalmente al centro delle parole principali, e poi saltando avanti senza soffermarsi su ogni singola lettera. Tali salti sono detti “saccadi” mentre i momenti di pausa sono le “fissazioni”: solo durante queste ultime leggiamo veramente.
«Le saccadi variano nella distanza che percorrono e nella quantità di tempo che ci vuole per fare quel percorso, in media circa 20-35 millisecondi», spiega Naomi S. Baron in Come leggere. Carta, schermo o audio?
Le fissazioni occupano il 90-95% del tempo di lettura e variano in lunghezza, tra 150 e 500 millisecondi, anche in relazione al tipo di parola che stiamo leggendo.
«In generale, passiamo più tempo a guardare i termini di contenuto (nomi e verbi, aggettivi e avverbi) che quelli di funzione (articoli o preposizioni)», prosegue l’autrice. Già nei primi millisecondi sappiano distinguere una parola, sin da bambini.
Ciò significa che è impossibile vedere una parola senza “leggerla” e che capiamo una frase grazie a informazioni visive esigue, visto che gli occhi non passano in rassegna tutte le lettere.
L’abilità di lettura si fonda sulle informazioni sensoriali provenienti dalla vista ma anche su varie funzioni cerebrali impiegate anche per altre attività, come la memoria e la capacità di apprendimento.
- Mancano l’odore e il suono della carta
Gli e-reader sono strumenti digitali di lettura che, a differenza di pc o tablet, sono dotati di schermi che restituiscono lo stesso effetto visivo della carta, evitando l’affaticamento degli occhi.
Non sono dispositivi multimediali, non consentono la riproduzione di contenuti video o di passare da un link all’altro, ma contengono svariati libri e consentono la personalizzazione della lettura variando luminosità e dimensione del testo.
Secondo alcuni, però, leggere in questo modo non è appagante quanto il libro di carta perché la mancanza dell’odore, della sensazione tattile e del suono delle pagine aumenta la difficoltà a seguire il testo e a comprenderlo.
Le ricerche sono ancora poche: ne serviranno altre per arrivare a conclusioni affidabili.