Il Lhasa Apso (o Lhassa Apso) è il ‘cane di fila’ dei piccoli cani tibetani.
Fa parte di una famiglia canina ben tipicizzata, i cui membri sono molto differenti dagli altri cani, come possono esserlo, per esempio, i Terrier.
Fra tutti i suoi ‘cugini’ più prossimi il Lhasa Apso è il primo a essersi veramente stabilito in Occidente dove è anche, grosso modo, quello i cui effettivi sono i più importanti.
L’origine tibetana del Lhasa Apso non crea alcun dubbio: la prima parte del suo nome fa riferimento alla capitale del Tibet.
Quanto al termine Apso, potrebbe essere derivato da apsoo, che designa la capra in tibetano, il che mette in evidenza una delle caratteristiche essenziali della’razza: il suo pelo lungo e duro al tatto.
Il Lhasa Apso è un cane molto affascinante: calmo, riflessivo, acuto, talvolta portato alla meditazione, molto affettuoso e allegro, esso riuscirà senz’altro a sedurvi (il musetto dei cuccioli è irresistibile).
Attenzione, però, se non siete certi che il suo comportamento si adatti al vostro o se non potete dedicare il tempo necessario alla bellezza del suo pelo, sarà bene non acquistarlo. Scopriamolo insieme.
1. Origine e storia
Il Lhasa Apso (o Lhassa Apso) è il ‘cane di fila’ dei piccoli cani tibetani.
Fa parte di una famiglia canina ben tipicizzata, i cui membri sono molto differenti dagli altri cani, come possono esserlo, per esempio, i Terrier.
Fra tutti i suoi ‘cugini’ più prossimi il Lhasa Apso è il primo a essersi veramente stabilito in Occidente dove è anche, grosso modo, quello i cui effettivi sono i più importanti.
L’origine tibetana del Lhasa Apso non crea alcun dubbio: la prima parte del suo nome fa riferimento alla capitale del Tibet. Quanto al termine Apso, potrebbe essere derivato da apsoo, che designa la capra in tibetano, il che mette in evidenza una delle caratteristiche essenziali della 'razza: il suo pelo lungo e duro al tatto.
Il Lhasa è verosimilmente un cane molto antico. Alcuni fanno risalire la sua nascita all'VIII secolo prima dell’era cristiana, il che gli dà effettivamente un’età rispettabile, mentre altri gli attribuiscono circa duemila e cinquecento anni!
Questo cane si crede sia nato nella valle di Shangri Lah, cioè la leggendaria valle del Benessere. Non ci si deve stupire quindi dell’aura di felicità che lo circonda! Ma secondo altri pareri, che occorre pure menzionare, avrebbe origini insieme meno poetiche e meno nobili.
Per il professor Stelze, per esempio, il Lhasa non sarebbe molto antico e proverrebbe prosaicamente da diversi incroci, in particolare fra il Terrier del Tibet e il Tibetan Spaniel, che questo autore considera come le sole due razze veramente antiche del Tibet.
A dire il vero la storia e la preistoria del ‘tetto del e mondo’ sono assai poco conosciute. Questa regione è a stata e rimane un universo interdetto agli Occidentali. Si osserverà ancora che il buddismo fu introdotto in Tibet solo nel corso del VII secolo d.C. (dal re Strongbtsan).
Non sembra che siano esistiti scritti tibetani anteriori a tale periodo, che è anche quello della fondazione della città di Lhasa. E fu solo un secolo più tardi che iniziò a stabilirsi, a poco a poco, la versione tibetana del buddismo indiano, il lamaismo, al quale si fa costantemente riferimento a proposito del Lhasa Apso.
Infatti le testimonianze più antiche sulla razza sono indirette, cioè cinesi. Si è potuto notare che un testo cinese del VII secolo ricordava il regalo di una coppia di piccoli cani a un imperatore della dinastia Tang; è probabile quella fosse una delle prime volte che un tale regalo veniva fatto.
L’installazione, nel 1644, della dinastia Manciù sul trono dell’Impero Celeste, che doveva in seguito esercitare una signoria sul Tibet fino all’inizio del XX secolo, non fece che intensificare questi invii, poiché favorì fortemente il buddismo di tipo lamaico, forma tibetana per eccellenza.
Si può d’altronde pensare che questi cani tibetani così giunti alla corte di Pechino abbiano concorso alla nascita dello Shih Tzu. Esistono anche delle porcellane cinesi antiche sulle quali figurano dei cani che assomigliano molto al Lhasa.
Nel Tibet, i Lhasa Apso accompagnavano i lama in tutti i loro spostamenti: i più piccoli potevano anche essere nascosti nella manica dei monaci. Uno dei loro compiti era la guardia: infatti vegliavano sulle preziose reliquie dei religiosi.
Sembra quindi che questi cani abbiano vissuto in stretta relazione coi monaci e gli eruditi tibetani, cosa abbastanza normale per degli animali che erano considerati come reincarnazione di quei lama che non avevano ancora raggiunto la suprema beatitudine.
Alcuni autori affermano che questo cane fu chiamato in altri tempi, nel suo paese natale, ‘Apso Seng Kye’, cioè ‘cane sentinella dal ruggito di leone’. È esatto affermare che, pur mancando del ruggito, il Lhasa possiede un cuore, una dignità, una fierezza tutte leonine e che la sua vigilanza non è mai difettosa.
Tuttavia associare così questo piccolo modello al re degli animali può sorprendere: se un cane tibetano deve essere comparato al leone, non è forse meglio menzionare il Dogo? Occorre sapere che il riferimento al leone è essenzialmente di ordine religioso e simbolico.
Il leone fa parte della mitologia del buddismo, sia in Cina, in Giappone e in Vietnam sia nel Tibet. Tradizionalmente, sono sempre questi piccoli cani, o loro rappresentazioni in legno o ceramica, che hanno vegliato nei pressi degli altari domestici e nei templi sacri.
Così il Pechinese, lo Shih Tzu, lo Spaniel Giapponese, indipendentemente da una certa somiglianza fisica, sono stati, a un certo momento della loro storia, cani-leoni. Il simbolismo del leone in Oriente differisce notevolmente dall’idea che ci si fa in Occidente di questo felino.
D’altronde, salvo errore, il leone non ha mai popolato la Cina e il Tibet quindi si tratta di una simbologia alquanto fantastica. Le definizioni di ‘cane-leone’, di ‘cane-sentinella’ traducono quindi perfettamente il posto del Lhasa Apso nel mondo tibetano, perché sembra che il suo ruolo essenziale sia stato quello di essere guardiano presso i Lama.
All’esterno, certo, la dissuasione era assicurata, e con quale efficacia, dai Doghi del Tibet, ma al Lhasa era affidato il compito di avvisare, di mettere sul piede di guerra questi temibili cerberi e segnalare ai lama ogni avvenimento insolito.
Questo cane è in effetti stimato per il suo udito eccezionalmente fine come pure per il suo odorato assai sviluppato. E non sono questi i soli doni, perché gli si attribuisce anche la capacità di svelare l’imminenza delle valanghe e di avere un senso acuto dei pericoli della montagna.
Non si dice forse che il celebre sherpa Tenzing, colui che accompagnò sir Hillary nella sua ascensione del monte Everest nel 1953, portava sempre una coppia di Lhasa Apso nelle sue escursioni? Infatti questa razza è divenuta un autentico portafortuna.
Se si viene all’epoca moderna, la storia cinofila del Lhasa Apso è fortunatamente meglio nota, sebbene ci sia voluta molta ostinazione da parte degli Occidentali per conoscerla. Non solo il Lhasa aveva uno statuto di cane sacro, ma era anche vietato, nel Tibet, far commercio di ogni animale vivo.
Sembra che i primi esemplari siano arrivati in Inghilterra verso il 1900 e abbiano creato un ceppo, anche se la loro vera introduzione oltre Manica risale agli anni Venti (beninteso, i Britannici erano i favoriti per conoscere il Lhasa, grazie al Commonwealth, ai loro interventi militari e alle relazioni commerciali che avevano intessuto laggiù).
Il colonnello Bailey, che aveva allora importanti responsabilità nel Bhutau, nel Sikkim e nel Tibet, si vide offrire un maschio e due femmine, il che gli permise, al suo ritorno dall’Oriente, di condurre cinque cuccioli. L’allevamento che intraprese con sua moglie rappresenta la prima linea occidentale che si sia perpetuata fino ai nostri giorni.
Ugualmente si deve ai signori Bailey il fatto di aver diversificato chiaramente le differenti varietà di cani tibetani, negli anni Trenta. In effetti, quando a loro volta il Tibetan Spaniel, il Terrier del Tibet e lo Shih Tzu arrivarono, i cinofili dell’epoca ebbero alcune difficoltà nel distinguerli e nel nominarli.
Al giorno d’oggi resta d’altronde qualche traccia di questa confusione: per esempio si continua a parlare di ‘Tibetan Terrier’ mentre questo cane non ha niente del Terrier. Il Lhasa, anch’esso considerato in un primo momento come un Terrier, fu per molto tempo chiamato Terrier di Lhasa.
Si vide anche attribuire la denominazione di Spaniel Nano Tibetano, o anche quella di Cane Talismano. Solo nel 1934 il suo nome attuale si impose in Gran Bretagna. Nel medesimo anno nacque la Tibetan Breed Association e, l’anno seguente, fu elaborato un primo standard.
Negli Stati Uniti la razza dovette attendere il 1955 per uscire dal gruppo dei Terrier. Comunque il Lhasa arrivò oltre Atlantico nel 1933, anno in cui il Dalai-lama in persona lo offrì ai signori Cutting, la coppia che diede origine al ceppo americano.
Quanto all’introduzione del Lhasa in Francia è dovuta a un concorso di circostanze che merita di essere raccontato. Nel 1949, la signorina Vilette Dupont si trovava a Lille, esattamente in piazza dei Quatre Chemins, quando incrociò un piccolo cane poco comune.
Essendosi rivolta al proprietario per acquistarlo, apprese il destino curioso del primo Lhasa francese. Una coppia di inglesi che tornava dalle Indie aveva infatti portato con sé un maschio e una femmina Lhasa Apso.
Non potendo far fronte alle spese della quarantena britannica, dovettero risolversi a lasciare i loro cani sul Continente, e precisamente ad Anversa, dove la loro nave finalmente aveva accostato.
Ora il marinaio cui era toccata in sorte la coppia di Lhasa si sposò con una giovane di Lille, che ignorava — certamente — il valore reale di questo dono di nozze e che, per ragioni di comodità, cedette rapidamente il maschio a un commerciante della sua città natale.
E fu questo cane, Xérès, che la signorina Dupont incontrò e acquistò. Le restava allora il compito di trovargli una ‘fidanzata’. Dopo molte ricerche la signorina prese contatto con i grandi specialisti americani della razza, i signori Cutting, presso i quali potè procurarsi Hamilton Kang Mar, che è iscritta sotto il numero uno alla sezione Lhasa Apso del Libro delle Origini Francesi.
Nel 1952 nacque la prima cucciolata francese di Lhasa Apso, segnando il debutto del famoso allevamento ‘Annapurna’ che si trova all’origine della maggioranza delle linee francesi.
Infine, nel 1960, la signorina Dupont fondò il Club dei cani del Tibet e ne assunse la presidenza. Nella stessa epoca, entrò in relazione con la signora Bailey, la specialista inglese, che aveva grande stima per il primo allevamento francese.
Fra il momento in cui i primi esemplari arrivarono e quello in cui la razza cominciò a essere conosciuta e selezionata in Occidente, trascorse in tutto un buon quarto di secolo.
E se, in seguito, il suo allevamento si è considerevolmente sviluppato, se il Lhasa Apso ha superato lo statuto di cane da conoscitori e se molte personalità l’hanno adottato (specialmente un ex presidente della Repubblica Francese Giscard d’Estaing) si può parlare di una moda improvvisa.
Gli amatori della razza che, d’altronde, possono discutere su altri punti, si trovano d’accordo nel ritenere che il Lhasa non dovrebbe diventare un cane alla moda. E, dicono, troppo differente dalla maggioranza degli altri cani per andar bene a un vasto pubblico.
Il ‘cane sacro del reame proibito’ fu il cane di una élite e dovrebbe, in un certo modo, rimanere quello dell’aristocrazia (di cuore, beninteso) per conservare tutta la sua personalità. In Italia il Lhasa Apso è ben rappresentato sul piano qualitativo (gli esemplari rispettano infatti le richieste dello standard), ma non su quello numerico.
2. Comportamento
Il Lhasa Apso non si accontenta quindi di essere solo un piccolo cane con una ricchissima pelliccia: esso ha soprattutto una forte personalità.
Le persone che prima di tutto sono attratte dal suo mantello spesso e prezioso hanno certamente interesse a informarsi per conoscere ciò che si nasconde al di sotto.
E un fatto che, se non ha niente a che vedere con uno Yorkshire, il quale nondimeno possiede anch’esso una personalità molto salda, il Lhasa è ugualmente molto diverso dal suo affine, lo Shih Tzu.
Prima di tutto, per molti aspetti il suo carattere può essere avvicinato più a quello del gatto che a quello del cane. Del gatto ha il gusto per l’indipedenza, la dignità, il senso delle comodità, come pure spesso uno spirito piuttosto casalingo e una certa riservatezza.
Non che sia apertamente disobbediente per natura, ma se ha deciso che il divano sarà il suo posto favorito, si farà assai fatica a farglielo abbandonare.
Questo cane non ha un carattere difficile e stizzoso; se lo si irrita, preferirà rifugarsi sotto un mobile attendendo la fine del temporale, non senza osservare attentamente ciò che succede.
Ugualmente non è di quelli che sopportano di essere molestati senza posa, di essere manipolati o considerati come un giocattolo. Per esempio, sicuramente non si troverà bene in una famiglia dove un ‘piccolo diavolo’ impone la sua legge e uno dei suoi divertimenti consiste nell’infastidire il cane di casa.
Il Lhasa non è da consigliare per ambienti in cui si trovino dei bambini, perché solo quando questi avranno raggiunto l’età della ragione (e cioè quando si potrà insegnar loro il rispetto dovuto a un cane) potranno trovare in esso un compagno meraviglioso e attirarsi le sue grazie nutrendolo e portandolo a passeggio.
Il contrario di un brontolone, di un collerico, allegro e giocoso, ma non in permanenza, amante anche della tranquillità, il Lhasa è quindi un indipendente, un signore, un orientale nell’anima, che affascina giustamente perché non si apre di colpo e perché occorre fare lo sforzo di comprenderlo e di osservarlo.
E comunque si attacca profondamente al suo padrone, la cui presenza costante gli è necessaria. Tranquillo nel suo angolo, questo cane, con saggezza orientale, sembra ignorare ciò che lo circonda: di fatto, mantiene un occhio aperto su tutti i movimenti, su tutti i gesti di colui che l’ha adottato, ma basta che quest’ultimo cambi occupazione o si appresti a uscire ed ecco il cane che si rizza a sedere in allerta.
Il Lhasa offre una vera e confortante presenza, senza mai divenire appiccicoso, petulante, eccitato, importuno; inoltre, niente sfugge a questo fine osservatore; nota immediatamente che un mobile o un soprammobile è stato spostato, tolto o aggiunto nel suo territorio. Con questo cane mancare di sensibilità psicologica non è consigliabile!
Certamente non arriveremo a sostenere che nasca già educato. Nondimeno ha molto amor proprio e comprende assai rapidamente ciò che gli dispiace. Se fuori il tempo è veramente disagevole, gli si insegnerà a fare i suoi bisogni su una tela o su un vecchio giornale.
Altro vantaggio del Lhasa: non è aggressivo. A questo proposito si può notare che generalmente si intende a meraviglia con il gatto di casa, il che non può dispiacere alle numerose persone capaci di apprezzarlo e che sono nello stesso tempo amiche del popolo felino. Indubitabilmente questo animale può essere qualificato come ‘cane-gatto’.
Si potrebbe anche chiamarlo leone tascabile. Ciò non toglie che il Lhasa non saprebbe negare la sua appartenenza alla specie canina, che sa perfettamente segnalare ogni avvenimento insolito, che la sua vigilanza non è mai difettosa, anche se non fa parte di coloro che abbaiano a ogni istante.
Verso gli sconosciuti si mostra molto diffidente o assai riservato (senza divenire cattivo). Infine è un perfetto piccolo cane da guardia. Ecco, tutto sommato, il cane d’appartamento per antonomasia, da una parte perché è casalingo di natura, dall’altra perché la sua pelliccia impone delle cure e alcune precauzioni, se la si vuole mantenere integra, specialmente in vista delle esposizioni.
Certamente apprezza anche le passeggiate all’occasione. Non si raccomanderà evidentemente di condurlo nelle pozze d’acqua e nel fango, ma lui non ne farà una questione. Non teme il freddo ed è amante della neve, perché non dimentica di essere nato a grandi altitudini. E senza dubbio alla sua origine che il Lhasa deve la sua salute di ferro.
Assai raramente soggetta a malattie, la razza non è menzionata nella letteratura specializzata, sotto la voce affezioni ereditarie. Questo cane è d’altronde riconosciuto come dotato di una notevole longevità: la durata della sua vita è spesso di una quindicina d’anni, e si sono visti esemplari che hanno superato i diciassette o i diciotto anni.
Il solo punto suscettibile di causare qualche noia al suo padrone è la pelliccia che richiede una cura assolutamente regolare e coscienziosa (ma non un colpo di mano professionale). La bellezza del suo pelo dipenderà anche dall’alimentazione, che deve essere giudiziosamente equilibrata.
Ma i fattori ereditari entrano in gioco ugualmente. A dispetto delle cure più attente, un Lhasa non avrà mai un mantello importante se non deriva da linee accuratamente selezionate da lunga data.
Quasi tutti i colori del manto sono ammessi. I toni di oro e di beige (miele, sabbia), i grigi (scuri, chiari, ardesia) sono i più frequenti, ma vi sono anche dei sog getti pluricolore (a patto che le tinte siano ben distinte l’una dall’altra), bruni, neri e bianchi.
Le mascelle sono di uguale lunghezza e hanno un leggero prognatismo, senza perdere il contatto; un prognatismo più pronunciato è penalizzato. Lo standard della razza menziona anche che la «dentatura completa è desiderabile».
Tale osservazione è così rara negli standard inglesi che merita di essere notata; la cinofilia inglese, infatti, spesso non tiene conto di un’eventuale mancanza di denti, cosa assai frequente nei cani, di tutte le razze, di origine inglese.
Il Lhasa Apso è un cane molto affascinante: calmo, riflessivo, acuto, talvolta portato alla meditazione, molto affettuoso e allegro, esso riuscirà senz’altro a sedurvi (il musetto dei cuccioli è irresistibile).
Attenzione, però, se non siete certi che il suo comportamento si adatti al vostro o se non potete dedicare il tempo necessario alla bellezza del suo pelo, sarà bene non acquistarlo.
3. Lo standard della razza
FCI Standard N° 227 / 16.02.2011
LHASA APSO
ORIGINE: Tibet
PATRONATO: Gran Bretagna
DATA DI PUBBLICAZIONE DELLO STANDARD ORIGINALE VIGENTE: 13.10.2010
UTILIZZAZIONE: Cane da Compagnia
CLASSIFICAZIONE F.C.I.: Gruppo 9 Cani da Compagnia
Sezione 5 Cani del Tibet
Senza prova di lavoro
ASPETTO GENERALE
Ben proporzionato, robusto e con un mantello abbondante ma senza eccesso.
PROPORZIONI IMPORTANTI:
La lunghezza dalla punta della spalla a quella della natica è superiore all’altezza al garrese.
COMPORTAMENTO – CARATTERE:
Allegro e deciso. Sveglio, serio ma talvolta riservato con gli estranei.
TESTA: pelo abbondante che ricade sugli occhi; ma senza alterare la capacità visiva del cane; buoni baffi e barba.
REGIONE DEL CRANIO
Cranio: moderatamente stretto, con caduta dietro gli occhi, non del tutto piatto ma non bombato o a forma di mela.
Stop: medio
REGIONE DEL MUSO
Tartufo: nero
Muso: circa 4 cm, ma non quadrato; la lunghezza dalla punta del tartufo (allo stop) è circa un terzo della lunghezza totale dal tartufo all’occipite. Canna nasale diritta
Mascelle/Denti: gli incisivi superiori strettamente aderenti alla parte internai degli incisivi inferiori cioè forbice rovesciata. Gli incisivi il più possibile su di una linea ampia e diritta. Si desidera una dentatura completa
Occhi: scuri. Di media misura, piazzati frontalmente, ovali, né larghi né pieni, né piccoli e infossati. Non si deve vedere il bianco né in basso né in alto.
Orecchi: pendenti, con pesanti frange
COLLO: forte e ben arcuato
CORPO: Proporzionato e compatto
Dorso: linea dorsale orizzontale
Rene: forte
Torace: costole che si estendono bene all’indietro.
CODA: inserita alta, portata sopra il dorso ma non ad uncino. Spesso ha un nodo all’estremità. Ben frangiata.
ARTI
ANTERIORI
Spalle: ben oblique
Avambraccio: diritti, abbondantemente ricoperti di pelo
Piedi anteriori: rotondi, da gatto, con cuscinetti fermi. Ben ricoperti di pelo.
POSTERIORI
Aspetto generale: ben sviluppati con buoni muscoli. Buone angolazioni. Ricoperti pesantemente di pelo.
Metatarsi: garretti, se visti da dietro, paralleli e non troppo ravvicinati.
Piedi posteriori: rotondi, da gatto, con cuscinetti fermi. Ben ricoperti di pelo.
ANDATURA: libera e baldanzosa
MANTELLO
PELO: pelo di copertura lungo, pesante, diritto, duro, non lanoso né serico. Moderato sottopelo. Il pelo non deve mai impedire il movimento.
COLORE: dorato, sabbia, miele, grigiastro scuro, ardesia, fumo, pluricolore, nero, bianco o brunastro. tutti ugualmente accettabili
TAGLIA
Altezza ideale al garrese: Maschi 25 cm
Femmine: un po’ meno
DIFETTI : Qualsiasi deviazione a quanto sopra deve essere considerata come difetto che va penalizzato secondo la sua gravità, e gli effetti sulla salute e benessere del cane.
- Cane aggressivo o eccessivamente timido
- Qualsiasi cane che presenti in modo evidente delle anomalie d’ordine fisico o comportamentale, sarà squalificato.
N.B. I maschi devono avere due testicoli apparentemente normali completamente discesi nello scroto
4. La toeletta
Innanzi tutto occorre abituare precocemente il cane a 'subire' regolarmente le sedute di toelettatura, prima che esse siano realmente indispensabili.
In seguito, quando arriva all'età adulta e la sua pelliccia diviene molto fitta, si raccomanda di rendere quotidiane tali sedute. Ciò è imperativo per un esemplare da esposizione.
Negli altri casi, la costrizione non è così fastidiosa come sembra perché è spesso più facile sbrigarsi in dieci minuti al giorno piuttosto che in un'ora durante il fine settimana, e, in ogni modo, questo è preferibile anche per il cane: se una volta occorresse saltare queste sedute settimanali il cane si troverebbe in uno stato pietoso.
Solo dopo che la spazzola è stata insinuata ovunque è possibile passare il pettine; in particolare, occorre fare attenzione ai nodi, che devono essere sciolti a mano per evitare di strappare il pelo.
La spazzolatura è facilitata se si applica un "condizionatore" nebulizzato. Si può lavare il Lhasa una volta o due al mese. Prima di tutto il cane deve essere strigliato con cura, altrimenti la doccia avrà l'effetto di rinserrare i nodi.
Si applica in seguito una crema ammorbidente con delle salviette-spugna, evitando di arruffare il pelo, e si termina con l'asciugacapelli. Infine, si pettina separando il pelo su ciascun lato del dorso e si fa una riga sul cranio (per liberare gli occhi).
Si può anche mettere un piccolo fermaglio al di sopra di ciascun occhio. Tutte queste cure non richiedono una destrezza e una capacità particolari.
Tuttavia, si capisce che un cane siffatto, benché abbia un temperamento rustico, non sia nato per passeggiare in mezzo alla natura, nella polvere o nel fango delle strade non asfaltate, anche se il suo padrone non desidera farne un esemplare da esposizione.
5. Razze affini
Esistono altre tre razze di piccoli cani tibetani: lo Shih Tzu, il Tibetan Terrier e il Tibetan Spaniel.
- Benché lo Shih Tzu sia anche un po' cinese, ha un muso quadrato e uno stop marcato.
Al tatto il suo corpo appare un po' cilindrico, mentre nel Lhasa si distinguono una cassa toracica ogivale e un tronco (le reni e il ventre) ben marcato.
Il neofita riconosce generalmente lo Shih Tzu dalle chiazze bianche, dalla lista sulla fronte, dalla screziatura all'estremità della coda (che non è obbligatoria), come pure dall'"acconciatura’: in genere, gli occhi sono liberi grazie a un elastico sulla sommità della testa.
In altri tempi, negli anni Trenta, la confusione era frequente; fino al 1937, per esempio, lo Shih Tzu fu esposto oltre Manica con il nome di Lhasa Lion Dog'.
Confusione peraltro spiegabile, dato che lo Shih Tzu è derivato dai Lhasa offerti agli imperatori cinesi a partire dal VII secolo.
Come carattere lo Shih Tzu è certamente più vivace e più estroverso del suo affine. Si mostra sempre di buon umore, si intende con tutti e si adatta a tutto.
La magnificenza del suo mantello impone una cura particolare, senza dubbio ancora più specifica di quella del Lhasa, perché il suo pelo è meno ruvido, più fine e può arruffarsi più facilmente se non riceve le cure adeguate. - Il Tibetan Terrier non assomiglia affatto al Lhasa: la sua sagoma è quella di un piccolo cane da pastore dal pelo lungo e diritto, portata da arti assai lunghi che gli danno una forma quadrata.
La sua taglia, pur restando sempre modesta, è tuttavia superiore di una buona decina (perfino di una quindicina) di centimetri a quella degli altri piccoli Tibetani.
Il suo carattere corrisponde perfettamente al suo aspetto: molto vivace, sportivo, abbastanza esuberante, assai sicuro di sé e un tantino testardo. Si tratta solo di saperlo prendere!
Contrariamente a quanto si afferma, non ha niente del Terrier. Un tempo veniva chiamato Griffone del Tibet, il che non gli si adatta molto meglio.
Tutto considerato 'Bobtail in miniatura' sarebbe meno inesatto, perché fu cane da pastore (almeno i soggetti che non vivevano nei monasteri).
Il suo arrivo in Occidente risale al 1926. A titolo di confronto, precisiamo che quello dello Shih Tzu data dal 1930. - Quanto al Tibetan Spaniel, se i primi esemplari sono arrivati in Inghilterra intorno al 1900, la sua introduzione definitiva non è avvenuta che a partire dal 1946-1947.
È anche da minor tempo che è allevato sul continente: dal 1981 (dal 1975 il Tibetan Terrier, dal 1971 lo Shih Tzu e dal 1952 il Lhasa Apso).
Ciò non toglie che un numero sempre crescente di specialisti lo consideri come il ceppo originario dei piccoli cani asiatici.
Dal punto di vista del carattere, è al Lhasa che il Tibetan spaniel si avvicina maggiormente.
Ma, per quanto concerne il suo aspetto fisico, si distingue per una pelliccia meno lunga, sebbene l’allevamento attuale presenti degli esemplari notevoli per l'abbondanza delle loro frange e per la loro criniera.